sabato 30 novembre 2013

NOVENA ALLA VERGINE IMMACOLATA -secondo giorno-


PREGHIERA ALLA VERGINE IMMACOLATA

Vergine Immacolata, scelta fra tutte le donne per donare al mondo il Salvatore, serva fedele del mistero della redenzione, fa' che sappiamo rispondere alla chiamata di Gesù e seguirlo sul cammino dell vita che conduce al Padre.
Vergine tutta santa, strappaci dal peccato e trasforma i nostri cuori.
Regina degli apostoli, rendici apostoli, faa' che nelle tue sante mani noi possiamo divenire strumenti docili e attenti per la purificazione e santificazione del nostro mondo peccatore.
Condividi con noi la preoccupazione che grava sul tuo cuore di Madre, e la tua viva speranza che nessun uomo vada perduto.
Possa, o Madre di Dio, tenerezza dello Spirito Santo la creazione intera celebrare con te la lode della misericordia e dell'amore infinito.

AMEN




SECONDO GIORNO: MARIA IMMACOLATA COME VETRO-SPECCHIO DELLA SANTA TRINITA'

Il mistero dell'Immacolata come legato al mistero della Trinità è un po' una storia di...luci e di specchi.
Mi piace paragonare la Vergine Immacolata ad un vetro-specchio, che si fa assorbente e riflettente la Luce dei Tre.
Il vetro specchio ha una peculiarità, che lo distingue dai semplici specchi, ma anche dai comuni vetri.
Come tutti i vetri, è capace di lasciarsi filtrare dalla luce e, come tutti gli specchi, è in grado di riflettere anche all'esterno quella stessa fonte luminosa.

Così è Maria Immacolata: tutta pura perché capace di assorbire solo Dio; tutta pura perché capace di riflettere all'esterno Lui solo.
La Purezza di Maria va di pari passo con la Sua umiltà.

Questo non toglie nulla all'individualità di Maria, alla Sua unicità.
Al contrario: la esalta, la sottolinea, la rimarca.
Così è anche per noi, quando ci facciamo vetri specchi che vogliono riflettere solo le bellezze di Dio. Solo allora diveniamo capaci di rispondere pienamente al progetto che Lui ha su di noi e rendere veramente pieno il nostro Battesimo che ci ha "consacrati" come Figli di Dio e la nostra Confermazione che ci rende ancora più "inviati" per testimoniare Dio nella nostra vita.

venerdì 29 novembre 2013

NOVENA ALLA VERGINE IMMACOLATA




PREGHIERA ALLA VERGINE IMMACOLATA

Vergine Immacolata, scelta fra tutte le donne per donare al mondo il Salvatore, serva fedele del mistero della redenzione, fa' che sappiamo rispondere alla chiamata di Gesù e seguirlo sul cammino della vita che conduce al Padre.
Vergine tutta santa, strappaci dal peccato e trasforma i nostri cuori.
Regina degli apostoli, rendici apostoli, fa' che nelle tue sante mani noi possiamo divenire strumenti docili e attenti per la purificazione e santificazione del nostro mondo peccatore.
Condividi con noi la preoccupazione che grava sul tuo cuore di Madre, e la tua viva speranza che nessun uomo vada perduto.
Possa, o Madre di Dio, tenerezza dello Spirito Santo la creazione intera celebrare con te la lode della misericordia e dell'amore infinito.

AMEN




PRIMO GIORNO: MARIA IMMACOLATA E LA SANTISSIMA TRINITA'

Non si può pensare al mistero dell'Immacolata Concezione senza puntare lo sguardo anche su quello della Santissima Trinità.
Maria è "per" la Trinità: creata e redenta in anticipo proprio per essere la Madre del Verbo, la Sposa dello Spirito, la Figlia del Padre.

In Maria possiamo vedere ciò che noi saremo dopo la nostra risurrezione...Maria è già uno "squarcio" aperto sul nostro futuro di creature redente!
In Lei vediamo pienamente realizzato quel che dice un canto: "Dio si è fatto come noi per farci come Lui".

Maria è già questo "fatta come Lui": 
è Madre, come Dio è Padre;
è Figlia, come Dio Verbo è Figlio (pur con la differenza tra figliolanza divina per natura e quella umana per adozione)
è Sposa dello Spirito, come lo Spirito è Sposo

Condivide dunque, con la Trinità, i tre principali "tratti" di Dio:
 la genitorialità,
la figliolanza, 
la sponsalità.

Ciascuno di noi, sul suo esempio, può cominciare a vivere l'esperienza dell'essere "a immagine e somiglianza di Dio":
siamo chiamati a vivere le nostre realtà quotidiane sentendoci 
Figli di Dio, e vivendo poi realmente questa realtà nella dimensione umana dei rapporti con i nostri genitori, che Dio stesso ha scelto per noi;
siamo o possiamo essere genitori: la maternità e la paternità vanno ben oltre la generazione fisica; l'affetto materno o paterno si possono porre anche su un piano spirituale;
siamo o possiamo essere sposi, innanzitutto perché parte della Chiesa che è Sposa di Cristo e poi perché la nostra stessa anima è sposata a Dio; e poi nelle differente declinazioni dei vari stati di vita, consacrazione o matrimonio.



domenica 24 novembre 2013

ANNO DELLA FEDE - una condivisione personale


Ho avuto un po' di titubanza prima di cominciare a buttar giù queste righe.
Già fin da stamattina, pensando a come concludere anche qui questo Anno della Fede che è stato un vero dono di Grazia, mi chiedevo: è utile o "giusto" dare la mia personale testimonianza?

Poco fa, rispondendo ad un post su facebook, scritto da un'amica suora (che ringrazio di tutto cuore!), mi sono convinta a iniziare...

Sì, è "bello" condividere l'esperienza personale dell'Annus Fidei.
Ovvio, non in versione integrale, ma come idea generale, come briciole di riflessione che possano rimanere quasi come "rilegatura" di questi 13 mesi.

In fondo, essere uomini e donne di fede implica innanzitutto dare TESTIMONIANZA.
La fede vissuta con coerenza è il primo specchio di quello che c'è dentro di noi.
Senza un'esteriorità conforme all'interiorità dell'uomo, la testimonianza diviene fragile e la capacità di convincere o di invogliare altri a seguire il percorso del cristianesimo, forse nulla o comunque poco incisiva.

Il mio Annus Fidei è stato un anno di "prove", su vari fronti, e specialmente di una che mi è capitata fra capo e collo, inattesa e un po' spiazzante.
Tutto questo mi ha portata a vivere questo periodo con intensità, consapevole che nemmeno le mie vicende personali fossero un caso, casualmente nell'Anno della Fede.
Il Signore mi ha chiesto qualcosa, nel momento in cui il  mio impegno di membro della Chiesa doveva essere quello di testimoniare la mia Fede.
Ho veramente fatto mie le parole che anche un amico sacerdote mi ha spesso ripetuto: "Vivi con impegno questo Anno della Fede"!.

Tirando ora le somme, a conclusione di questo periodo di vita non solo "mia", ma come figlia della Santa Madre Chiesa, vorrei allora mettere a fuoco una sorta di "bilancio".

La prima cosa che pongo come punto di partenza è questa: credo fermamente che un cattolico abbia una marcia in più, in momenti di difficoltà, sofferenza, compartecipazione al dolore di altri. 
Questa marcia in più è la FEDE.

La Fede che è ben più di un appiglio.
L'appiglio può essere uno di quegli speroni di roccia "aspra", che in breve tempo ti graffiano così tanto la mano, da non renderti più capace di continuare a tenerlo ben stretto, aumentando il livello di difficoltà, fin quando o non ti lasci andare, o cominci a rovinarti un arto...
L'appiglio può essere uno sperone così friabile che, col passare dei minuti, si sbriciola nella tua mano, lasciandoti cadere nel vuoto.
L'appiglio può essere anche resistente e "liscio", ma ti può mancare la resistenza fisica nella mano: così, resisti e resisti, na alla fine molli la presa e parti per la "discesa libera".

No, la Fede non è semplicemente un appiglio.
La FEDE E' UNA BASE SULLA QUALE POGGI CON SICUREZZA I TUOI PIEDI, anche nei momenti più dolorosi e apparentemente capaci di sconvolgere ritmi, abitudini, progetti. Anche nei momenti in cui cogli la sofferenza di chi ti sta vicino e la senti come tua.

La Fede è quel "terreno" certo sul quale camminare.  SEMPRE.
La Parola di Dio è piena di questo concetto, specialmente nei Salmi, laddove si parla di camminare nella verità del Signore (Sal 26,3) o nelle Sue Vie (Sal 17, 5) e ancora, laddove si dice che Dio stesso spiana la via ai nostri passi (Sal 18).
Nel Salmo 40 si trovano dei versetti che fanno proprio percepire la Fede non come roccia-appiglio, ma come roccia-BASE:


Mi ha tratto dalla fossa della morte,
dal fango della palude;
i miei piedi ha stabilito sulla roccia,
ha reso sicuri i miei passi.

 (Sal 40,3)


Se gli eventi improvvisi e dolorosi che ci colgono strada facendo,  vengono vissuti con questo spirito, la prospettiva delle situazioni cambia totalmente.
Non diminuisce il dolore, non scompare la fatica...ma....
Sperimentiamo, innanzitutto, la FORZA che la FEDE COME FIDUCIA IN DIO comunica al nostro cuore anche nei momenti di sconforto e di paura.
Sapere che Dio è Padre di Provvidenza, Padre che attraverso TUTTE le vicende della vita vuole condurci al bene, consente all'uomo di guardare con FERMEZZA interiore anche le situazioni difficili.
L'eco del nostro andare avanti diviene quella convinzione paolina secondo la quale "tutto concorre al bene di coloro che amano Dio" (Rm 8,28) .

Sembra strano, ma la FEDE CRESCE QUANDO VIVIAMO DI FEDE.
Il grido accorato degli apostoli  "Signore, aumenta la nostra fede"! (Lc 17,16) diventa in noi una CERTEZZA.
La FEDE SI INCREMENTA NEL MOMENTO STESSO IN CUI LA "REALIZZIAMO" IN NOI COME ESPERIENZA CONCRETA!

La Fede ci offre poi il CONFORTO DELLA PREGHIERA, che realizzandosi come "dialogo" con un Dio-Amore placa le paure del nostro cuore e ci pone completamente a disposizione dei Suoi progetti.
Nessun esempio potrà essere mai più elevato di quello che Cristo stesso ci dona, invocando il Padre nell'Orto degli Ulivi, prima della Passione.
Dio Figlio sa cosa sia sperimentare il dolore, pur rimettendosi alla Volontà del Padre.

C'è poi il "paradosso" apparente del credere: nella Fede, si arriva a percepire che i momenti più sofferti sono quelli che, se vissuti con questa maturità interiore, consentono all'uomo di rafforzare i legami con gli altri e con Dio stesso.

Il passaggio biblico in cui, narrando della propria morte, Gesù dice :
"Io, quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me"(Gv 12,32), nasconde proprio questo legame inscindibile tra gioia e sofferenza.

Quando è che il bambino si stringe di più alla mamma? Quando soffre, quando sta male, quando ha paura.
E' un dato "di fatto" che le esperienze concrete della vita ci dimostrano.
Non si tratta di scienza empirica, ma la "teologia" dell'Amore di Dio funziona allo stesso modo.
La sofferenza è un collante potente! 

Quand'è che Giovanni Evangelista poggia il capo sul petto di Gesù? 
Prima che Giuda tradisca il Maestro.
Gesù ha bisogno della presenza dell'amico più caro, l'amico più caro offre la sua compartecipazione di affetto e di dolore alla sofferenza del Verbo Incarnato!

Quand'è che Maria, Giovanni e la Maddalena si saranno sentite più unite a Cristo?
Di certo quando si sono strette attorno a Lui, ai piedi della Croce, per essere una presenza d'amore silenziosa e "condivisa".

La Fede, nei momenti di prova, credo possa essere una risorsa anche per un altro motivo: CI FA SCOPRIRE NUOVE POTENZIALITA'.
Nelle vicende stesse della vita, che ci mettono davanti alla necessità di un "riadattamento", ci la Fede ci fa scoprire nuovi mezzi per vivere deteminati momenti, per essere in grado di tirare fuori il meglio di sè anche quando si soffre, per continuare ad essere DONO PER GLI ALTRI.
Se vivo di fede so che non debbo lasciarmi andare, è mio "dovere" dare testimonianza continuando a vivere la mia vita con allegria, con condivisione dei talenti, con impegno.
La Fede è una "porta" che non debbo mai "chiudere"!
Paradossalmente, la sofferenza vissuta alla luce della Fede come Volontà del Padre è il MOMENTO PIU' CREATIVO DELL' ESISTENZA UMANA.
Capovalori come scritti ed opere caritatevoli o spirituali di molti santi sono fioriti nei momenti più buii delle loro vite spirituali e terrene.
Lo stesso "capolavoro" di Dio, cioè la Redenzione, è scaturito dal dolore della Croce!

La Fede diventa allora un terreno solido perché apre alla SPERANZA.
Dio mette alla prova, ma non carica mai le nostre spalle più peso di quanto sia necessario.
Affrontare i dolori con questo spirito, lascia intravedere delle luci di "risurrezione" già nel percorso che si sta compiendo.

Come a dire: il centuplo lo si ha già in itinere, se si accetta la sfida, la scommessa di "lasciare tutto" per Lui, ossia di non conformarsi alla mentalità del mondo che si ribella al soffrire, di qualsiasi natura essa sia.

Personalmente mi piace paragonare il mio Annus Fidei al Salmo 125


 Nell'andare, se ne va e piange,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con giubilo,

portando i suoi covoni. 

(Sal 125,6) 

Van Gogh, Seminatore col sole al tramonto

Ripenso alla "semente" da gettare nei momenti più faticosi spiritualmente e materialmente; ripenso alla speranza di quei covoni promessi dalla Parola.
Ripenso alla Fede che mi ha sostenuta come Amore di un Dio Provvidente per passare dalla semina alla raccolta.
Il "tra" come ponte di passaggio dalla semente al covone è stato lasciato alla mia buona volontà di operaia nella Vigna del Signore.
Dio non mi ha "privata" di nulla: mi ha dato il necessario. 
Mi ha fornito i semi per la semina;
mi ha donato i germi di speranza nelle promesse della Sua Parola e nella Risurrezione del Suo Figlio.

Ora, guardando indietro e ripercorrendo questi  mesi, credo di poter tracciare un bilancio tutto sommato positivo, che non è sinonimo di "aver fatto al meglio" (perché tutti potremmo fare sempre meglio di come siamo riusciti a fare!), ma di "essermi impegnata" per far fruttare in me, attraverso di me, con gli altri, quel dono della Fede che ho ricevuto.

Ringrazio allora il Signore, che è COLUI NEL QUALE HO FEDE;
ringrazio Papa Benedetto XVI che ha indetto questo Anno speciale, che è stato anche l'anno che ci ha dato modo di provare la nostra Fede sul piano delle vicende ecclesiali;
ringrazio Papa Francesco che ci ha donato l'enciclica Lumen Fidei come lavoro "a quattro mani";
ringrazio tutte le persone che hanno vissuto con me questo anno di sofferenza, ricerca, cammino, maturazione, rafforzamento della Fede....e anche di tante piccole gioie nel Signore.

Un grazie a Maria e Giuseppe, donna e uomo di Fede, che mi hanno accompagnata e sostenuta lungo questo cammino.

Il  mio grazie speciale va a tre amici carissimi, con i quali si è creata una coesione ancora maggiore, ancora più spirituale, vissuta veramente alla luce del Signore, IN LUI E CON LUI che è fonte di ogni vera amicizia.
Ho spesso pensato, in questi mesi, al Signore che manda i discepoli  e gli apostoli a due a due (Mc 6,7; Lc 10,1). 
I momenti di sofferenza, quando riguardano noi e gli amici più cari, non sono semplicemente un "soffrire con".
Sono anche e soprattutto un "crescere con".
Fanno sperimentare e scoprire di più tutta la potenzialità dell'amicizia vera, che è capace -oltre che di grande condivisione e donazione di gioia- anche di grandi sacrifici per e con l'altro, di reciproco scambio di affetto e sostegno, di fiducia, di confidenze che non riusciresti a consegnare ad altri all'infuori degli amici più cari.



Il mio grazie si fa preghiera a Dio e per tutti voi!

Buona Domenica!

mercoledì 20 novembre 2013

SILLOGISMO DELLA PREGHIERA....riflessione sul "germe" di eternità insito nell' orazione!


"Per me la preghiera è uno slancio del cuore, un semplice sguardo gettato verso il cielo, un grido di gratitudine e di amore nella prova come nella gioia"

Comincia con queste parole di Santa Teresa di Lisieux, la quarta e ultima parte del Catechismo della Chiesa Cattolica, sezione dedicata interamente alla PREGHIERA.

Il Vangelo ci parla spesso di "Gesù orante"
La giovane santa rispecchia in pieno la spiritualità del suo ordine, quello "ri"fondato da Teresa d'Avila, la grande "maestra" dell'orazione che nel Libro della sua vita, così definisce, a sua volta, questa tipica preghiera carmelitana:

"Per me l'orazione mentale non è altro se non un rapporto d'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama"  (Libro della Vita cap 7, par. 5)

E andando più avanti, descrivendo alcuni "gradi" dell'orazione mentale, la Santa di Avila ne parla come di "una piccola scintilla del vero amore di Dio che il Signore comincia ad accendere nell'anima". (Libro della Vita cap 15, par. 3)

Questa descrizione corrisponde a quanto afferma il CCC: "Che lo sappiamo o no, la preghiera è l'incontro della sete di Dio con la nostra sete.
Dio ha sete che noi abbiamo sete di Lui"  (CCC 2560)

Probabilmente, troppe volte sbagliamo il nostro approccio alla preghiera perché la consideriamo come qualcosa di diverso da quella che essa è realmente: un colloquio d'amore.
Di più: un dialogo fra innamorati.

Provando a pensare in termini concreti, ricorrendo al parallelo delle persone innamorate, tutto diventa più facile: davanti alla persona che si ama è semplice, naturale, appagante:
rimanere in silenzio, contemplandone la bellezza;
descrivere i propri stati d'animo;
parlare dei propri problemi;
fidarsi delle eventuali soluzioni o rassicurazioni che l'altro ci offre;
lasciarsi guardare con occhio semplice e puro;
"bastarsi" l'un l'altro, trovare tutto ciò che è sufficiente per star bene nell'amore dell'altro.

Ecco, pregare Dio AMANDOLO, equivale a questo.
Mi pongo dinnanzi a Dio che Innamorato della Sua creatura, cioè di me!
Mi pongo sotto gli occhi di Colui che "ci ha amati per Primo" (1Gv19)
Questo mettermi davanti a Lui è quasi l'atto di chi si "consegna": dono totalmente me stessa, dono la mia totalità a Colui che Si lascia contemplare, amare e che allo stesso tempo Si consegna a me e ...mi contempla!
In questo dialogo d'amore "Dio solo basta"  -direbbe sempre Santa Teresa d'Avila- , ma,  paradossalmente, anche la creatura "basta" a Dio: sazia cioè, la sete d'Amore che arde nel Cuore di Dio, un Cuore che in Cristo Si è fatto CARNE.

Paradosso che Dio "contempli" la creatura, Lui che è il Solo a meritare di essere contemplato?

No, se ben leggiamo la Bibbia fin dalle sue prime pagine!
Nella Parola troviamo un Dio Creatore che si "ferma" davanti all'Uomo e alla Donna, formati a Sua immagine e somiglianza, sottolineando la loro differenza rispetto a tutte le altre cose create:
"E Dio vide che era cosa molto buona" (Gn 1,31)

Quando l'anima è in grazia, Dio non può non compiacerSi di essa.  
Dio è come l'innamorato che si...accontenta, che si sazia di guardare la bellezza dell'amata che ha dinanzi!
Il Cantico dei Cantici, con la sua storia d'amore umana, è anche leggibile come la storia d'amore tra Dio e la Sua creatura e ben spiega questo mistero che intercorre tra il Dio Creatore e l'uomo creatura.

E' quanto evidenzia anche il Salmo 8, dove è la voce della creatura a rimanere stupita per la grandezza che Dio stesso ha donato all'essere umano:


"Se guardo il tuo cielo, opera delle tue dita,
la luna e le stelle che tu hai fissate,
che cosa è l'uomo perché te ne ricordi
e il figlio dell'uomo perché te ne curi? 
Eppure l'hai fatto poco meno degli angeli,
di gloria e di onore lo hai coronato:
gli hai dato potere sulle opere delle tue mani,
tutto hai posto sotto i suoi piedi"

(Sal 8 4-7)

Il Catechismo della Chiesa Cattolica, al n. 2526 sottolinea come, sebbene sia "tutto l'uomo" a pregare, "per indicare il luogo da quale sgorga, le Scritture parlano talvolta dell'anima o dello spirito, più spesso del cuore.
E' il cuore che prega".

La preghiera ci mette in comunione con il Dio trinitario che è Comunione!
Direbbe il beato Card. Newman: "Cor ad cor loquitur". Il cuore parla al cuore.

La preghiera, allora, può benissimo essere definita come amore verso il Dio Amore!

A questo punto, tirando le somme, mi piace concludere con un...sillogismo :

Se l'amore, quello che il linguaggio biblico (soprattutto paolino) definisce come CARITA'  non avrà mai fine ("Caritas numqam excidit" recita la neovulgata) e se la preghiera, in qualche modo essenziale è carità, cioè amore verso Dio, ne segue che la preghiera ha in sè un germe di "eterno", perché è amore e l'amore non muore!
Dio "incide" sul Suo Cuore infinito e senza tempo ogni nostra preghiera, rendendola viva, vera, potenzialmente infinita come l'Amore.

Le applicazioni pratiche di questo concetto possono essere molte, ma a me piace pensarne soprattutto una: dovunque l'uomo preghi con vero cuore, con animo in grazia, ecco che allora la creatura "dissemina" amore che "permane".

Proviamo ad immaginare quello che spesso si percepisce in certi luoghi speciali, come quelli in cui hanno vissuto i santi: lì riusciamo a "sentire" qualcosa di diverso, lì sentiamo l'AMORE con cui quei santi hanno pregato e operato.

Anche noi siamo chiamati a santificarci e la preghiera -come amore verso Dio- non può essere elemento "estraneo" al cammino di santità.

Il Catechismo della Chiesa Cattolica ci rammenta che "pregare è una necessità vitale; niente vale quanto la preghiera;
essa rende possibile ciò che è impossibile, facile ciò che è difficile.  
Preghiera e vita cristiana sono inseparabili, perché si tratta del medesimo amore e della medesima abnegazione, che scaturisce dall'amore. 
Prega incessantemente colui che unisce la preghiera alle opere e le opere alla preghiera." (CCC 2744- 2745) 

Concludo questa condivisione di pensieri con un passo tratto dalle splendide catechesi che Benedetto XVI dedicò alla preghiera, spaziando da quella nell'Antico Testamento alla preghiera di Gesù fino a quella negli Atti e in San Paolo.

Cogliamo l'invito del Papa Emerito, esortazione che anche Papa Francesco ci sta ricordando, battendo il tasto specialmente sulla necessità di fare quotidiana memoria dei misteri della vita di Cristo attraverso la recita del Santo Rosario:
 
"Oggi i cristiani sono chiamati a essere testimoni di preghiera, proprio perché il nostro mondo è spesso chiuso all'orizzonte divino e alla speranza che porta l’incontro con Dio. 
Nell’amicizia profonda con Gesù e vivendo in Lui e con Lui la relazione filiale con il Padre, attraverso la nostra preghiera fedele e costante, possiamo aprire finestre verso il Cielo di Dio.
Anzi, nel percorrere la via della preghiera, senza riguardo umano, possiamo aiutare altri a percorrerla: anche per la preghiera cristiana è vero che, camminando, si aprono cammini".





 

lunedì 18 novembre 2013

BLOG DELL' ORDINE DEI CARMELITANI SCALZI SECOLARI D'ITALIA



Il 14 novembre scorso ha debuttato on line il blog dell'Ocds - Carmelitani Scalzi Secolari d'Italia.



Questo spazio internet -nato col contributo di tutte le fraternità del nostro Paese, vuole essere -secondo le parole di Padre Saverio Cannistrà, Generale dell'Ordine- "un modo per confrontarsi, per superare le distanze, per mettere in condivisione i percorsi formativi" dei tanti secolari carmelitani.

Il blog si offre anche come ausilio per la "crescita cristiana e carmelitana" dei membri, mettendo a disposizione di appartenenti all'Ordine (e lettori virtuali) una selezione di interessanti contributi che spaziano dalla "Regola di Sant'Alberto" al materiale prettamente formativo, dai "sussidi" al Magistero della Chiesa dedicato al ruolo dei laici.


Il blog, presentato dalla presidente del Coordinamento Interprovinciale d'Italia, Brigida De Grandi, si apre con i contributi del Delegato Generale, p. Alzinir Debastiani, dell'Assistente Nazionale ocds p. Aldo Formentin e dei responsabili della comunicazione delle Province ocds d’Italia, coordinati da Stefania De Bonis, animatrice della cultura e della comunicazione (Anicec).

E' quantomai significativo che questo luogo virtuale di incontro, formazione e condivisione, veda la luce proprio nel 2013: è questo, infatti, l' anno in cui viene proposta la lettura dell'Epistolario di Santa Teresa d'Avila, -fondatrice del Carmelo- in preparazione al V centenario della sua nascita.

Teresa di Gesù era una comunicatrice nata, e ha sfruttato moltissimo quello che all'epoca era il solo mezzo di "espressione" e "divulgazione" a distanza: lo scritto epistolare.
Alle innumerevoli missive vanno poi aggiunti i libri -classici della spiritualità cristiana- redatti per obbedienza al suo direttore spirituale.

La Santa Fondatrice avrebbe di certo fatto uso -se fosse vissuta ai nostri tempi- dei moderni strumenti di comunicazione, internet incluso.

E' da accogliere dunque come una grazia, questo nuovo blog tutto "carmelitano".
Potrà essere una risorsa non solo per i secolari dell'Ordine, a tutti gli effetti "figli e figlie di Nostra Signora del Monte Carmelo" come da Costutuzioni carmelitane, ma anche per tutti gli innamorati della spiritualità di questo ordine religioso; per quanti indossano lo Scapolare del Carmelo; per chi è attirato dall'idea di una scelta che lo porti a vivere con maggiore radicalità l'impegno Battesimale di Figli di Dio nella Santa Madre Chiesa.

lunedì 11 novembre 2013

ACCRESCI IN NOI LA FEDE! Sappiamo perdonare?



Nel Vangelo di oggi mi colpisce il legame tra fede e perdono, anzi, tra fede e capacità di perdonare.


I discepoli chiedono a Gesù il dono di una fede "più grande" dopo aver ascoltato il discorso sulla correzione del fratello e sul perdono da accordargli se, pur sbagliando sette volte al giorno, per altrettante sette volte l'errante torni pentito.

Sappiamo che sette, nella Bibbia, è il numero della perfezione.
Sette volte, ci dice Gesù, dobbiamo perdonare il fratello che ci porge le sue scuse, che ci offre il suo pentimento.
Sette volte come è proprio di chi è perfetto.

"Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste". (Mt 5,48)

Anzi, quel sette, qualche capitolo più avanti in Matteo, diventerà un "settanta volte sette"! (Mt 18,22)
Un numero, dunque, simbolico: perdonare in modo perfetto, perdonare sempre!

Se il Signore Gesù utilizza il numero della perfezione in riferimento al perdonare, in un certo senso butta già le mani avanti: attenzione -ci dice- accordare il perdono non è cosa umanamente facile, scontata, naturale.

Parafrasando un noto aforosma, si potrebbe dire che amare può essere anche solo umano, perdonare -invece- è sempre DIVINO. 

Serve grande fede, infatti, per porgere l'altra guancia, per tendere nuovamente la mano in segno di amicizia, per offrire ancora affetto e fiducia: fede in un Dio che è Misericordia infinita, capace di infinite "seconde possibilità" accordate all'uomo che sbaglia e che si pente.

Solo se la creatura raggiunge -interiormente- la dimensione spirituale che fa dell'uomo un essere in cammino verso la santità (che lo sappia o meno!), si riesce a realizzare questa "perfezione" nell'amore: amare anche chi ha sbagliato nei nostri confronti, chi ci ha ferito, deluso, offeso, calunniato.

Sembrerebbe però un paradosso la sottolineatura di Gesù: perdona se l'altro torna da te pentito.
Forse che non occorra perdonare chi si penta? Forse che non si debba dare una seconda chance, se l'altro non dimostra la comprensione del proprio errore?

No, perché altrove, Cristo stesso ci dice: 

"Amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano.
 
Se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu porgigli anche l'altra.
 
"A chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica,
 tu lascia anche il mantello" 

(Mt 5, 39-40)


Il contrasto fra queste azioni: perdonare - ricevere il pentimento dell'altro è solo un espediente pedagogico-teologico utilizzato da Gesù.

Nel capitolo 5 di Matteo, il Maestro sta "preparando" i discepoli, sottolineando la necessità di perdonare quando si riceve il pentimento dell'altro;
più avanti Egli mostra il passo successivo nella fede, perdonare anche quando l'altro non si è pentito, quando ci fa del male.

Infatti dice:

"Se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete?
Non fanno così anche i pubblicani"?

E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario?
Non fanno così anche i pagani"?  

(Mt 5, 46-47) 

Fino ad arrivare, al capitolo 18 di Matteo, ad un invito a concedere il perdono anche quando l'altro NON MANIFESTI SEGNI DI PENTIMENTO!

Come si possono conciliare, allora, queste diverse tappe nel perdono umano e quelle del perdono divino?

  • il senso della "giustizia" umana che alberga nel cuore dell'uomo (e che è un riflesso della giustizia divina) porterebbe ad applicare un sistema puramente retributivo: ti perdono se tu ti penti ;
     
  •  il senso della "Misericordia" divina ci spinge ad andare oltre, a superare il senso puramente umano della giustizia: perdonare non solo se l'altro si ravvede, ma perdonare sempre. Deve essere un perdono non solo fatto "di parole", ma di gesti concreti (come sottolinea il capitolo 18 di Matteo). A parole si fa presto a dire: "ti perdono", fattivamente è più difficile passare all'azione materiale (la carità) e spirituale (la preghiera) per colui che, non dimostrando segni di pentimento, continui ad agire con noi come nemico  
     
  •  questo non vuol dire che Dio dispensi il perdono all'uomo impenitente (ne sono dimostrazione  il sacramento della confessione ed i Novissimi sul Giudizio), ma che Egli accordi SEMPRE, SU QUESTA TERRA, la possibilità di tornare a Lui. Dio non chiude il Cuore all'uomo, ATTENDE il Suo ritorno e dissemina il suo cammino di piccole tracce, di segni di amore che lo aiutino a comprendere l'immenso desiderio dell'Amore di Dio, affinché si converta e si penta. Perciò  a noi uomini non è dato anticipare il Giudizio finale che spetta solo a Dio: come Egli ci dona un tempo in cui ci offre la possibilità continua di pentirci e di essere perdonati, anche noi dobbiamo dare agli altri questa stessa possibilità! La possibilità del cambiamento, della conversione del cuore.

L'Annus Fidei che volge al termine ci prepara con questi brani di Vangelo che sottolineano l'importanza e le esigenze della Fede. Chiediamo al Signore di farne tesoro, meditando su questi temi, affinché l'anno di grazia che abbiamo vissuto, produca in noi frutti duraturi.