sabato 2 novembre 2019

Pensieri per lo spirito

MORIRE PER...?
Riflessioni alla luce di Rm 5,5-11




 Fratelli, la speranza non delude, 
perché l’amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori 
per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato.
Infatti, quando eravamo ancora deboli, nel tempo stabilito 
Cristo morì per gli empi. 
Ora, a stento qualcuno è disposto a morire per un giusto;
forse qualcuno oserebbe morire per una persona buona. 
Ma Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che,
mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi. 
A maggior ragione ora, giustificati nel suo sangue,
saremo salvati dall’ira per mezzo di lui. 
Se infatti, quand’eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio 
per mezzo della morte del Figlio suo, 
molto più, ora che siamo riconciliati, saremo salvati mediante la sua vita. 
Non solo, ma ci gloriamo pure in Dio, 
per mezzo del Signore nostro Gesù Cristo, 
grazie al quale ora abbiamo ricevuto la riconciliazione.
(Rm 5,5-11)






La parola di Paolo è "dura", perché sembra dare delle coordinate precise sul morire per gli altri, elencando due precise categorie di persone che potrebbero meritare (se così si può dire) il sacrificio di una vita: i giusti e i buoni.
Bontà e giustizia, ai tempi di Paolo, sembrano però aver comunque perso, agli occhi della maggioranza degli uomini, il loro valore... perché solo qualcuno, e con ritrosia, sarebbe disposto a offrire la propria vita per esse e per chi dunque le incarna. Segno di un vivere con superficialità i valori veri, di non essere in grado di crederci fino in fondo, fino a morire piuttosto che rinnegarli.
Il "bello" di Dio è che Egli invece si è donato completamente per gli uomini quando non erano né giusti né buoni, ma semplicemente "empi". 
Empio è parola che assume nella nostra lingue molte sfumature: cattivo, sacrilego, ma anche ingiusto. Le assumeva anche al tempo di Paolo, perché nel Salmo 7 si legge  che «L'empio produce ingiustizia, concepisce malizia, partorisce menzogna» (Sal 7,15).
La grandezza dell'amore di Dio sta allora proprio in questo: Egli ha saputo trovare nell'uomo ingiusto, cattivo e sacrilego, qualcosa per cui comunque valesse la pena dare la vita. Dio ha saputo vedere quel che don Bosco definiva «il punto accessibile al bene» presente in ogni essere umano, e proprio per questo si è consegnato alla morte. 
Si potrebbe però trovare anche un ulteriore significato nel morire di Cristo secondo l'ottica paolina. È sempre san Paolo a darcene una chiave di lettura: «Se siamo infedeli, lui rimane fedele, perché non può rinnegare se stesso» (2Tm 2,13).
Il cerchio si chiude: chi crede veramente nella verità, nella bontà, nella giustizia, si rende testimone di questi valori fino alla morte. E chi più di Cristo poteva avere a cuore la testimonianza coerente di ciò che Dio stesso è, di ciò che Egli era nella sua vita terrena?
Le ricorrenze di tutti i Santi e dei defunti fanno guardare al mistero della morte e della santità da una prospettiva cristologica, e pongono un interrogativo ben preciso: il cristiano sa essere, come Gesù, un testimone credibile del Dio buono e giusto (laddove buono si potrebbe tradurre anche con misericordioso)? Il cristiano saprebbe dare la vita (espressione che può anche intendersi in senso metaforico, come impegno costante per l'altro) per i fratelli giusti e buoni e/o affinché questa bontà e questa giustizia si manifestino in loro?