domenica 13 gennaio 2019

Pensieri per lo spirito

"MA EGLI SI RITIRAVA
IN LUOGHI DESERTI"
Battesimo del Signore (C)



Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 3, 27-30) 
Erode, Giovanni rispose: «Nessuno può prendersi qualcosa se non gli è stata data 
dal cielo. Voi stessi mi siete testimoni che io ho detto: «Non sono io il Cristo», 
ma: «Sono stato mandato avanti a lui». Lo sposo è colui al quale appartiene la sposa; 
ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. 
Ora questa mia gioia è piena. Lui deve crescere; io, invece, diminuire».

Dal Vangelo secondo Luca (Lc 5, 15-16)
Di lui si parlava sempre di più, e folle numerose venivano per ascoltarlo 
e farsi guarire dalle loro malattie. 
Ma egli si ritirava in luoghi deserti a pregare.




Il Battesimo di Gesù segna l'inizio della sua missione nel mondo. Si conclude così il tempo di Natale, con questa scena di un Cristo ormai adulto, in un perfetto cerchio di significato che si chiude, perché l'incarnazione del Verbo è finalizzata proprio a questo: annunciare il Regno del Padre, spronare alla conversione dei cuori, al cambiamento delle vite, condividere tutto, fino al dono dell'esistenza stessa. 
Gli ultimi giorni che portano alla fine del tempo festivo ci offrono una liturgia della Parola che è già centrata sul mistero del Battesimo e della missione di Gesù. Giovanni, nel sabato che precede la festa odierna, ci porta in avanti, con un piccolo balzo temporale: Cristo ha già cominciato a fare quello per cui è venuto nel mondo, sta battezzando anche lui, le folle accorrono. I discepoli del Battista vanno da quest'ultimo per riferirgli quanto accade. Forse, secondo modalità ancora umane, temono che il nuovo "battezzatore e predicatore" rubi la scena al loro maestro. Ma Giovanni Battista è di un'altra pasta e vive veramente come il chicco di frumento che muore per dare frutto: è Gesù la vera guida, è lui che ha il compito più grande, è lui che è più grande. Nel vero servizio non c'è rivalità, non c'è vanagloria. Il dono che l'altro è, i doni che mette a disposizione per il bene della comunità non sono motivo di gelosia e contese, ma, al contrario, di gioia.
E questa gioia dovrebbe invadere il cristiano: Gesù è venuto per ogni uomo, per dirgli che c'è un Padre che lo ama e che lo vuole felice nella dimensione terrena e (soprattutto) in quella ultraterrena; per dirgli che non ci può essere felicità se non nell'abbandonarsi a questo amore e nell'amare anche il prossimo, così come si è amati gratuitamente da Dio.
Un sogno a occhi aperti, dunque, per il credente che si lascia toccare dal Cristo venuto nel mondo? No, la realtà è un dato di fatto con il quale bisogna fare i conti. Il venerdì prima dell'Epifania è stata la Parola tratta dal Vangelo di Luca a fare il punto della situazione, a renderci più consapevoli che credere non risolve i nostri problemi "umani". Gesù guarisce un ammalato di lebbra, uno che vive praticamente ai margini della società, un vero e proprio appestato che non può avere contatti con nessuno, ed è escluso da tutti a causa della sua malattia. A quel punto la fama di Gesù cresce, le folle vengono da lui per ascoltarlo e farsi guarire dalle proprie infermità.... ma – annota Luca – egli si ritirava in luoghi deserti a pregare
Come a dire: l'azione di Dio non può essere pilotata da quella dell'uomo. I progetti divini non sempre coincidono con quelli umani. La chiosa lucana sembra suggerire che Gesù non si concedesse sempre alle folle, non predicasse a chiunque glielo chiedesse, non guarisse tutti gli ammalati portati al suo cospetto.
È certamente un mistero: persone affamate di Parola e di sanità venivano da lui, ma magari tra queste vi erano semplicemente dei curiosi e dei mistificatori, interessati ad ascoltare e vedere solo per mettere alla prova e per denigrare.
Ma tutti quelli che erano animati da rette intenzioni, da vera fede, perché non hanno  ricevuto una risposta positiva alla propria richiesta? 
Impossibile rispondere. È il mistero della fede stessa, che chiede di credere senza aver visto, di affidarsi senza prevedere il futuro terreno, di fidarsi anche quando alla ragione e ai sentimenti tutto sembra contrario ai propri desideri, alle proprie aspettative di pienezza. 
L'attimo è quello in cui si gioca la salvezza, il momento per momento in cui rinnovare il proprio a Dio, la propria sicurezza nella vita eterna che viene dopo e oltre ogni esperienza umana. L'annuncio del Regno è l'unica certezza da accogliere, quella di sapere che esiste un Dio che letteralmente muore d'amore per l'uomo. Solo radicati nell'amore è possibile restare fedeli a quel Gesù che, a volte, sembra rimanere sordo alle richieste dell'uomo... così come Egli è rimasto fedele a quel Padre che, dall'alto del Cielo, è sembrato non ascoltare il grido del Figlio issato sulla Croce.
Quando la vita (o, più semplicemente, il nostro io) con le sue domande di amore, salute, sicurezza economica e quanto altro si possa immaginare, ci attornia come una folla che alza la voce e pressa per avere risposte, ritiriamoci anche noi nel deserto, a pregare nel silenzio, affinando le orecchie per ascoltare quel Dio che, spesso, non parla nel tuono e nel vento impetuoso, ma nel soffio flebile, gentile, non invadente. Come una carezza.