sabato 27 febbraio 2010

RIFLESSIONI SULLA BELLEZZA. Da Sant'Agostino a San Giovanni della Croce...fino a Benedetto XVI -prima parte-

Interroga la bellezza della terra, interroga la bellezza del mare, interroga la bellezza dell'aria diffusa e soffusa. Interroga la bellezza del cielo, interroga l'ordine delle stelle, interroga il sole che col suo splendore rischiara il giorno; interroga la luna, che col suo chiarore modera le tenebre della notte. Interroga le fiere che si muovono nell'acqua, che camminano sulla terra, che volano nell'aria: anime che si nascondono, corpi che si mostrano; visibile che si fa guidare, invisibile che guida. Interrogali! Tutti ti risponderanno: Guardaci: siamo belli! La loro bellezza li fa conoscere. Questa bellezza mutevole....chi l'ha creata, se non la bellezza immutabile”?

Sant'Agostino affrontava così -nei suoi Discorsi- il tema del bello che eleva l'animo al Signore, origine di tutta la bellezza creata, che contempliamo quotidianamente.
Non andava alla ricerca di questo splendore in cose “particolari”, ma in quanto era già sotto i suoi occhi....e che lo era sempre stato, anche nel suo percorso di affannosa ricerca della Verità attraverso le spiagge della non-verità.
Agostino ci invita -ancora oggi- a contemplare la natura -nella sua interezza- con l'occhio indagatore di chi non si soffermi semplicemente sull'esteriorità di ciò che vede. Occorre infatti distinguere fra “vedere” e “guardare”, perché -seppur verbi apparentemente simili- i significati e le azioni che li animano, sono ben diversi.
Vedere è a volte un atto superficiale: “ti ho visto” , “ho visto che c'eri anche tu”, ma ti ho “contemplato” nel tuo significato? Ti ho veramente guardato, osservato? Ho cercato di scoprire quello che nascondi dietro la tua apparenza “esteriore” e materiale?
Siamo nell'epoca del “fast-food”, del “già cotto, solo da scaldare”, il nostro è il tempo in cui i libri si ascoltano con l'i-pod, in versione e-book, perché leggere costa “fatica e tempo”.
Le relazioni interpersonali si bruciano in fretta in quanto manca il desiderio e la pazienza di conoscersi in un percorso a tempo indeterminato, che richiede indubbiamente un costante lavorio su sé stessi, ma che regala anche la sorpresa di un rapporto (d'amicizia, d'amore, di parentela) che si rinnovi giorno dopo giorno.
Mordi e fuggi. E alla fine resta il vuoto. Il vuoto della non conoscenza, dello spreco della bellezza che -gratuitamente- ci è stata data in dono da Dio.
A cominciare dalla bellezza della vita, che al di là di ogni nostro stato e condizione, diventa il motore che aziona un percorso esistenziale verso l'eternità, in un flusso di conoscenze, riflessioni, scoperte che ci arricchiscono sempre e comunque.
Lessi una volta che anche le sofferenze più grandi hanno un balsamo a portata di tutti: la bellezza del Creato che rimane sempre sotto i nostri sensi, che si offre a noi in qualunque tempo, stagione, dolore o felicità.
Ma la fretta che rosicchia ogni nostra azione, trascinandola nel vortice de “il tempo è denaro”, “non ho tempo”, “ora non posso”, rischia di farcelo dimenticare.
Di farci scordare che il bello non sia qui per caso, ma abbia un senso, nasconda un significato più profondo di un'estetica puramente superficiale. E' qui per me, ora, per farmi capire qualcosa. Per farmi conoscere me stesso, prima di tutto nella mia piccolezza davanti alla grandezza di Dio -come dice anche Santa Teresa d'Avila- e soprattutto per farmi AMARE Dio nel e attraverso il bello che osservo.
San Giovanni della Croce -carmelitano, mistico spagnolo come la sua contemporanea Teresa- ci offre una lettura affascinante dell'amore per il bello e, soprattutto, un criterio per discernere quando tale gusto per la bellezza venga e sia orientato a Dio, oppure no.
Nella sua “Salita del Monte Carmelo” afferma :“Se la volontà fissa la gioia in qualcuno dei suddetti beni sensibili, pecca di vanità. Ma se essa, appena avverte il gusto di ciò che ode, vede e tocca, si eleva a Dio offrendogli questa gioia, che le serve da motivo e stimolo per tale scopo, fa molto bene. Non solo, dunque, si devono accogliere tali mozioni quando producono devozione e orazione, ma anzi possiamo e dobbiamo servircene, dal momento che favoriscono un così santo esercizio”.
L'arte in tutte le sue forme -specialmente quella del passato e in particolar modo l'arte sacra- ha dimostrato concretamente -materializzandolo- questo importante concetto.
Ho avuto la fortuna di assistere ad alcune funzioni religiose nelle belle e antiche Chiese di Roma. Lo scorso anno, la notte di Pasqua, mi trovavo in Santa Maria Maggiore. Canti, riti, architettura, tutto nel suo insieme contribuiva a infervorarmi di amore per Colui che è il Creatore della bellezza di cui l'uomo -con il suo ingegno e il suo talento- si fa portavoce nelle varie espressioni artistiche, di quella bellezza che, nelle sue diverse forme, quella notte si “riproduceva” davanti a me.
Questo è il vero scopo dell'arte: elevare alla contemplazione di Dio, facendoci scoprire -guardare- la Bellezza che si nasconde dietro il bello.
Tutte le volte che si ascolta musica o altre cose gradevoli, si respirano profumi soavi, si gustano sapori prelibati o si provano tocchi delicati, se immediatamente, al primo stimolo, si dirigono il pensiero e l'affetto a Dio, traendone piacere maggiore che dalla sensazione di cui si gioisce solo perché ne è stata la causa, allora è segno che quei godimenti sensitivi giovano allo spirito e lo elevano”.  
San Giovanni della Croce sa che siamo esseri anche corporali, ma comprende che questo nostro corpo non è un “fine” e al pari non lo sono tutte le cose materiali che ci circondano. Siano esse opere d'arte o semplici oggetti d'uso quotidiano, prodotti della natura, nostre creazioni, tutto è un mezzo per scoprire Dio. Capire questo concetto significa capire il vero scopo della bellezza ed il giusto e corretto modo per “produrre” il bello, a prescindere dall'epoca in cui tale produzione si collochi. Il bello dovrebbe essere eterno, avere -pur nella necessaria sua capacità di adattarsi ai momenti storici- un insieme di canoni che non lo “deturpino”, sotto la finta parvenza di un suo “rinnovamento”. Solo così esso può rimanere un linguaggio universale, astorico....e divino (inteso come modalità attraverso cui Dio ci parla)!


-FINE DELLA PRIMA PARTE- 

4 commenti:

  1. Non vedo l'ora di leggere la seconda parte!!
    Meravigliose considerazioni, arte e spiritualità fuse in simbiosi, così come le citazioni di Teresa e Giovanni!!! Agostino poi, in quel suo "interroga", pare S. Francesco, nel Cantico delle Creature!
    Come la Storia si evolve e nel contempo si ripropone!!! Perché? Perché Dio cammina con noi, non esistendo per Lui passato, presente e futuro, tutti fusi nell'Eternità!!!

    RispondiElimina
  2. Per la seconda parte dovrai aspettare poco:)
    E grazie per l'apprezzamento, anche se io mi sono limitata a riportare il pensiero di alcuni grandi Santi. Hai ragione a vedere delle connessioni tra Agostino e Francesco (i Santi contemplano lo stesso Dio!), ma siccome di lui ho già parlato, stavolta ho preferito dare spazio ad altre voci!
    Un abbraccio e buona Domenica!

    RispondiElimina
  3. Invito alla lettura del libro di Maria Scalisi, La Bellezza in Agostino d'Ippona, poter educare attraverso il bello sensibile al Bello Immutabile, prefazione a cura di Monsignor Lorenzo Dattrino, Aracne Editrice, Roma 2009 isbn 978-88-548-2959-6, formato 17 x 24 cm, 184 pagine, 13 euro
    L'autrice, offre una paziente e veritiera ricostruzione di un’opera perduta dal grande filosofo e teologo Agostino: il De Pulchro et apto (ricca Bibliografia)

    RispondiElimina
  4. Un grazie all'anonimo del 26 giugno, per il suggerimento di lettura :)
    Buona Domenica!

    RispondiElimina