lunedì 2 aprile 2012

SETTIMANA SANTA: dalla Croce alla Gloria...dalla Gloria alla Croce....e noi?




"Gesù prese con sé
Pietro, Giacomo e Giovanni 
e li portò 
sopra un monte alto, 
in un luogo appartato, 
loro soli. 

Si trasfigurò davanti a loro" .

(Mc 9,2)











"Prese con sé 

Pietro, Giacomo e Giovanni

 e cominciò a sentire 

paura e angoscia"

 (Mc 14,33)








 Pietro, Giacomo e Giovanni sono i tre discepoli di Gesù che -in anticipo rispetto agli altri -vedono sia la Gloria del Signore che la Sua Croce.
Sul Monte Tabor sono spettatori di quella che Padre Cantalamessa definisce "l'estasi di Gesù"  (Cantalamessa, Il mistero della Trasfigurazione-ed. Ancora), sul Monte degli Ulivi assistono invece alle angosce mortali che attanagliano il Figlio di Dio.
Un anticipo di Risurrezione in un caso, uno di Croce, nell'altro.
E i discepoli sono sempre gli stessi....in un certo senso i "privilegiati", ma quale differenza fra il loro modo di comportarsi durante il giorno della Trasfigurazione e poi nella notte della sudorazione di sangue!

Sembra strano: Gesù ha mostrato ai Suoi prima la Sua Gloria, quasi per incoraggiarli, per dare loro un saggio del "dopo" ed offrire quindi un sostegno, una speranza nel momento della prova.
Davanti ad un Gesù dalle vesti candide, bianchissime, rifulgente di luce, quei tre pescatori vorrebbero "piantare la tenda" e rimanere per sempre con il loro Maestro.
Sono affascinati da Lui, rapiti dalla Sua bellezza, dal Suo splendore.
Lo vedono come lo avrebbero rivisto dopo la Risurrezione....un Gesù "glorificato", quel Gesù che se avessero visto come lo vedranno poi i discepoli di Emmaus, forse nemmeno avrebbero riconosciuto, tanto sarebbe stato "diverso" rispetto a prima.

Ora, la Settimana Santa, si apre alla Domenica delle Palme con la presenza di questi stessi tre discepoli sul Monte degli Ulivi.
Gesù, che ha già mostrato loro la Sua gloria, li porta con sé: in questo voler stare con loro -o meglio, in questo volere che loro stiano con Lui- si può intravedere un doppio aspetto pedagogico.
Da una parte, è come se Gesù dicesse a quei tre: Vi amo così tanto da volervi con me non solo nel momento della gioia, ma anche in quello del dolore. 
Vi amo così tanto che VOGLIO AVERE BISOGNO DEL VOSTRO CONFORTO, DELLA VOSTRA PRESENZA AMICA, DEL VOSTRO SOSTEGNO. 
DIMOSTRATEMI LA VOSTRA VERA AMICIZIA, RIMANENDO CON ME!
Gesù, che in Marco è il Gesù del "segreto messianico", si rivela ai Suoi nella Sua Pienezza: di Dio fatto Uomo, che gioisce nell'incontro orante col Padre, ma che soffre come Uomo le pene atroci addossateSi per scontare il peccato umano.
Gesù vuole che i Suoi comprendano che il Verbo è anche veramente Uomo, pienamente Uomo: brama l'amore dei Suoi, li vuole accanto a Sé nel momento più difficile della Sua "storia" umana.
Anche gli altri discepoli sono con Lui, ma è anche squisitamente umano questo voler avere particolarmente vicini quelli ai quali è evidentemente legato da un affetto speciale (e pur sempre "giusto", perché ogni affetto divino è sempre fondato sulla giustizia, non esistono predilezioni ingiustificate...Dio sa quello che fa!).

Il secondo aspetto della "pedagogia" di Gesù sul Monte degli Ulivi è da vedere nell'ottica nella fede: il Cristo si è mostrato a quei tre discepoli (ed in quel caso a loro tre soli, non a tutti i dodici!) nel Suo momento di Gloria, ma prima e dopo h
a provato più volte (anche discendendo dal Monte Tabor) a spiegare a quale destino sarebbe andato incontro, secondo peraltro le profezie già contenute nell'Antico Testamento.
Ora chiede ai Suoi un atto...di coraggio, di vera fiducia, dicendo loro, implicitamente: CREDETE IN ME ANCHE ORA CHE MI VEDETE COSI', UN DIO UOMO CHE SOFFRE PIU' DI TUTTA L'UMANITA' MESSA INSIEME, CHE PATIRA' PENE ATROCI, CHE STA MALE PER L'INGRATITUDINE DEGLI UOMINI.
Credete in me anche se mi vedete non più nelle vesti di "re", ma in quelle di "servo".....

E come rispondono Pietro, Giacomo e Giovanni a questa richiesta di fiducia?
Alla prova della Trsfigurazione -anticipo del loro incontro con il Cristo Risorto- arrivano impreparati, ma si dimostrano pronti a rimanere con Gesù: è facile starGli accanto quando c'è da godere di un "beneficio", quando la vontemplazione del Cristo dona pace, gioia all'anima.
E' tale la confusione per il dono inatteso, che Pietro esplicita la propria felicità con quella frase famosa "Facciamo tre tende", vale a dire: rimaniamo qui, non muoviamoci, si sta bene!

Alla Passione, invece, sarebbero dovuti arrivare ben formati: tante volte Gesù li aveva avvisati.
Vengono invece colti alla sprovvista e al momento delle "prove generali" della Croce, cioè sul Monte degli Ulivi, si addormentano, perché i loro occhi si fanno "pesanti".

Cosa dice a noi, discepoli di oggi, questa "pedagogia messianica"?
In primo luogo, ci insegna che la fede non è solo e sempre contemplazione del Cristo Risorto, della Gloria divina.
La fede non è solo uno stare con il Gesù delle Consolazioni; fede è contemplare il Cristo Crocifisso, nel momento delle nostre aridità di spirito, delle difficoltà materiali che sembrano toglierci la pace del cuore, nelle prove di fede, nelle tentazioni.
Più che mai in questi momenti, stare con Gesù solo sul Monte degli Ulivi, significa rispondere a quella Sua richiesta: "Vegliate e pregate per non entrare in tentazione"!

La scena del Monte degli Ulivi ci ricorda però anche un'altra cosa: Gesù, Capo del Corpo Mistico che è la Chiesa, soffre ancora oggi nelle Sue membra sofferenti.
A noi tocca lo splendido (se pur arduo!) compito di consolarlo, sostenerlo, aiutarlo.
Con la preghiera e con la vicinanza fisica operosa.

Infine, l'ultima cosa che il Monte Tabor ci ricorda è la seguente: solo nella preghiera di Gesù la nostra preghiera diventa "possibile", "forte", capace di smuovere le montagne.
Nel Vangelo di Luca, l'Ultima Cena mostra infatti un Gesù che a San Pietro dice: 
"Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli ".  (Lc 22,32-33)
E sul Monte degli Ulivi, vedendo i suoi vinti dal sonno, dalla stanchezza, dice infine: "Dormite pure e riposatevi"!
Gesù è il Verbo fatto Carne che comprende le debolezze umane, e Lui che chiede a noi consolazione...consola l'uomo fragile!
Lui che chiede a noi fede e preghiera, si fida di Dio Padre e Lo invoca incessantemente anche per ciascuno di noi!

Ecco che allora la nostra fragilità, consegnata a Lui, acquista un valore: a noi tocca l'impegno, la volontà nello stare con Lui, nel vigilare, nel pregare.
Lui supplirà alle nostre mancanze con la Sua preghiera -una preghiera che è stata rivolta al Padre in anticipo rispetto alle nostre cadute-; Lui supplirà alla nostra scarsa vigilanza, alla nostra sonnolenza spirituale.

E con San Paolo potremo dire: "Quando debole, è allora che sono forte" (2Cor 12,10) perché Cristo "apporta" tutto quello che manca alla mia preghiera!


BUONA SETTIMANA SANTA A TUTTI VOI!

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