martedì 25 ottobre 2011

ELOGIO DELLA PAZIENZA....


"La pazienza tutto ottiene" è un frammento di un bellissimo scritto di Santa Teresa d'Avila, e potrebbe essere un ottimo incipit per l' "ELOGIO DELLA PAZIENZA".

Se scandagliamo la Parola di Dio, ci accorgiamo che il concetto di "pazienza" è sempre presente come un dolcissimo e -al contempo nostalgico- sottofondo a tutta la storia del popolo di Dio: dopo la caduta dei nostri progenitori la pazienza diventa, in un certo senso, il pane quotidiano dell'uomo.
Pazienza nell'affrontare le pene della vita, nel mangiare il pane prodotto col sudore del lavoro; nel rimanere chiusi nell'arca di Noè, ancora, pazienza nella lunga schiavitù d'Egitto e poi nell'attesa del ritorno alla Terra promessa, e più oltre pazienza nelle guerre, nelle sconfitte, insomma, sempre pazienza in attesa di qualcosa di "nuovo e migliore".
Pazienza nell'attesa della venuta del Messia, dell'Unto di Dio!

Eppure questa "pazienza" non è unilaterale, ma anzi, appare sproporzionata proprio dal lato divino!
Quanto e quale è infatti il pazientare proprio di Dio, che nonostante le innumerevoli cadute del Suo popolo, le infedeltà, le "prostituzioni", rimane un Dio fedele, che non manca di lasciare uno spiraglio all'uomo: quello della Sua Infinita Misericordia, del Suo Perdono, della speranza di una vita eterna, in cui "non ci sarà più pianto e stridore di denti" perché "le cose di prima sono passate".

Se ci soffermassimo sul libro di Giobbe, l'idea della "pazienza" salterebbe fuori con maggiore risalto: fin dal prologo, intitolato "Satana mette Giobbe alla prova".
Giobbe è il classico "uomo di Dio" che, ad un certo punto della sua vita, passa da una condizione di floridezza negli affetti e nell'economia, ad una situazione di desolazione, abbandono e perdita.
A livello interiore questo cambiamento si traduce nel parallelo "salto" da uno stato di fervore e di fiducia incrollabile in Dio, ad una precarietà spaventosa delle proprie passate certezze, anzi, ad uno stato di dubbio, di fiducia, quasi di....ribellione.

La sfida della pazienza è quindi un po' come un braccio di ferro fra l'uomo e Dio, è tutta inclusa in quella domanda che Giobbe rivolge ad un certo punto ai suoi amici, parlando del Signore: 
"Forse io mi lamento di un uomo?
Perché non dovrei perder la pazienza"? (Gb 21, 4)
Il grido di Giobbe è il grido dell'uomo che ha o sta per perdere la pazienza, la capacità di perseverare e si chiede: se Dio è onnipotente, perché non mi libera? Allora che senso ha l'attesa? A cosa serve pazientare se Dio non mi libererà mai?
L'impazienza produce la....disperazione, impedisce di confidare, di sperare in Dio!

E questa è un rischio che affrontiamo tutti, prima o poi, vuoi per circostanze esclusivamente materiali che si ripercuotono sulla vita spirituale, vuoi per questioni di salute, di relazioni affettive, vuoi per situazioni esclusivamente legate alla vita interiore.


Allora la vita spirituale individuale, necessita di pazienza, per affrontare giorno dopo giorno le sfide che il carattere, la tentazione, la stanchezza, le difficoltà materiali e non, interpongono al raggiungimento della nostra "meta".

Se lasciamo infatti  l' Antico Testamento per passare al nuovo, il concetto di "pazienza" assume una connotazione in un certo senso...nuova....
La pazienza diventa elemento sottinteso ad una preghiera PERSEVERANTE per ottenere quanto nei libri sapienziali viene già accennato:
 "Con la pazienza il giudice si lascia persuadere"  (Pb 25,15) 

Quando Gesù ci invita infatti a pregare sottolinea un avverbio importantissimo: "INSISTENTEMENTE", aggiungendo "senza stancarvi".
E' un elemento, questo, che evidenzia al capitolo 11 del Vangelo di Luca, prima nel Pater, quando ci invita a rivolgerci a Dio chiedendoGli di darci OGNI GIORNO il pane; 
ancora di più poi,  nella parabola dell'amico importuno  ed in quella del giudice iniquo.
Il concetto di "insistenza nella preghiera" è strettamente correlato, dunque, a quello della pazienza: l'etimologia stessa della parola lo mette in luce.



Pazienza, da paziente, che soffre, ma anche "che sopporta, che tollera, che persevera".


La pazienza, quindi, nell'ottica cristiana acquista una dimensione di grande valore, è un po' il frutto di cose che a prima vista potrebbero sembrare un male, ossia la tribolazione, la sofferenza, l'attesa.
Ma se noi crediamo che Cristo è morto e risorto per salvarci, che è andato "a preparaci un posto", allora non deve spaventarci la prova, e tutto ciò che ci serve è rimboccarci le maniche e ....pazientare.
Leggiamo nel libro della Sapienza:

"Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio.
Agli occhi degli stolti parve che morissero; 
ma essi sono nella pace.
Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi,
la loro speranza è piena di immortalità.
Per una breve pena riceveranno grandi benefici
perché Dio li ha provati
e li ha trovati degni di sé.
li ha saggiati come oro nel crogiuolo
e li ha graditi come un olocausto".
(Sp 3, 1; 4-6)


E non dimentichiamo l'incoraggiamento di San Paolo: "La tribolazione produce pazienza, la pazienza  una virtù provata e la virtù  la speranza.
La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito di Dio che ci è stato dato". (Rm 5 ,3-5)


E la speranza è il desiderio di quello che crediamo sia stato preparato per noi, dei beni eterni che Gesù ci ha promessi.
La pazienza, in quest'ottica, fortifica la nostra fede, perché perseverando riceviamo già in premio da Dio come un "aumento" della nostra stessa fede -di quel dono che lo Spirito Santo ha riversato nei nostri cuori- che diventa più salda, più radicata, incrollabile, potremmo dire.

Dio non ci pone ostacoli sul cammino, ci pone semplicemente, come in una gara al salto in alto, un tassello più elevato oltre il quale andare, per riuscire alla fine a raggiungerLo alle Sue Altezze.
Dio vuole che noi ci eleviamo fino a Lui, anzi, Dio stesso ci ELEVA FINO A LUI!
Il mezzo che utilizza per farlo è proprio...la tribolazione, in cui a noi è chiesto di perseverare nella preghiera e quindi nella fiducia!
Solo rispondendo con le parole di San Paolo e mettendole in pratica e perseverando quindi con lo strumento della preghiera e dei Sacramenti, potremmo arrivare a dire: "E' meglio la pazienza della superbia" (Qo 7, 8).
Non dimentichiamo, infatti, che "con la pazienza il giudice si lascia persuadere" (Pv 25, 15)!
E Gesù, nel capitolo 17 del Vangelo di Luca parla proprio del giudice disonesto che, convinto dall'insistenza della vedova, decide di farle giustizia....
Qui appare tutto il "paradosso" dell'essere umano, in contrasto con la perfetta linearità dell'agire di Dio: mentre l'uomo, pur essendo cattivo, alla fine, per tornaconto personale decide di operare secondo giustizia, Dio che è SEMPRE BUONO sa dare cose buone ai suoi figli!
Qui possiamo però cogliere un ulteriore e fondamentale aspetto della Parola: Dio non farà tribolare a lungo, attendere a lungo i suoi eletti, che giorno e notte Lo implorano e farà loro giustizia.

Dunque: l'attesa, in una certa misura è necessaria ed a volte lo è anche perché ci consente di comprendere, cammin facendo, che non sempre quello che noi chiediamo è giusto per noi.
Solo Dio sa cosa lo è, infatti Gesù ci assicura che Dio ci darà il "giusto", anche quando questo non corrispondesse ai nostri desideri iniziali.
Dio, dunque, premia sempre la nostra pazienza, o accordandoci ciò che chiediamo, o dandoci altro, che è veramente "buono" per noi secondo la Sua Scienza Perfettissima, e facendoci comprendere, con il passare del tempo, il nostro modo sbagliato di pregare o le nostre richieste non adatte ai nostri bisogni.

Si, Santa Teresa ha veramente detto bene: LA PAZIENZA OTTIENE TUTTO!

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