sabato 26 ottobre 2013

QUESTIONE DI OSPITALITA'....


"Desidero unirMi con le anime umane; la Mia delizia è unirMi con le anime.
Sappi, figlia Mia, che quando nella santa Comunione vengo in un cuore umano, ho le mani piene di grazie di ogni genere e desidero donarle all'anima, ma le anime non Mi prestano nemmeno attenzione, Mi lasciano solo e si occupano d'altro.
Oh, quanto è triste per Me che le anime non conoscano l'Amore!
Si comportano con ME come con qualche cosa inerte".

(Gesù a Santa Faustina Kowalska- Diario)





Si potrebbe dire che "accogliere" Cristo Eucaristico in noi sia questione di ...buone maniere, di cortesia, di "ospitalità".
L'etichetta del buon padrone di casa prevede che, nell'invitare qualcuno nella propria dimora, non ci si limiti ad aprirgli la porta, ma lo si accolga con gioia, con parole di affetto, di ringraziamento per la gradita visita, poi che lo si faccia accomodare nella camera migliore, gli si offra qualcosa, si parli di noi, lo si ascolti e si accolgano i suoi doni.

Gesù Eucaristia ci chiede di comportarci esattamente a questo modo, rispettando delle semplici regole.
Eppure, paradossalmente, ci lascia liberi di farlo o meno, di essere buoni o cattivi...padroni di casa.
Egli sta alla porta e bussa, e noi decidiamo di aprirgli quell'uscio nell'istante in cui ci rechiamo in Chiesa per riceverLo nella Santa Comunione.
Questo è di certo il primo passo...ma come agiamo, subito dopo?

Essere buoni padroni di casa, della nostra casa interiore, significa prima di tutto accogliere Gesù che viene con un sorriso dell'anima, una parola di affetto verso Colui che per primo ci ha amati, non Lasciarlo sull'uscio, ma inviatarLo ad entrare nel più profondo della nostra dimora, dove nessuno più ascoltarci, ma solo Dio può raccogliere le nostre parole, i nostri desideri, le nostre speranze e preghiere.

Essere "ospitali" con l'Ospite Divino è considerare quel "Pane" che riceviamo non semplicemente come quello che appare ai nostri occhi, ma per quello che REALMENTE E': un Do in Carne ed Ossa,  un Amico, un Innamorato che MENDICA LA NOSTRA ATTENZIONE, il NOSTRO AMORE!

Allora, in quei momenti di Comunione con Gesù, proviamo a parlare con Lui, semplicemente come si fa tra amici;

impegniamoci ad ascoltarLo, perché certamente ha qualcosa da dirci;

impariamo a guardarLo in un silenzio non vuoto, ma colmo di affetto, come fanno gli innamorati che rimangono occhi negli occhi senza dirsi apparentemente nulla;

cerchiamo di non restare a mani vuote: consegniamoGli la nostra anima, il nostro intero essere, le nostre preoccupazioni, i nostri bisogni e le persone che amiamo, perché Lui se ne prenda cura;

abituiamoci ad essere pieni di ciò che Egli ci dona: Sè stesso, assieme a grazie di ordine spirituale e materiale che è pronto ad offrirci se noi ci poniamo nelle giuste disposizioni per riceverle.

Fare la Comunione è più che aprire le nostre labbra per ricevere un pezzetto di Pane: è spalancare la porta della nostra anima, fare entrare l'Ospite più atteso, più gradito, più amabile, in quello che Santa Teresa d'Avila definiva il "Castello interiore"; è imparare l'arte del colloquio affettivo, del mutuo scambio di doni in un rapporto che non ha pari, che non ha sinonimi, uguaglianze con altre relazioni sulla terra.
Ricevere l'Eucaristia è andare a scuola di etichetta: l'etichetta dell'AMORE, di un Cuore che si fa CASA per l'UNICO E VERO DIO.
 

mercoledì 23 ottobre 2013

UNA NUOVA PAGINA SUL SITO DEL CARMELO DI PARMA....


Le monache del Carmelo di Parma hanno arricchito il loro sito internet con una nuova pagina, colma di notizie interessanti, foto e collegamenti.
Si tratta del "diario" che in parte si potrebbe definire come una sorta di  reportage della vita in monastero.



E' infatti consuetudine, non solo nelle case monastiche, ma normalmente in tutti gli istituti religiosi, redigere proprio una "cronaca" per fissare nero su bianco gli avvenimenti più rilevanti che riguardano la comunità.
Le monache, con questo nuovo collegamento web, in un certo senso ci offrono proprio una versione "ridotta" e accessibile a tutti, di questa cronaca e ci rendono ancora più partecipi dello svolgersi quotidiano della loro vita.
Non è solo un semplice "link", ma l'entrare in un mondo che non è così chiuso come si pensa, bensì  un'estensione -nella preghiera e negli incontri attorno all'Altare, in parlatorio o anche solo attraverso contatti epistolari- verso tutte le realtà locali, della famiglia religiosa, del mondo intero e soprattutto della Chiesa.

Ringraziando le care sorelle per questo nuovo regalo telematico, assicuriamo loro il ricordo nella preghiera, consapevoli della loro incessante orazione di intercessione per noi e per i nostri bisogni.

martedì 22 ottobre 2013

"SE QUALCUNO HA DEI BENI IN QUESTO MONDO"....


Un canto moderno ("Se qualcuno ha dei beni"), spesso utilizzato nelle nostre Liturgie, riprende e riadatta i concetti espressi nella prima lettera di San Giovanni Apostolo, il quale afferma:

"Ma se uno ha ricchezze di questo mondo
 e vedendo il suo fratello in necessità
 gli chiude il proprio cuore, 
come dimora in lui l'amore di Dio"?  
(1Gv 3,17)

Il Vangelo proclamato sia ieri che oggi, mi ha fatto ripensare proprio a questo canto e a questo passo di San Giovanni.

I due brani che la Liturgia ci ha infatti proposto (Lc 12,13-21 e Lc 12,35-38) ci presentano due "padroni", due "proprietari"...ma quale grande differenza corre tra i due!

Ieri era la giornata dell'uomo ricco (Lc 12,13-21) che in sé e per sé non fa nulla di male: lavora, fa fruttificare quello che ha e produce molto.
Il male viene quando egli comincia a pensare solo all' "io"  in termini egoistici.
Accortosi infatti dei molti beni accumulati, in cuor suo ritiene di non dover condividere con altri i propri tesori, ma di goderne in via esclusiva.
Cosa che in realtà non potrà fare...perché il suo tempo terreno sta per scadere, anche se ancora non lo sa.

Il Vangelo di oggi ci porta invece  ad un altro "padrone", un Padrone che è anche lo Sposo...Colui che, dopo aver donato le Sue immense ricchezze ai Suoi servi -per farle fruttificare come ci insegna la parabola dei talenti- ritornando dalle nozze osa fare qualcosa che mai nessuno aveva fatto: SERVIRE I PROPRI SERVI!

Ripensavo allora ad altri personaggi evangelici: il ricco epulone e le vergini sagge.

Il ricco epulone (Lc 16,19-31) si trova nella medesima condizione di "padrone e proprietario", ma non opta per la via tracciata da Cristo, bensì per l'egoistica consumazione dei propri beni.
Al povero Lazzaro che mendica alla sua porta, non lascia nulla, nemmeno le briciole che cadono dai suoi lauti banchetti!
Come il ricco del Vangelo di ieri, anche Lazzaro fa una brutta fine: il suo rifiuto nella condivisione lo "divide", lo "separa" per sempre dall'Unico Ricco che Si è fatto Povero per noi!

Dicevo più sopra che ripensavo anche alla parabola delle vergini sagge (Mt 25,1-13): sì, perché oggi Cristo parla di Sè come dello Sposo ed in quella parabola è proprio lo Sposo Colui che è atteso dalle vergini, con le lampade accese, al cui interno c'è l'olio della CARITA'.

Le Vergini sagge vengono riconosciute dallo Sposo - a differenze di quelle stolte- e allora come non applicare anche ad esse le parole conclusive del Vangelo odierno:


"Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; 

in verità io vi dico, si stringerà le vesti ai fianchi, li farà mettere a tavola e passerà a servirli.
E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro"! 


Questa beatitudine ci spinge a cambiare atteggiamento nei confronti del nostro rapporto con le ricchezze materiali: condivisione è la parola chiave...
che sia poco o molto quello che possiamo donare...
purché sia donato con il cuore...

Questa beatitudine ci promette il dono totale di un Dio che -per l'eternità- si "donerà" alle Sue creature! 

domenica 20 ottobre 2013

BICENTENARIO DELLA NASCITA DI DON BOSCO: la spiritualità di don Bosco. Mamma Margherita -prima parte


Il terzo (ed ultimo) anno di preparazione al Bicentenario della nascita di don Bosco ci offre come tema di riflessione ed approfondimento l'argomento della sua SPIRITUALITA'.


Discorrere su questo tema implica -come dimostrano bene i vari sussidi disponibili- il compimento di una sorta di "viaggio" attorno a figure di santi della Torino di Giovanni Bosco, ma anche  un'ampliamento di orizzonti verso personaggi più lontani (come Sant'Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti).

Ammetto però di essere rimasta un po' meravigliata da una "assenza" non da poco, in questi testi appositamente preparati per l'anno in corso.
Pensare a don Bosco uomo spirituale e di fede, implica necessariamente "tornare" all'orgine prima: al nucleo familiare.
Approfondire le radici della spiritualità salesiana comporta un raccordo alla prima figura "umana" che ha formato la spiritualità di Giovannino Bosco, plasmandolo nei suoi pregi, correggendolo nei suoi difetti, assecondando l'inclinazione alla pietà in lui innata e la vocazione sacerdotale maturata ben presto.

Mi riferisco a MAMMA MARGHERITA OCCHIENA che, sebbene non ancora canonizzata, è stata dichiarata venerabile nel 2006 e continua a correre la sua staffetta verso gli onori degli altari.

Per comprendere quanto Margherita abbia "inciso" sulla spiritualità di don Bosco, basterebbe già soltanto fermarsi al famoso sogno dei nove anni, in cui Gesù, presentandoSi al santo, afferma di essere "il Figlio di Colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno".
Cosa non da poco, in un sogno di importanza capitale per tutta la vita e l'intera missione di don Bosco. 
Gesù quasi dà un "riconoscimento" all'opera di maestra e catechista nella fede, svolta da Mamma Margherita.

Scorrendo le pagine delle "Memorie" dell'oratorio salesiano (testo autografo del santo), la figura di Margherita compare fin dalle prime pagine e la si ritrova fino al 1856, anno della sua morte.

Da questo testo -di certo molto più agevole da scorrere rispetto alle poderose Memorie Biografiche- emergono dei tratti importantissimi della spiritualità salesiana che proprio dall'intervento, dagli esempi e dagli insegnamenti di mamma Margherita, prenderanno corpo in don Bosco e diventeranno pilastri della sua spiritualità.
Non ne traccio un indice "tematico", in cui di certo alcuni aspetti andrebbero privilegiati rispetto ad altri.
Preferisco seguire lo snodo cronologico dei fatti: man mano che don Bosco racconta emergono particolari, fatti, parole di Mamma Margherita che hanno profondamente inciso sulla sua formazione interiore.

  • FIDUCIA IN UN DIO CHE E' PROVVIDENZA:
Dopo la morte di papà Antonio (Giovannino aveva poco meno di due anni) in casa Bosco non mancano le difficoltà, a volte si pate quasi la fame.
Mamma Margherita si dimostra non solo donna energica e pratica, ma soprattutto fiduciosa nella Divina Provvidenza.

Dice infatti ai figli:

"Papa, morendo, mi disse di avere fiducia in Dio. Quindi inginocchiamoci e preghiamo".

Come non ritrovare, in don Bosco, questo stesso atteggiamento davanti a molte necessità delle sue opere, situazioni in cui umanamente non c'era da far nulla, se non pregare e attendere l'aiuto di Dio?
Innumerevoli i casi in cui, allo stesso modo di sua madre, il Santo invitava i suoi ragazzi a pregare, uscendo poi per sbrigare i suoi affari, aspettando l'aiuto divino che -puntualmente- non mancava mai di ricevere. 


  • LA GENITORIALITA' COME RESPONSABILITA' AMOROSA E AMOREVOLE VERSO I PROPRI FIGLI:

sintomatico è l'episodio -narrato sempre da don Bosco- del rifiuto di mamma Margherita ad una buona proposta di seconde nozze. 
Matrimonio che l'avrebbe obbligata ad affidare i suoi figli  alle cure di un tutore.
Emblematica la risposta di Margherita: "Il tutore è un amico, io sono la madre dei miei figli. Non li abbandonerò mai, nemmeno per tutto l'oro del mondo".
Don Bosco fece altrettanto, prendendosi sempre cura dei suoi figli, raccolti -a volte- letteralmente dalla strada, con caratteri difficili, propensione alla delinquenza giovanile, storie di naltrattamenti alle spalle....

  • APERTURA AI SEGNI DEL SOPRANNATURALE:
nel momento in cui il piccolo Giovannino racconta ai suoi familiari il famoso sogno dei nove anni, mamma Margherita è l'unica che lancia una sicura speranza verso un "disegno", un possibile progetto di Dio su suo figlio:
"Chissà che non abbia a diventare prete".
Una frase semplice, senza molti giri di parole, senza aggiunte nè sottrazioni.
Uno spiraglio su qualcosa di "più grande".
Fondamentalmente, in Don Bosco ritroviamo sempre questa stessa mentalità, allorché continua ad avere a che fare con i suoi frequentissimi "sogni" (o visioni?) che pur descrivendo -per l'appunto- solo come sogni, quasi a mantenere sè stesso e gli altri coi piedi per terra, utilizza spessissimo nei suoi discorsi ai ragazzi, per istruirli, ammonirli, educarli.
In linea di massima, questa apertura molto "feriale", ma non esaltata al soprannaturale, sarà un tratto distintivo della vita di Don Bosco, anche quando avrà a che fare con avvenimenti singolarissimi, come il caso del "Grigio" -il cane misteriosamente apparso per proteggerlo dai malintenzionati che attentavano alla sua vita- o con San Domenico Savio, che non di rado lo condurrà in modo "umanamente" impossibile laddove c'era bisogno di lui.




(continua....)
 

mercoledì 16 ottobre 2013

MEMORIA DI SANTA MARGHERITA MARIA ALACOQUE


Quest'oggi ricorre la memoria (facoltativa) di S.Margherita Maria Alacoque, la monaca visitandina che Gesù favorì con varie grazie mistiche, ma soprattutto con la rivelazione dei misteri e delle promesse del Suo Sacratissimo Cuore.

L'ufficio delle letture ci presenta una pagina stupenda, tratta dalle lettere della santa.
E' un piccolo capolavoro di ascetica, un compendio di teologia sul Sacro Cuore, un invito alla perfezione cristiana attraverso l'abbandono totale, fiducioso, amoroso in quel "Cuore che tanto ha amato gli uomini".

Buona festa e buon onomastico a chi porta il nome di Margherita Maria e a quanti sono innamorati e apostoli del S.Cuore di Gesù!





Dobbiamo conoscere l'amore di Cristo
che sorpassa ogni conoscenza
 
Dalle «Lettere» di santa Margherita Maria Alacoque vergine

 

Mi sembra che il grande desiderio di Nostro Signore che il suo Sacro Cuore venga onorato in modo particolare abbia lo scopo di rinnovare nelle anime gli effetti della sua redenzione. Infatti il suo Sacro Cuore è una fonte inesauribile che cerca solo di riempire i cuori umili, vuoti, distaccati da ogni cosa e sempre pronti a sacrificarsi per rendergli piacere.
 
Questo Cuore divino è una fonte inesausta, dalla quale scendono ininterrottamente tre canali: il primo è quello della misericordia verso i peccatori e porta loro lo spirito di contrizione e di penitenza.

Il secondo è quello della carità e scorre per portare aiuto a tutti i miserabili che si trovano in qualche necessità, e particolarmente a coloro che tendono alla perfezione: essi vi troveranno la forza per superare gli ostacoli. Il terzo è quello dell'amore e della luce per gli amici perfetti, che egli desidera unire a se stesso, per comunicare loro la sua scienza e i suoi desideri, perché, per una via o per l'altra, si consacrino totalmente alla sua gloria.
Questo Cuore divino è un abisso di bene, in cui i poveri devono riversare le loro necessità. E' un abisso di gioia, dove bisogna gettare tutte le nostre tristezze. 
E' un abisso di umiliazione per il nostro orgoglio, un abisso di misericordia per gli infelici, e un abisso d'amore, in cui bisogna seppellire tutte le nostre miserie.
 
Non avrete quindi che da unirvi in tutte le vostre azioni al Sacro Cuore di Nostro Signore, all'inizio per disporvi, al termine per ripagare. 
Per esempio, vi sentite incapaci di pregare? 
Accontentatevi di offrire la preghiera che il divin Salvatore fa per noi nel sacramento dell'altare. 
Offrite i suoi slanci per riparare tutte le vostre imperfezioni. Ripetete dunque ogni vostra azione: Mio Dio, io faccio o soffro questa cosa nel Sacro Cuore del vostro divin Figlio, e secondo le sue sante intenzioni che vi offro per riparare tutto ciò che di impuro e di imperfetto c'è nel mio operare. 
E così nelle diverse situazioni della vita. 
Quando vi toccherà qualche pena, afflizione o mortificazione, dite a voi stessi: Accetta ciò che il Sacro Cuore di Gesù ti manda per unirti a lui.

Soprattutto cercate di conservare la pace del cuore, che supera qualsiasi tesoro. 
Il mezzo per arrivare a questo consiste nel non avere più volontà propria, ma quella di questo divin Cuore al posto della nostra, lasciando che voglia per noi tutto ciò che può aumentare la sua gloria, contenti di sottometterci e di abbandonarci a lui in ogni cosa.

martedì 1 ottobre 2013

FESTA DI SANTA TERESA DI GESU' BAMBINO E DEL VOLTO SANTO




O Dio, nostro Padre, 
che apri le porte del tuo regno agli umili e ai piccoli, 
fa' che seguiamo con serena fiducia 
la via tracciata da santa Teresa di Gesù Bambino,
 perché anche a noi riveli la gloria del tuo volto. 

AMEN


Rileggendo il volume delle opere della Santa di Lisieux, mi sono soffermata quest'oggi su un breve passaggio, tratto da "Ultimi colloqui" -ampia raccolta di vari sprazzi di conversazioni avute con le sorelle del Carmelo, proprio nei mesi che precedettero la morte di Sr. Teresa di Gesù Bambino-

Mi pare che in questo brano si ritrovi tutta "la piccolissima via" in formato concentrato:
la teoria dell'ascensore (sono le braccia di Gesù, che ci sollevano verso l'alto, diceva Santa Teresa), la strada dell'amore e della confidenza, della fiducia assoluta.
Non si interpreti male lo snodo conclusivo del testo,  quel "che si deve rispetto a Gesù": è naturale che il rispetto vada sempre dato a Dio, ma quello che qui vuole dire la santina è che l'amore rispettoso non è mai un amore "freddo", fatto di sole ritualità esteriori, di "etichetta".
Amare vuol dire fidarsi, ma anche "osare" con l'Amato, trattarLo con familiarità, proprio come è fra innamorati; amare Gesù è avere con Lui una intimità unica, fatta anche di tenerezze, perché Dio Si è fatto Uomo per donarci il Suo Cuore, chiedendo a noi il nostro.

Auguro a tutti un buon proseguimento di questa giornata di festa, invocando su ciascuno di noi la protezione di questa santa che a me è particolarmente cara. 

 
Da "Ultimi colloqui":

Dopo aver guardato una immagine che rappresenta Nostro Signore con due bambini, di cui il più piccolo è sulle sue ginocchia e l'altro ais uoi piedi gli bacia la mano:

Io sono quello piccolissimo che si è arrampicato sulle ginocchia di Gesù, che ritira con tanta grazia la sua gambetta, alza la sua testolina e lo accarezza senza temere nulla.
L'altro piccolo non mi piace tanto.
Si comporta come una persona grande, gli hanno detto qualcosa... che si deve rispetto a Gesù"....