2° mistero
La manifestazione di Gesù alle Nozze di Cana
(Le nozze di Cana- particolare di una foto di Robert Fertita)
“Tre giorni dopo, ci fu uno sposalizio a Cana di Galilea e c'era la madre di Gesù.
Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli.
Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: "Non hanno più vino".
E Gesù rispose: "Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora".
La madre dice ai servi: "Fate quello che vi dirà".
Vi erano là sei giare di pietra per la purificazione dei Giudei, contenenti ciascuna due o tre barili.
E Gesù disse loro: "Riempite d'acqua le giare"; e le riempirono fino all'orlo.
Disse loro di nuovo: "Ora attingete e portatene al maestro di tavola". Ed essi gliene portarono.
E come ebbe assaggiato l'acqua diventata vino, il maestro di tavola, che non sapeva di dove venisse (ma lo sapevano i servi che avevano attinto l'acqua), chiamò lo sposo
e gli disse: "Tutti servono da principio il vino buono e, quando sono un pò brilli, quello meno buono; tu invece hai conservato fino ad ora il vino buono".
Così Gesù diede inizio ai suoi miracoli in Cana di Galilea, manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui. (Gv 2, 1-11)
Contempliamo, in questo mistero, l'umiltà di Gesù che, ormai adulto, presta “obbedienza” alla Madre, nonostante la risposta -apparentemente brusca- che le rivolge in principio.
Quel “Che ho da fare con te, o donna?” appare ancora più sorprendente, se riletto nel contesto dell' umilissima e filiale “sottomissione” al comando materno, alla ferma convinzione di Maria Santissima, che neppure per un attimo dubita dell'intervento di Gesù!
Al tempo delle Nozze di Cana, San Giuseppe era probabilmente già morto -non essendo menzionato fra i presenti al banchetto- e quindi, sul piano “umano”, delle convenzioni sociali, Nostro Signore non aveva più un padre al quale prestare obbedienza (la società, all'epoca di Gesù, aveva una struttura patriarcale).
Nonostante ciò, ecco che il Salvatore non si “ribella” all'invito -che è quasi una certezza- di Maria Santissima, anzi, si fa “figlio umile” e accoglie la generosa ed altruista richiesta della Sua Mamma, di venire in soccorso dei bisogni dei neo-sposi.
Non ribatte, mettendo in evidenza la propria “autonomia” di persona adulta, di uomo e, soprattutto, di Figlio di Dio; non sottolinea l'inferiorità (secondo le concezioni del tempo) della donna, ma, al contrario, proprio l'apparente contrasto fra la sua risposta “a parole” e quella coi “fatti”, evidenzia la rottura fra le concezioni tipiche dell'epoca e il pensiero di Dio, manifestato nel Suo Figlio.
Potremmo dire, che quel “Che ho da fare con te, o donna”, appare a questo punto, quasi come una splendida “dichiarazione d'amore” di Gesù alla Vergine Maria!
Pensiamo ad un figlio piccolo, un bambino che non sia capriccioso, ma che agisca sempre con bontà, rispetto verso i genitori e buona educazione con tutti quelli con cui si trovi ad avere a che fare.
Un genitore che, ad una richiesta (lecita, ma non obbligatoriamente da assecondare) del figlio, rispondesse -prima di esaudire la richiesta stessa- con le medesime parole di Gesù, non starebbe dicendo altro che questo: “Cosa devo fare con te? Ti voglio talmente tanto bene, so che sei talmente tanto buono, che non posso non rispondere con altrettanto affetto, al tuo affetto...”!
Invertiamo la situazione....
ed ecco, è proprio questo che Nostro Signore dice a Maria Santissima, nel mistero che meditiamo: “Madre mia, ti voglio così bene, sei così giusta e saggia, qualunque tua richiesta è buona e piena d'amore, che non posso rifiutare di esaudire ciò che mi chiedi, nonostante non sia ancora venuto il tempo di manifestarmi...perché ti voglio infinitamente bene”!
Che il Signore ci ottenga la stessa umiltà amorosa nel rispettare i nostri genitori sempre, non solo quando siamo piccoli e bisognosi di ogni cosa, ma anche quando saremo adulti e autonomi!
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