Sono le parole di Cristo alla Samaritana, incontrata, "attesa" al pozzo di Sichar.
Si sposano con la Parola proclamata quest'oggi nella Liturgia ed in particolar modo con il Santo Vangelo (Mt 25,31-46) .
Si sposano con la Parola proclamata quest'oggi nella Liturgia ed in particolar modo con il Santo Vangelo (Mt 25,31-46) .
Descrivono un incontro che si svolge in una splendida atmosfera di "riservatezza" fra Dio e la Sua creatura.
Una riservatezza che è quasi intimità fra due assetati: il Cristo assetato non solo e non tanto come Uomo, fisicamente arso dalla sete nel meriggio di una calda giornata, ma un Dio che èbrama fin dall'Eternità l' amore della Sua creatura.
Dio aspetta così, a quel pozzo, la donna samaritana.
Non si ferma lì casualmente, non ha "sete" per una semplice circostanza.
Non si ferma lì casualmente, non ha "sete" per una semplice circostanza.
'La samaritana, la "mal vista" per eccellenza dai Giudei è attesa, in quell'ora, in quel momento, vicino a quel pozzo carico di significati.
La samaritana che è anche donna, con un peso sociale inferiore all'uomo, in una realtà fortemente maschilista.
La samaritana che, per giunta, è anche una "poco di buono", passata da un "marito" all'altro, ma che in realtà non ha marito, ma una collezione di uomini nei quali ha proiettato -in maniera sbagliata- il proprio desiderio di essere amata e di amare.
Gesù l'aspetta, come il "povero" che mendica: tale è descritto in uno splendido testo-commento di don Primo Mazzolari.
Gesù l'attende -lontano da occhi indiscreti- per "conquistarla", per farle finalmente comprendere, intuire, percepire, il fascino dell'Unico, Vero, Eterno Amore.
Gesù l'attende -lontano da occhi indiscreti- per "conquistarla", per farle finalmente comprendere, intuire, percepire, il fascino dell'Unico, Vero, Eterno Amore.
"Se tu conoscessi il dono di Dio e chi è che ti dice:
Dammi da bere"!
(Gv 4,10)
Dammi da bere"!
(Gv 4,10)
Scrive don Mazzolari: "La donna non sa.
Io no lo so perché considero il dare a Cristo quasi un togliere a me o ad altri. Mentre in Lui c'è ogni creatura, ed anche una goccia d'acqua data all'ultimo, arriva fino alle Sue labbra".
"In Lui c'è ogni creatura": ecco il punto di conversione, in cui nella carità verso i fratelli, in verità noi ci giriamo verso Dio.
Cristo e i fratelli sono un Corpo unico.
Cristo è il Capo di questo Corpo mistico, che è la Chiesa.
Cristo è il Capo di questo Corpo mistico, che è la Chiesa.
Cristo è Colui che -in quanto Uomo- nella Sua Umanità raccoglie "tutte" le nostre umanità, la fame di ogni creatura, la sete di ogni essere umano.
Il freddo, la malattia, il carcere di cui parla il Vangelo di oggi: tutte esperienze, desideri, sofferenze che Cristo raccoglie, vive, sperimenta in Sè.
Cristo aspetta al pozzo la Samaritana, la donna, l'ultima, la disprezzata, la poco di buono.
Quello stesso Cristo che elogia, nel Vangelo di oggi, i giusti che hanno colmato il desiderio del povero affamato, dello stanco assetato, del barbone nudo, del delinquente carcerato...
Cristo aspetta al pozzo la Samaritana, la donna, l'ultima, la disprezzata, la poco di buono.
Quello stesso Cristo che elogia, nel Vangelo di oggi, i giusti che hanno colmato il desiderio del povero affamato, dello stanco assetato, del barbone nudo, del delinquente carcerato...
Gesù elogia il dare a Lui attraverso il dare ai fratelli.
Dare all'umanità che soffre, perché nell'Umanità terrena e sofferente del Cristo è stata già "vissuta" misticamente, ma anche realmente, concretamente, quella sofferenza di ogni uomo di tutti i tempi.
Il Vangelo odierno offre uno spunto interessante per sottolineare soprattutto il "vantaggio" di donare da cristiani.
Lo si trova nella domanda che i giusti rivolgono al Signore: “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere?
Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito?
Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.
"QUANDO? QUANDO MAI"?
Sembrano domande di chi non conosca il Vangelo, eppure un cristiano lo conosce bene, se conosce LUI!
Mi piace pensare che quel "Quando mai"? raccolga, racchiuda lo stupore di tutti i giusti della terra che non sanno di essere giusti.
Che quella meraviglia interrogativa sia lo scrigno che cela un grande tesoro: il cuore dell'uomo, anche di quello non credente. è pur sempre uno spazio in cui alberga un germe divino, perché tutti gli uomini sono creati a immagine e somiglianza divina.
Molti, allora, possono agire nei confronti del loro prossimo secondo le richieste del Vangelo, anche senza conoscerlo.
Molti, dunque, si sentiranno rivolgere -alla fine dei tempi- le parole di Gesù: "Venite, Benedetti dal Padre mio"!
Per noi, però, l'invito del Cristo è più esigente: Egli non ci chiede di agire sulla base di una semplice compassione "umana", ma "divina".
L'altro è immagine di Dio, l'altro è membro del Corpo Mistico, l'altro è "Carne della Carne" di Dio stesso.
Il bisogno dell'altro è racchiuso nel bisogno di Dio.
E il bisogno di Dio si manifesta nel bisogno dell'altro.
La sete d'Amore di Dio si esprime anche in una "sete" di atti umani.
Agisco verso "il fratello più piccolo" per lenire oggi, quella sete, quella fame, quel freddo, quella sofferenza che Cristo Uomo ha patito duemila anni fa.
Bisogni sintomi di un bisogno più alto, più sublime, più spirituale: fame e sete d'AMORE!
Questo mi mette nelle condizioni di aggiungere un qualcosa alla mia "buona azione".
Non le toglie la difficoltà di essere a volte compiuta vincendo le naturali ripugnanze, la noia, le antipatie.
Le concede però il privilegio di essere una carità tutta soprannaturale, in cui opero come opera Dio: DONANDO, non semplicemente "facendo" qualcosa....
Commenta Mazzolari: "Io ho bisogno di tutto, ma più che delle cose ho bisogno del dono, cioè di quella cosa (ma non è una cosa, pur essendo la più reale delle cose) che accompagna l'offerta.
Io ho bisogno del dono: che un pò d'amore, che tutto l'amore accompagni ciò che mi viene posato sulle mani, sulle labbra e sul cuore.
Il valore vero, il valore umano, ciò che disseta, ciò che placa, ciò che sazia, che riposa, che non umilia il mendicante è il dono.
L'uomo divene sacerdote nel momento in cui dà se stesso nella cosa.
In ogni scambio o si raggiunge questa sacerdotalità che rivela l'amore e fa quasi un sacramento di ogni rapporto umani, o si resta commercianti, condannati al piano economico".
Il nostro sacerdozio comune, quello di laici battezzati è quasi...un'investitura: ci abilita, ci rende ricolmi della Grazia che fa possibile il dono, l'arte del donare.
E' un'investitura che -come base- opera in tutti, finanche nel sacerdozio istituito.
Basti pensare alla parabola del buon Samaritano (Lc 10,29-37) : accanto all'uomo derubato e malmenato dai briganti passa un sacerdote che non si cura di lui;
passa un levitico (e questo elemento non è casuale: solo la tribù di Levi godeva del "privilegio" di poter dare sacerdoti al Signore!) e anche questi lascia il poveretto in mezzo alla strada....
passa infine un Samaritano, il "nemico", il malvisto e opera la carità più bella, ci mette quel qualcosa in più, offre il DONO. IL DONO DI SE', non solo delle cose che servono per fasciare le piaghe dell'uomo picchiato.
Non soltanto i soldi per pagare le cure.
Offre sè stesso nel vincere subito -senza fermarsi neanche a pensare!- la rivalità fra due popoli;
offre sè stesso nel tempo che trascorre con l'altro;
offre sè stesso nel caricarsi sulle spalle il fratello....
Un dono così squisito, così disinteressato, da arrivare fino al superfluo: "ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno".
Anche Gesù si è fatto nostro samaritano, si è reso l'ultimo, il reietto, il condannato, il povero, per farSi avvicinare dall'umanità e ricevere amore.
Per rendere "divina" la carità verso i fratelli Si è fatto Egli stesso "samaritano": il misconosciuto dal Suo stesso popolo, il disprezzato, Colui che incappa nei "briganti" e viene ucciso....
Gesù si è anche avvicinato ai Samaritani di tutti tempi e lo ha fatto ponendoSi accanto agli ultimi, ai peccatori, ai disprezzati.
Potremmo rileggere, nella figura del Samaritano, il simbolo di quanti vengono messi da parte perché "scomodi", perché ammalati o peccatori, ladri o immorali...
Il Samaritano ci mette davanti alla nostra paura di "sporcarci le mani" per fare anche agli ultimi del bene.
Gesù incontra una Samaritana malata d'amore, che si è curata per troppo tempo con gli amori sbagliati : e la guarisce.
I discepoli, rientrando dalle loro commissioni, non capiscono inizialmente il Suo gesto controcorrente, quello di un "Uomo" che parla, da solo, con una donna, samaritana e pure peccatrice!
Gesù incontra Zaccheo e Levi: due pubblicani... e non sono anche loro dei samaritani "simbolici"?
Cosa avviene dopo quell'incontro?
Levi diventa Matteo, uno dei dodici; Zaccheo cambia vita anche lui e promette di rifondere il frutto delle sue ruberie, addirittura con gli interessi!
Cristo salva da lapidazione sicura una prostituta, facendo rimanere in un silenzio -che è ammissione di colpa- la massa benpensante di anziani ebrei che l'accusavano....
Ma se dovessimo andare indietro, fin dal principio della vita di Cristo: che dire di Maria e Giuseppe?
Avranno fatto terra bruciata anche intorno a loro, dopo che Maria rimase incinta per opera dello Spirito Santo.
Avranno parlato -magari più o meno sommessamente- facendo dell'ironia sulla gravidanza della Vergine, perché non conoscevano la Verità... e non volevano aprirsi al Mistero.
Maria e Giuseppe sono stati "resi" samaritani dai loro stessi compaesani!
E andando alla fine, quando sul Golgota finisce l'esistenza terrena di Gesù, ecco che il Figlio dell'Altissimo, condannato alla più infame ed atroce delle morti, accetta di essere crocifisso accanto a due ladroni, a due "veri" derelitti.
La scena finale della parabola "umana" di Dio ci offre l'alternativa fra "samaritanesimo" e "cristianesimo".
Gesù si fa samaritano di entrambi quei due...samaritani della società ebrea.
Uno di loro accetta quel gesto di aiuto, di Amore.
Cambia vita, all'ultimo minuto, su un legno come quello che sorregge anche Gesù.
Si fa "cristiano".
L'altro, nella sua ostinata cattiveria, non accetta l'aiuto del "Buon Samaritano".
Rimane "samaritano" nel senso peggiore: non è escluso dagli altri: si autoesclude, rinuncia all'Amore, alla felicità eterna.
L'alternativa tra "samaritani" e "cristiani" è ancora oggi attuale.
Rischiamo di rimanere impelagati in terminologie che non hanno nulla dell'essenza del Vangelo, tralasciando il "nuovo", positivo significato che Gesù ha dato alla parola "SAMARITANO", facendone quasi un sinonimo di "buon cristiano compassionevole".
Il Signore ci aiuti ad essere, sul Suo esempio, buoni samaritani che offrono agli altri una risposta al bisogno d'amore innato in ogni creatura.
Ma ci renda anche capaci di accettare la mano tesa dai nostri fratelli.
Perché in ognuno di noi convivono due aspetti: la capacità di donare e di ricevere.
Di essere buon samaritano per il sofferente e samaritano bisognoso per il prossimo che ci tende una mano.
Di essere "cattivi" samaritani prima, cristiani poi.
Di essere "i benedetti del Padre" che hanno saputo trovare, in ogni samaritano del quotidiano, l'immagine di Dio da amare, rispettare, benedire.
Di essere i "samaritani" assetati d'Amore che hanno accettato con gioia la vicinanza degli altri, non chiudendosi nell'egoismo dell' Io che toglie il posto a Dio, quel Dio che anche il mio prossimo mi può manifestare nel suo gesto di carità.
Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito?
Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?”.
"QUANDO? QUANDO MAI"?
Sembrano domande di chi non conosca il Vangelo, eppure un cristiano lo conosce bene, se conosce LUI!
Mi piace pensare che quel "Quando mai"? raccolga, racchiuda lo stupore di tutti i giusti della terra che non sanno di essere giusti.
Che quella meraviglia interrogativa sia lo scrigno che cela un grande tesoro: il cuore dell'uomo, anche di quello non credente. è pur sempre uno spazio in cui alberga un germe divino, perché tutti gli uomini sono creati a immagine e somiglianza divina.
Molti, allora, possono agire nei confronti del loro prossimo secondo le richieste del Vangelo, anche senza conoscerlo.
Molti, dunque, si sentiranno rivolgere -alla fine dei tempi- le parole di Gesù: "Venite, Benedetti dal Padre mio"!
Per noi, però, l'invito del Cristo è più esigente: Egli non ci chiede di agire sulla base di una semplice compassione "umana", ma "divina".
L'altro è immagine di Dio, l'altro è membro del Corpo Mistico, l'altro è "Carne della Carne" di Dio stesso.
Il bisogno dell'altro è racchiuso nel bisogno di Dio.
E il bisogno di Dio si manifesta nel bisogno dell'altro.
La sete d'Amore di Dio si esprime anche in una "sete" di atti umani.
Agisco verso "il fratello più piccolo" per lenire oggi, quella sete, quella fame, quel freddo, quella sofferenza che Cristo Uomo ha patito duemila anni fa.
Bisogni sintomi di un bisogno più alto, più sublime, più spirituale: fame e sete d'AMORE!
Questo mi mette nelle condizioni di aggiungere un qualcosa alla mia "buona azione".
Non le toglie la difficoltà di essere a volte compiuta vincendo le naturali ripugnanze, la noia, le antipatie.
Le concede però il privilegio di essere una carità tutta soprannaturale, in cui opero come opera Dio: DONANDO, non semplicemente "facendo" qualcosa....
Commenta Mazzolari: "Io ho bisogno di tutto, ma più che delle cose ho bisogno del dono, cioè di quella cosa (ma non è una cosa, pur essendo la più reale delle cose) che accompagna l'offerta.
Io ho bisogno del dono: che un pò d'amore, che tutto l'amore accompagni ciò che mi viene posato sulle mani, sulle labbra e sul cuore.
Il valore vero, il valore umano, ciò che disseta, ciò che placa, ciò che sazia, che riposa, che non umilia il mendicante è il dono.
L'uomo divene sacerdote nel momento in cui dà se stesso nella cosa.
In ogni scambio o si raggiunge questa sacerdotalità che rivela l'amore e fa quasi un sacramento di ogni rapporto umani, o si resta commercianti, condannati al piano economico".
Il nostro sacerdozio comune, quello di laici battezzati è quasi...un'investitura: ci abilita, ci rende ricolmi della Grazia che fa possibile il dono, l'arte del donare.
E' un'investitura che -come base- opera in tutti, finanche nel sacerdozio istituito.
Rembrandt, "Il buon samaritano" |
passa un levitico (e questo elemento non è casuale: solo la tribù di Levi godeva del "privilegio" di poter dare sacerdoti al Signore!) e anche questi lascia il poveretto in mezzo alla strada....
passa infine un Samaritano, il "nemico", il malvisto e opera la carità più bella, ci mette quel qualcosa in più, offre il DONO. IL DONO DI SE', non solo delle cose che servono per fasciare le piaghe dell'uomo picchiato.
Non soltanto i soldi per pagare le cure.
Offre sè stesso nel vincere subito -senza fermarsi neanche a pensare!- la rivalità fra due popoli;
offre sè stesso nel tempo che trascorre con l'altro;
offre sè stesso nel caricarsi sulle spalle il fratello....
Un dono così squisito, così disinteressato, da arrivare fino al superfluo: "ciò che spenderai in più, te lo rifonderò al mio ritorno".
Anche Gesù si è fatto nostro samaritano, si è reso l'ultimo, il reietto, il condannato, il povero, per farSi avvicinare dall'umanità e ricevere amore.
Per rendere "divina" la carità verso i fratelli Si è fatto Egli stesso "samaritano": il misconosciuto dal Suo stesso popolo, il disprezzato, Colui che incappa nei "briganti" e viene ucciso....
Gesù si è anche avvicinato ai Samaritani di tutti tempi e lo ha fatto ponendoSi accanto agli ultimi, ai peccatori, ai disprezzati.
Potremmo rileggere, nella figura del Samaritano, il simbolo di quanti vengono messi da parte perché "scomodi", perché ammalati o peccatori, ladri o immorali...
Il Samaritano ci mette davanti alla nostra paura di "sporcarci le mani" per fare anche agli ultimi del bene.
Gesù incontra una Samaritana malata d'amore, che si è curata per troppo tempo con gli amori sbagliati : e la guarisce.
I discepoli, rientrando dalle loro commissioni, non capiscono inizialmente il Suo gesto controcorrente, quello di un "Uomo" che parla, da solo, con una donna, samaritana e pure peccatrice!
Gesù incontra Zaccheo e Levi: due pubblicani... e non sono anche loro dei samaritani "simbolici"?
Cosa avviene dopo quell'incontro?
Levi diventa Matteo, uno dei dodici; Zaccheo cambia vita anche lui e promette di rifondere il frutto delle sue ruberie, addirittura con gli interessi!
Cristo salva da lapidazione sicura una prostituta, facendo rimanere in un silenzio -che è ammissione di colpa- la massa benpensante di anziani ebrei che l'accusavano....
Ma se dovessimo andare indietro, fin dal principio della vita di Cristo: che dire di Maria e Giuseppe?
Avranno fatto terra bruciata anche intorno a loro, dopo che Maria rimase incinta per opera dello Spirito Santo.
Avranno parlato -magari più o meno sommessamente- facendo dell'ironia sulla gravidanza della Vergine, perché non conoscevano la Verità... e non volevano aprirsi al Mistero.
Maria e Giuseppe sono stati "resi" samaritani dai loro stessi compaesani!
E andando alla fine, quando sul Golgota finisce l'esistenza terrena di Gesù, ecco che il Figlio dell'Altissimo, condannato alla più infame ed atroce delle morti, accetta di essere crocifisso accanto a due ladroni, a due "veri" derelitti.
La scena finale della parabola "umana" di Dio ci offre l'alternativa fra "samaritanesimo" e "cristianesimo".
Gesù si fa samaritano di entrambi quei due...samaritani della società ebrea.
Uno di loro accetta quel gesto di aiuto, di Amore.
Cambia vita, all'ultimo minuto, su un legno come quello che sorregge anche Gesù.
Si fa "cristiano".
L'altro, nella sua ostinata cattiveria, non accetta l'aiuto del "Buon Samaritano".
Rimane "samaritano" nel senso peggiore: non è escluso dagli altri: si autoesclude, rinuncia all'Amore, alla felicità eterna.
L'alternativa tra "samaritani" e "cristiani" è ancora oggi attuale.
Rischiamo di rimanere impelagati in terminologie che non hanno nulla dell'essenza del Vangelo, tralasciando il "nuovo", positivo significato che Gesù ha dato alla parola "SAMARITANO", facendone quasi un sinonimo di "buon cristiano compassionevole".
Il Signore ci aiuti ad essere, sul Suo esempio, buoni samaritani che offrono agli altri una risposta al bisogno d'amore innato in ogni creatura.
Ma ci renda anche capaci di accettare la mano tesa dai nostri fratelli.
Perché in ognuno di noi convivono due aspetti: la capacità di donare e di ricevere.
Di essere buon samaritano per il sofferente e samaritano bisognoso per il prossimo che ci tende una mano.
Di essere "cattivi" samaritani prima, cristiani poi.
Di essere "i benedetti del Padre" che hanno saputo trovare, in ogni samaritano del quotidiano, l'immagine di Dio da amare, rispettare, benedire.
Di essere i "samaritani" assetati d'Amore che hanno accettato con gioia la vicinanza degli altri, non chiudendosi nell'egoismo dell' Io che toglie il posto a Dio, quel Dio che anche il mio prossimo mi può manifestare nel suo gesto di carità.
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