domenica 31 agosto 2014

TRIDUO A SANTA TERESA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE - Terzo giorno :amare oltre l'amore sensibile


O Santa Teresa Margherita Redi,    
che sentisti forte nella tua vita
la presenza di Dio-Amore 
nascondendoti con Cristo in Dio, 
tanto da esserne consumata in breve tempo,
ottienici di poter anche noi vivere 
e far nostro questo amore di Dio 
soprattutto nelle pene e sofferenze della vita.

AMEN


Santa Teresa Margherita Redi in una stampa
della foresteria del monastero
delle Carmelitane scalze di Parma

TRIDUO A SANTA TERESA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE DI GESU', OCD
"Amare oltre l'amore sensibile"
(trovate qui e qui altre notizie sulla santa)


La carità, l'umiltà e l'obbedienza della Santa carmelitana furono vissute come virtù in crescendo; il servizio alle consorelle fu instancabile e giunse fino all'eroismo: Teresa Margherita cominciò a prendersi cura di una monaca purtroppo con gravi problemi mentali, che era stata fino a prima ineccepibile ed ammirabile nella pratica della vita religiosa.
Questa consorella, abituata ad un trattamento più accondiscendente attuato da un'altra monaca, mal tollerò il rispetto degli ordini medici messo in pratica da Teresa Margherita.
Ciò le fu causa di non poche umiliazioni, come finanche il lancio di piatti...
La santa visse nel più completo oblio di sé stessa anche questi episodi: mai un lamento con la Madre Priora, mai una mancanza di dolcezza con l'ammalata, mai uno sfogo con le consorelle.
Tale disposizione d'animo - tradotta in vera virtù anche esteriore - non fu da tutte compresa...ci fu chi ebbe a dire che alla santa veniva spontaneo, naturale occuparsi delle altre e che dunque nulla ci fosse di costoso alla sua natura, in questo.
Tale fu però la pena, in un giorno di maltrattamenti subiti dalla povera ammalata, che alla santa carmelitana sfuggì un "non ne posso più", frase di cui si pentì poi fortemente.
Eppure, per noi, questa è testimonianza del grande sforzo da lei compiuto per vincere le naturali repulsioni, la paura, e i moti di ribellione alle ingiuste  - ed in ogni caso involontarie - mancanze nei suoi riguardi operate dall'ammalata.
In tutto questo già arduo cammino si inserì anche una prova ben più dolorosa: la notte della fede.
Incendiata dall'amore di Dio e verso gli altri, Teresa Margherita si sentì gettata nella più profonda aridità: le sembrava di non amare affatto il Signore.

Lei, che si era offerta vittima al Cuore di Gesù, lei che infaticabilmente dimostrava coi fatti la sua donazione totale a Colui che l'aveva chiamata, era convinta di meritare solo l'inferno.
Fu una prova penosissima, che non fece trasparire all'esterno, e della quale il padre spirituale diede poi testimonianza.
Fu questo lo stato in cui visse fino alla morte, in verità molto prossima, e che in un certo senso avvenne per "consumazione d'amore".
Si potrebbe dire che Teresa Margherita amò oltre l'amore: amò oltre quel sentire sensibilmente l'affetto che lega a Dio e che Dio prova infinitamente per la Sua creatura.
Materialmente, scientificamente, la santa fu colpita da un male improvviso e fulminante, ma - a parere concorde del direttore spirituale e del confessore ordinario del monastero - a consumarla fu l'amore e se non fosse volata al Cielo per male naturale, l'amore stesso l'avrebbe consumata in breve tempo.
Straordinario l'episodio che cominciò a portare in luce la straordinaria ricchezza della storia di quest'anima.
Consumata (almeno sul piano delle cause naturale) nel giro di pochissimi giorni la strappa alla sua comunità, il suo corpo senza vita - sformatosi post-mortem anche all'esterno - riprende improvvisamente biancore e bellezza quando si era giunti al momento di tumularlo (ed anche in fretta, viste le condizioni).
Furono chiamati medici e autorità religiose.
Tutti concordarono nel dichiarare che si trattava di cosa prodigiosa, umanamente inspiegabile.
Reliquie della santa furono veicoli di miracoli...e la fama di santità si propagò.

L'esempio che ci offre questa santa è quello che risponde al Vangelo di oggi: se uno guadagnasse il mondo intero...ma perdesse la propria vita, a cosa gli gioverebbe?
Se invece si perde la vita...nella donazione totale di sé, allora si guadagna tutto!
Teresa Margherita, sull'esempio di Gesù, accettò di "perdere la propria vita": di donarsi a Lui, di donarsi nel servizio alle consorelle, di vivere nascosta in Dio solo, e di rinunciare agli affetti umani e finanche al gusto di sentire Dio sensibilmente.
La sua vita è stata però feconda per questo motivo e ancora oggi attira altre anime ad approfondirne la realtà spirituale, l'esempio, le virtù.

Santa Domenica a tutti!

sabato 30 agosto 2014

TRIDUO A SANTA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE DI GESU' - Secondo giorno - Ritrovarsi nel S.Cuore


O Santa Teresa Margherita Redi,    
che sentisti forte nella tua vita
la presenza di Dio-Amore 
nascondendoti con Cristo in Dio, 
tanto da esserne consumata in breve tempo,
ottienici di poter anche noi vivere 
e far nostro questo amore di Dio 
soprattutto nelle pene e sofferenze della vita.

AMEN


Santa Teresa Margherita Redi in una stampa
della foresteria del monastero
delle Carmelitane scalze di Parma

TRIDUO A SANTA TERESA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE DI GESU', OCD
"Il distacco dagli affetti per inabissarsi nel Cuore di Dio"
(trovate qui e qui altre notizie sulla santa)


L'intensa devozione nutrita da S.Teresa Margherita verso il S. Cuore la spinse sempre di più a "concentrarsi" sull'Amore, inteso questo come amare e dare amore a Dio, attraverso la preghiera ed il servizio alle consorelle.
C'è però un particolare interessante in questo suo percorso spirituale, che può aiutare chi si avvicina alla sua ricerca della perfezione, per vincere gli attaccamenti "sensibili", naturali alle persone.
Profondamente innamorata del S.Cuore e dell'Amore di Dio di cui Esso è simbolo, nel periodo che precedette la sua professione al Carmelo, la santa avvertì il bisogno di offrire al Signore un cuore indiviso.
Decise allora di compiere un passo importantissimo, tanto più se si considera lo stato di vita claustrale che stava per abbracciare: rinunciare ad ogni contatto con il padre, che tanto era stato importante nella sua educazione e formazione spirituale.
I contatti effettivi sarebbero stati in effetti pochi da quel momento in poi (l'ultimo, un anno prima della morte della santa, allorché ricevette in parlatorio il padre assieme al fratello, il quale stava anche lui maturando la vocazione religiosa).
Eliminare quel che ancora vi era di "naturale" nel suo affetto per lui, per ritrovarlo, molto più soprannaturalmente e quindi in modo superiore, nel Cuore di Gesù. Questo era l'intento di Teresa Margherita, consapevole di come il distacco umano avrebbe reso l'affetto ancora più forte, perché totalmente spirituale.
E' forse una scelta, questa, che ai più potrebbe apparire eccessiva e poco consona ai doveri di figlia, ma nell'obbedienza e nella vita claustrale, Teresa Margherita si vuole inabissare in Dio solo, e approfondire la vita "interiore, nascosta" di Gesù sarà uno degli elementi più forti nella sua tensione spirituale dell'approfondimento di quel Dio che è Carità.
In verità, seppure arrivando realmente a degli estremi di eroismo che non sono tipici di tutte le anime, la santa visse quello che scriveva già la riformatrice del Carmelo, che molto insisteva sulla necessità del distacco dai parenti, per immergersi nella contemplazione.
L'esempio della santa dovrebbe spingerci ad interrogarci sul modo in cui intessiamo anche noi le nostre relazioni: ci portano a Dio o ci distolgono da Lui?
Ci lasciano il tempo per dedicarci alla preghiera ed all'apostolato, o ci assorbono in attività e divertimenti a volte inutili?
Ci permettono di spendere una buona parola secondo il Vangelo e di parlare di cose spirituali, o ci inseriscono in discorsi solamente mondani?

Nel caso di Teresa Margherita non c'era di certo da porsi questi interrogativi, essendo l'affetto per il Padre fondato in Dio ed a Lui rivolto; tuttavia la santa decise di recidere quel normale moto naturale che ogni figlia prova per il proprio genitore, e riuscì così a vivere la sua figliolanza in maniera totalmente spirituale, senza necessità di quelle ordinarie forme di contatto (epistolare, o frequenti incontri faccia a faccia) di cui di norma si alimentano le relazioni affettive umane.
Questo distacco dal padre - dalla stessa Teresa Margherita definito il dolore più grande che avesse mai potuto sperimentare - lo si potrebbe vedere come preludio di un altro e ben più grande distacco che il Signore  avrebbe chiesto: il distacco "da Dio", la prova della fede, la notte oscura di cui parla nelle sue opere San Giovanni della Croce.



venerdì 29 agosto 2014

TRIDUO A SANTA TERESA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE DI GESU' - Primo giorno - la devozione al Sacro Cuore






O Santa Teresa Margherita Redi,    
che sentisti forte nella tua vita
la presenza di Dio-Amore 
nascondendoti con Cristo in Dio, 
tanto da esserne consumata in breve tempo,
ottienici di poter anche noi vivere 
e far nostro questo amore di Dio 
soprattutto nelle pene e sofferenze della vita.
AMEN



Santa Teresa Margherita Redi in una stampa
della foresteria del monastero
delle Carmelitane scalze di Parma

TRIDUO A SANTA TERESA MARGHERITA REDI DEL S.CUORE DI GESU', OCD
"La devozione al Sacro Cuore"
(trovate qui e qui altre notizie sulla santa)


"Sono Teresa di Gesù e ti voglio tra le mie figlie".

Si rafforzò all'udire queste parole - oggetto di una vera e propria "locuzione" secondo il vocabolario della mistica - la vocazione carmelitana di Santa Teresa Margherita Redi del S.Cuore, al secolo Anna Maria Redi (1747-1770), di nobile famiglia aretina.
La giovane aveva 16 anni, all'epoca di questi fatti eg ià da qualche mese aveva - in modo del tutto inatteso - virato le sue aspirazioni verso la vita carmelitana, essendo stata fino ad allora  orientata verso le benedettine del Monastero di S.Apollonia, presso cui era stata educata.
Teresa di Gesù venne, in un certo senso....a dare la spinta finale, la parola di conferma alle nuove ispirazioni interiori della ragazza.
E per ben due volte le ripetè di volerla tra le "sue figlie":
"Io sono Teresa di Gesù, e ti dico che tra poco sarai nel mio monastero".
Fanciulla di grande maturità spirituale, già avvezza alla vita contemplativa e circondata da sante figure (il direttore spirituale, vari sacerdoti, e - personaggio di spicco nella sua formazione religiosa - il padre, uomo pio e di profonda vita interiore), Anna Maria Redi cominciò il suo periodo di postulandato al Carmelo il 1° settembre del 1764.
Furono tre mesi in cui dimostrò la sua solida virtù, soprattutto l'umiltà e l'amore alla povertà, tanto più bella in lei che veniva da una famiglia ricca.
Tre mesi in cui più volte disse - anche esplictamente -di essere "felice".
L'uso del tempo prevedeva che, una volta ammessa alla vestizione dalla comunità, la ragazza uscisse dalla calusura, per "salutare" parenti ed amici.
Anna Maria vestì l'abito carmelitano il 10 marzo 1765, prendendo il nome di suor Teresa Margherita del Cuore di Gesù.
Il nome è un elemento da non sottovalutare, considerando che all'epoca il giansenismo screditava la devozione al Sacro Cuore, e che la toscana aveva fortemente risentito degli influssi di questa corrente. 
La santa ne fu invece particolarmente devota e - secondo le parole di Padre Gabriele di S.M.Maddalena - "Teresa Margherita" era "già completamente devota del S.Cuore quando" arrivò "al monastero di S.Teresa, e questa devozione le otterrà il suo secondo nome di religione".
La Vita di Margherita Maria Alacoque - procuratale da suo padre e la cui lettura fu autorizzata dal direttore spirituale - incentivò ulteriormente e le fece approfondire questo amore al Cuore di Gesù e la condusse in una sorta di "viaggio" spirituale: dal Sacro Cuore alla Trinità.
Ecco la testimonianza di P.Ildefonso, suo padre spirituale, che sottolinea come ella considerasse il Sacro Cuore: "il centro di manifestazione dell'amore onde il divin Verbo fino nel seno del Padre ci ha amato per tutta l'eternità, e col quale ci ha nel tempo meritato che noi, con lo stesso amore partecipato, lo possiamo ed in terra ed in cielo riamare.
E questo effettivamente era il significato che trovai che ella dava a questa devozione, facendola consistere in riamare incessantemente il principio di chi tanto ci ha amato". 
Padre Gabriele di S.M.Maddalena, ocd, nel suo libro dedicato all'itinerario spirituale della Santa, scrive:
"Evidentemente, per Teresa Margherita la devozione al S.Cuore risale fino all'amore divino ed eterno del Verbo, amore di cui il frutto più prezioso in noi è di averci reso capaci di amare soprannaturalmente,  di contraccambiare quel'amore con amore del medesimo ordine: l'amore di carità".
E' la "convinzione" tradotta in stile di vita, che fu definita, nel processo ordinario come un "rendere amore per amore".

mercoledì 27 agosto 2014

Silenzio...


C'è qualcosa di sacro nel silenzio.
Quel silenzio che si respira nella vasta Chiesa, quando il sacerdote tarda ad arrivare all'Altare e le anime - in attesa - rimangono davanti al Tabernacolo che custodisce l'Ospite Divino che tra poco Si Incarnerà in nuove Ostie; davanti a quel Calice che conterrà il Suo Sangue, davanti a quella Parola che sarà spezzata per chi avrà orecchi per ascoltare ed intendere.

C'è qualcosa di mistico, in quel silenzio.
Il silenzio in cui ciascuno affida - a Colui che è Presenza Viva - affetti, pensieri, affanni.
Quel silenzio in cui due s'apettano, intessendo un dialogo che da loro soli può essere inteso.

L'anima attende lo Sposo che sta per giungere; lo Sposo attende l'anima, nell'impazienza dell'Amore che vuole fonderSi con l'amata; nel bisogno di donarSi per trasformare la creatura in qualcosa di più sublime, per portare Sè stesso nell'altro, per dare Sè stesso all'altro e renderlo capace di un amore più grande, più perfetto, più pieno.

Il silenzio che precede la Santa Eucaristia è un momento prezioso.
E' simile a quello di due fidanzati che in contemplazione reciproca contano i minuti che separano dall'incontro sponsale; è il silenzio colmo delle attese, ma anche delle certezze: Dio verrà, e l'anima "cenerà con Lui" (cfr. Ap 3,20).
E' il silenzio della speranza, quella che lascia intravedere la bellezza dell'incontro; è il silenzio che è spazio del cuore...
Spazio in cui il battito del Cuore Umano del Salvatore scandisce il tempo in cui anche il cuore dell'uomo palpita; spazio in cui quel Cuore che pulsa ricorda all'essere umano che vi è qualcosa che va oltre la storia come egli l'intende.
Vi è un tempo senza tempo che si è fatto eterno in Cristo e che lo si veda o no, quel tempo esiste già, vi si è immessi, lo si cammina nel tentativo di avvicinarsi alla meta, attimo dopo attimo.

Coltivare il silenzio è il modo migliore per ritagliare nell'anima angoli sempre più vasti di Paradiso, di Luce, di Bellezza.
In questo esercizio di silenzio il mondo cessa poco per volta di soffocare il desiderio e la gioia calma dell'attendere "Colui che E', che era e che viene" (Ap 1,4).
In questa ascetica del silenzio l'anima comincia ad elevarsi oltre: oltre il mondo che fuori continua il suo percorso nella storia, mentre dentro, tutto è metamorfosi.
L'incontro tra l'umano ed il divino che sta per compiersi non è un sezionare le realtà temporali e divine, ma un fondere il tempo e la storia con Colui che le ha create, un rinnovarli, un ritemprarli, per ridonare ad essi qualcosa di quell'originario piano di armonia pensato da sempre e a cui ogni cosa tende.
Se fuori la storia prosegue nel suo vorticoso, incessante cammino, dentro il silenzio raduna le forze centripete del moto del tempo e le converge in Cristo.
La storia prosegue, ma si è alle soglie dell'Eterno.
Si sperimenta allora qualcosa del mistero del Dio Immutabile, ma Infinito.
Qualcosa si assapora della Vita che mai avrà fine.
L'Eternità non è stasi, ma godimento di una Sublimità dalla vastità senza fine, che pur non muta. 
Il senso dell'andare e quello del rimanere si unificano nell'Incontro, in un anticipo di Paradiso.

martedì 19 agosto 2014

PREGHIAMO PER IL PAPA E PER LA SUA FAMIGLIA



In unione di preghiera e vicinanza affettiva stringiamoci attorno al Papa, raggiunto dalla notizia di un incidente stradale in cui hanno perso la vita due suoi pronipotini e la moglie del nipote, quest'ultimo gravemente ferito.

La Vergine Maria consoli e sostenga il Santo Padre ed i suoi familiari; il Signore Gesù accolga le richieste di grazia da lui elevate al Cielo.

Santità, Le siamo vicini!

 

domenica 17 agosto 2014

FEDE DI UNA DONNA CANANEA....E NOI, NE ABBIAMO ALMENO UN GRANELLO? - Riflessioni sulla Parola di oggi


"In quel tempo, partito di là, Gesù si ritirò verso la zona di Tiro e di Sidòne. Ed ecco una donna Cananèa, che veniva da quella regione, si mise a gridare: «Pietà di me, Signore, figlio di Davide! 
Mia figlia è molto tormentata da un demonio». 
Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i suoi discepoli gli si avvicinarono e lo implorarono: 
«Esaudiscila, perché ci viene dietro gridando!». 
Egli rispose: 
«Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israele».
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui, dicendo: «Signore, aiutami!»
Ed egli rispose: «Non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini». 
«È vero, Signore – disse la donna –, eppure i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni».
Allora Gesù le replicò: «Donna, grande è la tua fede!
 Avvenga per te come desideri».
 E da quell’istante sua figlia fu guarita". 
 
Cristo e la Cananea, particolare - Annibale Carracci


Nel Vangelo di oggi (Mt 15, 21-28) Gesù loda una donna pagana: si tratta della cananea, che implora la grazia della guarigione spirituale di sua figlia, tormentata dal demonio.
Siamo davanti ad una pagina ricca di rimandi ad alcune delle parabole narrate dal Maestro, incentrate tutte sul valore e sulla necessità della fede nella vita di un credente.
L' insistenza della cananea ricorda quella della vedova importuna (Mt 18, 1-8): come la vedova sa di trovarsi dinanzi ad un giudice disonesto, che difficilmente le farà giustizia, così la pagana del Vangelo di oggi sa di essere dinanzi al Messia degli Ebrei, i quali ritenevano che la salvezza fosse riservata solo al loro popolo.
Eppure questa donna "insiste" e chiama Gesù "Signore" e "Figlio di Davide"., non semplicemente "maestro" o "profeta".
L'appellativo che viene utilizzato è quello di chi crede in Gesù come Dio, come Messia secondo le attese dei profeti.
Il Signore ricorre ad una fintiva, in cui sembra dare risposte (anche attraverso il silenzio) conformi alle aspettative messianiche del Suo popolo e dei Suoi discepoli presenti.
Vuole mettere alla prova la donna, ma vuole provare anche i discepoli.
Questi ultimi, in un certo senso....ne escono sconfitti: assumendo l'attegiamento del giudice ingiusto, vogliono che Gesù esaudisca la richiesta della donna solo per metterla a tacere.
Non hanno ancora compreso totalmente il "cuore" di Dio e la novità della Buona Novella.
La cananea - al contrario - ne esce vittoriosa e dona la risposta più bella che Gesù vorrebbe sentirSi dire: la Bontà di Dio è così inesauribile e la Sua Onnipotenza così smisurata, che una "briciola" del Suo Amore dirompente è sufficiente per un miracolo...finanche in favore di una pagana.
Ma era poi così pagana, questa donna?
Il suo era un "paganesimo geografico" o realmente ancora "religioso"?

In fin dei conti si rivolge a Gesù, insiste, lo chiama Signore, gli Si prostra innanzi e offre una risposta di "teologia pratica" che rimanda alla Sapienza dell'Antico Testamento e che pone noi tutti con le spalle al muro, di fronte ad una domanda di capitale importanza: quanta fede abbiamo, noi che siamo membra del Corpo di Cristo?

Viene allora in mente il famoso "granello di senape" con cui potremmo spostare le montagne, se la nostra fede fosse pari ad esso (Mt 17,20).
Il seme di senape viene definito da Gesù come il più piccolo tra tutti (Mc 4,31).
Con questa definizione, sembra quasi dirci che lo sforzo richiesto per partire nel cammino spirituale è fssato (perché Dio conosce la debolezza e l'incostanza dell'uomo) al "minimo sindacale": un granello di fede, per lasciarGli operare grandi cose nelle nostre vite.
C'è però un'altra parabola in cui il Signore fa nuovamente ricorso a questa simbologia: 
"Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. 
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell'orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami". (Mt 13,31-32)

Attenzione a non confondere la piccolezza iniziale del seme piantato sul nostro terreno, con la grandezza che deve raggiungere l'albero: anche i discepoli, ad un certo punto, chiedono - quasi percependo questa verità - che il Signore accresca la loro fede.

L'insistenza della Cananea ci può dare una chiave di lettura, in questo senso. 
Riconoscere il dono della fede che è stato seminato in noi è il punto di partenza; insistere nella preghiera e nella lode al Signore è il secondo passo per alimentare il frutto, affinché l'albero della fede divenga sempre più grande e capace di donare ristoro a molti fratelli.

Ora, noi sappiamo, perché ce lo dice la Parola, che "nessuno può dire: «Gesù è Signore!», se non sotto l'azione dello Spirito Santo". (1 Cor 12,3)
La Cananea, che lo sapesse o meno in quel preciso istante, si è lasciata guidare dal Paraclito: mossa da Lui ha raggiunto Gesù e Gli ha parlato con energia; spinta da Lui ha e perseverato, plasmata dalla Sua Forza dirompente si è prostata dinanzi al Signore e non ha avuto timore di insistere ancora, fino ad ottenere la grazia desiderata.
Sostenuta dallo Spirito Santo ha vinto anche la paura di esporsi dinanzi a persone che la consideravano pagana e di farsi giudicare da questi ed anche - magari - da altri suoi compaesani.
E' nello Spirito che la cananea ha riconosciuto la Presenza Viva di Dio, l'ha invocata, l'ha "adorata" e si è lasciata alle spalle tutti quei pesanti fardelli che sono spessi rappresentati dalla paura del mondo e del suo giudizio.

Il Vangelo di oggi allora, contiene un invito nascosto: affidiamoci allo Spirito Santo affinché Lui ci aiuti a perseverare nella fede e ad accrescere in noi questa virtù.


Scrive Mons. Guido Marini in "O Trinità che adoro" (pp. 148-149):

"Sia che ci pensiamo, sia che non ci pensiamo, mi pare che sia bello diventare sempre più consapevoli della presenza dello Spirito quale forza che ci trascina, che ci è amica, alla quale dobbiamo continuamente ricorrere, soprattutto quando gli eroismi sono difficili, quando essere fedeli a certi impegni è faticoso, quando la strada non appare più pianeggiante ma aspra e ardua.
In tutto questo non dobbiamo contare sulle nostre forze: c'è un'altra forza sulla quale contare ed è quella dello Spirito.
Lo Spirito si manifesta a noi come vento impetuoso e dirompente quando da' alla nostra vita, alla nostra testimonianza, la forza del convincimento e della persuasione; quando da' all'annuncio la capacità di vincere sull'indifferenza e sull'incredulità.
Lo Spirito infonde il coraggio e l'audacia nel cuore del credente.
Tertulliano, quando parla dei cristiani che dovevano andare a lottare con le belve nell'arena, dice che erano allenati dallo Spirito, cioè chiama lo Spirito *allenatore dei martiri*.
Siamo interpellati anche noi, perché le belve sono di tanti generi: non ci sono soltanto quelle contro cui hanno lottato i primi cristiani, ma ci sono anche quelle non meno pericolose che abitano dentro di noi, con le quali ogni giorno combattiamo.
Di fronte a esse lo Spirito è il nostro grande allenatore.
Come è bello pensare che abbiamo sempre qualcuno che ci fa allenare, che ci aiuta a sviluppare i muscoli interiori per prendere a pugni queste belve presenti nel nostro cuore.
E con lui siamo sicuri di vincere"!

Che Maria Santissima, Sposa dello Spirito Santo, ci aiuti ad affidarci sempre più alle cure di questo "allenatore", per essere colmati dei Suoi doni per affrontare la battaglia da cui dipende la nostra salvezza....e uscirne vittoriosi!



Concludo con una richiesta "speciale".... il dono di una preghiera: quest'oggi il blog festeggia i suoi primi cinque anni di "servizio" nella Vigna del Signore.
Spero di essere stata un piccolo strumento e di continuare ad esserlo, attraverso queste pagine; ringrazio e affido al Signore quanti sono passati (e passano ancora) su questo spazio web.
Cinque anni fa diedi inizio a questa "avventura" con le parole di Papa Benedetto, oggi proseguo con quelle di Papa Francesco: non lasciamoci rubare la speranza!

"La speranza non è ottimismo, non è quella capacità di guardare alle cose con buon animo e andare avanti.
Cos’è la speranza?
E' un rischio. La speranza è una virtù rischiosa, una virtù, come dice san Paolo, di un’ardente aspettativa verso la rivelazione del Figlio di Dio. 
Non è un’illusione. 
Avere speranza significa proprio questo: essere in tensione verso questa rivelazione, verso questa gioia che riempirà la nostra bocca di sorriso".

 (Omelia a Santa Marta, 29 ottobre 2013)

sabato 16 agosto 2014

APERTURA DELL'ANNO BICENTENARIO DELLA NASCITA DI DON BOSCO - ESSERE AMICI! -




PREGHIERA A DON BOSCO per il bicentenario


di don Pascual Chavez


Padre e Maestro della gioventù,
San Giovanni Bosco,
docile ai doni dello Spirito
e aperto alle realtà del tuo tempo
sei stato per i giovani,
soprattutto per i piccoli e i poveri,
segno dell'amore e della predilezione di Dio.

Sii nostra guida nel cammino di amicizia
con il Signore Gesù,
in modo che scopriamo in Lui e nel suo Vangelo
il senso della nostra vita
e la fonte della vera felicità.

Aiutaci a rispondere con generosità
alla vocazione che abbiamo ricevuta da Dio,
per essere nella vita quotidiana
costruttori di comunione,
e collaborare con entusiasmo,
in comunione con tutta la Chiesa,
all'edificazione della civiltà dell'amore.

Ottienici la grazia della perseveranza
nel vivere una misura alta di vita cristiana,
secondo lo spirito delle beatitudini;
e fa' che, guidati da Maria Ausiliatrice,
possiamo trovarci un giorno con te
nella grande famiglia del cielo. 

Amen






Inizia ufficialmente l'anno bicentenario della nascita di don Bosco ed è un momento al quale ci siamo avvicinati con un triennio di preparazione che ci ha permesso di riscoprire o scoprire qualcosa della storia, della pedagogia e della spiritualità del santo.
Lo scopo - ce lo disse l'allora Rettor Maggiore don Chavez - non era fare un ripasso culturale o solo esercizio di memoria, bensì  riattuliazzare la vita, i metodi, la spiritualità di questo nostro santo, per renderlo sempre e di nuovo un modello per le sfide materiali ed interiori del nostro tempo.

Al termine di questi tre anni ed ora che si avviano i festeggiamenti in preparazione del 2015, mi chiedevo: come vivere personalmente questi 12 mesi, cosa cercare di trasmettere anche qui, su questo spazio?
Mi è balenata in mente una frase di don Bosco che mi ripeto spesso: "Fa' che tutti quelli con cui parli, diventino tuoi amici".
Don Bosco ha puntato molto (direi tutto...) sull'amicizia cristiana: partendo dall'Amico Gesù ha saputo tracciare rapporti di amicizia con tutti quelli che ha incontrato o ci ha provato, comportanosi sempre da amico, anche quando qualcuno gli ha voltato le spalle.
Don Bosco ci chiama oggi ad essere suoi amici: sentirci interpellati dal bicentenario è conoscerlo per volergli bene e per sentirsi ancora amati da lui, proprio da lui che sapeva trattare con amorevolezza ciascuno dei suoi ragazzi, ogni persona che incontrava.
Intrecciare o rinnovare l'amicizia con San Giovanni Bosco è intrecciare e rinnovare l'amicizia con Colui al quale questa amicizia vuole condurci: Gesù, il migliore degli amici.
Scriveva il santo:
"Udite cosa dice il Signore: - Chi cammina col virtuoso sarà anche lui virtuoso.
L'amico degli stolti diventerà loro somigliante.  Guardati dal cattivo compagno come dalla faccia di un serpente velenoso. -

Insomma, se camminerete coi buoni, io vi assicuro che andrete coi buoni in Paradiso.
Al contrario, frequentando compagni perversi, vi pervertirete anche voi, col pericolo di perdere irreparabilmente l'anima vostra
".

Approfittiamo dell'anno bicentenario per stare ancora di più in compagnia di don Bosco, di questo amico buono e virtuoso che ha a cuore la salvezza delle nostre anime.
E, imitando proprio le sue parole, proviamo a vivere come lui: circondiamoci di amici che siano fidati, buoni e pieni di virtù per crescere con loro; proviamo a dare sempre un buon esempio, un buon consiglio, una buona parola a quelli che sono ancora zoppicanti, affinché questo nostro "farci vicini", li renda poco alla volta meno traballanti.
Don Bosco stesso agì così per tutta la sua vita: fin da piccolo offrì la sua compagnia ai più monelli, per distoglierli dalle loro marachelle; da sacerdote si spese per i ragazzi più disagiati e più scapestrati, per riportarli al bene; si circondò di amici spirituali con i quali intrecciare un rapporto amicale più profondo, e che sapessero condividere con lui il grande dono della fede e spesso anche della vocazione.

Don Bosco ci sia vicino in questi dodici mesi in cui tenteremo di dare un rinnovato valore alla parola AMICIZIA!
AMICIZIA CON LUI, AMICIZIA CON DIO, COLUI CHE "CI HA AMATI PER PRIMO"!

BUON ANNO BICENTENARIO A TUTTA LA FAMIGLIA SALESIANA e a tutti gli amici di don Bosco e di questo blog!

Potete seguire in differita streaming (alle 18:00) la Celebrazione Eucaristica di oggi a Colle don Bosco sul sito di missionidonboscotv ed anche su Telepace.

venerdì 15 agosto 2014

SOLENNITA' DI MARIA ASSUNTA IN CIELO - Caricarci dell'Amore, come Maria!




O Dio onnipotente ed eterno, 


che hai innalzato alla gloria del cielo


 in corpo e anima l'immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, 


fa' che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, 


per condividere la sua stessa gloria. 


 


AMEN


Maria Assunta in Cielo - Oratorio di N.S. Assunta, Portofino (Ge)
L'iconografia ci presenta sempre Maria assunta in Cielo con le braccia spalancate, tese verso l'alto.
Non è più la Vergine che stringe a sè Gesù Bambino; non più l'Addolorata che accolga il Corpo morto del Figlio.

Ora Maria ci parla e ci lascia un compito, dicendo a ciascuno di noi:


"Prendi tu in braccio mio Figlio.
Caricati dell'Amore".

      "Il mio gioco è soave e il mio carico leggero" (Mt 11,30) - leggiamo nel Vangelo.
Queste parole ce le rivolge il Figlio di Maria.


Possiamo rispondere alla richiesta di Maria vivendo come Lei, che dall'inizio alla fine ha portato in braccio Suo Figlio; che sempre si è caricata dell'Amore, di questo carico leggero...in un legame (giogo) soave, perché è quello che unisce a Dio.
La vita di Maria possiamo rappresentarla come racchiusa tra due abbracci: quello al Figlio Bambino e quello al Figlio morto, il Cui Corpo viene nuovamente accolto tra le braccia della Madre.
Guardando al Santo Rosario, in cui con Maria meditiamo e contempliamo la vita di Gesù, troviamo la risposta all'invito che oggi l'Assunta ci rivolge:

  • Carichiamoci dell'Amore gioioso che riviviamo nei misteri gaudiosi, riconoscendo però che ogni gioia di questa terra nasconde delle spine, come fu per Maria nella povertà della grotta in cui nacque Cristo o alle parole di Simeone nel Tempio;
  • carichiamoci dell'Amore luminoso che è quello che riceviamo da Dio quando Egli ci rivela qualcosa di Sè e della Sua Bellezza;
  • carichiamoci dell'Amore doloroso che tale diventa quando la Croce attraversa la nostra vita ora per le sofferenze fisiche, ora morali ora spirituali.
Allora sarà preparato per noi - in Cielo - quell'Amore Glorioso di cui saremo capaci quando, liberi dal peso di questo corpo mortale, saremo rivestiti d'incorruttibilità (cfr 1 Cor 15, 51- 54) e la morte non avrà più potere su di noi.
Saremo capaci di amare in modo nuovo, senza più ombra di dolore, nella pienezza della Vita.
Come Maria ha amato già in terra, come ora ama in Cielo.

BUONA SOLENNITA' A TUTTI!

giovedì 14 agosto 2014

NOVENA A MARIA ASSUNTA - NONO GIORNO - Trasfigurare il pedono per fare di un atto umano, un gesto divino!


O Dio onnipotente ed eterno,
che hai innalzato alla gloria del cielo
 in corpo e anima l'immacolata Vergine Maria, madre di Cristo tuo Figlio, 
fa' che viviamo in questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni, 
per condividere la sua stessa gloria. 
 
AMEN
 
(Murillo, Assunta)

L'invito che risuona fortemente nel Vangelo di oggi è quello al perdono, che Gesù sottolinea sia nella risposta data a Pietro (occorre perdonare "settanta volte sette", cioè....sempre!) sia nella parabola da Lui proposta, quella del "servo spietato").
Anche la memoria liturgica odierna - S.Massimiliano Maria Kolbe - ci indirizza in questo senso: questo sacerdote francescano si offrì come "vittima" nel campo di Aushwitz prendendo il posto di un padre di famiglia e morì senza odiare i suoi persecutori, ma dimostrando la sua identità sacerdotale ed il suo amore a Maria Immacolata in un esempio di alta eroicità.

Cosa si può dire, rapportando tutto questo all'ultimo giorno della novena a Maria Assunta in Cielo?
Il primo pensiero che mi viene in mente è che occorre saper "trasfigurare" la capacità di perdonare, proprio come ha fatto Maria, per giungere a quella "comunione" che ci sarà in Paradiso tra i santi.
Il perdono non va ridotto ad una questione di sola filantropia, o di sola pace sociale.
Il perdono è qualcosa che ci lega all'essere di Dio: Dio è Amore capace di perdono infinito, e tale deve essere anche l'uomo.
Nel Vangelo di oggi c'è una Parola di Gesù che evidenzia questo legame tra il perdono umano ed il perdono divino: "Se non perdonerete di cuore al vostro fratello".
Nella Bibbia il cuore assume un significato simbolico: riassume, rappresenta l'intera persona e la sua capacità di amare.
Sarà così anche per il Cuore di Cristo: in quel Cuore noi onoriamo, veneriamo, adoriamo tutto Gesù, Dio e Uomo, e in Esso vediamo l'Amore infinito di Dio per noi.

Ecco cosa ci chiede oggi Gesù: perdoniamo con tutta la nostra persona, perdoniamo coniugando mente e cuore, perdoniamo con Amore e per Amore.
Perdoniamo "come Dio ha perdonato a noi, in Cristo" (Ef 4,32)!

Maria Assunta ci insegna che è possibile: la sua capacità di fare del perdono umano un riflesso del perdono divino, nella speranza di ritrovarci tutti in Cielo, ha fatto sì che Lei potesse perdonare anche i crocifissori del Figlio.
Quelli storici, quelli di ogni tempo che Lo hanno caricato di peccati.
La sua capacità di trasfigurare il perdono è stata tale da farle accettare l'alto incarico di Madre di tutti gli uomini, incarico che continua a mantenere e che manterrà per sempre, per l'eternità.

Alla fine della vita saremo giudicati sull'amore!
Amiamo come Maria: guardiamo al di là dei torti subiti, guardiamo al di là delle sofferenze che ci vengono inflitte, guardiamo al di là del perdono come atto solo umano e facciamo di esso un atto di amore...un atto divino!