giovedì 30 ottobre 2014

COME UNA CHIOCCIA COI PULCINI - riflessioni sul Vangelo di oggi


In quel momento si avvicinarono a Gesù alcuni farisei a dirgli: 
«Parti e vattene via di qui, perché Erode ti vuole uccidere».
Egli rispose loro: «Andate a dire a quella volpe: “Ecco, io scaccio demòni e compio guarigioni oggi e domani; e il terzo giorno la mia opera è compiuta. 
Però è necessario che oggi, domani e il giorno seguente io prosegua nel cammino, perché non è possibile che un profeta muoia fuori di Gerusalemme”.
Gerusalemme, Gerusalemme, tu che uccidi i profeti e lapidi quelli che sono stati mandati a te: quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come una chioccia i suoi pulcini sotto le ali, e voi non avete voluto!  
Ecco, la vostra casa è abbandonata a voi! Vi dico infatti che non mi vedrete, finché verrà il tempo in cui direte: “Benedetto colui che viene nel nome del Signore!”». 

(Lc 13,31-35)



Il Vangelo di oggi mi colpisce per l'espressione usata da Gesù: Egli si paragona ad una chioccia, che vorrebbe prendere sotto la propria ala protettrice i suoi pulcini, ma a cui ciò è impedito dalla stessa libertà di questi ultimi.
Il concetto di un Dio che accoglie le creature sotto le proprie ali non è nuovo: lo ritroviamo  spesso nell'Antico Testamento, in cui mettersi sotto le ali di Dio significa essere al riparo da ogni male, protetti da Lui, travare rifugio nella potenza dell'Altissimo (ad es. nel Sal. 36,8, giusto per citarne uno).
Qui però Gesù evidenzia con forza un'altra immagine, che sempre l'Antico Testamento aveva già accennato, cioè quella dell'amore "materno" di Dio.
Per farlo, il Signore ricorre alla figura della chioccia, non un animale qualsiasi...ma proprio quella gallina che, sola tra tante, è in grado di portare a termine la covata con frutto, di permettere, con il proprio calore, la propria pazienza, la propria "attenzione", di far sì che l'uovo dia vita ad un pulcino.
Torna alla mente la parabola del seminatore (Lc 8,4-8): il seminatore semina, e su tanti terreni può cadere il seme. Ma solo se il terreno è buono, produce frutto.
Come fa questo terreno ad essere "buono"? Solo se si lascia vangare, arare, coltivare, potare nelle sue piante, dal Seminatore stesso.
Da sé, l'uomo non potrebbe nulla. Dio è come la chioccia che cova sotto di sé un "seme" buono, ma che può acquistare calore vitale solo se si lascia prendere e curare amorevolmente da mamma chioccia.

Dio oggi ci chiede questo: di lasciarci "coltivare" da Lui, come un uovo si lascia covare da una chioccia, per acquistare la vita; di trovare rifugio sotto le Sue ali, come un pulcino fa con la chioccia. Dio ci ama con amore di madre, sempre, non solo nell'atto del darci la vita, ma anche nel vederci crescere; Dio nutre un amore che Lo porta ad essere ACCOGLIENZA, sempre. 
E' in questo essere accolti da Lui, che possiamo ricevere da Lui.
L'immagine della chioccia che dispiega le ali per raccogliere i pulcini, rimanda a quella di Cristo Crocifisso, che sulla Croce allarga le Sue braccia nel gesto d'amore supremo, quello con cui ci fa rinascere a vita nuova.
E nel darci Maria come Madre, dimostra ancora una volta di pensare a noi proprio con un amore materno, nel non volerci lasciare "orfani".

Affidiamoci allora a Maria, affinché lei ci aiuti a comprendere le "viscere materne" con cui Dio ci ama fin dall'Eternità e ci faccia sentire il gusto di essere figli, che con altrettanto amore e con piena riconoscenza, non disdegnano di rifugiarsi tra le braccia della più tenera tra le madri.


"Noi siamo oggetti da parte di Dio di un amore intramontabile. 
Sappiamo: ha sempre gli occhi aperti su di noi, anche quando sembra ci sia notte. E' papà; più ancora è madre. 
Non vuol farci del male; vuol farci solo del bene, a tutti. 
I figlioli, se per caso sono malati, 
hanno un titolo di più per essere amati dalla mamma. 
E anche noi se per caso siamo malati di cattiveria, fuori di strada, 
abbiamo un titolo di più per essere amati dal Signore". 
(Papa Giovanni Paolo I, Angelus 10 settembre 1978)

mercoledì 29 ottobre 2014

MEMORIA LITURGICA DEL BEATO MICHELE RUA - "La devozione al Sacro Cuore: devozione di tutti i tempi"!

 
Cari amici, condivido anche qui le riflessioni postate sul blog del Sacro Cuore, dedicate al beato di cui oggi fa memoria la Famiglia Salesiana: Michele Rua, primo successore di san Giovanni Bosco alla guida della Pia Società di San Francesco di Sales.
 
Buona lettura e buona festa a tutti, specialmente ai membri della famiglia salesiana!
 
 
 
 
 
 
 
Quest'oggi ricorre la memoria liturgica del beato Michele Rua, primo successore di san Giovanni Bosco a capo della Congegazione salesiana.

Don Rua (come altre volte è stato riportato su questo blog) non fu da meno, rispetto al suo maestro e predecessore, nella devozione al Sacro Cuore. 
Si può dire che ne raccolse l'eredità e la fece fruttare, consacrando la Pia Società di San Francesco di Sales al Cuore di Gesù ed inserendo nelle devozioni quotidiane dei salesiani, una preghiera ad Esso rivolta, per impetrare sante vocazioni.
Nel 1899 aveva disposto che "ogni salesiano facesse la consacrazione di se stesso" al Sacratissimo Cuore, ed in una sua sua lettera del 21 novembre 19oo (quindi successiva di un solo anno), dispose che si effettuasse la consacrazione di tutta la Congregazione:

"Ora intendo che ciascuno di noi si consacri di nuovo, in modo tutto particolare, a codesto Cuore Sacratissimo; anzi, desidero che ciascun Direttore Gli consacri interamente la Casa cui presiede, ed inviti i giovani a far essi pure questa santa offerta di sé stessi, li istruisca sul grand'atto che sono per compiere, e dia loro comodità affinché vi si possano preparare convenientemente.
Si può dire ai Cristiani riguardo al Cuore di Gesù quanto San Giovanni Battista diceva ai Giudei parlando del divin Salvatore: «Vi è uno in mezzo a voi, che voi non conoscete».
E possiamo pur ripetere a questo riguardo le parole di Gesù alla Samaritana: «Oh se conoscessi il dono di Dio!»
Quale amore e confidenza maggiore verranno a sentire verso Gesù i nostri socii ed i nostri giovani se saranno in questa devozione ben istruiti!
Tutti insieme presentiamoci a Gesù, e gli saremo cari come chi gli offre non solo ogni fiore del suo giardino, ma il giardino stesso; non solo i vari frutti dell'albero, ma l'albero stesso.
Poiché se riesce acceetta a Dio la consacrazione dei singoli individui, più accetta deve tornargli quella di un'intera comunità, essendo questa come una legione, una falange, un esercito che a Lui si offre". 

Tale consacrazione non doveva rimanere "sterile", perciò don Rua predispose una serie di indicazioni affincbé, seppure "l'atto di consacrazione è breve, il frutto deve essere imperituro".
Per questo propose "che la festa del Sacro Cuore di Gesù sia ovunque solennizzata come una delle feste primarie dell'anno.
In tutte le Case si ricordi il primo venerdì del mese con una speciale funzione, e sia raccomandato ad ogni confratello e giovane di fare in quel giorno la Comunione Riparatrice.
Ogni confratello sia iscritto all'associazione detta Pratica dei nove Uffizi, e cerchi veramente di eseguire l'ufficio che gli tocca.
Ogni casa sia associata alla Confraternita della Guardia d'onore, e ne esponga il quadrante; ed ogni confratello e giovane fissi il tempo speciale, in cui intende fare la sua ora di guarda, com'è prescritto dalla Confraternita.
Nelle case di noviziato e studentato chi può faccia l'Ora Santa, secondo le norme stabilite per praticare questa devozione".

Lo zelo di don Rua ci interpella: siamo animati dallo stesso desiderio di conoscere, praticare e diffondere la devozione al Sacro Cuore?
Dipende anche da noi, e dal nostro amore ed impegno, che si avverino le parole con cui il beato Michele concludeva la sua lettera: 

"Il nostro caro Gesù, venga a regnare nella mente e nel cuore di tutti gli uomini del mondo, e possa presto ripetersi in tutta l'estensione del suo significato il Christus vincit, Christus regnat, Christus imperat".

domenica 26 ottobre 2014

AMARE COME DIO.... riflessioni sul Vangelo di oggi (con San Giovanni della Croce)



 In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, 
riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?».
Gli rispose: «“Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. 
Questo è il grande e primo comandamento. 
Il secondo poi è simile a quello: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. 
Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

(Mt 22,34)








"Occorre notare che Dio non ama nulla al di fuori di sé,
 come non nutre per creatura alcuna un amore che sia inferiore a sé stesso. 
Ama tutto per sé, ragion per cui l'amore è il fine per cui ama.
Quando Dio ama un'anima, in un certo modo la mette in se stesso, la rende uguale a sé, così che ama l'anima in se stesso e con sé,
 con lo stesso amore con cui si ama". 
(San Giovanni della Croce, Cantico Spirituale, B 32,6)





Meditando stamane sul Vangelo del giorno (Mt 22,34-40) ho ripensato ad alcune pagine degli scritti di San Giovanni della Croce.

La misitca, facendoci vedere fin dove può arrivare l'anima nell'amore (lasciandosi condurre da Dio e praticando l'ascesi), fornisce un validissimo ausilio per comprendere quello che oggi Gesù ci dice nella Liturgia della Parola.

Alla domanda sul "grande comandamento", Cristo risponde agganciando l'amore di Dio all'amore del prossimo.
Rimane in sottofondo l'espressione "come te stesso". Dunque, amare Dio, amare sé stessi, amare il prossimo come ci si ama.

Gesù sembra volerci dire anche questo, allora: imparate ad amare voi stessi.
Dove, come?
Guardando a Lui, che Si è fatto uomo.
Guardando alla Parola, che nella Genesi ci presenta il "primo" Adamo e ce lo mostra come una creatura alla quale Dio dona tante cose, assieme all'intimazione di usarle rettamente, per buoni fini, senza concupiscenza, soprattutto...senza volersi sostituire al Creatore.

Amare sé stessi implica quindi...amare Dio.
Se l'amore "naturale" verso il proprio io si può connotare di sfumature "autoctone" ("io basto a me stesso, mi sono "fatto" da solo...e posso usare degli altri per sola soddisfazione del mio bisogno), autolesioniste verso sé stessi (sia nel senso fisico, quanto psicologico, fino all'aspetto spirituale, della perdita della propria anima), l'amore verso Dio diventa quasi uno strumento dal sapore anche pedagogico, nel suo essere salvifico.
Amare Dio - amarlo secondo quando la Parola ci dice, la dottrina, il magistero ci insegnano - è veramente la fonte della salvezza dell'uomo.


Amare Dio al di sopra di tutti e tutto, consente all'uomo di amarsi veramente.

Lo libera dal male, dall'egoismo, dalla ricerca sfrenata dei piaceri. Lo rende realmente ed unicamente libero, staccandolo dalla "dipendenza" da ciò che non è buono.
L'insegnamento che ci viene dai primi capitoli del libro della Genesi è esattamente questo: Dio aveva messo in potere di Adamo ogni cosa creata: la natura e gli animali, perchè li facesse fruttificare sempre di più per avere di che vivere e custodendo il creato;
la donna, ma non  come oggetto di "possesso", bensì come "aiuto simile"(Gn 2,20 nella versione CEI 1974), carne della sua carne ed ossa delle sue ossa;
sé stesso, come persona capace di conoscere il bene ed il bello, e, sembrerebbe potersi dire, di ignorare il male, di non averlo nel suo vocabolario e nel suo agire.
E' quando l'uomo si ribella a Dio, volendo diventare arbitro del bene e del male, che l'amore verso di sé si distorce: il lavoro diventa fatica, il matrimonio diviene scelta da portare avanti con sacrificio, la maternità è fonte di dolore...e via dicendo.
Soprattutto, occorre riconquistare la capacità di "ascoltare e vedere" Dio.

In Cristo - nuovo Adamo - , il Padre dona all'umanità una nuova possibilità. Nel Figlio, il  Padre ci mostra come l'uomo può amare Dio, sé stesso e gli altri.
Gesù ama sé stesso in quanto "Dio" e con questo stesso amore ama anche noi.
San Giovanni della Croce l'ha esplicitato molto bene, parlando di come opera questo "circolo" di amore! 
Dio non potrebbe amarci e chiedere di amare se non con il Suo stesso amore. Perché Egli è Amore! (cfr 1Gv 4,8).
D'altronde, già il Salmista aveva detto: "Voi siete dei, siete tutti figli dell'Altissimo" (Sal 82,6) ed in GV 10,34, Gesù riprende questo versetto, per contrabattere a chi voleva lapidarLo, accusandoLo di bestemmiare.
Qui Gesù ci ricorda quella verità che a volte noi dimentichiamo: siamo tutti creati ad immagine e somiglianza di Dio.
Di un Dio Uno e Trino.
Allora, tornando a San Giovanni della Croce, pensiamo a come "Gesù" che Si è fatto Uomo ha amato sé stesso: Si è amato in quanto Dio, Figlio del Padre.
Ha amato Dio: nello Spirito Santo ed in quanto Padre.
Ha amato gli altri: donandosi totalmente.
Ecco, qui il paradigma dell'amore diventa una sorta di sillogismo:
Se Gesù ama Sè stesso da Dio, e Si ama accettando di incarnarSi e donandoSi fino alla Croce;
se il Padre Si ama in Sè stesso ed ama il Figlio fino ad offrirLo per la nostra salvezza;
se lo Spirito Santo Si ama anch'Egli in Sè Stesso, e accettando di venire a noi donato con i Suoi doni...
allora il vero amore è questo: donarsi agli altri, donandosi a Dio.
Ciascuna delle Tre Persone della Trinità è "Colui che Si dona": il Padre si dona al Figlio; il Figlio si dona al Padre; lo Spirito Santo è il loro stesso donarsi reciproco;
ma ecco che in Cristo ci viene dato il "Padre nostro" (non solo Suo!);
dal Padre ci viene donato un "Fratello" e Figlio ("chiunque fa la volontà del Padre mio che è nei cieli, questi è per me fratello, sorella e madre" Mt 12,50);
dal Padre e dal Figlio riceviamo lo Spirito Santo.

Quell'essere ad "immagine e somiglianza" di Dio ci rammenta che possiamo pregustare già su questa terra il Paradiso, in cui tutti ci ameremo in Dio e da Dio, vedendo realmente nell'altro una scintilla di questo Padre, Figlio e Spirito che creano, vivificano, animano tutto e tutti.

San Paolo scrive che "la carità non avrà mai fine" (1 Cor 13,8) e san Giovanni della Croce ci ricorda, aiutandoci a concludere queste riflessioni, così come con lui le abbiamo iniziate, che:

"Alla fine sarai esaminato sull'amore"  
(Detti di Luce e Amore n.59).

Buona Domenica a tutti!

mercoledì 22 ottobre 2014

MEMORIA LITURGICA DI SAN GIOVANNI PAOLO II - Costruire sulla Verità -


O Dio, ricco di misericordia, che hai chiamato san Giovanni Paolo II, papa, a guidare l'intera tua Chiesa, concedi a noi, forti del suo insegnamento, 
di aprire con fiducia i nostri
cuori alla grzia salvifica di Cristo, unico Redentore dell’uomo.

AMEN












Nell'opera poetica di Karol Wojtyla c'è una poesia dal titolo "Vangelo". 
Parla di verità, di quella Verità che non vuole infiammare di più le ferite dell'uomo, ma sanarle.
E lo fa producendo "dolore" quando l'uomo percepisce la discrasia tra il suo errore e la luce del Vero. 
La Verità, che lo si voglia o no...alberga sempre in qualche punto recondito dell'essere umano. In questo è come "nascosta" finché non si riesce a guardarla in faccia, anzia, faccia a Faccia, fissando gli occhi interiori sul Cuore di Dio.
La Verità deve anche "nascondersi" non in senso negativo, come se si avesse paura di condividerla con il mondo. 
Giovanni Paolo II vuole dire che Essa deve rimanere solidamente nel "fondo" dell'essenza umana, dell'esistenza. 
La Verità è il piano d'appoggio d'umano. L'uomo costruisce su di Essa un edificio...la cui facciata si riempie di molte cose: intonaco, colore, ma anche macchie, muffa, ruggine. 
Finestre dai vetri rotti, porte dalle ante spezzate, cigolanti, che lasciano passare gli spifferi dell'egoismo, della distorsione morale, etica, religiosa.
Solo se quel terreno è solido, perpendicolare alla facciata, sarà capace di reggerne il peso.
Solo se quel terreno è VERO, sarà capace di rendere bella e solida, dritta e sicura anche la facciata. Di rimuoverne le macchie, di asciugarne l'umidità, di raddrizzare le porte, di sigillare i vetri rotti.
"La Verità regge l'uomo": lo regge "portandolo in alto", sostenendone l'edificio...lo regge "spingendolo in avanti", laddove la Verità s'approfondisce, in un continuo cammino.
Solo fidandoci della Verità è possibile guardare avanti con fiducia! Perché la Verità è una Parola Vivente, il Verbo di Dio fatto Uomo!



VANGELO 
(da l'Opera poetica completa di Karol Wojtyla © Ed. Lev)

La verità non versa olio sulle piaghe per attenuarne il bruciore,
non mette sull'asino che poi venga spinto per via -
la verità deve dolere e nascondersi.
V'è una tensione nella mente, quando qualcosa s'inclina
come edificio costruito dentro l'uomo - tutti pensano come
raddrizzare
non la facciata ma in basso la terra, perché proprio questa
contrasta, come onda davanti alla barca.

La verità regge l'uomo. Quando l'uomo non si sostiene da solo,
l'edificio innalzato preme in verità con un duplice peso
che tutti in noi ritroviamo, essenza misteriosa-
percorrendo le attonite vie su cui l'asino viene spinto
(su queste vie c'è sempre meno verità? o ce n'è forse di più?)
serenamente guardiamo avanti e non ci coglie spavento.

martedì 21 ottobre 2014

VEGLIATE.... - riflessioni a margine del Vangelo di oggi



Il Vangelo di oggi (Lc 12,35-38) è quasi...un "metaVangelo", e riletto alla luce di molte parabole e di molte parole di Gesù, appare un sunto meraviglioso del messaggio di Cristo.
Lo condivido con voi così come l'ho meditato nel corso della giornata, fino a questa sera, trasponendolo in un immaginario (ma verosimile) dialogo di Dio con ciascuno di noi!



Vegliate, pregando, per vincere la tentazioni del male che seduce...
Vegliate, perché Colui che sta alla porta...busserà! 
Sarà quando Lo si attende, o quando meno Lo si aspetta?

Voi non conoscete né il giorno né l'ora!

Vegliate, dunque, vegliate sempre!
Vegliate con la veste stretta ai fianchi, come chi è sempre pronto a lavorare, a servire...
Vegliate indossando la veste nuziale!

L'Ospite può giungere all'improvviso: vegliate! 
Perché non vi trovi già a letto, come quell'amico che di notte bussò per tre pani...e dovette insistere per averli!
Vegliate senza oziare, perché non diciate a voi stessi: "Riposa, mangia e bevi"! 
Cosa darete a Colui che viene, se non avrete accumulato ricchezze per Lui?

Vegliate con le lampade accese, 
perché l'oscurità della notte non vi confonda e non vi disperda.
Ponete la vostra lampada sul lucerniere, perchè sia faro per quelli della vostra casa, metta in fuga le tenebre e l'Ospite in arrivo, vedendola, vi riconosca...

Siate come le Vergini sagge: alimentate le vostre lampade con le provviste amorevoli preparate per lo Sposo... nell'ansia del cuore che desidera le Nozze...


Egli sta alla porta e bussa...Aspetta che voi sentiate la Sua voce!

Se Gli aprirete, ecco: verrà da voi, si stringerà le vesti ai fianchi, 
vi farà mettere a tavola e passerà a servirvi!
Cenerà con voi e voi con Lui!

Sarà la Pasqua Eterna del Signore!
Saranno le nozze dell'Agnello!
La Sua sposa è pronta!

domenica 19 ottobre 2014

PAOLO VI BEATO - La Verità Unica...cum Petro et sub Petro, come anche Papa Francesco ha rammentato al termine dei lavori sinodali -


Nel giorno in cui la Chiesa gioisce per la beatificazione di papa Paolo VI, vi propongo l' estratto di un discorso indirizzato dall'allora arcivescovo Giovan Battisti Montini - nel 1956 -  ai giovani dell'Azione Cattolica. 
Le sue parole erano rivolte a dei ragazzi...ma contengono un monito sempre valido. Sempre e per tutti. Specialmente in tempi come i nostri, nei quali anche molti degli "anagraficamente adulti" si atteggiano a perenni adolescenti, vivendo in balia dei desideri, degli istinti del momento; confondendo non di rado la verità e annacquando il senso del vivere, del crescere, dell'invecchiare. Finanche del morire.
Si tratta di parole forti ed attuali in un percorso storico, socio-politico e morale non  privo di tentazioni come "l'andare di corsa" (alla ricerca di rapide soluzioni ai problemi che coinvolgono l'etica, la sessualità, la vita nel suo ciclo di inizio e fine) o, al contrario, "l'arrestarsi", facendo vincere lo sconforto ed il timore di non riuscire a relazionarsi secondo Verità al mondo.
E - ancora - le parole di Giovan Battista Montini, sono attuali perché ci rammentano che finanche gli uomini di Chiesa, come tutti, subiscono o potrebbero subire entrambe le tentazioni davanti a certe problematiche delicate, ma ormai dilaganti.
Queste tentazioni potrebbero e possono giungere fino ai singoli fedeli, spingendoli a sostituirsi finanche all'autorità del Papa.

Ce lo ha rammentato ieri anche il Santo Padre Francesco, rivolgendosi ai Padri Sinodali, a conclusione del Sinodo dei vescovi:
«la Chiesa è di Cristo - è la Sua Sposa - e tutti i vescovi, in comunione con il Successore di Pietro, hanno il compito e il dovere di custodirla e di servirla, non come padroni ma come servitori. Il Papa, in questo contesto, non è il signore supremo ma piuttosto il supremo servitore - il "servus servorum Dei"; il garante dell'ubbidienza e della conformità della Chiesa alla volontà di Dio, al Vangelo di Cristo e alla Tradizione della Chiesa, mettendo da parte ogni arbitrio personale, pur essendo - per volontà di Cristo stesso - il "Pastore e Dottore supremo di tutti i fedeli" (Can. 749) e pur godendo "della potestà ordinaria che è suprema, piena, immediata e universale nella Chiesa" (cf. Cann. 331-334)».

Facendoci guardare a Maria, il beato Paolo VI ci spinge a riscoprire la centralità dell'UNICA VERITA' IMMUTEVOLE. Quella che non inganna mai, che non abbaglia accecando, ma che ILLUMINA e trasforma l'uomo.
Soprattutto, Paolo VI ci chiede di rimanere - come ha rimarcato ieri Francesco - "cum Petro et sub Petro" per "curare" prima e poi "fasciare" le ferite, trattando prima le cause...e poi i sintomi dei mali. Anche G.Battista Montini aveva espresso lo stesso concetto: "scopriremo il male" e lo "cureremo".

Buona Domenica e buona lettura a tutti!  



CIO CHE MARIA PORTA NELLA BABELE MODERNA
(Giovan B. Montini, Discorso ai giovani di Azione Cattolica - 13 maggio 1956
 da "Scritti sulla Madonna, © Edizioni Studium - Istituto Paolo VI)


"Noi chiedermo a Maria Santissima la grazia della sapienza.
Vogliamo comprendere.
Abbiamo bisogno di luce interiore.
Abbiamo bisogno di verità.
Abbiamo bisogno di principi.
Abbiamo bisogno di certezza.
La vita è varia, è ricca, è misteriosa. Il mondo è grande, bello, invitante. Questo stupendo fenomeno del vedere, del conoscere, del giudicare è incantatore. L'anima conquista il mondo e lo ricrea dentro di sé. Tanto si possiede quanto si conosce.
Ma questo è un fenomeno mutevole, incerto, difficile.
Tante volte lascia insoddisfatti; più da' di desiderio, che di conquista.
Tante volte genera illusioni: ci piace far presto; ci piace la chiarezza, la concretezza; e allora scambiamo per verità delle impressioni superficiali.
Tante volte sbagliamo; crediamo di conoscere, e siamo in errore.
Abbiamo allora paura della nostra intelligenza, e non ci crediamo più; perdiamo la fiducia nella verità. Preferiamo l'istinto; e andiamo avanti istintivamente, alla cieca; la passione ci giuda.
Ma volgendosi a te, o Maria, sede della Sapienza, anche il nostro volto può essere illuminato.
Ed è questo che chiediamo.
Vogliamo comprendere Cristo, tuo Figlio, come nostro Maestro.
Maestro di verità; Maestro unico.
Ciò che Egli ci ha insegnato e che la Chiesa Madre e Maestra, saviamente ci ripete e ci spiega, dev'essere per noi definitivo.
Deve essere sicuro; e perciò deve essere fondamento del nostro edificio di pensiero e di vita.
Vogliamo imparare a confrontare le nostre impressioni e i nostri pensieri con le sue parole; queste devono essere la nostra luce e la nostra guida.
Oggi sentiamo d'intorno a noi la confusione delle lingue.
La Babele dei cento maestri ci stordisce e ci tenta di scetticismo; ci scoraggia.
Ci fa credere che è più saggio dubitare, che affermare; ci fa indifferenti alle verità supreme; ci fa capaci di ogni utopia e di ogni opporturnismo.
Oggi sentiamo d'intorno a noi l'affermazione dogmatica di maestri stranieri; vediamo tanti nostri compagni seguire dottrine materialiste, che danno solo l'energia dell'odio e della negazione; vediamo nel nostro mondo il bisogno di idee sicure, umane, rinnovatrici.
Maria, da' a noi il conforto della verità.
Maria, da' a noi la difesa dall'errore.
Maria rendi limpida la nostra anima, affinché possiamo comprendere; rendi puri i nostri occhi, affinché possiamo vedere.
Da' a noi il dono e la gioia della sapienza.
Insegnaci ad ammirare; insegnaci a ben pensare; insegnaci a meditare.
La tua fortezza vogliamo, o Maria, dolce e mite, ed insieme libera ed intrepida, a fianco del tuo Figliolo, anche nel giorno supremo della croce.
Che cosa porteremo al mondo che ci aspetta?
Porteremo innanzi tutti l'amore a questo nostro tempo, in cui la Provvidenza ci ha chiamato a vivere.
E' tempo drammatico e decisivo; noi non deprecheremo la sorte che ce lo ha destinato, ma lo affronteremo con serena simpatia; scopriremo il bene ch'esso contiene; scopriremo il male; quello seguiremo; questo cureremo.
Porteremo un nuovo senso morale; una nuova virtù; se occorre, un nuovo eroismo cristiano.
Porteremo la sincerità della parola. La coerenza fra il pensiero e la vita. Il disinteresse, il coraggio, la bontà, la letizia, la speranza.
Col tuo aiuto, Maria, porteremo l'amore.
Siamo cattolici.
Perché alla Chiesa crediamo fortemente; vogliamo amore, ascoltare, seguire il suo capo visibile, il papa, con fedeltà filiale e cordiale; vogliamo meditare e servire la missione della Chiesa.
Ascolta, o Maria, la nostra preghiera; e tu che ce la metti nel cuore, ottieni che sia esaudita".

giovedì 16 ottobre 2014

UNA PICCOLA NOVITA' IN LIBRERIA...."La rivoluzione della tenerezza" - Novena di Natale con Paolo VI e Francesco"



Cari amici, tra circa una ventina di giorni sarà disponibile nelle librerie cattoliche un piccolo sussidio per la novena di Natale ("La rivoluzione della tenerezza - Novena di Natale con Paolo VI e Francesco), da me curato ed edito dalle Edizioni Messaggero di Padova.


Come viene illustrato anche nella scheda preparata dalla casa editrice (scheda che trovate alla fine del post ed in cui reperite tutte le informazioni sul libretto), ho voluto focalizzare l'attenzione sulla "rivoluzione della tenerezza" operata da quel Dio che Si è fatto Uomo entrando nel mondo come Bambino. Una rivoluzione alla quale siamo invitati a partecipare, secondo le parole di papa Francesco nell'Evangelii Gaudium (n.88).

Il dialogo ideale scaturito dalla complementarità dei testi (magisteriali e non) dell'ormai prossimo beato Paolo VI e di papa Francesco ci inserisce nella storia "senza tempo" dell'amore eterno di Dio, ma anche in quell'ingresso nella stessa storia al momento giusto, nella pienezza dei tempi, dimostrando che il Signore - parafrasando papa Francesco - è paziente con noi e sa attendere, pur essendo quell'Innamorato proteso da sempre verso la Sua creatura.
Non può mancare, nel prepararsi al Santo Natale, uno sguardo a Maria, Colei che per prima e più intimamente, ha vissuto l'avvento del Signore.
Paolo VI, che per primo definì la Santa Vergine quale "Stella dell'Evangelizzazione" (Evangelii Nuntiandi, n.82) ci rammenta, accanto a papa Francesco, che l'avvento è il tempo proprio della "pietà mariana" (G.B. Montini – Paolo VI, Azione Fucina, anno III, serie IV, n.35, 7 dicembre 1930, 3).
Siamo chiamati ad essere come Maria, che quale nostro modello, ci invita a portare Gesù per le strade del mondo come ha fatto lei, per essere "evangelizzati che evangelizzano".

Benedicendo il Signore per questa ulteriore opportunità di apostolato che mi concede, ringrazio le Edizioni Messaggero di Padova per aver accolto questo progetto; le persone (e qualcuna di queste mi legge sul blog) che mi hanno incoraggiata e soprattutto sostenuta con la preghiera; quanti vorranno usufruire di questo sussidio per meditare e pregare nei nove giorni che precedono il Santo Natale.



(cliccando sull'immagine potete ingrandirla, per leggere meglio le scritte più minute)

mercoledì 15 ottobre 2014

MEMORIA LITURGICA DI SANTA TERESA DI GESU' E V CENTENARIO DELLA SUA NASCITA





Nel giorno in cui la Chiesa festeggia Santa Teresa di Gesù e per la Famiglia Carmelitana si apre il V centenario della sua nascita, condivido un estratto di un testo di una religiosa salesiana, reperibile anche on line, nella banca dati FMA.
Nel corso del triduo l'accento è stato portato sulla mistica sponsale, e quest'oggi concludiamo con queste riflessioni sulla figura "femminile" di Teresa, che si realizza soltanto nel rapporto con Cristo.

Buona festa a tutti!






TERESA DONNA, SEMPLICEMENTE DONNA
(sr Enrica Rosanna, Fma)


“Signore dell'anima mia, tu, quando pellegrinavi quaggiù sulla terra non disprezzasti le donne, ma anzi le favoristi sempre con molta benevolenza e trovasti in loro tanto amore persino maggior fede che negli uomini. Nel mondo le onoravi. Possibile che non riusciamo a fare qualcosa di valido per te in pubblico, che non osiamo dire apertamente alcune verità, che piangiamo in segreto, che tu non debba esaudirci quando ti rivolgiamo una richiesta così giusta? Io non lo credo, Signore, perché faccio affidamento sulla tua bontà e giustizia. O mio Re, dovrà pur venire il giorno in cui tutti si conoscono per quel che valgono. Non parlo per me, poiché il mondo conosce la mia miseria. Vedo però profilarsi dei tempi in cui non c'è più ragione di sottovalutare animi virtuosi e forti, per il solo fatto che appartengono a delle donne” (Libro della mia vita, 107).

In queste parole forse è racchiuso il primo germe della coscienza  femminile ed il primo impensabile anelito all’emancipazione femminile.
Teresa è sempre e soprattutto donna dotata di una prorompente personalità innovatrice e ribelle, in ogni momento della sua esperienza mondana come in quella di “convertita”, status in cui la grazia  le aprirà il cammino verso la santità e la dottrina.

Teresa, dalla sua verità umana, intraprenderà l’unica via possibile per accedere all’Unicum, la via dell’orazione intesa come “una conversazione intima d’amicizia frequentemente promossa e sostenuta nel silenzio e nella solitudine con Colui da cui sa di essere amata”, come la definirà ella stessa nel Libro della mia vita e anche «Immaginati di essere alla presenza di Cristo: impara a innamorarti molto della sua Umanità e a portarlo sempre con te, a parlare con Lui, a chiedergli aiuto per le tue necessità, a lamentarti con Lui dei tuoi problemi, a rallegrarti con Lui nei momenti di gioia, senza ricorrere a preghiere complicate, usa invece parole semplici» (ivi 5,5).

La passione di vita di Teresa d’Avila si lascia semplificare nella verità dell’incontro, che la restituisce a se stessa come “Donna vera”,  ricreata dall’Amore! 

Sr. Enrica ROSANNA, FMA