MARIA AUSILIATRICE
DONNA MISERICORDIOSA
Perdonare le offese
L'Anno Santo della Misericordia diventa occasione propizia per riflettere su Maria Ausiliatrice quale Madre di misericordia: proprio perché misericordiosa ella si fa aiuto dell'uomo. Così è possibile parlare della Vergine in correlazione alle opere di misericordia, in una mirabile sintesi di gesti e parole concrete che il Vangelo ci ha tramandato, e analizzando i loro significati simbolici e spirituali.
(composta da San Giovanni Bosco)
O Maria, Vergine potente,
Tu grande e illustre difesa della Chiesa,
Tu aiuto mirabile dei cristiani,
Tu terribile come esercito schierato a battaglia,
Tu, che hai distrutto da sola
tutti gli errori del mondo,
Tu, nelle angustie, nelle lotte, nelle necessità
difendici dal nemico
e nell'ora della morte
accoglici nei gaudii eterni.
AMEN
«Trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. E tutti quelli che l'udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro».
(Lc 2, 43-50)
COMPRENDERE, PRIMA CHE "PUNIRE"
Gesù si smarrisce nel Tempio quando è ancora un fanciullo. Su un piano puramente formale, esteriore, la sua è una disobbedienza ai propri genitori, i quali partono per far rientro a casa senza essere stati avvisati del "cambio di programma" che il loro figlio aveva progettato. Se, per un attimo, si provasse a trasportare la scena ai giorni nostri, immaginando che il quadro descritto fosse quello di un pellegrinaggio in un grande santuario, affollato di gente proveniente da ogni dove, collocato in un contesto rumoroso in cui è finanche difficile sentire lo squillo di un cellulare, sarebbe ancora più facile immaginare lo smarrimento, il turbamento degli ignari genitori, nel rendersi conto di non sapere che fine abbia fatto il proprio figlio.
Sarebbe altrettanto facile ipotizzare, assieme a questo sentimento, anche quello del sentirsi sconcertati per la disobbedienza, l'inconscienza di un figlio che decide di fare di testa sua.
Nel caso di Gesù - ovviamente, ma è bene dirlo a scanso di equivoci - non si tratta di incoscienza, e neppure di vera disobbedienza. Egli agisce per obbedire al Padre suo, quello celeste. Ma Giuseppe e Maria, genitori veri (seppure, nel caso di Giuseppe, non carnalmente), che piano piano stanno entrando sempre più nel mistero di questo figlio che è stato loro "donato", provano un'angoscia reale, perché non hanno ancora compreso totalmente il grande progetto di Dio sul Gesù incarnato, sul Gesù vero uomo. Le parole della madre possono allora apparire come un rimprovero. Un rimprovero giusto, sacrosanto, materno, nel senso che esso esprime tutta la premura, la sofferenza, ma anche il ruolo educativo dei genitori, la loro responsabilità nel dare delle regole al proprio figlio. Regole che, in questo caso, non sono state rispettate. Ma il modo in cui Maria pone il suo quesito esprime una certa dolcezza, che sembra quasi eclissare la natura stessa del rimprovero in sé. Sembra prevalere la gioia di aver ritrovato il figlio. Maria non è "risentita" per l'accaduto, per quanto esso rappresenti una ferita per il suo cuore, ma ella vuole comprenderne le ragioni. Maria si presenta così come madre che vuole educare cercando di comprendere, instaurando un dialogo. È una donna di modernità assoluta, da questo punto di vista. Maria è così il modello della madre che vuole "parlare" con il proprio figlio; una donna che non vuole innestarsi sul metodo del semplice elenco di rimbrotti o di punizioni; una donna che non si "offende" per la disobbedienza, ma che cerca di addentrarsi nelle motivazioni profonde di esse, certa che la persona che ha dinanzi, per quanto ancora sia solo un fanciullo, è, appunto, una persona, con sentimenti, idee, intelligenza. Una persona da capire, più che da - o prima che semplicemente - "punire".
Imparare a "perdonare"
L'atteggiamento di Maria al momento del ritrovamento di Gesù può diventare un esempio per la vita familiare. Maria, in senso lato, è modello di "perdono" per chi convive quotidianamente con persone amate, ma dotate di pregi e difetti - come chiunque - e quindi da cui, non di rado, si viene (anche involontariamente) feriti, delusi, offesi.
La Madonna non solo insegna a perdonare, ma a saper andare oltre un perdono puramente esteriore. Perdono, alla scuola di Maria, significa capacità di mantenere il dialogo con l'altro anche quando il risentimento e l'amor proprio tenterebbero di interromperlo; perdono implica la necessità fondamentale di non limitarsi alle parole superficiali, ma a quelle che vanno in profondità, per provare a capire le motivazioni che hanno determinato le scelte altrui, e così facendo poter valutare se il coniuge, un figlio, un parente, vivano un disagio che possa essere dettato - anche solo marginalmente - dai comportamenti, da una mancanza, da una disattenzione della stessa persona offesa o, come in tanti casi accade, semplicemente dall'incomprensione. Solo nel perdono che si alimenta anche di un dialogo "cuore a cuore" è possibile offrire un aiuto concreto all'altro, quell'aiuto che rende possibile mantenere, ricostruire, rinsaldare le relazioni umane, nello spirito dell'amicizia fraterna, della pace, nello stile della carità di Gesù, quello stile che anche Maria ha vissuto.
Sarebbe altrettanto facile ipotizzare, assieme a questo sentimento, anche quello del sentirsi sconcertati per la disobbedienza, l'inconscienza di un figlio che decide di fare di testa sua.
Nel caso di Gesù - ovviamente, ma è bene dirlo a scanso di equivoci - non si tratta di incoscienza, e neppure di vera disobbedienza. Egli agisce per obbedire al Padre suo, quello celeste. Ma Giuseppe e Maria, genitori veri (seppure, nel caso di Giuseppe, non carnalmente), che piano piano stanno entrando sempre più nel mistero di questo figlio che è stato loro "donato", provano un'angoscia reale, perché non hanno ancora compreso totalmente il grande progetto di Dio sul Gesù incarnato, sul Gesù vero uomo. Le parole della madre possono allora apparire come un rimprovero. Un rimprovero giusto, sacrosanto, materno, nel senso che esso esprime tutta la premura, la sofferenza, ma anche il ruolo educativo dei genitori, la loro responsabilità nel dare delle regole al proprio figlio. Regole che, in questo caso, non sono state rispettate. Ma il modo in cui Maria pone il suo quesito esprime una certa dolcezza, che sembra quasi eclissare la natura stessa del rimprovero in sé. Sembra prevalere la gioia di aver ritrovato il figlio. Maria non è "risentita" per l'accaduto, per quanto esso rappresenti una ferita per il suo cuore, ma ella vuole comprenderne le ragioni. Maria si presenta così come madre che vuole educare cercando di comprendere, instaurando un dialogo. È una donna di modernità assoluta, da questo punto di vista. Maria è così il modello della madre che vuole "parlare" con il proprio figlio; una donna che non vuole innestarsi sul metodo del semplice elenco di rimbrotti o di punizioni; una donna che non si "offende" per la disobbedienza, ma che cerca di addentrarsi nelle motivazioni profonde di esse, certa che la persona che ha dinanzi, per quanto ancora sia solo un fanciullo, è, appunto, una persona, con sentimenti, idee, intelligenza. Una persona da capire, più che da - o prima che semplicemente - "punire".
Imparare a "perdonare"
L'atteggiamento di Maria al momento del ritrovamento di Gesù può diventare un esempio per la vita familiare. Maria, in senso lato, è modello di "perdono" per chi convive quotidianamente con persone amate, ma dotate di pregi e difetti - come chiunque - e quindi da cui, non di rado, si viene (anche involontariamente) feriti, delusi, offesi.
La Madonna non solo insegna a perdonare, ma a saper andare oltre un perdono puramente esteriore. Perdono, alla scuola di Maria, significa capacità di mantenere il dialogo con l'altro anche quando il risentimento e l'amor proprio tenterebbero di interromperlo; perdono implica la necessità fondamentale di non limitarsi alle parole superficiali, ma a quelle che vanno in profondità, per provare a capire le motivazioni che hanno determinato le scelte altrui, e così facendo poter valutare se il coniuge, un figlio, un parente, vivano un disagio che possa essere dettato - anche solo marginalmente - dai comportamenti, da una mancanza, da una disattenzione della stessa persona offesa o, come in tanti casi accade, semplicemente dall'incomprensione. Solo nel perdono che si alimenta anche di un dialogo "cuore a cuore" è possibile offrire un aiuto concreto all'altro, quell'aiuto che rende possibile mantenere, ricostruire, rinsaldare le relazioni umane, nello spirito dell'amicizia fraterna, della pace, nello stile della carità di Gesù, quello stile che anche Maria ha vissuto.
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