domenica 12 ottobre 2014

"PARA VOS NACI" - "Per voi sono nata" - Triduo a Santa Teresa d'Avila. 1° giorno: la mistica sponsale



 
 "Vostra sono, per voi nacqui,
che volete voi da me?

Vostra son, ché mi creaste,
vostra, ché mi riscattaste,
vostra, ché mi sopportaste,
vostra, ché a voi mi chiamaste,
vostra, ché anche mi attendeste
e dannar non mi faceste.
Che volete voi da me?

Vostra sono, per voi nacqui,
che volete voi da me?"






Il quinto centenario della nascita di S. Teresa di Gesù (anno giubilare che si aprirà ufficialmente il prossimo 15 ottobre) si incardina attorno ad un verso di una poesia teresiana: "Para vos naci" - "Per voi sono nata".

Sono parole che Teresa rivolge al Dio Uno e Trino, quel Dio al Quale ella si è completamente donata, e al Quale completamente appartiene.
La poesia in un certo senso ripercorre l'intera esperienza mistica e spirituale della santa: i travagli vocazionali, le alternanze di aridità e grazie nell'orazione mentale, le altalenanze dello stato di salute.
Sembra quasi di trovarsi davanti ad una promessa sponsale: Teresa, come sposa di Gesù accetta consapevolmente tutto ciò che proverrà dalle Mani della Trinità, dal Suo Dio.
E' l'equivalente di quello scambio reciproco che gli sposi realizzano nel Sacramento del matrimonio.
Teresa in questo componimento, quasi sembra rinnovare quanto ha già "affermato solennemente" emettendo i voti religiosi e quindi "sposandosi" con Dio: Gli promette nuovamente e probabilmente con una consapevolezza e maturità più intensa che nel passato, fedeltà nella salute e nella malattia, nella ricchezza e nella povertà, nelle vicende fortunate della vita, così come nei momenti di difficoltà e di  rovesci temporali, di successi apostolici e di insuccessi... fino alla morte.

L'espressione più sponsale - in senso stretto - la si ritrova in questa strofa:

"Voi vedete qui il mio cuore,
io lo pongo in vostra mano,
con la vita, il corpo, l'alma,
le mie viscere e il mio amore;
dolce Sposo e Redentore,
poiché a voi mi sono offerta:

che volete voi da me"?


La resa di Teresa è ormai "totale", completa. Dopo anni di travagli, di aridità e di "rilassamento" nella vita religiosa....
Teresa è una donna, Teresa è donna innamorata. Teresa è innamorata di Dio. Di quel Dio che Si è fatto Carne, che Si è reso umanissimo in Cristo. Ecco perché, parlando con Dio, Teresa non usa a caso l'immagine del porre il suo cuore nella "mano" di Dio. E lo fa rivolgendosi proprio a Dio Figlio, allo "Sposo e Redentore" cui si è offerta.
Teresa, come tutte le vere spose, è pronta a seguire "fino in capo al mondo" il suo sposo.
Ella stessa lo afferma, arrivando a quel paradosso dell'anima mistica che è disposta finanche ad accettare l'inferno, vedendosi coperta di peccati, e che - sempre in questo parossismo d'amore (in senso positivo, non esagitato) - ammette che pure in quel luogo di dannazione... amerebbe Dio:

"Sia ricchezza o povertà,
il conforto o lo sconforto,
sia letizia oppur tristezza,
sia l'inferno oppure il cielo,
vita dolce, sol fulgente,
poiché intera è la mia resa.
Che volete voi da me?"


L'amore di Teresa è così come lo descrive il Cantico dei Cantici, libro biblico che non solo racconta la sublimità dell'amore sponsale secondo il progetto di Dio, ma  è anche espressione dell'unione dell'anima con l'Amato (di cui il matrimonio sacramentale è segno): "Forte come la morte è l'amore" (Ct 8,6).
La Liturgia della Parola di quest'oggi, XXVIII Domenica del T.O. si presta ad un ampliamento del commento: san Paolo (nella seconda lettura), esprime sostanzialmente gli stessi sentimenti che la riformatrice del Carmelo manifesta nella sua poesia.
"Tutto posso in Colui che mi da' la forza" (Fil 4,13): vivere nella ricchezza e nella povertà, nella fame e nella sazietà, nell'abbondanza e nell'indigenza (cfr Fil 4,12).
Teresa è quell'invitata al banchetto di nozze che, dopo un iniziale periodo di tiepidezza, non si è lasciata ripetere due volte l'invito alla festa di cui parla il Vangelo (Mt 22,1-14).
Ecco perché può permettersi di chiedere al Signore: "Che volete voi da me"?
Solo chi ama veramente può pronunciare questa domanda con piena responsabilità interiore, nella "determinata determinazione" (usando sempre il linguaggio teresiano) di fare tutto ciò che Dio dirà, nella Sua risposta.
Perché solo chi si è totalmente donato, abbandonato, consegnato, è pronto a realizzare quello che l'Amato chiede, in atteggiamento di completa disponibilità e fiducia.
Credo che allora, in questi giorni del triduo a Santa Teresa d'Avila, potremmo fare nostre - come preghiera - proprio queste strofe della sua poesia.
Come membri della Chiesa siamo tutti "sposati" a Cristo Sposo; come Figli del Padre dobbiamo essere pronti a fare la Sua volontà; come inabitati dallo Spirito Santo che ci ha lavati dal peccato originale, che ci monda dai peccati nella confessione e ci fortifica nella Santa Cresima, dobbiamo sempre lasciarci trasformare dai Suoi doni.
Anche la nostra anima, dunque, può prorompere nella dichiarazione d'amore al Suo Dio Trinità: "Vostra sono, per voi sono nata"!

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