lunedì 30 gennaio 2012

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- Terzo giorno: l'amicizia degli uomini con Dio






PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,

che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.



"Dì ai giovani che io li attendo tutti in Paradiso":  sono alcune delle ultime parole di Don Bosco, rivolte ai suoi ragazzi....ma in un certo senso a tutti noi, che siamo giovani, o almeno abbiamo vissuto (come tutti!) l'età della gioventù!

Chi, in qualche modo, ha fatto esperienza della "salesianità" sa bene cosa voglia dire sentirsi abbracciati dall'amorevolezza di Don Bosco: è un qualcosa che affascina, conquista e poco per volta lavora il cuore, portandolo dritto dritto al Cuore dei Cuori, quello di Cristo Signore!

La frase di don Bosco ai suoi giovani condensa allora il programma dell'amicizia nella sua vita, un legame molto forte, non morboso o puramente materiale, ma pienamente umano e divino assieme, un sentimento che, passando attraverso le corde del cuore dell'uomo Giovanni, ha virato poi verso quelle del sacerdote don Bosco -ministro di Dio- fino a far giungere i suoi fanciulli (ed anche tanti adulti!) al Cuore di Gesù....meta finale e collante di ogni vera amicizia.

Il programma, il progetto della vita di don Bosco stava in effetti tutto in questo: dall'amorevolezza alla salvezza dell'anima, alla santità.
Il sogno dei nove anni ce ne dà, ancora oggi, estrema certezza.
Ecco come lo raccontò lo stesso santo, nelle sue Memorie dell'Oratorio:
"Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una grande quantità di ragazzi.
Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano.
AL sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro.
Cercai di farli tacere usando pugni e parole.

In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente.
Un manto bianco gli copriva tutta la persona.
La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla.
Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi.

Aggiunse:
-Dovrai farteli amici con bontà e carità, non picchiandoli.
Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva, e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso".

La vita di don Bosco è condensata in queste ultime frasi, che Gesù gli rivolse in sogno:
  • ottenere l'amicizia degli uomini con la bontà e la carità....è quello che già fece il giovane (e non ancora sacerdote) Giovanni Bosco, rendendosi simpatico a tutti, prestando mille favori solo animato dalla carità e non dall'interesse speculativo;
  • spiegare che il peccato è una "cosa cattiva", e don Bosco ne ebbe modo specialmente nell'esercizio del suo ministero sacerdotale e attraverso poi la missione oratoriana;
  • insegnare ai suoi giovani la preziosità dell'amicizia con il Signore, usando, in un certo senso, sé stesso come "traino": facendosi amare egli rabboniva anche i ragazzi più cattivi o impulsivi...ed in tal modo li spingeva, poco per volta al bene. Il bene poi, facendosi largo nelle loro anime, li rendeva capaci di "gustare e vedere com'è buono il Signore"!
Che don Bosco ottenga anche a tutti noi il dono di un'amicizia bella, preziosa e santa come fu la sua per quanti lo ebbero come padre, maestro ed amico!
E che ci ottenga soprattutto la capacità di donare, a nostra volta, un'amicizia di questo tipo....colma di bontà, di carità e di amore per il Signore!


domenica 29 gennaio 2012

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- Secondo giorno: l'amicizia degli uomini con don Bosco, uomo di Dio


PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO  

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,

che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.





Le Memorie dell'Oratorio di Don Bosco, ci proiettano anche oggi in un clima di amicizia: il santo è stato ordinato sacerdote, ma non può ancora confessare, non avendo dato l'esame necessario per amministrare questo sacramento.
Cerca però in tutti i modi di proseguire il suo cammino sulla strada dell' "amicizia", ma non più semplicemente come amicizia di tanti con "Giovanni Bosco", ma con "Don Bosco".
Ora Giovannino è sacerdote e deve studiare di ottenere l'amicizia di quanti incontra al fine di poter parlare loro di Dio...dare loro la Santa Comunione, fare catechismo ai piccoli.

E proprio questo, racconta don Bosco:
"La mia gioia era fare catechismo ai ragazzi, stare con loro, parlare con loro.
Cominciavo a farmi amici i piccoli di Castelnuovo.
Quando uscivo dalla casa parrocchiale, erano lì ad aspettarmi.
Dovunque andassi, venivano con me, come ad una festa.
Venivano anche a trovarmi i ragazzi di Morialdo.
Quando poi tornavo alla mia casa, ai Becchi, li avevo sempre intorno".

Nell'esperienza di don Bosco si legge un "passaggio" ulteriore che può essere utile ad ogni cattolico, ad ogni "apostolo": la nostra amicizia con gli altri non può fermarsi solo ad un livello puramente "umano", per quanto essa sia animata dalla carità, da quel vedere Dio nell'altro che ci si fa vicino.
Quello è il primo passo, ma deve cedere spazio al secondo, ulteriore, necessario progresso: cominciare a far conoscere all'amico la nostra testimonianza di credenti che vivono in coerenza al Vangelo!
Solo così potremo loro fare poco a poco del bene, il bene vero, quello che conduce le anime a Dio, unico e vero Amico!

Che don Bosco in questo, ci sia maestro, lui che sapeva attirare le persone, le anime, "sfruttando" alcune doti naturali, ma anche il proprio lavorio interiore, costante e progressivo,  la personale unione con il Signore, per condurle dall'amore...a Giovannino, all'amore a don Bosco...fino all'amore verso Dio!

sabato 28 gennaio 2012

TRIDUO A SAN GIOVANNI BOSCO- Primo giorno: l'amicizia con gli uomini



Anche quest'anno, il blog propone un piccolo triduo in preparazione alla memoria di San Giovanni Bosco (31 gennaio).

Il tema scelto è l'amicizia, in un passaggio crescente dall'amicizia fra gli uomini all'amicizia con l'uomo di Dio, fino all'amicizia con il Signore stesso!

Il triduo vuole essere anche un ulteriore contributo alla conoscenza della storia di Don Bosco, nel primo anno del triennio in preparazione al bicentenario della nascita del santo salesiano.

Buona preghiera a tutti, sotto lo sguardo -colmo di amorevolezza- del nostro PADRE, MAESTRO ED AMICO!




PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO

O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,

che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare Gesù Sacramentato, Maria Ausiliatrice e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso. 
Amen.




Nelle "Memorie dell'oratorio" scritte da don Bosco, fin dalle prime pagine emerge la figura  del santo come quella di un ragazzo dal carattere socievole, amabile, il cui "carisma" affascina fin da subito molti (quasi tutti, potremmo dire!) di quelli che lo incontrano.
Don Bosco, fin da giovane, fu certamente aiutato dalla Grazia del Signore, che mettendo in risalto le sue buone qualità, la sua simpatia, le sue svariate doti, lo rese stimato dai più e gli face ottenere "facilmente" l'amicizia di quanti lo avvicinarono o di quelli cui egli stesso si fece vicino.
Non si può, tuttavia, pensare che questa "riuscita" di don Bosco fosse banalmente semplice, frutto di nessuno sforzo.
Lavorare con caratteri differenti dal proprio, avere a che fare con persone di diversi ceti sociali, differenti culture...non è mai una bazzecola, richiede grande diplomazia, un giusto "dosaggio" degli elementi del proprio modo di fare, la parola giusta al momento giusto...una sapiente mistura di azione e di attesa...
Parlando in termini paolini, richiede anche molta "carità": quella molla soprannaturale che nell'altro fa vedere l'immagine di Dio, per cui anche quella persona è mio fratello, mia sorella...e devo cercare di fare del mio meglio per trattarla come tratterei Cristo, come trattenerei me stesso, secondo le stesse parole di Gesù: "Amerai il prossimo tuo come te stesso". (Mt 22,39)

Don Bosco riusciva bene in questo, perché ad ogni sua azione dava proprio la benzina della carità. 
E' un elemento che viene fuori in vari punti del suo testo autobiografico, come quando ad esempio, narrando delle ripetizioni scolastiche che dava a molti, afferma:
"Davo ripetizioni e facevo lezioni private.
Facevo tutto per amicizia e per carità, non per guadagno.
Molti però mi pagavano ugualmente".

Il nocciolo dell'esperienza dell'amicizia in e di San Giovanni Bosco, è tutta qui, in questa parola: carità....non guadagno.
Non c'è da obiettare che, alla fine, il santo ci ricavasse ugualmente qualcosa: la Provvidenza si serve di molte vie per concedere anche i beni temporali necessari alla vita.
D'altronde, Gesù dice nel Santo Vangelo: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in abbondanza". (Mt 6, 33)

Quello che rendeva prezioso agli occhi del Signore l'agire di Giovanni Bosco era proprio la sua purezza d'intenzione: fare ogni cosa per dare maggiore gloria a Dio e beneficare le anime.
Probabilmente, era lo stesso motivo che faceva apprezzare e benvolere così tanto il santo anche dai suoi stessi compagni, amici, conoscenti.

Se qualcuno ci offre un servizio in maniera spontanea e gratuita, pur avendo tutti i titoli per richiederci un compenso, non gli dimostreremo forse più gratitudine perché invece si dimostra pronto ad aiutarci senza secondi fini?

Ecco, il primo passo che don Bosco compiva verso l'uomo per portarlo a Dio era proprio questo: amare l'altro come Cristo amava lui.
In maniera disinteressata, donandosi totalmente, senza aspettarsi nulla in cambio....



venerdì 20 gennaio 2012

DIO E' LUCE....DIO E' CARITA'

"In Lui era la vita
e la vita era la luce degli uomini;
la luce splende nelle tenebre,
ma le tenebre non l'hanno accolta".
(Gv 1, 4-5)

"DIO E' LUCE
E IN LUI NON SONO TENEBRE"
(1 Gv, 5)





Il prologo di Giovanni e la prima delle sue epistole, ci proiettano in un'...immagine molto "plastica", ma anche sensibilissima e spiritualmente forte: DIO E' LUCE.


Pensando alla luce, infatti, la mente umana si ritrova a seguire una doppia linea di pensiero: da un lato c'è il concetto di luce materiale, quindi quello che consente all'uomo di vedere per orientarsi, per non urtare contro degli ostacoli....

Dall'altro, la luce rimanda anche ad un "elemento" più "interiore": qualcosa che riscalda, che emana quindi calore, in grado di penetrare all'interno dei corpi, anche quando fossimo non direttamente in grado di guardarne la fonte, ma comunque capaci di riceverne, appunto, il calore.
Pensiamo al sole: non possiamo fissarlo perché i nostri occhi ne sarebbero accecati, tuttavia proprio questo astro fa "risaltare" ogni cosa al di fuori dell'oscurità ed al contempo dona il calore adatto a tutta la terra, proprio quel calore che consente di creare le condizioni giuste, ideali, per l'esistenza della vita.

Dio è vita...Dio è luce....
Dio è la luce che ci guida, che ci fa orientare fra il bene ed il male; Dio è il calore che ci infiamma con la Sua Ardente Carità...


Proviamo a proiettare questi pensieri su Dio nel momento in cui siamo in preghiera, specialmente quando "sostiamo" davanti a Gesù Sacramentato, esposto solennemente.

Ci troviamo dinnanzi alla LUCE per eccellenza, alla LUCE VERA, che tuttavia, per un mistero insondabile, noi vediamo velata dalle fattezze di un pezzo di Pane, sapendo però che quello è veramente il Corpo di Gesù Cristo Nostro Signore.
COLUI che allora adoriamo, contempliamo....è DIO CHE E' LUCE....

Un Dio che si "nasconde" sotto le semplici vesti di un pezzetto di Pane per non "abbagliarci" , poiché, come si legge nell'Esodo, lo stesso Onnipotente afferma: "Nessun uomo può vedermi e restare vivo" (Es 33,20).

Eppure, proprio Mosè, pur contemplando il Signore guardando solo le sue "spalle" (Es 33-23), se ne torna trasfigurato dal colloquio con Dio.
Ce lo racconta proprio il libro dell'Esodo, nel momento in cui narra:
"Quando Mosè scese dal monte Sinai non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante poiché aveva conversato con Lui" (Es 35, 29-30).

E' l'esperienza che farà anche Gesù, quando vivrà la Sua Trasfigurazione sul monte:
"Fu trasfigurato davanti a loro; il suo volto brillò di luce come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce" (Mt 17, 3).

Il fenomeno "scientifico" che si verifica quando un oggetto viene esposto ad una forte fonte luminosa è quello che, molto semplicemente, chiunque (anche sfornito di particolari conoscenze in materia) può verificare osservando una foto scattata usando troppo flash.
L'oggetto (anche la persona), colpita da una luce "eccessiva" la "riflette", ma nel contempo è come se l'assorbisse e divenisse...più bianco, più luminoso....

Proviamo ad entrare in una stanza piena di sole, passando proprio attraverso il fascio di luce proiettato dall'astro: non vedremo che luce e noi stessi diventeremo quasi come "luminosi"...

Stare davanti a Gesù Eucaristia e contemplarLo è proprio questo: lasciarsi lavorare, illuminare, trasfigurare dalla Sua Luce intensissima, ma che non abbaglia fino a renderci ciechi, ma guida per far evitare le tenebre!
Lo dice sempre San Giovanni, nella prima delle sue lettere: "Dio è luce e in lui non ci sono tenebre.
Se diciamo che siamo in comunione con lui e camminiamo nelle tenebre, mentiamo e non mettiamo in pratica la verità.
Ma se camminiamo nella luce, come egli è nella luce, siamo in comunione gli uni con gli altri". (1 Gv 5-7)

San Giovanni, oltre a dirci che Dio è luce, ci dice infatti che Dio è amore, "DEUS CARITAS EST"  DIO E' AMORE (1 Gv 4,16).
Lasciarsi trasfigurare dalla luce di Dio significa anche lasciarsi trasfigurare dal Suo Amore: nella misura in cui contempliamo la Luce di Cristo, saremo anche portatori in noi ed agli altri, del Suo Infinito Amore.

Allora....mentre siamo in adorazione davanti a Gesù, ricordiamo che Colui che contempliamo è Luce, è Amore...lasciamo che Egli faccia di noi un riflesso ardente di questa Luce e di questo Amore....

lunedì 16 gennaio 2012

BICENTENARIO NASCITA DI DON BOSCO.....2011-2012: la storia




Lo scorso anno è stato indetto dal Rettor Maggiore dei Salesiani, il triennio in preparazione al bicentenario della nascita di don Bosco.
Si tratta di un progetto appunto articolato in tre fasi, che prevede, nel primo  periodo   (16 agosto 2011- 16 agosto 2012) l'approfondimento della storia del santo di Valdocco.

Nella lettera di Don Chavez, così si legge:

"La prima tappa è centrata sulla conoscenza della storia di Don Bosco e del suo contesto, della sua figura, della sua esperienza di vita, delle sue scelte. 
Durante questo primo anno di preparazione dobbiamo proporci un cammino sistematico di studio e assimilazione di Don Bosco. 
Sono ormai venute meno le generazioni di coloro che avevano conosciuto Don Bosco o che erano venuti a contatto con i suoi primi testimoni. 
È necessario perciò attingere alle fonti e agli studi su Don Bosco, per approfondirne prima di tutto la figura. Lo studio di Don Bosco è la condizione per potere comunicarne il carisma e proporne l'attualità. Senza conoscenza non può nascere amore, imitazione e invocazione; solo l'amore poi spinge alla conoscenza. Si tratta quindi di una conoscenza che nasce dall'amore e conduce all'amore: una conoscenza affettiva".

Indubbiamente, le "Memorie Biografiche" costituiscono uno strumento privilegiato per questo studio, ma non vanno dimenticate neanche le "Memorie" dell'Oratorio, scritte dallo stesso don Bosco, un materiale che offre uno sguardo diretto ed anche "affettivo" sull'opera che il Signore volle realizzare attraverso la figura e l'impegno del fondatore dei salesiani.

La stessa premessa del testo ce lo fa comprendere, dalle parole che don Bosco utilizza:
"Figli miei, quando leggerete queste memorie e io non ci sarò più, ricordatemi come un papà che vi ha voluto bene, e ha lasciato queste pagine come segno del suo affetto".

Pensando a queste parole di Don Bosco ed in generale alla storia dell'oratorio -inserito nel grande progetto divino della Società di San Francesco di Sales-  credo che un ottimo punto di partenza per un piccolo contributo anche sul blog, sia il famoso sogno dei nove anni, che vede il piccolo Giovannino...alle prese con capretti, cani, gatti...orsi....
Il sogno raffigurava Giovannino Bosco che, affidato da Gesù alla Vergine Maria...avrebbe trasformato finanche i giovani più scapestrati -animali feroci- in docili agnellini da condurre alla Madonna ed a Suo Figlio.
"A suo tempo tutto comprenderai" gli disse allora la Vergine!
Ed a suo tempo...don Bosco tutto comprese, mostrandosi proprio come un papà, tanto colmo di affetto per i suoi figli, da non poter fare altro che piangere davanti allo svelarsi di un disegno di amore che lo aveva portato a spendersi totalmente per i suoi figli!

Roma, Basilica del Sacro Cuore-
Altare di Maria Ausiliatrice
Il sogno non è una "categoria" nuova nella storia dei Santi, anzi, siamo di fronte ad una delle "modalità" con cui Dio si è spesso rivelato anche nella Bibbia, basti pensare al famoso sogno della scala di Giacobbe, per non parlare poi dei sogni di San Giuseppe, attraverso i quali il Padre Celeste guidava e proteggeva la Sacra Famiglia.

Che il sogno di Don Bosco fosse stato proprio preludio e guida per la sua stessa opera, ce lo rivela un momento "speciale" della vita del nostro santo, quello che ebbe luogo a Roma il 16 maggio 1887.
La Basilica del Sacro di Cuore di Roma, Tempio internazionale della devozione al Cuore di Gesù (e la cui costruzione era stata affidata dal Papa proprio a Don Bosco) era stata consacrata da poco; Don Bosco celebrò una Messa all'altare di Maria Ausiliatrice.


Da quel giorno, ogni anno, il 16 maggio, viene celebrata la Messa delle Lacrime, per fare memoria di quanto capitò al Santo salesiano.
E' un momento di grande "intensità" spirituale ed "affettiva": i fedeli si "stringono" intorno alla Madonna, vicinissimi quindi al sacerdote che celebra Messa proprio come don Bosco, rivolto verso quell'Altare che lo vide comprendere il filo rosso che aveva legato tutta la sua vita!
Ecco come raccontano il fatto le Memorie Biografiche:

"Non meno di quindici volte durante il divin sacrificio si arrestò, preso da forte commozione e versando lacrime.
Don Viglietti che lo assisteva, dovette di quando in quando distrarlo, affinché potesse andare avanti.
Mentre poi si allontanava dall'altare, la folla intenerita gli si strinse intorno, baciandogli i paramenti e le mani libere dal calice, e seguendolo in sacrestia...
Qui gli si domandò a voce la benedizione.
-Sì, sì, rispose.
La targa commemorativa della "Messa delle lacrime" situata
accanto all'altare di Maria Ausiliatrice
E saliti i tre gradini della porta che mette in comunicazione la prima sacrestia con la seconda, si volse indietro, alzò la destra, ma subito ruppe in pianto, e coprendosi con ambe le palme il volto: 

Benedico....benedico....ripeteva con voce soffocata, senza poter finire la frase.
Fu necessario prenderlo dolcemente per le braccia e condurlo via.



Gli astanti impressionati si muovevano per tenergli dietro, ma fu chiusa la porta.
Chi non avrebbe desiderato saper quale fosse stata la causa di tanta emozione?
Don Viglietti, quando lo vide ritornato nella sua calma abituale, glielo domandò.
Rispose: Avevo dinanzi agli occhi viva la scena di quando sui dieci anni sognai la Congregazione.
Vedevo proprio e udivo la mamma e i fratelli questionare sul sogno....
Allora la Madonna gli aveva detto: A suo tempo tutto comprenderai...
Trascorsi ormai da quel giorno sessantadue anni di fatiche, di sacrifici, di lotte, ecco che un lampo improvviso gli aveva rivelato nell'erezione della Chiesa del Sacro Cuore a Roma il coronamento della missione adombratagli misteriosamente sull'esordire della vita.
Dai Becchi di Castelnuovo alla Sede del Vicario di Gesù Cristo com'era stato lungo e arduo il cammino!
Sentì in quel punto che l'opera sua personale volgeva al termine, benedisse con le lacrime agli occhi la divina Provvidenza e levò lo sguardo fiducioso al soggiorno dell'eterna pace in seno a Dio"!

Credo che parlare di Don Bosco, voler approfondire la sua storia, significhi anche entrare un po' -ed in punta di piedi- nella storia non solo di un grande progetto divino per la gioventù, di una vocazione, di una santità....ma anche nella delicatissima psicologia e spiritualità di un uomo che, ormai avanti negli anni, è stato ancora capace di piangere come un "fanciullo" che si inchina con riconoscenza al Datore di ogni bene....
Fa tenerezza un don Bosco così: il padre, l'amico, il maestro dei giovani...che si commuove perché, in un solo sguardo, in un momento preciso, ai piedi di un altare su cui celebra il più grande mistero del mondo.... si commuove, comprende di essere stato il piccolo strumento di un disegno maestoso che ha contribuito, contribuisce e contribuirà, a condurre tante anime giovani (e non solo!) al Cuore di Cristo che dona la vita eterna!

giovedì 12 gennaio 2012



Pubblico con gioia una nuova testimonianza vocazionale, che mi è stata inviata dalla mia cara amica Suor Paolisa Teresa Falconi, Ancella della Carità.
Lo scritto riguarda la zia di Suor Paolisa, sua omonima, anche lei consacrata nella stessa congregazione religiosa e recentemente tornata alla casa del Padre.


Leggendo questa testimonianza, tornano alla mente le parole di Nostro Signore, che invita alla sequela...anche radicale, quella che molte volte costa la fatica "umanissima" del distacco dagli affetti più cari, nella certezza che occorra mettere mano all'aratro e non voltarsi indietro, per essere "adatti" al Regno di Dio! (cfr Lc 9,62)
Solo così si può ottenere il centuplo in questa vita ed anche nell'altra!


Preghiamo per questa cara sorella, certi che anche lei ci ricorderà davanti all'Onnipotente!

Un grande grazie alla carissima Suor Paolisa, per aver voluto condividere con noi il suo ricordo personale della zia e soprattutto la sua sincera testimonianza di sequela appassionata di Cristo, fino all'ultimo!







Suor Paolisa, appartenente a una famiglia numerosa, saldamente ancorata ai principi e ai valori cristiani, è stata la preziosa collaboratrice di mamma Teresa, donna saggia e integerrima, dalla fede robusta, cresciuta alla scuola del sacrificio e con lo spirito mariano di Sant’Alfonso Maria De’ Liguori, che le ha trasmesso la gioia di fare e vivere scelte concrete e dignitose nell’ambito familiare, sociale, parrocchiale e poi religioso.

Apostola in famiglia, catechista tra la gioventù, prima testimone di una solida vita cristiana corroborata dalla grazia sacramentale, intensamente vissuta e trasmessa ai fratelli, con delicata fermezza e signorilità di tratto invidiabile, semplice, umile, modesta ha irradiato la luce della bontà e riscaldato il cuore di molte persone che l’hanno avvicinata.

La sua scelta vocazionale, è stata ostacolata specie dal papà, Cav. Paolo, uomo apparentemente rude, ma anche se non lo dimostrava, tenero verso i suoi figli, che non si rassegnava a vedersi partire da casa una figlia tanto amabile, saggia, capace di unire i cuori. 
La perdita era poi sentita irreparabile dai suoi fratelli e dalle sorelline che ha seguito e fatto crescere, e la consideravano la loro seconda mamma.

Noi, suoi parenti, abbiamo una testimonianza chiara, trasparente della vita di donazione totale di suor Paolisa alla Chiesa e al suo Istituto. 
Le ha sempre cantato in cuore l’entusiasmo e la gioia della sua appartenenza a Cristo attraverso la consacrazione vissuta con fedeltà, entusiasmo e gioia e dedizione sino alla fine.
Stimava le sue Superiore, era obbediente fino allo scrupolo e ne assecondava anche i desideri, aveva il culto della sua Regola che viveva fin nei minimi particolari confrontandosi con serietà anche quando, dopo molti anni, veniva in famiglia per qualche giorno l’anno.
Non l’abbiamo mai sentita fare rimarchi o dare giudizi sfavorevoli verso qualche membro dell’Istituto, anzi ha donato tutte le sue energie spirituali e fisiche per settantatré anni, senza risparmiarsi, senza rivendicare diritti o pretendere qualche cosa di diverso. 
Si è lasciata forgiare l’anima e il cuore dal mistero della GRAZIA e della MISERICORDIA del Signore e, in ogni comunità dove è stata, in varie Regioni d’Italia, lontane o vicine a Verona, ha saputo mantenere con coerenza quello che ha promesso con serietà e consapevolezza all’inizio della sua vita religiosa.

Non so descrivere la gioia dell’incontro e il fascino che la zia esercitava su me, non solo per la sua straordinaria bellezza fisica ma più di tutto per il suo candore spirituale che era angelico.
Le sue erano parole di Cielo che le sgorgavano dal cuore e lasciavano una traccia in me. 
Ricordo con nostalgia il giorno in cui le ho comunicato la mia decisione di entrare in Convento tra le Ancelle della Carità. Ho notato in lei un momento di sgomento, poi con padronanza e pacatezza mi ha detto: «Nella Chiesa c’è posto per tutti. Si può fare del bene ovunque, ricordati però che prima di tutto bisogna diventare sante». 
Mi ha poi presentato alla sua Superiora generale che mi ha rivolto queste testuali parole: «Auguri, signorina, sia una mammoletta come la sua zia». 
E una viola nascosta e profumata solo dalla virtù è stata la vita della zia che avrebbe amato diventare una suora infermiera, invece è rimasta felice e radiosa nei vari servizi di parecchie cucine. 
Ha servito, ha sfamato molte persone ammalate, anziane, giovani con il suo spirito gioviale, vivace, raggiungendo spesso le anime e spezzando loro non solo il pane ma anche la ricchezza della Parola che sapeva comunicare con tanta semplicità.
L’ansia della santità e di raggiungere le persone lontane da portare a Cristo e lo spirito di riparazione fanno parte delle caratteristiche spirituali della zia e tutto faceva convergere a questo scopo: preghiere, sacrifici, mortificazioni, rinunce, specie le adorazioni, le giaculatorie che, come frecce ardenti, diceva, raggiungono il Cuore misericordioso dello Sposo Gesù.
La sua era una preghiera semplice, mai superficiale, ben localizzata e motivata, aveva un volto preciso: ogni persona, specie i parenti erano ricordati singolarmente con i loro problemi, le loro ansie, le loro attese. 
Lei, dotata di grande sensibilità e innata saggezza, sapeva vedere con occhio buono e vigile, scorgendo i bisogni più urgenti di ciascuno.

E quanti ne ha visti nella sua lunga vita! A tutti noi lascia il ricordo di una vita “bella”, serena, entusiasta, aperta al divino, ricca di un’umanità affinata dal contatto con l’Eucaristia, con il Crocifisso servito e amato con tenerezza di sposa sempre presente e partecipe, capace di autentica condivisione.
La sua entrata tra le Sorelle della Casa di Riposo, lasciando il servizio che amava, l’ha fatta soffrire, ma la sua missione non era finita, ha continuato per anni, finché le forze l’hanno sostenuta, a mondare la verdura, oppure a dare due punti nel guardaroba e stirandosi gli indumenti che indossava con tanta soddisfazione, perché si sentiva ancora utile.
La zia, che ha sgranato centinaia e centinaia di Rosari, dimostrando il suo tenero amore alla Vergine, della quale ha cantato giuliva le melodie e la ninna nanna a Gesù sino alle ultime ore di vita, ora continua dal Cielo a pregare per noi.
Suor Paolisa ha terminato il suo pellegrinaggio terreno, ha raggiunto ciò che le è stato promesso.

Suor Paolisa Teresa Falconi A.d.C.
Brescia

domenica 8 gennaio 2012

CRISTIANOFOBIA.....dall'arte "teatrale" all'...arte politica!

Penso che tanti di voi avranno letto, in questi giorni, delle polemiche (giustificatissime!)intorno allo spettacolo (....) di Romeo Castellucci -dal titolo "Sul concetto del volto del Figlio di Dio"-.

Innanzitutto, come premessa e per chi non fosse a conoscenza di questa blasfema rappresentazione, che andrà in scena a Milano dal 24 gennaio, ecco un estratto dal sito del Comitato San Carlo Borromeo, Basta Cristianofobia, che descrive brevemente il contenuto della pièce teatrale":

"Sul concetto di Volto nel Figlio di Dio

La rappresentazione teatrale ruota attorno allo sfondo che la accompagna: il Volto di Gesù dipinto da Antonello da Messina. 
Davanti al Volto di Cristo, però, si svolgono delle scene ambigue, morbose e disgustose: si mostra il rapporto tra un padre anziano e suo figlio che svolge le mansioni di infermiere e di domestico.
L’odio anticristiano si rivela nel momento in cui entrano in scena alcuni bambini che cominciano a lanciare granate contro il volto di Gesù. 
Verso la fine della rappresentazione, l’uomo anziano va dietro l’immagine di Cristo e, mentre il Volto viene deformato, l’anziano copre l’immagine di un liquido nero, simbolo degli escrementi dell’anziano (tanto che in qualche passata rappresentazione – a questo punto – un odore nauseabondo ha invaso la sala). 
La conclusione della rappresentazione è di inequivocabile rifiuto di Cristo: «Tu non sei il mio Pastore»".


Chiaramente, davanti ad una simile porcheria che viene spacciata per arte, come cattolici non possiamo rimanere con le mani in mano.
Invito pertanto i lettori del blog a sottoscrivere l'appello di protesta, che trovate proprio sul sito del Comitato San Carlo Borromeo -Basta Cristianofobia oppure potete inviare una mail a Mons. Scola, all'indirizzo webmaster@chiesadimilano.it copiando il testo sempre già disponibile sullo stesso sito.

Consentitemi ora di spaziare un po', prendendo spunto dall'argomento oggetto di questo articolo odierno.
La "cristianofobia", se bene analizziamo il termine, altro non è che...la paura dei cristiani.
Fobia significa infatti paura, ma anche "ripugnanza".
Certo, il cristiano è un soggetto scomodo per molti, perché se se veramente si mette ad essere quello che è chiamato ad essere -sale della terra e luce del mondo- capiamo bene che per malpensanti, oziosi, viziosi, egoisti e malvagi, rimane poco spazio di azione sulla terra.
Detto proprio in termini crudi e spiccioli, se i topi vogliono ballare, devono eliminare il gatto di cui hanno paura.
Per realizzare questo piano "mangiagatto" finiscono con il rivelare la loro visione del cristianesimo come di una "odiosa minaccia", riversando sulla persona di Cristo e su tutto quello che la riguarda (Chiesa e suoi strumenti inclusi) l'odio che nutrono nei confronti di quello che considerano...nemico.

Ultimamente rifletto spesso su quello che da circa uno, due anni a questa parte si sta verificando in Italia, a livello non sociale o culturale, ma prima di tutto politico.
Sì, politico!
La politica -tanto di destra quanto di sinistra- sta attuando una serie di misure volte a far "scomparire" lentamente proprio gli strumenti di cui la Chiesa si serve a fin di bene (detto ancora in termini spiccioli), per la propria opera di apostolato e di cura anche della persona umana nella sua totalità.
Il fine ultimo è naturalmente far scomparire la Chiesa stessa come istituzione non politica o sociale, ma SPIRITUALE, nella sua parte più "interiore"...

Analizziamo le due cose che maggiormente evidenziano la piega presa dalla politica italiana degli ultimi anni:
  • l'aumento spropositato delle tasse di spedizioni delle riviste
  • la bagarre -montata quanto l'albume dell'uovo- intorno al pagamento dell'ICI da parte degli enti ecclesiastici
In merito al primo elemento, è facile comprendere come questo spropositato (e senza senso) rimedio scelto dalla politica italiana per "sanare" le finanze non sanate dello Stato, abbia colpito quasi esclusivamente le pubblicazioni cattoliche.
Lasciamo stare i sedicenti report che blateravano -sempre anni fa- di presunti "supporti economici" alla stampa cattolica.
Se questi supporti (ammesso che ci fossero!) avessero concesso lunga vita ai giornali cattolici, vorrei sapere come mai, a seguito della STANGATA sulle tariffe di spedizione, quasi tutti i periodici no profit cattolici sono stati drasticamente DANNEGGIATI, costretti a ridurre il numero di uscite annuali, o a limitare le spedizioni solo ed esclusivamente a quanti siano in regola col pagamento degli abbonamenti....
E' ovvio che il problema non riguarda riviste dall'abbonamento notoriamente elevato o che, per il loro taglio e per il tipo di argomentazione trattata, possono usufruire di avalli economici differenti, come quelli provenienti dagli sponsor pubblicitari.

A prescindere poi dalla qualità eccelsa o meno di tutta la stampa cattolica (perché è ovvio che le riviste sono molto varie fra di loro!), c'è da dire che di certo esse possono essere un valido ausilio per molte persone, specie per quelle più anziane o meno "acculturate", che non vanno in giro in rete per documentarsi sulle cose di fede, che non comprano libri di spiritualità....che non possono permettersi abbonamenti troppo cari, ma si spingevano volentieri a ricevere le riviste di parrocchie, opere come quella del Sacro Cuore di Bologna e via dicendo...magari inviando un'offerta anche ben più bassa dell'indicativa quota di abbonamento.
Naturalmente, da parte dello Stato, tagliare le gambe alla stampa cattolica è il tentativo di AFFIEVOLIRE LA VOCE che prima entrava nelle case, parlando di Cristo e della Chiesa.... cercare di stringere il cerchio della formazione cristiana di molte persone che non vanno a formarsi fuori dalle proprie case....

Il secondo aspetto, quello dell'Ici, rientra sempre in questa stessa logica: far credere che la Chiesa sia contro lo Stato, che sia quindi bugiarda rispetto al Vangelo (date a Cesare quel che è di Cesare, no?)....ed un DOMANI SPINGERE ADDIRITTURA A CHIUDERE LE CHIESE PERCHE' I LUOGHI DI CULTO NON PAGANO LE TASSE!
E ditemi, se pure la stampa cattolica ha letteralmente "i numeri contati"...dove si dovrebbe difendere e con quale tempismo?

Insomma, la "cristianofobia" -molto spesso- si nasconde dietro atteggiamenti che all'apparenza dovrebbero mostrarsi come "criteri di equità per tutti", ma che celano la verità effettiva per cui in realtà sono delle ingiustizie.... e noi, tante volte disinformati cattolici, rimaniamo muti davanti a certe "imposizioni politiche" perché non conosciamo, perché non vogliamo conoscere, perché ....eh, forse perché ci fa anche comodo!

Meditiamo, in questo giorno in cui si festeggia il Battesimo di Gesù: il Signore non ci invita a vivere solo una vita di fede nel chiuso del proprio IO, ma ad andare a cambiare il mondo con la nostra testimonianza concreta e fattiva....
salare la terra ed illuminare il mondo richiedono un impegno anche pratico, di parola di verità: una denuncia contro quello che oggi offende il volto di Cristo, e quindi anche di noi cristiani.... una denuncia contro l'arte cristianofobica, sia essa teatrale...o politica!

BUONA DOMENICA A TUTTI!

venerdì 6 gennaio 2012

EPIFANIA DEL SIGNORE




La festa dell'Epifania ci presenta nel Santo Vangelo la scena dell'offerta dei doni che i Re Magi consegnano a Gesù Bambino (Mt 2,1-12), doni per altro simbolici, in quanto rimandano alla regalità, alla divinità ed alla Passione di Nostro Signore Gesù Cristo.
Il concetto del "dono" è presente anche nella Liturgia delle Ore di questo giorno: già nei primi vespri, si fa memoria di come il Signore "diede la loro terra in eredità a Israele, a Israele suo popolo" (Sal 134).

Ora, il nome "ISRAELE" altro non è che il nome nuovo concesso da Dio a Giacobbe, figlio di Isacco, nipote di Abramo.
La storia di quest'uomo che faticosamente (ma con l'aiuto divino!) riesce a diventare grande da piccolo che era, ci dimostra come in verità non sia l'uomo a donare qualche cosa a Dio, ma tutto il contrario: è Dio che si dona all'uomo, in uno scambio d'amore senza pari!
E l'essere umano è invitato a fare altrettanto: donare al proprio fratello, anzi, donarsi all'altro!
Il capitolo 32 della Genesi, presenta infatti Giacobbe finalmente sfuggito allo "sfruttamento" del suocero Labano che voleva egoisticamente trattenere presso di sè beni materiali e le proprie figlie; il figlio di Isacco si è finalmente arricchito -riuscendo così a recuperare quanto Labano stesso gli aveva sottratto- ed è in cammino verso la terra promessa.
A quel punto accade però....l'imprevedibile: egli viene a sapere che gli viene incontro il fratello Esaù, esacerbato per la perdita della primogenitura e della benedizione paterna, che proprio Giacobbe gli aveva "carpito"...la prima in cambio di un piatto di lenticchie, la seconda con una "tranello" organizzato con la complicità della madre Rebecca (Gn, capitoli 25 e 27).

A quel punto...Giacobbe, dopo aver riconosciuto che ogni cosa ottenuta fino ad allora era puro dono gratuito di Dio, agisce sotto l'impulso di un'idea che oggi diremmo "geniale", ma potremmo anche definire di certo ispirata dal Signore: mandare avanti, prima di lui, ed incontro al fratello, i propri servitori con vari beni, per placarne l'ira.
Il dono diventa lo strumento del...perdono: è vero che Giacobbe agisce anche per paura, ma nonostante questo continua a chiamare ancora Esaù con il titolo di "fratello"!
Il dono diventa quindi un espediente di...riconciliazione!

Quella stessa notte avviene la lotta di Giacobbe con Dio, apparsogli in forma umana.
E' una lotta in cui, apparentemente, Giacobbe perde, perché gli viene slogata l'articolazione del femore, ma proprio qui si verifica "l'assurdo", la "follia dell'amore di Dio" per l'uomo.
Dio gli dice: "Non ti chiamerai più Giacobbe,  ma Israele, perché hai combattuto con Dio e con gli uomini e hai vinto"! (Gn 32,29)

In che cosa ha vinto, Giacobbe?
Ha vinto prima di tutto con Dio perché...Dio si è fatto vincere! IL SIGNORE SI E' FATTO...CONQUISTARE DALL'AMORE DEL SUO SERVO!
  • Giacobbe, preso dalla paura del fratello non ha rinnegato la propria fede, non ha accusato Dio dell'ennesimo rovescio della propria vita avvenuto subito dopo un momento di sollievo; al contrario, ha invocato, pregato l'Onnipotente affinchè lo liberasse dal pericolo!
  • Giacobbe ha vinto perché ha resistito a quella "lotta" contro Dio, o meglio, alla tentazione della sfiducia...la parte più psicologicamente umana della creatura, davanti a certe sventure, a certe sofferenze, prenderebbe facilmente il sopravvento....travolgerebbe la fede se l'uomo non si consegnasse totalmente al Signore, in una sorta di "martirio" interiore che slega le ossa, ma lo rende docile nelle mani di Dio.

Apparentemente, quindi, l'uomo "perde" qualcosa nel darsi: le proprie passioni, anche i propri beni materiali, ma soprattutto quel modo di ragionare puramente umano, soltanto razionale, per cui, davanti a certe difficoltà si sarebbe tentati di dire che Dio non esiste, che Egli non ci protegga.

Giaccobbe accetta questa sfida: si dona a Dio offrendo la propria umanità come dono, rinuncia alla parte più debole del proprio io, si lascia "lavorare" dal Signore attraverso la prova e Gli accorda fiducia.
A quel punto Dio lo benedice e gli concede il buon esito della sua iniziativa di inviare i doni ad Esaù.
E' dunque Dio che si dona a Giacobbe, superando di gran lunga l'offerta che l'uomo fa di sé stesso all'Altissimo!

In questa Epifania di Gesù, in questa "manifestazione" del Bambino Divino, accade la stessa cosa: come Dio si rivelò a Giacobbe in forma umana, qui Dio si rivela nelle sembianze di un Bambino....quel Bimbo, cui offriamo i nostri poveri doni, fatti di preghiera, sacrifici, ci chiede soprattutto una cosa: FEDE VIVA IN LUI, FEDE CHE VADA OLTRE LA RAGIONE CHE A VOLTE VORREBBE SPINGERE L'UOMO A DIRE CHE UN BAMBINO NON POSSA PORTARE SALVEZZA!

  • Quel Bambino ci benedice, come Dio benedisse Giacobbe; 
  • quel Bambino ci dice: "Abbiate fede, io ho vinto il mondo"(Gv 16,33) ed invita noi a vincere il male che popola questa terra!; 
  • quel Bambino ci dice: fatevi, da piccoli che siete, miei coeredi di un Regno immenso, che non avrà mai fine, come Dio promise ad Abramo e poi ancora a Giacobbe che il suo nome sarebbe stato quello di Israele, la generazione numerosa come le stelle del cielo!
Quel Bambino che oggi si manifesta in tutto il Suo splendore ci dona un regalo incommensurabile: Sè Stesso nella Santissima Eucaristia!
E' Lui il dono che va incontro al Padre, la cui Giustizia avrebbe motivo di essere esacerbata per le tante mancanze umane.... 
E' Lui il dono che placa l'ira divina e ci fa riconciliare con il Padre!
Noi siamo Giacobbe, che mandiamo avanti, come nostro dono, L' UNICO MEDIATORE, L' UNICO SALVATORE,L' UNICO RICONCILIATORE COL PADRE: il Figlio Suo, Gesù Cristo!

"Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo"! (Mt 28.20)
Se questo "dono" di Dio all'umanità è sempre con noi....allora ogni giorno può essere "epifania del Signore", manifestazione del volto di un Dio buono e misericordioso, che non si fa vincere in generosità, perché ci ha dato il dono più bello: il Suo Figlio Unigenito!

Buona Epifania a tutti!