lunedì 5 settembre 2011

IL SILENZIO DELLE PAROLE o LE PAROLE DEL SILENZIO?


"Silenzio e parola sono insieme congiunti: 
si può vivere il nostro parlare solo se si vive il nostro silenzio;
non si può vivere il nostro silenzio che in ordne alla nostra parola, 
perché il silenzio da solo sarebbe puro egoismo, la morte, il chiudersi in sé.

Ma è morire il parlare senza fare silenzio, 
perché allora non doni più nulla 
e non vivi nemmeno più: 
ti disperdi, ti svuoti". 

(Don Divo Barsotti, La mia giornata con Cristo)




L'importanza della parola la troviamo espressa nell'apertura del Vangelo di Giovanni: è il prologo stesso che esalta il LOGOS:
"In principio era il Verbo, 
tutto è stato fatto per me mezzo di lui
e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste".
(Gv, 1-3)

Queste parole del Santo Vangelo sottolineano dunque l'importanza della parola, ma non di una parola qualunque, bensì di quel Dio vivente che è Parola che agisce, opera, ama.
Una Parola che racchiude in sè la donazione perfetta e completa, la capacità creativa, una sintesi -potremmo dire- di pensiero di azione contemporaneamente amorevoli e ragionate.
Una Parola che si mantiene "viva ed efficace", poiché, come ci dice anche il profeta Isaia,

 "la parola uscita dalla mia bocca: 
non ritornerà a me senza effetto,
senza aver operato ciò che desidero 
e senza aver compiuto ciò per cui l'ho mandata".
(Is 55, 11).

Quale importanza ha dunque la parola, ma la Parola di Dio è tanto diversa dalla nostra!
Dobbiamo dunque "lavorare" sul nostro parlare, per evitare che esso sia dispersivo, e renderlo invece essenziale, sull'esempio di quello di Nostro Signore.

Suor Maria Amata di Gesù, una carmelitana scalza vissuta nel 1800, scrisse un breve testo, intitolato "I dodici gradi del silenzio", che in prima battuta ci dice:

"La vita interiore potrebbe consistere in una sola parola: silenzio!
Il silenzio prepara i santi, li comincia, li continua, li perfeziona.
Dio, che è eterno, non dice che una sola parola: il Verbo.
Ugualmente sarebbe da desiderare 
che tutte le nostre parole 
esprimessero Gesù direttamente o indirettamente".

La monaca carmelitana ci dà un primo aiuto per capire come rendere essenziali le nostre parole: coltivare la vita interiore, il silenzio, per renderci capaci di esprimere poi, con le nostre parole, Gesù, il Verbo Incarnato!
D'altronde, se vogliamo essere "luce del mondo e sale della terra"  è proprio Gesù che dobbiamo trasmettere e vivere in ogni nostro atto, pensiero, parola.

Perché il silenzio è tanto importante?
Principalmente perché ci aiuta a guardarci dentro....e guardandoci dentro, eliminati tutti i frastuoni delle preoccupazioni, del superfluo materiale, del pettegolezzo, delle sfaccettature rumorose del nostro carattere, ci spinge ad incontrare Dio nella preghiera.
Diceva Papa Benedetto XVI nella sua catechesi del 10 agosto:  
"Il silenzio è la condizione ambientale che meglio favorisce il raccoglimento, l'ascolto di Dio, la meditazione.
Già il fatto stesso di gustare il silenzio, di lasciarsi riempire dal silenzio, ci predispone alla preghiera".

L'esperienza del silenzio è l'unica che spinge all'apertura totale dell'amante con l'Amato, similmente a quanto accade ad una coppia di innamorati, che per comunicarsi il proprio amore non sceglie luoghi affollati, ma un luogo silenzioso, al riparo dalla folla e dal trambusto.
Il silenzio ci spinge ad aprirci totalmente, lontano dall'indiscrezione degli altri, lontano dai "disturbi" che il resto ci provoca.
La stessa cosa accade con Dio: il silenzio genera la nostra vicinanza a Lui, e dalla vicinanza nasce la comunicazione del nostro io più profondo. 
Ci apriamo a Lui e Lui si fa ascoltare.
Cominciamo a dialogare veramente con il Signore.
Solo nel silenzio possiamo cogliere i segnali, a volte apparentemente deboli, della voce di Dio.
Scrive sempre il Papa: "Il grande profeta Elia, sul monte Ober, assistette a un turbine di vento, poi a un terremoto, e infine a lampi di fuoco, ma non riconobbe in essi la voce di DIo; la riconobbe invece in una brezza leggera."

Sono tanti gli esempi del "silenzio" in cui Dio parla, sempre nell'Antico Testamento.
Bello e significativo è quello di Samuele, che viene chiamato da Dio nottetempo, quanto tutto intorno c'è silenzio e si può imparare ad asscoltare la voce divina, poiché solo nel silenzio non viene "coperta" da altro.
Eppure, inizialmente Samuele non riesce ad identificare la voce di Dio, e pensa che a chiamarlo sia una voce umana, quella del sacerdote Eli, che stava riposando nel Tempio.
Solo alla terza chiamata il giovane percepisce nettamente la provenienza della "voce" ed interiorizza che a chiamarlo non è uno qualsiasi, ma l'Onnipotente.
Questo insegna qualcosa anche a noi: quando cominciamo a servire il Signore dobbiamo imparare e continuare sempre a fare silenzio intorno a noi, per renderci progressivamente più capaci di percepirne i segnali.
Segnali che spesso, mano mano che progrediamo nella vita spirituale, si fanno sempre più impercettibili, proprio come la brezza di venta dell'episodio di Elia di cui ha parlato il Papa.
Nostro compito è custodire il silenzio, per rendere il nostro orecchio spirituale sempre più fine, maggiormente capace di acoltare e riconoscere i segnali "sonori" di Dio.
Torniamo all'esempio degli innamorati: una coppia non passerà tutto il tempo vissuto insieme dicendosi "ti amo" o facendosi dichiarazione in grande stile.
Ma saprà dimostrare l'affetto vicendevole attraverso tante piccole attenzioni, che l'altro saprà legere se avrà imparato a fare silenzio, ad eliminare il superfluo, ad ascoltare i segnali (anche non verbali) con cui una persona può dimostrare il proprio amore.
Guai a quelle coppie, a quegli amici, a quei genitori-figli, che non riescono più af aarlo!
Diventano, come ci diveva don Divo all'inizio di queste riflessioni, come morti! 
Non sanno donarsi più, perché non sanno ascoltare, non sanno fare silenzio.
Perdono la capacità delle piccole attenzioni, dei piccoli segni che esprimono l'amore.
E allora se si è incapaci di dire l'essenziale nel poco, si diventa incapaci di dirlo anche con enfasi....e l'amore non viene alimentato.
I rapporti si consumano perché gli affetti, non alimentati, si estinguono.

Come possiamo allora fare silenzio per ascoltare Dio?
Suor Amata di Gesù ci invita a "coltivare a vita interiore": dunque, lettura e meditazione del Santo Vangelo, partecipazione ai Sacramenti, preghiera anche come orazione, come colloquio spontaneo col Signore, fedeltà alla Chiesa.
Tutte queste possono aiutarci ad alimentare il rapporto intimo, personale con Dio, e ci avviano ad un progressivo mettere a tacere le nostre passioni, i nostri impeti di carattere, la nostra stessa volontà.
In tal modo possiamo mettere in pratica quello che Gesù ci dice nel Padre Nostro: "Sia fatta la tua volontà".
Dobbiamo renderci come bimbi che, per imparare ad essere bene educati, devono fidarsi dei propri genitori, e mettere da parte le proprie inclinazioni, le proprie "monellerie", perché "le mie vie non sono le vostre vie" ci dice il Signore e noi troveremo la felicità solo seguendo la strada che Dio traccia per ciascuno di noi.

Arrivati a questo punto, si potrebbe dire: c'è un' apparente contraddizione, Dio ci parla, ma noi dobbiamo ascoltarlo nel silenzio.
Perché?
Perché, come Suor Amata di Gesù ci ha in parte accenato, DIO SA parlare, noi invece dobbiamo imparare a farlo.
Noi moltiplichiamo le parole mentre Gesù ci dice di pregare usandone poche, quelle essenziali.
Amare non vuol dire parlare molto, vuol dire esprimere l'essenziale, donarsi, esserci, dove l'esserci indica la totalità, appunto, del dono.

Scrive Don Divo: "Che fatica parlare, se veramente parliamo! Noi generalmente non parliamo: chiaccheriamo.
Parliamo per non impegnarci, viviamo in superficie".
Analizziamo le nostre parole: tante volte sono un misto di pettegolezzo, curiosità, cose mondane che lasciano il tempo che trovano.
Parliamo di Dio? Parliamo dei nostri veri sentimenti, dei problemi reali della vita?
Quante parole risparmieremmo, se facessimo quest'analisi!
Quanto tempo potremmo realmente dedicare all'amore, se diminuissimo il numero delle nostre parole!

Per ridare contenuto alle nostre parole, senza bisogno di moltiplicarle all'infinito, dobbiamo prima fare silenzio e dare un contenuto a questo nostro silenzio, attraverso, appunto, la vita interiore, che ci riempie di Dio!
Il silenzio poi, ci lavora anche esternamente: ci rende maggiormente capaci di ascoltare quello che Dio ci chiede attraverso la Parola, la partecipazione ai Sacramenti, la preghiera.
Ci aiuta scoprire ciò che in noi non corrisponde al nostro professarci cristiani cattolici, ci aiuta a limare gli spigoli del carattere, a controllare gli impulsi della natura.
Infine, ci conduce all'ascolto di quello che Dio ci chiede tramite il fratello, la sorella che mi sono accanto, che nei loro bisogni richiedono la mia CARITA', il dono di me stesso!
Allora, nello spendermi per l'Altro comincio a spendermi anche per gli altri, e lavorando su me stesso potrò usare meno parole e più Parola....la Parola vivente!
Papa Luciani diceva: "la predica è la vita".
Che anche la nostra vita, con meno parole e più silenzio, si faccia veramente "specchio" dell'unica Parola realmente necessaria!

 "La parola vive nella storia dell'uomo
 come dimensione fondamentale
 della sua esperienza spirituale". 

(Giovanni Paolo II, Dono e mistero)



Quando trovo
in questo mio silenzio
una parola
scavata è nella mia vita
come un abisso

(Giuseppe Ungaretti)

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