sabato 6 febbraio 2010

Quinto giorno della novena alla Vergine di Lourdes. Il silenzio ci fa ascoltare la voce di Dio

La Signora ti ha parlato?” è la domanda che Fanny Nicolau porge a Bernadette, dopo l'apparizione del 24 febbraio 1858, l'ottava.
La pastorella risponde con queste parole: “Toh, eravate così vicina a me non avete sentito”.
Bernadette parla con la Vergine alla stessa maniera che con le persone e per questo si stupisce di una tale domanda, rivoltale da chi -quel giorno- le stava affianco, sotto la grotta di Massabielle.
Non è tuttavia la prima volta che alla piccola veggente veniva chiesto il contenuto di queste conversazioni tra lei e Maria Santissima, eppure, la risposta è sempre uguale: la pastorella parla con la Madre Celeste senza rendersi conto (e come potrebbe!) che i presenti, non percepiscono altro se non gesti, movimenti di labbra...e nessun suono.
Questo silenzio è tuttavia carico anche di “frutti”: chi è raccolto in preghiera intorno alla veggente capisce, pur non vedendo ciò che lei vede, che lì accade qualcosa, che il Signore si fa vicino e si rimane rapiti a guardare la piccola, a sua volta “rapita”,anche dopo le apparizioni.
Avvicinarci ai Santi, come in questo caso a Bernadette, ci fa intuire quindi una cosa: noi possiamo imparare da loro a fare silenzio, anche a non comprendere, fin da subito, quel loro “a tu per Tu” con Dio, fatto di concetti che all'inizio della nostra amicizia con loro, possono anche apparirci troppo difficili. Ma col passare del tempo cominceremo ad accorgerci che la nostra vicinanza ai Santi sarà per noi motivo di fare silenzio interiore, per “ascoltare” il loro modo di parlare con il Signore, per conoscere Dio stesso, che si rivela loro.
Nei suoi “Appunti intimi”, Bernadette ci ha lasciato questo messaggio: “Silenzio di parole. Se volete sentire la voce di nostro Signore, è nel più profondo silenzio della notte che viene al mondo. Silenzio di memoria, di immaginazione, in una parola, silenzio in tutti i vostri sensi e in questo modo mortificazione continua. Morire a sé stessi per vivere per Dio, tale dev'essere il nostro compito”.
Impariamo a fare silenzio, sull'esempio dei Santi, per ascoltare quell'assaggio di Paradiso che si sprigiona dalla loro vicinanza al Signore!

3 commenti:

  1. Morire a sé stessi per fare spazio a Dio!!
    Credo sia ancor più difficile che l'obbedienza!! Ma è un esercizio che affina lo spirito e avvicina al Signore. Almeno proviamoci!!
    Buona domenica e un grande abbraccio!

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  2. Per me che non ho "superiori" cui obbedire, in parte le due cose coincidono. Morire a me stessa significa obbedire alla voce di Dio che mi chiede di agire come mi dice il Vangelo. E a volte costa molto alla propria natura! Pero' l'aiuto reciproco è cosa che stimola a impegnarsi, anche dopo le cadute. Quindi ti ringrazio, perchè nel tuo impegno ti rendi vicina al mio e viceversa:)

    Un abbraccio e buona Domenica a te!

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  3. Sono d'accordo con Maria: le due cose coincidono. L'obbedienza, fatta qualche eccezione, per chi segue un cammino di fede e l'ha promessa, davanti a Dio, all'Ordine (che dovrebbe esprimere la volontà di Dio) è morire a se stessi, perchè non è solo fare la volontà di un altro è aderire con la propria, annullare la propria in una volontà in cui si legge la volontà di Dio. Morire a se stessi, riconoscersi piccoli, mettere a tacere tutte le voci che ci distolgono dal rapporto da solo a Solo, nel silenzio. Lì dove il Signore ci visita e ci consola.

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