venerdì 15 febbraio 2013

ANCORA UNA VOLTA COME GESU'...


"Io sono molto grato per la vostra preghiera, 
che ho sentito – l’ho detto mercoledì – 
quasi fisicamente. 

Anche se adesso mi ritiro,
nella preghiera sono sempre vicino a tutti voi
e sono sicuro che anche voi sarete vicini a me,
anche se per il mondo rimango nascosto.

 Io, ritirato con la mia preghiera,
sarò sempre con voi,
e insieme andiamo avanti con il Signore,
nella certezza: Vince il Signore! 
Grazie"!

(Papa Benedetto XVI- Incontro con i parroci e il clero di Roma- 14 febbraio 2013)





Consentitemi un passaggio ardito, molto ardito, che però sento con insistenza nel cuore, pensando a questo "dopo" di nascondimento e preghiera in cui si ritirerà Benedetto XVI, il nostro Papa,  del cui papato, nei miei trentun anni, mi sento realmente "figlia".

Concedetemi un paragone -forse un po' azzardato- con quel Cristo di cui Benedetto XVI, Alter Christus in quanto sacerdote e Vicario come Pontefice, mi offre  uno specchio, in un certo qual modo.

Permettemi di pensare che, in senso lato, il pontificato ratzingeriano sia cominciato quasi in sordina, prima di quel 19 marzo 2005, in una vita di nascondimento spesa per la Chiesa, come furono nascondimento e lavoro silenzioso i primi trent'anni della vita di Nostro Signore. 
Come se gli anni in Curia di Joseph Ratzinger fossero stati, simbolicamente, il trampolino di lancio dello Spirito Santo che in conclave decise di puntare sul suo nome. 

Da quel momento in poi della storia, si è aperta la pagina della "vita pubblica": otto anni di intensa attività, di successi, ma anche  di tante, troppe, molte macchinazioni, diserzioni, infedeltà.
Inutile negarlo: la voce del Papa, a volte, è risuonata come un'eco solitaria, in una valle di lupi che, coi loro ululati, hanno cercato di coprire la parola di Pietro.
Quei lupi che avrebbero voluto mettere in fuga il Pastore delle pecore, per sbranare le pecore... quei lupi che -qualcuno dice- oggi sono riusciti nell'intento.

Permettetemi di dissentire, come in tanti dissentono in questo momento.
Pietro non sta fuggendo, come, guardando ad altre pagine -quelle del Vangelo  ed un'altra vita pubblica, quella di Cristo- nemmeno Gesù è fuggito, eppure anche Lui a volte Si è riparato, questo sì, per non essere gettato dalla rupe, finendo prima del tempo di una morte che non era la Sua.
Cristo è rimasto, ha guarito, predicato, a volte fatto silenzio.


E anche il Papa è rimasto: ha insegnato, parlato...a volte taciuto, perché anche nelle nostre coscienze si facesse silenzio di purificazione.
Come accadde a quegli uomini dotti e anziani che, scrutati dal tacere di Cristo con la donna peccatrice in mezzo a loro, se ne andarono rimangiandosi la propria parola di menzogna, per aver compreso che la piaga purulenta era nei loro cuori e non tanto in quello della donna pentita.

E' davvero grande, lungimirante questo Papa, che proprio sul finire del Suo Magistero ci rammenta la grande verità del "silenzio" -che egli stesso ci ha nuovamente insegnato come modalità di vita-: 
"anche ai nostri giorni, molti sono pronti a “stracciarsi le vesti” di fronte a scandali e ingiustizie – naturalmente commessi da altri –, ma pochi sembrano disponibili ad agire sul proprio “cuore”, sulla propria coscienza e sulle proprie intenzioni, lasciando che il Signore trasformi, rinnovi e converta".
(Benedetto XVI- Omelia della Messa delle Ceneri 13 febbraio 2013)

Il Papa di questi ultimi giorni, un Papa "libero" nella scelta, nel coraggio, nell'umiltà, mi appare anche un Pontefice sbrigliato dal protocollo nel farci percepire attraverso la commozione degli occhi, nella parola che sgorga dal cuore, nella voce che a tratti è sembrata essere un pò tremante, il cuore di un Padre che soffre come i suoi figli per il dolore del distacco, della separazione, del futuro di una vita ritirata.

Ecco, il Papa non sta scendendo dalla Croce, ma sale sulla Croce, va al martirio a Roma, come ha rammentato di San Pietro nel suo discorso ai seminaristi l'8 febbraio 2013.

Il Papa sale sulla Croce che apparentemente lo isolerà da tutti, come Cristo è salito sulla Croce senza nemmeno potere più sfiorare Maria, Giovanni, la Maddalena e tutti gli altri, tutti i Suoi.


La tenerezza del Papa nella preoccupazione per le sue pecore, per il suo clero, quell'insisnteza sulla vicinanza nella preghiera in cui il Signore ci farà sentire uniti, rimandano al mio cuore, come un sottofondo che mi incoraggia, pur nel dolore, le parole di Gesù in GV 14, 19-21.


"Non vi lascerò orfani, ritornerò da voi. 
Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più;
voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 

In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre e voi in me e io in voi.

Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi mi ama.

Chi mi ama sarà amato dal Padre mio e anch'io lo amerò e mi manifesterò a lui".
(Gv 14,19-21)


Altrove Gesù dice: "Ora io vi dico la verità: è bene per voi che io me ne vada, perché, se non me ne vado, non verrà a voi il Consolatore; ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò". (Gv 16,7)

Benedetto XVI non ci lascia orfani: scompare forse dalla scena mediatica del mondo e non avremo più la grande, bella consolazione di poter vedere il suo volto pieno di affetto e tenerezza, i suoi gesti di simpatia timida e umile, di ascoltare la sua parola profonda, intelligente, contemplativa, ma semplice.



Benedetto XVI si ritira agli occhi del mondo, ma vivrà in quanto ha seminato in noi, nei "figli" del suo pontificato:
nell'amore alla Chiesa che ci ha insegnato veramente a difendere anche con la "scomoda", difficile lotta di purificazione;
nell'approfondimento di questioni che, specie per molti giovani, apparivano come lontane, contorte e avulse dal contesto reale, quali le problematiche liturgiche e i testi conciliari;
nella passione per l'ecumenismo che ci ha fatto comprendere la necessità di quell' Ut unum sint che con grande tenacia ha caratterizzato gli otto anni del suo pontificato;
nella dimensione contemplativa della preghiera cui ha cercato di spingerci, aiutandoci anche attraverso il suo modus celebrandi....

Allora la vera "unione" sarà in quel far germogliare in noi i semi che sono stati piantati dall' "umile lavoratore nella vigna del Signore", e consapevoli che "dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro" (Mt 18,20) la distanza geografica non avrà che importanza relativa, perchè "Davanti al Protagonista", davanti all'Assoluto, il nostro Benedetto sarà sempre con noi, e noi con lui.

Santità, nel mettere in pratica quanto ci ha insegnato, nel portare molto frutto dopo le sue potature su di noi, timidi tralci di vite, le dimostreremo il nostro amore filiale, la nostra vicinanza, la nostra fiducia, la nostra gratitudine.

Ci consola quella parola di speranza che la vita di Gesù non finisce nell'apparente sconfitta della Croce, ma che da quell'Albero di Vita vengono i frutti più belli e duraturi di rinascita eterna.

Ci sprona trovare in Lei un luminoso esempio di coerenza cristiana: ESSERE TUTTO DI GESU', ANCORA UNA VOLTA COME GESU', DALL'INIZIO ALLA FINE, in un VERO SERVIZIO ALLA NOSTRA MADRE CHIESA.

GRAZIE, SANTO PADRE!

Dio la ricompensi per questo Suo coraggio, per questo Suo sacrificio, col centuplo che Egli stesso promette a chi lascia tutto per Lui!



"Ognuno dovrebbe chiedersi allora: che posto ha Dio nella mia vita?
E’ Lui il Signore o sono io?

Superare la tentazione di sottomettere Dio a sé e ai propri interessi o di metterlo in un angolo e convertirsi al giusto ordine di priorità, dare a Dio il primo posto, è un cammino che ogni cristiano deve percorrere sempre di nuovo".


(Benedetto XVI -Udienza Generale 13 febbraio 2013)

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