mercoledì 2 dicembre 2015

Novena a Maria Immacolata / 4


«DOLCE VERGINE MARIA»

La Salve, Regina


Prosegue la riflessione sul mistero di Maria Immacolata, attraverso le più antiche preghiere mariane in cui la sapienza e la fede dei credenti hanno saputo coniugare Bibbia, teologia e fiducia nella Madre di Dio.
Oggetto di questo nuovo approfondimento è la «Salve, Regina», preghiera che rientra, assieme ad altre già analizzate, nel gruppo delle "antifone" a scelta al termine della Compieta.



Salve, o Regina, Madre di misericordia;
vita, dolcezza e speranza nostra, salve.
A te ricorriamo, noi esuli figli d'Eva;
a te sospiriamo gementi e piangenti
in questa valle di lacrime. 
Orsù, dunque, Avvocata nostra,
rivolgi a noi quegli occhi
tuoi misericordiosi.
E mostraci dopo questo esilio
Gesù, il frutto benedetto
del ventre tuo,
o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.
____________________________________

Salve, Regina, mater misericordiae; 
vita, dulcedo et spes nostra, salve. 
Ad te clamamus, exsules filii Hevae. 
Ad te suspiramus, gementes et flentes 
in hac lacrimarum valle. 
Eia ergo, advocata nostra, 
illos tuos misericordes oculos ad nos converte. 
Et Iesum, benedictum fructum ventris tui, 
nobis post hoc exsilium ostende. 
O clemens, o pia, o dulcis Virgo Maria




UN CANTO DI GIOIA


La «Salve, Regina» risale all'XI secolo. Diversi gli autori cui viene attribuita - tra cui san Bernardo - sebbene il testo integrale della preghiera si ritrovi in un manoscritto collocabile ben prima dell'epoca del santo monaco. L'ipotesi più probabile è che l'autore di questa antifona sia Ermanno il Contratto, lo stesso che compose anche l'«Alma Redemptoris Mater». 
Al di là delle parole che rimandano all'idea di un pellegrinaggio terreno difficoltoso per l'uomo, la preghiera era nata come canto di gioia a Maria, invocata in primo luogo come «Regina» e, dunque, come ormai immersa nella gloria di Dio, glorificata in Lui. L'antifona divenne molto popolare per via della sua facile cantabilità. «Nel monastero di Cluny era usato come inno processionale per la festa dell'Assunzione e per le altre feste che non avevano un cantico proprio a un santo» [1]. I Domenicani la inserirono nella preghiera di Compieta nel 1221; i cistercensi ne fecero uso dal 1251; i certosini la cantano ai vespri, fin dal XII secolo. Fu papa Gregorio IX a introdurla, per tutta la Chiesa, a conclusione della preghiera di Compieta. Il testo ha subito delle modifiche nel corso dei secoli, in modo particolare nelle prime parole, che oggi suonano come «Salve, Regina, madre di misericordia», ma che inizialmente erano «Salve, Regina di misericordia». In questo modo, il testo attuale, sottolinea la funzione di Maria quale avvocata nel suo legame con Gesù; ella viene infatti invocata affinché interceda presso il Figlio, che è la misericordia stessa incarnata. Maria viene esaltata nel suo ruolo nella storia della salvezza. «L'inno divenne un simbolo della mariologia tridentina e della devozione della Riforma Cattolica» [2]. In seguito, Papa Leone XIII prescrisse che fosse pregata dopo le messe non cantate (in base alla classificazione liturgica del Rito Tridentino). Attualmente, oltre che dopo Compieta, l'antifona mariana viene recitata dopo il Santo Rosario.

Sintesi biblica e teologica nella fede dell'orante

Sintesi biblica

«Gesù è l'unico mediatore: con la sua morte e risurrezione ha compiuto la riconciliazione dell'umanità con Dio. Ma Gesù si compiace di concedere grazie per l'intercessione di Maria sua Madre, che desidera vedere amata e onorata da tutti. Perciò Maria è la mediatrice della nostra salvezza; non una mediatrice della giustizia, bensì una mediatrice della grazia e dell'intercessione!» [3]. Nel brano evangelico delle Nozze di Cana (Gv 2,1-11) è quantomai evidente un tal ruolo di Maria. Al Figlio che sottolinea non essere ancora «giunta» la sua «ora», Maria risponde semplicemente con l'invito a fare «qualunque cosa» Egli ci dica di fare, e così, su invito - dolce, ma fermo, si potrebbe dire - della Vergine Madre, il Figlio "anticipa" l'ora e compie il suo primo miracolo. Invocando l'aiuto di questa Madre misericordiosa, «clemente, pia, vergine», il credente le chiede di mettersi idealmente in "cammino" verso di lui - che rientra nella schiera degli «esuli figli di Eva», segnati dal peccato originale - e  che vive  «in questa valle di lacrime» (cfr. Gn 3, 16-19). Si attende che Maria rivolga «gli occhi» suoi verso quanti sono «gementi e piangenti». L'uomo afflitto da ogni genere di dolore può stupirsi, come sant'Elisabetta che esclamò «A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?»  (Lc 1,43), ma avere al contempo la certezza che Maria, proprio perché madre, verrà da quanti la invocano. Ella interverrà perché la sua regalità è spesa nel "servizio".

Sintesi teologica

«La glorificazione di Maria non è che il richiamo della sua missione, di tutto il disegno che Dio ebbe su di lei.
Missione di misericordia e di salvezza, che si incentra nell'altissimo privilegio della maternità divina; disegno di perdono di riconciliazione, poiché il Padre Celeste, inviando il Figlio suo per la Redenzione del mondo, scelse Maria come prima collaboratrice della sua volontà salvifica. In lei il cielo si unisce alla terra; e per mezzo suo è offerto all'umanità il Divin Salvatore.
Quali armonie di pietà e di commozione suscita il canto della Salve Regina, antifona tra le più antiche e care, che celebra nel confidente sospiro questa materna missione di Maria! Dall'avviarsi della preghiera: Salve, o Regina, Madre di misericordia, al suo svolgersi è tutto il poema della umanità sconvolta dal peccato, soggetta al pianto, al dolore e alla morte, che, nonostante tutto, guarda a Lei, vita, dolcezza, speranza nostra, e l'invoca nel supremo anelito, che è palpito di fede invitta e luminosa; mostraci Gesù, il frutto benedetto del tuo seno, o clemente, o pia, o dolce Vergine Maria.
Tutto converge a Gesù: la storia dei secoli e le vicende dei cuori; tutto deve portare a Gesù. È questa la missione della Vergine Madre, di recare al mondo la luce» [4].
Scrive infatti S. Alfonso M. 'de Liguori, ne «Le glorie di Maria»: « E' vero che è santa, che è immacolata, regina del mondo, Madre di Dio; ma è della nostra carne, figlia di Adamo come noi. Insomma, dice san Bernardo, tutto ciò che appartiene a Maria è grazia e bontà poiché ella, come madre di misericordia, si è fatta tutta a tutti e per la sua grande carità si è resa debitrice verso i giusti e i peccatori. A tutti apre il seno della sua misericordia, affinché tutti ricevano dalla sua pienezza.

Immacolata (Assunta) e misericordiosa

Immacolata

Nella «Salve, Regina» è fortissimo il legame tra due temi: il peccato degli uomini e l'immacolatezza di Maria.
Il peccato del genere umano è presentato nel richiamo a Eva, e, quindi, ai progenitori, che si macchiarono del primo peccato, quello originale. Il peccato - quale allontanamento, divergenza da Dio - coinvolge/sconvolge l'intera creazione. Il mondo si trasforma in una «valle di lacrime» che determina i sospiri, i gemiti, il pianto degli esseri umani. Maria, pur se Immacolata, ha peregrinato nella fede tra dolori e fatiche. È una regina che conosce le difficoltà dell'esistenza sulla terra. Ha sofferto accanto al Figlio, ha generato tutti i suoi figli nella sofferenza, assistendo alla morte di Cristo in Croce. È stata preservata dal peccato, ma ha accettato di lasciarsi caricare della sua croce personale, seguendo Gesù crocifisso fino alla fine, facendosi associare all'opera della salvezza in modo eminente, al di sopra di ogni altra creatura.

Misericordiosa

Peregrinante nella fede al pari di tutti i credenti, glorificata solo dopo il suo cammino terreno intriso di sofferenza, l'Immacolata Assunta in cielo è madre misericordiosa, è invocata nella «Salve, Regina» quale «speranza nostra». 
«Tanto il rapporto alla immacolatezza quanto il riferimento alla maternità fanno vedere in Maria la risposta eminente alla fondamentale domanda: che cosa succede a chi si affida incondizionatamente a Dio, abbandonandosi alla signoria salvifica del Risorto datore dello Spirito? Rovesciando il principio dell'umanesimo ateo, per il quale ciò che viene dato a Dio è necessariamente sottratto all'uomo, il dogma [dell'Assunzione] proclama che alle creature capaci di riporre la propria fiducia in Dio succede di trovarsi con una vitalità ed una fecondità di tale portata da incontrare nella morte, anziché la propria soppressione, una inimmaginabile totalizzazione. Esso mostra l'inscindibile unità tra il morire con il Cristo (e ogni forma di soffrire) e il risorgere. E riafferma l'esigenza di stare presso i crocifissi di oggi (i poveri, i sofferenti, gli umiliati e gli offesi), non solo per compatire le loro pene e cercare di alleviarle (come è sempre necessario), ma anche ed anzitutto per annunciare la lieta novella che anche la sofferenza (qualsiasi sofferenza) acquista, se congiunta al Cristo, un incomparabile senso salvifico, quello dell'essere via alla risurrezione da morte. È il motivo per cui la Vergine è detta icona della speranza cristiana, "segno di certa speranza e consolazione, sino a quando verrà il giorno del Signore" (LG 68); e per cui è vista come segno eminente non solo di ciò che la Chiesa ed i singoli credenti debbono essere, ma anche di ciò che un giorno (alla fine della storia) essi saranno» [5].
La più grande misericordia che Maria, quale Immacolata e Regina - degna di essere stata ammessa per prima a contemplare Dio in anima e corpo -  possa dispensare ai suoi figli, è infatti proprio quella invocata quasi alla fine della preghiera: «mostraci, dopo quest'esilio, Gesù».  Infatti, «noi fin d'ora siamo figli di Dio, ma ciò che saremo non è stato ancora rivelato. Sappiamo però che quando egli si sarà manifestato, noi saremo simili a lui, perché lo vedremo così come egli è» (1 Gv 3,2).  



NOTE

[1]  Fr. Juniper B. Carol, OFM Mariology, Volume 3, cit. in Salve Regina. Marian Antophon for Ordinary time (traduzione dall'originale), Sito del Marian Research Institute dell'Università di Dayton

[2] Salve Regina. Marian Antophon for Ordinary time (traduzione dall'originale)Sito dell'Institute Marian Research dell'Università di Dayton.

[3] Anthony M. Buono, Le più grandi preghiere a Maria. Storia, uso, significato, Paoline, 2002 p. 65.

[4] Giovanni XXIII, Udienza Generale, 1 maggio 1963.

[5] Giorgio Gozzelino, Ecco tua Madre! Breve saggio di mariologia sistematica, Elledici, 1998, pp. 93-94.

BIBLIOGRAFIA DEGLI ALTRI TESTI CONSULTATI

Voce "Salve, Regina", Enciclopedia Telematica Cathopedia

don Pasquale Casillo, La Salve, Regina, Sito Preghiere a Gesù e Maria

S. Alfonso Maria 'de Liguori, Le glorie di Maria, disponibile in versione on line, sul sito Monastero Virtuale

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