Qui potete leggere la prima parte
Le aridità, la mancanza di “luci” spirituali, diventano un mezzo per “affinarci” nella vita interiore, consentendoci di acquistare la perseveranza e al contempo evitandoci di diventare “ingordi” del solo lato “sensibile” della preghiera e dell'amore verso Dio.
“Ricordati che il fiore più delicato appassisce e perde il suo profumo molto presto; non volere, quindi, camminare per la via delle consolazioni spirituali, perché non sarai costante. Scegliti piuttosto uno spirito robusto, distaccato da tutto, e troverai dolcezza e pace in abbondanza; la frutta saporita e duratura si coglie in terra fredda e asciutta”.
La terra fredda e asciutta di cui scrive il mistico spagnolo siamo noi stessi, nel momento in cui ci dedichiamo alle pratiche di pietà senza essere mossi da particolari sentimenti piacevoli (che, al contrario, ci “irrigherebbero”), anzi, a volte senza sentirne il gusto.
In questi casi, la preghiera, le pratiche di pietà, la stessa carità, divengono azioni doppiamente meritorie.
Lo sono per l'atto in sé che compiamo ed anche per lo sforzo che esse ci costano.
D'altronde, è lo stesso Vangelo a ricordarci quanto sia più meritorio l'atto compiuto con “sforzo” che non quello agevolmente attuato: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano [..] Se amate quelli che vi amano, che merito ne avrete? Anche i peccatori fanno lo stesso. […] E se prestate a coloro da cui sperate ricevere, che merito ne avrete? Amate invece i vostri nemici, fate del bene e prestate senza sperarne nulla, e il vostro premio sarà grande e sarete figli dell'Altissimo”. (lc 6. 27-35)
Santa Teresa d'Avila, nel Libro della Vita, ci incoraggia, dicendoci che “l'amore di Dio non consiste nel versare lacrime né nel provare piaceri e tenerezze -che comunemente desideriamo e con i quali ci consoliamo- ma nel servire Dio con giustizia, fortezza d'animo e umiltà. […] Non dobbiamo preoccuparci affatto di non sentire devozione, ma ringraziare il Signore che ci permette di essere desiderosi di accontentarlo, anche se le nostre opere sono fiacche”. E nel “Castello interiore”, aggiunge che “amare non consiste nel maggiore piacere spirituale, ma nella maggiore determinazione di cercar di accontentare Dio in tutto, di fare ogni sforzo possibile per non offenderlo, di pregarlo per il trionfo costante dell'onore e della gloria di suo Figlio e per l'incremento della Chiesa cattolica”.
Tuttavia, per camminare nella vita spirituale quando siamo privi di consolazioni, servono allora dei “fari”, che ci orientino per non perdere la bussola nel momento in cui ci viene a mancare quella delizia interiore che magari ci ha, in passato, invogliati alla preghiera, in vista della nostra ricompensa.
San Giovanni afferma che, innanzitutto, occorre seguire la ragione: “Dà ascolto alla tua ragione per compiere ciò che essa ti dice nelle vie di Dio, Ciò ti varrà, presso il tuo Dio, più di tutte le opere che fai senza tale riflessione e più di tutti i gusti spirituali che vorresti provare”.
Questa frase ci consente di cogliere un aspetto importante del pensiero di del mistico carmelitano: l'uomo è fatto di ragione e, sebbene essa non possa comprendere totalmente Dio, tuttavia possiamo, per mezzo di essa, capire cosa sia un bene o un male nella vita spirituale.
Questo potrebbe essere un consiglio molto utile specialmente per chi si trovi agli inizi del cammino di conversione e non abbia ancora una “fede” forte, solida...e rimanga quindi esposto al rischio di tornare indietro, alla prima difficoltà!
L'essere umano non va considerato come composto di “parti” separate, bensì guardato come un unicum.
In questo nostro essere complessi, ma unitari, la ragione ci guida, facendoci comprendere che il culto al Signore vada reso non solo quando siamo animati da buoni sentimenti, lontani dalle tentazioni, immersi nelle gioie spirituali, ma anche e soprattutto quando, pur non sentendo nulla, possiamo e dobbiamo impegnarci per continuare a camminare come sempre.
San Giovanni ci mette in guardia, in questo modo, dall'errore di associare l'idea della fede al sentire.
La fede è atto di volontà, che pur sapendo di non poter penetrare, con la mente umana, nei misteri insondabili di Dio, vuole ugualmente amarLo in ogni circostanza.
E questo atto di volontà diventa fondamentale nel momento in cui, tramite la ragione, capiamo che dobbiamo continuare a dimostrare il nostro amore verso Dio, anche quando il sentimento piacevole abbandona il nostro pregare, il nostro compiere la carità, il nostro dedicarci alle pratiche di pietà.
Il Signore ci “alimenta” allo stesso modo, sia quando nel rendergli lode noi sentiamo qualcosa, sia quando siamo nell'aridità più grande.
Pensiamo a quando ci sediamo a tavola: non sempre sentiamo uguale appetito, a volte mangiamo svogliatamente....ma non disdegniamo comunque di nutrirci, perché sappiamo che il cibo ci è necessario per compiere le nostre attività quotidiane. Ci fornisce la “benzina” energetica senza la quale il nostro motore umano non potrebbe agire.
La preghiera, i Sacramenti, la Parola, la carità, ci alimentano alla stessa maniera ed è nostro dovere impegnarci in esse anche quando non ne sentiamo “appetito” o quando il cibo che ci viene offerto non ci cagiona alcun gusto sensibile.
“L'amore non consiste nel sentire grandi cose, ma nell'avere grande nudità di spirito e nel soffrire per l'Amato” e “se un'anima mostra maggior pazienza nel soffrire e più tolleranza nella privazione dei gusti, è segno che fa grandi progressi nella virtù”.
Nudità di spirito è progresso nella virtù vanno di pari passo nel pensiero di San Giovanni della Croce: se noi non ci spogliamo di noi stessi, del nostro attaccamento “sensibile” a cose, persone, emozioni, non potremo mai andare alla ricerca del vero bene che è Dio e lasciare così crescere in noi le virtù, che sono necessarie per la vita cristiana.
Fine della seconda parte
Grazie per queste parole 'd'oro' ... : mi hanno provocata infilandomi il dubbio che amassi solo le consolazioni spirituali e non Dio, mi hanno fatto credere di essere uno sgorbio tristo ed opportunista, di essere un'ignobile ... ma questo non conta quanto il fatto che mi hanno detto: tu non ami Dio di vero amore.
RispondiEliminaEh, no!, ho reagito, non posso ridurre a tanto certe cose, una certa storia! Israele non seguì Dio solo perché Egli gli separò, di fronte, in due il Mar Rosso; continuò, anche se attraversando ribellioni, tentazioni, proteste, il suo cammino nel deserto.
Così io non voglio star qui a ricordare quando Dio separò il Mar Rosso per me, ruminando inutilmente ricordi ma non facendo niente, perché gli avvenimenti straordinari avvengono solo quando meno te l'aspetti, e raramente. Agirò e basta!
Le tue parole mi hanno fatto dire: la farò vedere! Non sono una floscia emotiva, ma amo Dio davvero!
Grazie per questi consigli preziosi, per averli riportati e per averli commentati: mi hanno messo addosso una pazzia di fare ... e non importa se crescerà! Agirò lo stesso ... nonostante per sempre sarò lo stesso uno sgorbio.
Grazie.
Sì, la farò vedere!
Santa Teresa d'Avila invitava le sue monache a non essere "donnine", ma virili come gli uomini, forti nello spirito, combattive per il Signore.
RispondiEliminaAuguri di una santa Quaresima, animata dal bel proposito che hai preso :)