domenica 8 giugno 2014

LO SPIRITO SANTO E' LA FORZA DEL PERDONO!


Il Vangelo di oggi (Gv 20,19-23) - Solennità di Pentecoste - mi colpisce per le parole che Gesù proferisce:
"Ricevete lo Spirito Santo. 
A coloro a cui perdonerete i peccati, 
saranno perdonati;
 a coloro a cui non perdonerete, 
non saranno perdonati"
 
Immagine dal sito catholictradition

Sono le parole con cui Cristo istituisce il Sacramento della Confessiome, dando  ai Suoi ministri - gli apostoli e i discepoli che sarebbero poi stati ordinati per il ministero - di riconciliare l'uomo con Dio nel "tribunale della Misericordia".

Se però si pensa al momento in cui Gesù "soffia", alita lo Spirito di Vita, ci si rende conto della presenza donne e quindi Maria Santissima: allora è possibile rileggere in termini anche differenti le Sue parole, traendone un ulteriore spunto di riflessione, un insegnamento spirituale adatto anche a quanti godono del semplice sacerdozio comune.
In primo luogo, guardando alla figura di Maria, che non è investita di alcun ministero sacerdotale, il ricevere lo Spirito Santo fa portare lo sguardo su quella "partecipazione" al mistero della Salvezza che da lei viene vissuto in modo del tutto particolare, essendo la Madre del Verbo Incarnato.
Come lo Spirito Santo viene "associato" all'istituzione del Sacramento della Riconciliazione per i ministri istituiti, così, in Maria, in un certo qual modo, va a "completare" il mistero della Redenzione che passa attraverso l'Incarnazione del Figlio di Dio nel suo grembo verginale.
Scriveva Giovanni Paolo II, nella Dives in Misericordia, n.9:

"Maria è  colei che, in modo particolare ed eccezionale - come nessun altro -, ha sperimentato la misericordia e al tempo stesso, sempre in modo eccezionale, ha reso possibile col sacrificio del cuore la propria partecipazione alla rivelazione della misericordia divina. 
Nessuno ha sperimentato, al pari della Madre del Crocifisso, il mistero della croce, lo sconvolgente incontro della trascendente giustizia divina con l'amore: quel «bacio» dato dalla misericordia alla giustizia. 
Nessuno al pari di lei, Maria, ha accolto col cuore quel mistero: quella dimensione veramente divina della redenzione che ebbe attuazione sul Calvario mediante la morte del Figlio, insieme al sacrificio del suo cuore di madre, insieme al suo definitivo «fiat».
Maria quindi è colei che conosce più a fondo il mistero della misericordia divina. 
Ne sa il prezzo, e sa quanto esso sia grande. 
In questo senso la chiamano anche Madre della misericordia: Madonna della misericordia o Madre della divina misericordia; in ciascuno di questi titoli c'è un profondo significato teologico, perché essi esprimono la particolare preparazione della sua anima, di tutta la sua personalità, nel saper vedere, attraverso i complessi avvenimenti di Israele prima, e di ogni uomo e dell'umanità intera poi, quella misericordia di cui «di generazione in generazione» si diviene partecipi secondo l'eterno disegno della SS. Trinità.
I suddetti titoli che attribuiamo alla Madre di Dio parlano però soprattutto di lei come della Madre del Crocifisso e del Risorto; come di colei che, avendo sperimentato la misericordia in modo eccezionale, «merita» in egual modo tale misericordia lungo l'intera sua vita terrena e, particolarmente, ai piedi della croce del Figlio; ed infìne, come di colei che, attraverso la partecipazione nascosta e al tempo stesso incomparabile alla missione messianica del suo Figlio, è stata chiamata in modo speciale ad avvicinare agli uomini quell'amore che egli era venuto a rivelare: amore che trova la più concreta espressione nei riguardi di coloro che soffrono, dei poveri, di coloro che son privi della propria libertà, dei non vedenti, degli oppressi e dei peccatori, cosi come ne parlò Cristo secondo la profezia di Isaia, prima nella sinagoga di Nazaret e poi in risposta alla richiesta degli inviati di Giovanni Battista.
Questo amore «misericordioso» in lei e per mezzo di leinon cessa di rivelarsi nella storia della Chiesa e dell'umanità. 
Tale rivelazione è specialmente fruttuosa, perché si fonda, nella Madre di Dio, sul singolare tatto del suo cuore materno, sulla sua particolare sensibilità, sulla sua particolare idoneità a raggiungere tutti coloro che accettano più facilmente l'amore misericordioso da parte di una madre. 
Questo è uno dei grandi e vivificanti misteri del cristianesimo, tanto strettamente connesso con il mistero dell'incarnazione.
«Questa maternità di Maria nell'economia della grazia perdura senza soste dal momento del consenso fedelmente prestato nell'annunciazione e mantenuto senza esitazioni sotto la croce, fino al perpetuo coronamento di tutti gli eletti. 
Difatti, assunta in cielo non ha deposto questa funzione di salvezza, ma con la sua molteplice intercessione continua a ottenerci le grazie della salute eterna. Con la sua materna carità si prende cura dei fratelli del Figlio suo ancora peregrinanti e posti in mezzo a pericoli e affanni, fino a che non siano condotti nella patria beata»".

I mistici, affermando che "tutte" le grazie giungono a noi attraverso Maria, hanno espresso in quella che è la "teologia dei santi" proprio quanto ebbe a dire San Giovanni Paolo II. Interessanti sono ad esempio le testimonianze di Padre Pio, grande apostolo del confessionale, sul ruolo della Madre Celeste all'interno del "tribunale della Misericordia".
Ma è qui utile sottolineare anche un altro elemento: nel testo del Papa si porta l'accento sulla
maggiore facilità per l'uomo di accogliere l'amore misericordioso di Dio quando esso viene alla creatura per mezzo del cuore della Madre, perché il cuore materno gode di una sensibilità, di un "tocco" particolare, che rende più docili ad accogliere un dono e finanche...una correzione.
Maria è sposa dello Spirito Santo ed è ricolmata di Spirito Santo a Pentecoste: in lei, il dono dell'Amore ha fruttificato pienamente. 
Maria esprime, col suo amore materno, proprio un tratto "particolare" dell'Amore divino.
 
Scrive Mons. Guido Marini:
"Nelle lingue semitiche il termine Ruach, che è il termine con cui viene identificato lo Spirito del Signore, è anche femminile: infatti non lo si traduce soltanto consolatore, ma anche consolatrice.
C'è, dunque, una dimensione materna e femminile nello Spirito di Dio.
Un antico autore dice che lo Spirito, nei nostri confronti, si comporta come una mamma nei confronti del proprio bambino: a un certo momento comincia a ripetere al suo orecchio 'papà, papà, papà', fino a quando il bambino non diventa capace di dire 'papà' con la propria bocca e con la propria voce.
Lo Spirito è questa mamma che, giorno dopo giorno, suggerisce al nostro cuore 'papà, papà, papà', fino a quando non riusciamo a dirlo da soli e dal profondo del cuore, e a vivere e a sentirci davvero figli.
Ecco la funzione materna e feminile che lo Spirito realizza su ciascuno di noi.
Questa dimensione materna la troviamo anche nel momento in cui consideriamo che lo Spirito è colui che dà la vita.
Nel Credo ripetiamo sempre che lo Spirito è Signore e dà la vita." 
(Guido Marini, "O Trinità che adoro" pp. 76,77)

Da queste riflessioni si può allora già dedurre una prima conclusione:
invocare l'assistenza di Maria ed essere coscienti della sua presenza materna al fianco dell'uomo è riconoscere che, attraverso di lei, passa a noi il dono stesso dell'Amore di Dio, quindi dello Spirito Santo, Un Amore che è Misericordioso, un Amore che ha riconciliato l'uomo con la Divinità Una e Trina.

C'è un passo ulteriore da fare: Maria è la Madre della Misericordia non solo perché è Madre di Gesù, ma anche perché Ella stessa è stata misericordiosa con tutti.
Ascoltare le parole di Gesù nel Cenacolo è allora un invito a capovolgere gli schemi umani del pensiero e dell'azione.
L'uomo, da solo, affidato esclusivamente alla sua materialità, corporeità, debolezza, non sarebbe capace di perdono.
E' lo Spirito che dà la capacità di amare perdonando.
Lo Spirito concede all'uomo il dono di vedere nell'altro qualcuno che è ad immagine e somiglianza di Dio, da amare con amore di carità, che comporta il perdono delle offese, dei torti ricevuti.
Lo Spirito Santo dona la fortezza che rende possibile, nell'uomo, questo "eroismo" di amore, questo coraggio di "identificazione" a Cristo che perdona, finanche sulla Croce, i Suoi carnefici.
Vivere fino in fondo il dono del sacerdozio comune è allora anche questo: invocare lo Spirito perché ci plasmi, ci renda sempre più Alter Christi, ci trasformi in uomini e donne capaci dell'amore più grande, dell'amore più donativo, più disinteressato, quello capace di perdonare e di amare oltre il male ricevuto.

BUONA PENTECOSTE A VOI TUTTI!

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