LA STAMPA PUÒ ESSERE CORAGGIOSA?
Il caso Bernard Lévy e il silenzio dei media
I nostri non sono certamente i tempi del perbenismo: non di quello di massa, almeno. Ci si è ormai abituati a sentire, vedere, forse anche dire di tutto, spesso ai limiti della morale, della decenza, del semplice buon gusto. In questa bagarre di “non-senso” comune e di confusioni (verbali, ideologiche, religiose,politiche), sguazza anche il povero “spettatore”, che nello sforzo di capire qualcosa si affida -forse fiduciosamente ed ingenuamente- agli strumenti della comunicazione di massa. Ma nel tentativo di avere una ricostruzione dei fatti rispondente anche ad una scala gerarchica di “importanza” della notizia o del giornalista di turno, si ritrova spesso imbrigliato nel meccanismo del “politicamente-religiosamente-mediaticamente corretto”. O più probabilmente, dello scorretto sotto tutti e tre i punti di vista. In questi ultimi giorni si assiste ad una vera partita di “ping pong” tra testate giornalistiche,talune offuscate dal silenzio del “finto corretto”, le altre, “inceppate”-dal mutismo altrui- nella prova di rilanciare parole forti, coraggiose, relegate nel dietro le quinte di un teatro che, a dispetto dell'altisonante nome, non dà il dovuto spazio alle opere prime.
L'anfiteatro cui mi riferisco è nientemeno che il Corriere della Sera, nella cui edizione di tre giorni fa, l'opera prima di Bernard-Lévy -importante filosofo, scrittore, giornalista- veniva quasi catalogata come semplice “replica”, sbattuta a pagina 14, per dar spazio, in prima, all'interessante e nuova “pièce” sui merluzzi, scritta da Niccolò Ammaniti. Cosa non insolita, ad essere sinceri, considerando che, sul palcoscenico del Corriere, si dia spesso spazio a primi attori e prime attrici come David Beckam e consorte, impegnati nella loro opera di “risollevamento sorti economia italiana”, attraverso la metodologia della “spesa folle”.
Il pezzo di Lévy (riportato anche sulle pagine de L'Osservatore Romano), fosse anche solo per questioni di “importanza” di colui che scrive, avrebbe meritato gli onori della prima pagina (“onore” che di norma gli viene concesso), come tuonano, da Libero e da Panorama, i giornalisti Antonio Socci e Bruno Vespa.
Lévy ha il “coraggio” di analizzare i “pregiudizi” di cui sono vittime due dei personaggi più citati dalla stampa nel “pre-Sinagoga Day”: Benedetto XVI e PIO XII. Non lo fa per interessi religiosi, non è un cristiano a scrivere, bensì “un filosofo ebreo-francese, di cultura laica”, come sottolineato prontamente da Socci. A muoverlo è un'idea di verità. Verità che viene spesso dimenticata da quella stampa, il cui compito sarebbe proprio di riportarla fedelmente -scevra da ogni pregiudizio pur nella diversità dei punti di vista- per rendere il lettore più partecipe e capace di creare il “proprio” mosaico finale in cui ricongiungere i pezzi della storia. Il “prologo” dell'opera prima di Lévy, non è infatti un “Osanna alla religione”(e quindi, visione “di parte”), ma un trillo di sveglia che invita a riprendersi dal torpore della disinformazione, che spesso colpisce -consciamente o inconsciamente- i media. “Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione, non appena si tratta di Benedetto XVI” comincia il testo del filosofo, per poi denunciare l'insistenza -poco deontologica- da parte dei professionisti della comunicazione, su concetti come “Papa tedesco” e altri irrispettosi, oltre che dell' “uomo”, anche della stessa “oggettività” dei fatti. Arrivando, poi alla vera e propria “falsificazione dei testi” pronunciati dal Pontefice, riportati -spesso- dai media, dopo una “sapiente operazione” di tagli e modifiche in grado di sovvertirne il senso. Concetto, quest'ultimo, condiviso anche dal prof. Massimo Introvigne, e da lui ribadito nel corso di una recente conferenza, sul tema “Radici cristiane dell'Europa”,cui ha fatto seguito, proprio per questo motivo, l'invito a conoscere il magistero di Benedetto XVI attraverso i suoi stessi scritti e non tramite quanto riportato -spesso in maniera distorta- dalla stampa e dai media in generale. Il resto del pezzo di Lévy, appare una bomba ad orologeria: dal tema della continuità fra Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, spesso “centrifugata” dal tritacarne mediatico, alla questione Pio XII. Eppure, questa bomba, sembrerebbe, almeno per ora, rimasta inesplosa. Sepolta sotto le macerie del finto “religiosamente corretto” di una stampa che non vuole rompere il tabù di una “propria verità” di comodo, che alimenti le polemiche prima dei grandi eventi, per poi ritornare nel dietro le quinte del falso perbenismo, non appena cali il sipario.
Questi i link diretti agli articoli cui faccio riferimento, e che potete trovare sul preziosissimo blog di Raffaella e sul sito della rivista TRACCE di CL:
Articolo di Bernard-Lévy
L'osservatore Romano riporta le parole di Lévy
Articolo di Antonio Socci
Articolo di Bruno Vespa
Questi i link diretti agli articoli cui faccio riferimento, e che potete trovare sul preziosissimo blog di Raffaella e sul sito della rivista TRACCE di CL:
Articolo di Bernard-Lévy
L'osservatore Romano riporta le parole di Lévy
Articolo di Antonio Socci
Articolo di Bruno Vespa
grazie maria, le tue riflessioni sono sempre belle :)
RispondiEliminagemma
Grazie a te e buona Domenica :)
RispondiEliminaCondivido il parere di Gemma!
RispondiEliminacon un immenso GRAZIE!!!