PER ARRIVARE ALLA SANTITÀ
La ragione
La Famiglia Salesiana quest'anno è invitata a riflettere sul tema «Maestro, dove abiti? Con te o senza te non è la stessa cosa». Tema affascinante per ogni cristiano, perché porta alla ribalta l'argomento della sequela di Cristo: l'essenza dell'essere cristiani.
Don Bosco ha scoperto dove dimora Dio.
E ha dimorato con Lui.
Ma per arrivare alla santità, l'eterno abitare nella casa di Dio, tre sono i mezzi indicati da don Bosco: la ragione, la religione, l'amorevolezza.
PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO
O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare
Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso.
Amen.
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È noto che il metodo educativo di don Bosco si fonda su tre pilastri: ragione, religione, amorevolezza, ma questi sono anche i tre mezzi attraverso cui egli mira allo sviluppo integrale della persona e, quindi, oltre alla formazione dell'«onesto cittadino», pure al raggiungimento della santità, intesa come piena maturazione spirituale dell'uomo, sua realizzazione totale e definitiva.
Ragione, religione e amorevolezza possono dunque considerarsi come «i fattori del progresso nella ricerca di Dio» [1], nella risposta alla domanda «Maestro, dove abiti?». «La ragione assumeva un aspetto di primo piano nella sua pedagogia religiosa e, per ciò stesso, nell'insieme della sua spiritualità. Con questo termine, egli designava, in un linguaggio spesso impreciso, la capacità umana di giudicare e di riflettere. L'educatore, raffigurato nel trattato sul metodo preventivo e in diverse sue lettere, fa appello alla ragione dell'allievo, perché gli spiega il regolamento della sua istituzione, gli prodiga i suoi consigli e giustifica i suoi rimproveri. Quando l'impetuoso Michele Magone, dopo aver separato alcuni ragazzi che si picchiavano, esclamava: "Noi siamo ragionevoli, dunque in noi deve comandare la ragione e non la forza", non faceva altro che ripetere Don Bosco. Questi, in materia religiosa, non ammaliava sistematicamente i suoi giovani; preferiva svelar loro quello che Dio, per mezzo suo, attendeva da essi: la formazione di Domenico Savio è tipica al riguardo. Il suo spirito lo portava, a volte, a dissertare su punti di morale o di ascetica, a presentare degli esempi edificanti, ma non a indugiare sulle speculazioni dogmatiche. Egli ha praticato, per tutta la vita, la lezione ricevuta, lo sappiamo, nella notte del sogno dei nove anni: "Mettiti adunque immediatamente a far loro un'istruzione sulla bruttezza del peccato e sulla preziosità della virtù". D'altra parte, un apostolo del XIX secolo non aveva che da lasciarsi trasportare per agire a quel modo. Le sue cognizioni hanno risentito dello spirito moralista dell'epoca che il convitto aveva ulteriormente sviluppato in lui. Egli però era certamente capace di ragionare sulle proprie convinzioni. Malgrado certe frasi che bisognerà star attenti a non esagerare — ad esempio: "Fede e preghiera, ecco le nostre armi e i nostri sostegni" — egli non aveva assolutamente nulla di un fideista. Alcuni suoi opuscoli contengono anche piccole gare dialettiche sui problemi controversi tra cattolici e riformati: la Chiesa visibile, i sacramenti, il purgatorio, le reliquie o il culto di Maria Vergine. Le ragioni vi sono spulciate una dopo l'altra. Il cattolico attacca, fa delle concessioni marginali, discute l'essenziale e infine conclude con sicurezza, forte di un ragionamento che smonta o convince il proprio avversario. Nel 1870, il nostro apologista non ebbe certamente nessuna difficoltà ad accogliere le lezioni del primo Concilio Vaticano sul compito attivo della ragione nell'ordine delle verità soprannaturali. Al di là della fede comune, gli sembrava che gli sviluppi della santità dovessero articolarsi su una conoscenza sempre più approfondita della dottrina cristiana. Alcune frasi contenute nella sua biografia di Domenico Savio, rimaste intatte nelle successive edizioni, sono chiarissime al riguardo: "Udendo qualcosa che non avesse ben inteso, tosto facevasi a dimandarne la spiegazione. Di qui ebbe cominciamento quell'esemplare tenore di vita, quel continuo progredire di virtù in virtù, quell'esattezza nell'adempimento de' suoi doveri, oltre cui difficilmente si può andare"» [2].
NOTE
[1] Francis Desramaut, Don Bosco e la vita spirituale, Elledici, 1967, p. 62.
[2] Ibidem, pp. 63-64.
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