lunedì 24 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /9

ADORARE


Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 2,7-11) 
Erode, chiamati segretamente i Magi, li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l'avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch'io venga ad adorarlo». Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra.




O Dio, nostro Padre, nei Magi ci doni l’esempio di chi non teme di deludere i potenti del mondo pur di trovare e adorare te, che sei il vero e unico re. Aiutaci ad avere il loro stesso coraggio e la loro perseveranza, senza farci sviare dai falsi idoli del mondo contemporaneo e fa' che impariamo a riconoscere i segni attraverso i quale ti fai presente nella nostra vita.

Padre nostro....

domenica 23 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /8

SPERARE


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,8-12) 
C'erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all'aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l'angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia».




O Dio, nostro Padre, l’incarnazione del tuo Figlio riempie il nostro cuore di speranza: Egli è veramente il Dio con noi! Aiutaci a non avere paura di parlare di Lui, specialmente agli sfiduciati che vivono nella disperazione materiale e interiore di una vita difficile e apparentemente senza senso. Fa' che gli ostacoli della vita, l’esperienza della sofferenza, della malattia e della morte, non spengano in noi l’aspettativa dei beni futuri da te promessi.

Padre nostro....

sabato 22 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /7

SPERIMENTARE LA PACE


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,1; 4-7) 
In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra. Anche Giuseppe salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme: egli apparteneva infatti alla casa e alla famiglia di Davide. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c'era posto nell'alloggio.




O Dio, nostro Padre, a bellezza della Santa Famiglia ci spinge a guardare non alle ricchezze materiali, ma alla serenità che nasce in un contesto di relazioni sane e intense. Aiutaci ad alimentare con il tuo amore le nostre amicizie e i nostri legami familiari, perché attingendo a te diveniamo fruitori e portatori di pace. 

Padre nostro....

venerdì 21 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /6

GIOIRE


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,1; 4-7) 
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l'angelo del Signore e prese con sé la sua sposa; senza che egli la conoscesse, ella diede alla luce un figlio ed egli lo chiamò Gesù.




O Dio, nostro Padre, la bellezza della Santa Famiglia ci spinge a guardare non all'apparenza delle cose che promettono una felicità passeggera, ma alla fonte della vera gioia eterna, che sei tu. Aiutaci a perseverare nella ricerca della felicità che sazia, rimanendo radicati nel tuo amore. Fa’ che non accettiamo il compromesso con le logiche del potere e del sopruso che promettono un paradiso a portata di mano, ma a scapito dei più deboli.

Padre nostro....

giovedì 20 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /5

ESSERE BEATI


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,46-49) 
Maria disse: «L'anima mia magnifica il Signore 
e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 
perché ha guardato l'umiltà della sua serva. 
D'ora in poi tutte le generazioni 
mi chiameranno beata. 
Grandi cose ha fatto per me l'Onnipotente 
e Santo è il suo nome».




O Dio, nostro Padre, nel cantico di lode proclamato da Maria ci ricordi che tu scegli strumenti deboli per confondere i forti (1Cor 1,27). Aiutaci a essere sempre come la pietra scartata dai costruttori, che tu usi per operare nel mondo le tue meraviglie (cfr. Sal 118,22). Fa' che non confondiamo la beatitudine mondana, fatta di relazioni effimere e di beni passeggeri, con quella vera, che tu ci proponi, e che nasce solo dall'incontro sincero e profondo con tuo Figlio.

Padre nostro....

mercoledì 19 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /4

AMARE 
SENZA POSSEDERE


 Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 1,18-21) 
Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto. Mentre però stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».




O Dio, nostro Padre, in Giuseppe ci hai donato un modello di uomo giusto e attento alla tua presenza nella sua vita. Aiutaci a imitarlo nel suo completo abbandono a te, nella consapevolezza che non togli mai qualcosa per impoverire l’uomo, ma per arricchirlo di tesori più grandi. Fa' che interrogandoci con completa onestà sulla nostra vocazione, comprendiamo che nel seguire il progetto che hai per ciascuno di noi sta la vera realizzazione dell'essere umano.

Padre nostro....

martedì 18 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /3

AFFRETTARSI


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,39-43) 

Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me?».




O Dio, nostro Padre, tuo Figlio viene nel mondo per essere portato a tutti gli uomini. Aiutaci a condividere il tesoro della fede con i nostri fratelli, specialmente con i più lontani, perché la nostra testimonianza di amore e servizio li avvicini a te. Fa' che non ci lasciamo trascinare dalla frenesia degli eventi, ma sappiamo andare "di fretta", come Maria, quando è necessario, ascoltandoti nelle situazioni della vita. 

Padre nostro....

lunedì 17 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /2

OBBEDIRE


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,34-35; 37-38)

Maria disse all'angelo: «Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?». Le rispose l'angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell'Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola».




O Dio, nostro Padre, in Maria ci hai donato un modello di obbedienza docile alla tua Parola, aiutaci a camminare in equilibrio sulle ali della fede e della ragione, appoggiandoci a tuo Figlio che è «la via, la verità e la vita» (Gv 14,6). Fa' che acquistiamo dimestichezza quotidiana con la Scrittura, perché sia Essa a guidare i nostri comportamenti nelle scelte di ogni giorno. 

Padre nostro....

domenica 16 dicembre 2018

Novena di Natale 2018 /1

FIDARSI

Per la novena di quest'anno propongo agli amici del blog qualche estratto dalla mia ultima autopubblicazione, "I verbi dell'attesa - Novena di Natale". 


Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1,26-27; 30-33) 

L'angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. L'angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell'Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».




O Dio, nostro Padre, in Maria ci hai donato un modello di credente fiduciosa nei tuoi progetti. Fa’ che spronati dal suo esempio, sappiamo anche noi lasciare spazio alla tua Parola nella concretezza della nostra vita. Aiutaci a superare il turbamento e i timori che ci assalgono davanti alle scelte importanti della vita e poni sul nostro cammino amici e guide che sappiano dire anche a noi: "Non temere"!

Padre nostro....

martedì 27 novembre 2018

Pensieri per lo spirito

SORGI A GIUDICARE LA TERRA
Fiducia, non terrore

Jan Provost, Giudizio finale, XVI sec.

Vieni, Signore, a giudicare la terra. 

 Dite tra le genti: «Il Signore regna!». 
È stabile il mondo, non potrà vacillare! 
Egli giudica i popoli con rettitudine. 

 Gioiscano i cieli, esulti la terra, 
risuoni il mare e quanto racchiude; 
sia in festa la campagna e quanto contiene, 
acclamino tutti gli alberi della foresta. 

 Davanti al Signore che viene: 
sì, egli viene a giudicare la terra; 
giudicherà il mondo con giustizia 
e nella sua fedeltà i popoli.
(Salmo 95)





Il martedì della XXXIV settimana del Tempo ordinario proietta, attraverso la Liturgia della Parola, in un clima di aspettativa di eventi futuri: Il tempo è vicino, come dice Gesù nel Vangelo. E non a caso, perché siamo agli sgoccioli dell'anno liturgico e ci si prepara all'Avvento, tempo di attesa del Dio che viene.
Le immagini dei brani biblici di oggi colpiscono per la loro forte drammaticità: il giudizio nell'Apocalisse (Ap 14,14-19) e l'inizio del discorso apocalittico di Gesù, nel brano di Luca (
Lc 21,5-11), delineano infatti uno scenario ricco di colpi di scena e, in un certo senso, inquietante
L'Apocalisse sfrutta la metafora di una scena contadina, quella della mietitura, di per sé festosa, ma che qui assume toni concitati e solenni. C'è infatti un maestoso personaggio, simile a un Figlio d'uomo, che sta seduto su una nube, tiene una falce affilata in mano, e porta una corona d'oro sul capo; c'è un gran correre di angeli, che appaiono quasi come banditori medievali dalla voce potente e squillante, e annunciano l'ora della mietitura. Il sovrano misterioso e uno di essi lanciano la propria falce sulla terra. E già la falce, in questa rilettura simbolica della fine e del giudizio, diventa un potente detonatore dei sentimenti e delle inquietudini dell'animo, perché, artisticamente e popolarmente associata all'idea della morte, fa subito pensare a questo strappo repentino, dovuto alla lama affilata scagliata sul mondo per tranciare i grappoli, che una volta vendemmiati saranno  rovesciati nel tino dell'ira di Dio
Non è da meno il brano lucano, con la profezia sulla distruzione del tempio, e sulla fine che sarà preceduta da una serie di terribili eventi: guerre, rivoluzioni, terremoti, carestie e pestilenze
La Scrittura non vuole presentare una visione  edulcolorata del rapporto tra la vita e la morte, tra il come viviamo e il come saremo giudicati. Nessuno può scampare alla fine, nessuno può sfuggire al giudizio di Colui al quale è stato dato il potere di giudicare. Il messaggio, sinteticamente, è questo. Ma tra le due "visioni" così "tremendamente realistiche", il Salmo 95 si colloca come l'intermezzo sereno, che dà respiro all'insieme, orientando verso una rilettura equilibrata e finanche gioiosa del brano biblico che lo precede e di quello che lo segue.
Il Signore giudica i popoli con rettitudine, con giustizia; per questo c'è da esultare, perché dove Il Signore regna allora è stabile il mondo, non potrà vacillare.
Di una persona che "ha giudizio" ci si fida... è Dio "è" una persona di giudizio. Di Gesù possiamo fidarci a occhi chiusi. Farà bene ogni cosa. Ha fatto bene ogni cosa. Così, chi fa la volontà del Padre non deve aver paura della mietitura, ma anzi, esserne rallegrato, perché a quel punto i giusti avranno la loro ricompensa, la giustizia che sulla terra non ha sempre avuto la meglio sarà ristabilita. Anche l'ira di Dio, allora, in quest'ottica, perde il suo aspetto inizialmente terrificante, che rimanda a punizioni tremende. Chi opera secondo le Parole del Figlio, chi fa ciò che il Padre gli chiede, non ha nulla da temere. Viene in nostro soccorso, in un certo senso, anche l'arte, nella cosiddetta immagine del torchio mistico, metafora della Passione di Cristo. La Croce è la pressa e il Sangue è il vino. In Gesù, morto per amore, l'uva è già stata vendemmiata e pigiata. In lui è stata fatta giustizia per il peccato dell'uomo. Chi muore e risorge in Cristo non deve avere paura del giudizio divino, ma solo essere animato dal timore di Dio inteso come preoccupazione amorosa di fare ciò che a lui è gradito, di obbedire ai suoi comandi.
Se pure si tratta di una rappresentazione che forse non incontra subito con i gusti contemporanei, il significato di cui essa si fa tramite è ricco di bellezza e infonde speranza. Una speranza che deve sempre rimanere accesa nel cuore umano, come fiaccola, nell'attesa di Colui che viene!





giovedì 1 novembre 2018

Pensieri per lo spirito

NEL PARADOSSO LA SANTITÀ
Possedere Dio per essere beati




Vedendo le folle, Gesù salì sul monte: si pose a sedere e si avvicinarono a lui i suoi discepoli. Si mise a parlare e insegnava loro dicendo: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. Beati quelli che sono nel pianto, perché saranno consolati. Beati i miti, perché avranno in eredità la terra. Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. Beati i perseguitati per la giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli». 
(Mt 5,1-12)


La santità è sublimazione della carne, ma anche di spirito, intelletto, sentimento e psicologia. In questo appare un po' come forgiata nel paradosso: noi esseri umani, che quotidianamente lottiamo contro i nostri difetti, impulsi, irrazionalità, istinti e desideri, siamo chiamati a contemplare Dio faccia a faccia, perché da santi saremo simili a Lui, come dice proprio oggi la Liturgia festiva, attraverso la Prima Lettera di San Giovanni (1Gv 3,1-3).
Questo paradosso tra ciò che siamo-ci sforziamo di essere e ciò che saremo lo si ritrova anche nel quotidiano della vita, in quel conflitto tra la felicità a cui aspiriamo e l'infelicità che spesso, invece, le circostanze concrete ci costringono a sperimentare: siamo destinati alla beatitudine, ma costruirla in termini eterni e immutabili significa doversi accostare, nell'oggi, a una mensa di fatica, dolore, irrealizzabilità. 
Il fatto è che noi concepiamo l'essere beati secondo criteri troppo umani. Per noi è il ritrovarsi in uno stato di estasi, in assenza di problemi, realizzati nelle aspirazioni più profonde, nella pienezza degli affetti e della salute fisica. Beato te! lo diciamo a qualcuno che, a nostro avviso, ha ottenuto qualcosa di così importante da renderlo totalmente felice, perché quel qualcosa si rivela risolutivo di tutte le sue preoccupazioni!
E, in effetti, in questo ultimo passaggio c'è un po' il nocciolo della beatitudine: trovare un tesoro capace di mettere in secondo piano tutti i problemi della vita. Ma non, come noi invece pensiamo spesso erroneamente, nel non essere afflitti da prove, preoccupazioni e difficoltà materiali o spirituali. Quelle permangono, fanno parte dell'esistenza stessa, della caducità delle cose, ma per il "beato" cessano di rappresentare il punto focale della vita!
Sfogliando le pagine della Scrittura, già l'Antico Testamento ci offre la chiave di lettura della vera beatitudine, quella che poi Cristo espliciterà nel discorso della montagna e in vari altri passi del Vangelo:

Beato l'uomo che è corretto da Dio (Gb 5,17)
Beato l'uomo che non entra nel consiglio dei malvagi non resta nella via dei peccatori e non siede in compagnia degli arroganti (Sal 1,1)
Beato chi in lui si rifugia (Sal 2,12)
Beato l'uomo a cui è tolta la colpa e coperto il peccato (Sal 32,1)
Beato l'uomo che ha posto la sua fiducia nel Signore (Sal 40,5)
Beato l'uomo che ha cura del debole (Sal 41,2)
Beato chi ha pietà degli umili (Pro 14,21)
Beato chi medita queste cose e colui che, fissandole nel suo cuore, diventa saggio (Sir 50,28)

È un elenco che non si esaurisce solo in queste poche citazioni, ma che già da solo permette di comprendere come la vera beatitudine sia arrivare a incontrare Dio, a conoscerlo, a farne esperienza come "luogo" del rifugio, della correzione, della fiducia. Da questo parte poi anche la capacità umana di ritrovare Dio nell'altro, nel fratello che concretamente si vede e si tocca ogni giorno e che di quel Dio è immagine. Dio è il primo tesoro che rende beato l'uomo che lo "possiede", perché, come diceva Santa Teresa d'Avila, Niente ti turbi nulla ti spaventi solo Dio basta.
È l'atteggiamento di Maria, che Elisabetta definisce beata per aver creduto alla Parola del Signore (cfr. Lc 1,45) e che Gesù, indirettamente, colloca anch'Egli nella dimensione della beatitudine, per aver ascoltato e messo in pratica la Parola stessa (cfr. Lc 11,28). 
Solo a partire da questa beatitudine "magna", la santità, o meglio, la ricerca di essa, non apparirà più distante, impossibile, ardua. Essere santi è possedere Dio, e in qualche misura se ne può fare esperienza già sulla terra ogni volta che Egli è il tutto della propria vita, l'Amico, il Padre, il Consigliere, il sostegno, il conforto, il datore di ogni bene e di ogni grazia. Ogni volta che, incontrando il fratello e la sorella, in essi si vede l'immagine di Dio e si diventa capaci di mettere al primo posto il suo bisogno d'amore e di pane, rinunciando a qualcosa di se stessi; ogni qualvolta che, accostandosi alla mensa del Pane e del Vino, si è consapevoli di ospitare veramente nel proprio intimo Colui che è Uomo ma anche Dio: Gesù Cristo, il Santo di Dio, il Santo dei santi. Allora sì che ci si può rallegrare, come proprio Gesù invita a fare, a conclusione del discorso della montagna. E con il Salmista si potrà esclamare: 
Quale gioia, quando mi dissero:
«Andremo alla casa del Signore!». (Sal 122,1)

lunedì 8 ottobre 2018

Pensieri per lo spirito

IL DI PIÙ DELL'AMORE
La scommessa senza limite





Un dottore della Legge si alzò per mettere alla prova Gesù e chiese: «Maestro, che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?». Gesù gli disse: «Che cosa sta scritto nella Legge? Come leggi?». Costui rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima, con tutta la tua forza e con tutta la tua mente, e il tuo prossimo come te stesso». Gli disse: «Hai risposto bene; fa’ questo e vivrai». Ma quello, volendo giustificarsi, disse a Gesù: «E chi è mio prossimo?». Gesù riprese: «Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gèrico e cadde nelle mani dei briganti, che gli portarono via tutto, lo percossero a sangue e se ne andarono, lasciandolo mezzo morto. Per caso, un sacerdote scendeva per quella medesima strada e, quando lo vide, passò oltre. Anche un levìta, giunto in quel luogo, vide e passò oltre. Invece un Samaritano, che era in viaggio, passandogli accanto, vide e ne ebbe compassione. Gli si fece vicino, gli fasciò le ferite, versandovi olio e vino; poi lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un albergo e si prese cura di lui. Il giorno seguente, tirò fuori due denari e li diede all’albergatore, dicendo: “Abbi cura di lui; ciò che spenderai in più, te lo pagherò al mio ritorno”. Chi di questi tre ti sembra sia stato prossimo di colui che è caduto nelle mani dei briganti?». Quello rispose: «Chi ha avuto compassione di lui». Gesù gli disse: «Va’ e anche tu fa’ così».
(Lc 10, 25-37)



C'è un di più nell'amore, che va speso, per amare veramente. Ogni altro modo di donare amore, quasi nei limiti di una misura, nella precisione di una bilancia, nella meticolosità di un contagocce, non è sufficiente. L'amore che Gesù chiede di mettere in pratica – di vivere – è quello che, in un certo senso, porta con sé l'alea dell'imprevedibilità. La parabola narrata al capitolo 10 di Luca, in sintesi, questo dice, quando mette in atto un dialogo tra l'albergatore e il Samaritano, dialogo di cui noi conosciamo solo una parte, cioè quel che dice quest'uomo straniero, che si fa prossimo di uno (per lui) sconosciuto incappato nei briganti. Questo Samaritano dimostra una saggezza e una capacità intuitiva particolarissima: non dice "se spenderai" ma "ciò che spenderai in più". Sembra quasi voler affermare di essere consapevole non del rischio, bensì della certezza che quel suo gesto di compassione gli costerà più di quanto sta già – materialmente – pagando all'albergatore. Amare è una scommessa, in cui bisogna esser pronti a puntare di più di quello che apparentemente ci viene chiesto o di quello che pensiamo di essere in grado di dare. E questo perché il personale bisogno di amare l'altro è potenzialmente infinito come quello di Dio, a immagine del quale siamo creati per amare; ma anche perché la fame di essere amato che l'altro ha – consapevole o inconsapevole che sia – è potenzialmente infinita, come infinita è quella di un Dio che per farsi conoscere (amare, e così salvare gli uomini) si è addirittura fatto uno di noi. Chi ama veramente insegna esattamente questo: madri che danno la vita per far nascere i propri figli; padri che si sacrificano nel lavoro pur di offrire un'esistenza dignitosa alla propria famiglia; santi che si offrono per salvare delle esistenze (uno fra tutti, Massimiliano Kolbe), figli che si spendono generosamente per accudire i propri genitori anziani, operatori volontari che, proprio come il buon Samaritano, si chinano sulle necessità degli altri. Se si comincia ad amare veramente si percepisce che il limite e la misura dell'amore in realtà non esistono: li si supera di giorno in giorno, aumentando la capacità di donare amore, di essere per l'altro, di dare il di più. Perché più si vuol bene all'altro più si diventa generosi nel dare, nel dare senza riserve, nel dare senza "ma e se". E in questo amare c'è già una ricompensa: «l'unica cosa che si possiede è l'amore che si dà», scriveva Isabel Allende. L'amore riempie la vita, la rende piena e gioiosa; l'amore dà senso e direzione al camminare dell'uomo nel tempo; l'amore è l'unica cosa su cui saremo giudicati, l'unico "bagaglio" che porteremo con noi fino alla fine dei giorni e nell'eternità. L'amore è il centuplo in questa vita e nell'altra, quel di più che anche noi, per aver amato, riceviamo nell'oggi e nel domani.

domenica 26 agosto 2018

Pensieri per lo spirito

SCHIAVITÙ E LIBERTÀ
Chi serve non è incatenato





In quei giorni, Giosuè radunò tutte le tribù d’Israele a Sichem e convocò gli anziani d’Israele, i capi, i giudici e gli scribi, ed essi si presentarono davanti a Dio. Giosuè disse a tutto il popolo: «Se sembra male ai vostri occhi servire il Signore, sceglietevi oggi chi servire: se gli dèi che i vostri padri hanno servito oltre il Fiume oppure gli dèi degli Amorrèi, nel cui territorio abitate. Quanto a me e alla mia casa, serviremo il Signore». Il popolo rispose: «Lontano da noi abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché è il Signore, nostro Dio, che ha fatto salire noi e i padri nostri dalla terra d’Egitto, dalla condizione servile; egli ha compiuto quei grandi segni dinanzi ai nostri occhi e ci ha custodito per tutto il cammino che abbiamo percorso e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati. Perciò anche noi serviremo il Signore, perché egli è il nostro Dio». 
(Gs 24,1-2.15-17.18)

In quel tempo, molti dei discepoli di Gesù, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre». Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio».
(Gv 6,60-69)


Servire Dio è essere liberi, veramente liberi. Ma servizio e libertà sono concetti in antitesi, nel sentire comune che spesso associa il servire all'essere schiavi... e per l'uomo diventa difficile, complicato rendere concreta la libertà nel servizio. È un dilemma che alberga nel cuore dell'essere umano: servire Dio, se stessi o, ancora, gli idoli? 
Il problema è che più che servo... l'uomo spesso si fa schiavo. E finché ci si sente "schiavi" di qualcuno o qualcosa, non c'è libertà. Lo schiavo non fa di testa propria, lo schiavo esegue, ragionevole o meno, condiviso o meno che sia il comando ricevuto. Lo schiavo "deve" eseguire: è in balia delle proprie passioni, della persona che tiene in pugno le sue sorti lavorative o economiche, di una finta religione che lobotomizza la forza di volontà, degli estremismi religiosi o politici... Dove c'è schiavitù non c'è mai vita vera, libertà vera. Si è marionette nelle mani degli altri, delle cose, delle pulsioni, delle necessità materiali. Senza schiavitù lo schiavo non è, e finisce ai margini della storia, della società, dell'esistenza, consumato dall'assenza di finta vita.
L'orecchio dello schiavo, ma soprattutto il suo cuore, allucinati da questa sorta di droga della schiavitù, non possono subito percepire la bellezza della parola di vita vera che viene solo da Gesù, dal Figlio di Dio, dal servo per amore.... colui che offre un'alternativa reale al buio della schiavitù, al non essere di chi non ha più volontà.
A uno schiavo la parola di vita cagiona irritazione, sdegno, rigetto. È una parola dura perché afferma chiaramente che le schiavitù umane non conducono alla felicità eterna; che lo sballo che sembra derivare dal seguire le proprie passioni non fa approdare a niente di buono, mentre il servizio di Dio sì, ma passando per una strada disseminata di rinunce, di autocontrollo, di donazione agli altri. Una strada in cui il difficile non è tanto – e paradossalmente – il servire in sé, ma l'essere liberi! 
Nelle schiavitù umane, infatti, la volontà della creatura si annienta, per seguire quella di qualcosa o qualcun altro. Nel servizio di Dio, invece, nessuna volontà viene imposta, perché Egli aspetta una volontaria e libera risposta dell'uomo. Decidersi per la sequela vera, dunque, è fare una scelta di libertà, decidere di rompere le catene, e accettare di esercitarsi continuamente, quotidianamente, nell'essere liberi.
E tutti nasciamo un po' schiavi. Siamo fatti di carne e sangue, di desiderio e sentimento... ciascuno dovrà necessariamente passare attraverso una profonda, interiore, ma sanatrice, crisi di astinenza dalle proprie schiavitù. E alla fine, uscendo da questo tunnel si comprenderà che nella libera volontà di seguire Gesù è possibile servire liberamente. Amare, donarsi, rinunciare, perché si vuole amare Dio, perché si vuole amare il prossimo. 
«Volete andarvene anche voi?» è la domanda del Cristo ai dodici che già lo seguivano... è la domanda che giorno dopo giorno il Signore ripete ai discepoli di oggi, quando le vecchie o nuove schiavitù tentano di avere il sopravvento sulla vita dell'uomo. 
La tentazione di andarsene è la tentazione di chi segue liberamente... ma chi serve Dio non è incatenato, e se la libertà è una libertà di amore, allora i passi dell'uomo saranno passi d'amore, di servizio gioioso, anche nella sofferenza; allora la risposta dell'uomo sarà quella di Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio»!

martedì 26 giugno 2018

Pensieri per lo spirito

LA PORTA STRETTA
La gara dell'amore





Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che vi entrano. Quanto stretta è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e pochi sono quelli che la trovano! (Mt 7, 13-14)



L'amore è una porta stretta; l'amore è una via angusta. Il Vangelo presenta senza mezzi termini il paradosso dell'amore, anche se Gesù lo dice indirettamente, quando invita a trovare quella strada che conduce alla vita, sottolineando che pochi riescono a scoprirla. Potremmo anche aggiungere: che ancor più pochi sono quelli che riescono a perseverare su di essa. 
Vale la pena, allora, amare? Se l'amore per Dio, per me stesso e per l'altro mi conduce a questa porta stretta, a una via angusta, conviene ancora darsi da fare in nome dell'amore? 
Amare è faticoso. Non si tratta dell'amore facile, veloce, egoista, materialista... quello a cui si accede attraverso porte larghe che immettono su vie che rovinano l'uomo, lo annientano, lo rendono sterile dopo aver promesso di spegnerne ogni sete. Amare è faticoso nel momento in cui non si mette il proprio "io" al primo posto, ma si scende dal piedistallo su cui ci si auto-idolatra, e si accetta di eseguire l'esercizio di vedersi piccoli, colmi di mancanze, di difetti, coltivatori di errori e seminatori di giudizi.
L'amore faticoso è l'amore vero, come quello di Gesù, che per questo amore ha dato tutto se stesso agli uomini, per arricchirli di ogni bene: di conoscenza sul Dio-Amore, di relazioni umane sane, di affetto, di guarigione interiore, di sollievo fisico, di speranza per la vita eterna, di "certezze" sul destino ultimo dell'uomo che segue Dio. 
E se Dio è Amore, allora Gesù stesso è "faticoso", nel momento in cui lo si prende  come "via". D'altronde, così Egli si definisce nel Vangelo: via, verità e vita (cfr. Gv 14,6). 
Fare di Cristo la nostra unica guida, la nostra luce, entrare in Lui, assimilarne i sentimenti (cfr. Fil 2,5), i modi di fare, la modalità di rapportarsi al Padre e agli altri, è difficile. È difficile sempre, in un certo senso, perché in ogni momento della nostra esistenza ci chiede di scendere ancora da quel famoso piedistallo, per innalzarci sopra Dio solo, e saper così guardare con occhi buoni, misericordiosi, caritatevoli, anche il fratello che ci sta dinanzi. In fondo, si tratta di passare da uno... sport a un altro: allenarsi a vedere la trave nel proprio occhio, anziché la pagliuzza in quello del prossimo (cfr. Mt 7,1-6). Gesù non è la scorciatoia per vincere barando. Gesù è la scorciatoia per raggiungere la meta con una marcia in più rispetto a chi non lo ha per modello, maestro e amico. Gesù è scorciatoia perché ci spiega il metodo infallibile: l'amore che si declina in mille sfaccettature: sorriso, perdono, pazienza...
Se seguendo Gesù entriamo in Lui quale "via" e "porta", accedendo alla Verità, allora Gesù entrerà in noi e ci trasformerà. Ci renderà capaci di fare di ogni situazione e persona una porta e una via, spesso strette, spesso anguste, ma sempre accessibili, se lo vogliamo veramente: la persona che ci infastidisce e quella che ci sta antipatica; il contrattempo e il problema; l'attesa; l'incomprensione; lo sfumare dei nostri progetti... tutto diventerà porta stretta da attraversare con l'amore, via angusta da percorrere senza giudicare, senza inveire, senza perdere la fiducia. L'amore vero ci renderà sottili, capaci di attraversare gli spazi più angusti. «Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (Rm 8, 35). E allora potremo dire, ancora, con san Paolo: «Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (At 20.24). Questo è la gara dell'amore.


mercoledì 23 maggio 2018

Novena a Maria Ausiliatrice 2018 /9

MADRE PER TUTTI, 
NESSUNO ESCLUSO


La novena di quest'anno prende le mosse dalla proposta pastorale salesiana per il 2018 sulla Chiesa, vista come "Casa per molti, madre per tutti, nessuno escluso".
Anche Maria Santissima, figura e modello della Chiesa (come la definisce il Vaticano II) è madre per tutti, senza eccezioni. Riflettiamo allora sulla figura di Maria Ausiliatrice in chiave salesiana, ma, prima ancora e soprattutto, "materna".
Buona novena a tutti!



PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE COMPOSTA DA DON BOSCO

O Maria, Vergine potente, 
Tu grande illustre presidio della Chiesa; 
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani; 
Tu terribile come esercito schierato a battaglia; 
 Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo; 
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze 
difendici dal nemico 
e nell'ora della morte accogli l'anima nostra in Paradiso!  



Maria ci aiuta a ricordare, ad avere in noi la memoria delle grandi cose che Dio ha fatto. Non solo perché nel Magnificat prorompe in un canto di lode e di ringraziamento al Signore, ma anche perché, con la sua stessa vita, dopo la morte di Gesù testimonia la propria fedeltà alla Buona Novella annunciata da suo Figlio e rimane in attesa dello Spirito Santo (Colui che avrebbe insegnato ogni cosa e fatto ricordare ciò che Gesù aveva detto), assieme agli apostoli. Questo suo rimanere avvalora la sua fede e la Parola stessa di Gesù. Una Parola che meritava di essere accolta, custodita e propagata. Maria crede fermamente nelle promesse di Dio e crede nella missione che Cristo ha portato avanti, pagando con il prezzo della sua vita. Con questo atteggiamento, la Madonna ci sprona a rimanere saldi nella fede anche quando le aspettative umane sembrano disilluse, quando i ragionamenti troppo razionali ci vorrebbero allontanare da Dio, quando siamo derisi per la nostra vita cristiana o contrastati da chi la pensa diversamente da noi. L'esempio di Maria ci sprona a rinnovare la nostra adesione a Cristo, a riconoscere il valore e l'attualità dell'eredità lasciataci da Gesù. Un Gesù che, infatti, non è semplicemente morto, ma è anche risorto ed è vivo, vero, accanto a noi, «tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Quando la nostra memoria di fede comincia a vacillare, afferriamo la mano di Maria, poniamoci sotto il suo manto e troveremo la Madre che guida i suoi figli, l'Ausiliatrice che è «zattera» di salvezza che ci riconduce al porto sicuro (Memorie Biografiche, VIII, 274-282).

martedì 22 maggio 2018

Novena a Maria Ausiliatrice 2018 /8

MADRE PER TUTTI, 
NESSUNO ESCLUSO


La novena di quest'anno prende le mosse dalla proposta pastorale salesiana per il 2018 sulla Chiesa, vista come "Casa per molti, madre per tutti, nessuno escluso".
Anche Maria Santissima, figura e modello della Chiesa (come la definisce il Vaticano II) è madre per tutti, senza eccezioni. Riflettiamo allora sulla figura di Maria Ausiliatrice in chiave salesiana, ma, prima ancora e soprattutto, "materna".
Buona novena a tutti!



PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE COMPOSTA DA DON BOSCO

O Maria, Vergine potente, 
Tu grande illustre presidio della Chiesa; 
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani; 
Tu terribile come esercito schierato a battaglia; 
 Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo; 
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze 
difendici dal nemico 
e nell'ora della morte accogli l'anima nostra in Paradiso!  



Maria è donna capace di condividere, non solo nella gioia, ma anche nel dolore. Ai piedi della Croce accetta infatti di diventare madre di Giovanni, il giovane amico di Gesù che era rimasto accanto a lei mentre Cristo veniva deriso e ucciso. È una consolazione, per noi, sapere che Maria non è una madre egoista, ma che il suo amore materno si dilata, fino ad abbracciare tutti gli amici di suo Figlio, tutti coloro che Egli porta nel proprio cuore e per i quali desidera ogni gioia, ogni consolazione, ogni supporto. Se Giovanni diventa "aiuto" di Maria e Maria "aiuto" per Giovanni, allora anche noi possiamo affidare alla Vergine tutti i nostri affetti più cari, affinché li protegga, vegli su di loro, li sostenga nel cammino della vita a volte fatto anche di percorsi in salita, dolorosi, che trafiggono i cuori e sconvolgono i progetti umani. Proprio come fece don Bosco, che mise sotto la protezione di Maria Ss. i suoi giovani, i suoi salesiani, i tanti benefattori che si rivolgevano a lui con richieste di preghiere per i propri parenti ammalati o afflitti da varie prove, invitandoli, non di rado, a pregare la novena all'Ausiliatrice, certo che la Madonna avrebbe operato miracoli.

lunedì 21 maggio 2018

Novena a Maria Ausiliatrice 2018 /7

MADRE PER TUTTI, 
NESSUNO ESCLUSO


La novena di quest'anno prende le mosse dalla proposta pastorale salesiana per il 2018 sulla Chiesa, vista come "Casa per molti, madre per tutti, nessuno escluso".
Anche Maria Santissima, figura e modello della Chiesa (come la definisce il Vaticano II) è madre per tutti, senza eccezioni. Riflettiamo allora sulla figura di Maria Ausiliatrice in chiave salesiana, ma, prima ancora e soprattutto, "materna".
Buona novena a tutti!



PREGHIERA A MARIA AUSILIATRICE COMPOSTA DA DON BOSCO

O Maria, Vergine potente, 
Tu grande illustre presidio della Chiesa; 
Tu aiuto meraviglioso dei Cristiani; 
Tu terribile come esercito schierato a battaglia; 
 Tu sola hai distrutto ogni eresia in tutto il mondo; 
Tu nelle angustie, nelle lotte, nelle strettezze 
difendici dal nemico 
e nell'ora della morte accogli l'anima nostra in Paradiso!  



Maria non fugge nel momento del dolore, ma ci aiuta soprattutto allora, quando siamo tentati di abbatterci maggiormente, di abbandonare magari anche la fede. Per questo possiamo invocarla, come facciamo nell'Ave, Maria, affinché preghi per noi ogni momento e nell'ora della nostra morte. Maria prega per noi, cioè intercede presso Dio, si rivolge a Lui perché ci doni ciò di cui la nostra vita, la nostra anima, il nostro cuore hanno bisogno... momento per momento. Pregare, in questo senso, è rimanere vicino, stare con. Maria sta, è sempre con noi, nei momenti di gioia e in quelli di sofferenza, nel feriale e nel festivo della nostra vita. Nel Vangelo, infatti, Ella è presente a Cana, in un giorno di allegria per un matrimonio celebrato, ma è anche accanto a suo Figlio lungo il tragitto del Calvario e rimane con Lui fino alla fine, fino all'ora della sua morte. La presenza della Madonna si declina in un susseguirsi di attimi, in una continuità che è quotidianità, che è quell'adesso in cui ciascuno di noi esiste e porta in sé bisogni, desideri, speranze, ma anche pesi, dolori e angosce. 
«Fate quello che potete: Dio farà quello che non possiamo far noi. Confidate ogni cosa in Gesù Cristo Sacramentato ed in Maria Ausiliatrice» diceva don Bosco «e vedrete che cosa sono i miracoli» [1].
Dalle parole dobbiamo passare, quindi, ai fatti: che invocare Maria nella preghiera che quotidianamente le offriamo sia veramente un sentire la sua presenza momento per momento, di gioia in gioia, di dolore in dolore, di speranza in speranza. Fino alla fine Maria sarà con noi e ci aiuterà, come una messaggera che si faccia portavoce dei nostri bisogni e sentimenti più nascosti, come una Madre che farebbe di tutto per sollevare dalla pena i propri figli.

[1] Memorie Biografiche, XI, 395.