Mi stupisce sempre rileggere e rimeditare il brano evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci (Mc 6,34-44), che la Liturgia della Parola ci ripropone oggi, nel tempo di Natale dopo l'Epifania.
Mi coglie lo stupore perché in questo "miracolo" di divisione e condivisione posso rintracciare nuovi spunti per capire come essere io stessa, come essere "noi" stessi altrettanti miracoli di spartizione e comunione;
mi coglie lo stupore perché vedo ogni volta un po' di più la fiducia che nientemeno Dio ripone in me, in noi, povere e semplici Sue creature, che tutto devono a Lui;
mi coglie lo stupore perché Dio non si accontenta di lasciarci agire e di agire insieme a noi, ma addirittura sa ottenere un "avanzo", un eccesso nel Suo Bilancio di Amore...
L' elemento del Vangelo di oggi che può meravigliare per la sua ricchezza è la parola "compassione": concetto che rimanda -anche proprio in termini linguistici- alla "passione" e si può collegare a tre verbi che ritroviamo al versetto 42, "dare/distribuire/dividere".
Passione significa "intima commozione dell'animo, che può essere anche non dolorosa", "trasporto verso qualcosa";
la compassione è allora un sentimento strettamente legato alla passione. In effetti, la parola compassione si compone del prefisso "com" (con, insieme) e "passione".
Dio prova Passione per l'uomo, Dio si commuove di Amore per la Sua Creatura, Dio è tutto proteso verso l'essere umano...e compatisce con lui, cioè partecipa ad ogni sua gioia e dolore.
Siamo noi, allora, ad avere spesso in mente un concetto errato sia del termine "passione" che di "compassione".
Il vero amore appassionato non è quello sensuale, ma un amore che mi porta ad essere tutto proteso verso l'altro nei suoi svariati bisogni, magari addirittura prevenendoli e mettendo da parte i miei!
La vera compassione non è solo la "pietà" per chi soffre o la condivisione del dolore, perché se la passione è l'essere tutto speso per l'altro, allora questo vuol dire che io "compatisco", cioè sono proteso CON (e non solo verso) l'altro, sia nelle sue gioie che nei suoi dolori, come rammenta San Paolo:
"Rallegratevi con quelli che sono nella gioia, piangete con quelli che sono nel pianto". (Rm 12,15)
Ecco che allora, i tre verbi di "dare/distribuire/dividere", presenti nel Vangelo di oggi, si possono meglio valutare in una dimensione simbolica.
I cinque pani e i due pesci provengono da un ragazzo, da uno della folla (come ci dice la narrazione di Gv 6,9), sono quindi qualcosa che l'uomo mette a disposizione.
Sono però, in realtà, anche un dono che noi stessi abbiamo ricevuto da Dio, "Creatore e Signore del Cielo e della terra", tanto che si può trovare un parallelo con la parabola dei talenti (Mt 25,14-30) in cui ricorrono esattamente gli stessi numeri, con riferimento alle monete fatte fruttare: cinque e due.
Il simbolismo del condividere quanto abbiamo ricevuto da Dio è contenuto in quel "prese i cinque pani e i due pesci e li dava".
E' bellissima la scena di un Dio che vuole agire, lavorare insieme all'uomo: il Signore mette a nostra disposizione la materia prima, noi gliela riconsegniamo, certi che solo la Sua benedizione sul nostro lavoro (spirituale e materiale) potrà renderci capaci di ottenere buoni frutti.
Basti pensare alla scena di Gn 22,17: Dio benedirà Abramo e la sua discendenza sarà numerosa....
ecco il valore dell'essere benedetti da Dio!
Dio ci dona tutto dandosi a noi nel Verbo Incarnato, che patisce e compatisce per e con noi e i frutti della Redenzione sono, in un certo senso, nelle nostre mani.
Se sapremo trafficarli, come talenti preziosi, Dio ci benedirà per il nostro impegno, e li farà fruttificare in noi e a beneficio degli altri.
Noi vedremo crescere, tra le nostre stesse mani, i doni spirituali che abbiamo ricevuto, o quelli materiali...
Pensiamo solo al concetto di "provvidenza": quante volte si sente dire, un po' alla buona, in termini quasi popolari, che chi "fa provvidenza" agli altri, non rimane mai privo di provvidenza per sé stesso?
Dio Si dona, Dio vuole che io mi doni, ma non solo che divida quanto ho, ma che lo "distribuisca".
Dividere, in un certo senso, è quasi un'azione propriamente divina, come richiama la sua etimologia: DIS- "separazione" e "Videre", vedere, in senso di "cercare, trovare".
Dio, con l'Incarnazione, apparentemente si separa dal Cielo, per venire a cercarci sulla terra ed in questo si "divide" fra tutti noi uomini!
Dio, nella Sua Morte in Croce, accetta la divisione dell'anima dal corpo, per donarci la Salvezza....
L'etimologia del verbo distribuire è in parte più ricca e rimanda a quel nostro agire di creature che possono solo donare quanto ricevono da Dio: contiene il suffisso "dis" che vuol dire "divisione" (e quindi rimanda alla donazione di Cristo!) e "tribuere" che significa "dare".
Dio mi chiede di dividere e poi donare anche il poco che ho!
Dio non mi chiede altro che di imitare Lui....
Dio non pretende da me l'impossibile, ma mi invita ad attingere al Suo Sacrificio sulla Croce, in cui Si è dato a tutti, per rendere me capace di farmi "tutto a tutti" (1Cor 9,22)
Questo è spendersi con amore, con l'Amore di Cristo che ci comanda: "AMATEVI GLI UNI GLI ALTRI.... COME IO HO AMATO VOI"...(Gv 15,17)
Questo è spendersi con l'Amore di Cristo Sommo Sacerdote che ...
"Prese il pane
e pronunziata la benedizione,
lo spezzò
e lo diede ai discepoli"
(Mt 26,26)
Grazie per la stupenda e provvidenziale spiegazione!!!
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