LA PORTA STRETTA
La gara dell'amore
L'amore è una porta stretta; l'amore è una via angusta. Il Vangelo presenta senza mezzi termini il paradosso dell'amore, anche se Gesù lo dice indirettamente, quando invita a trovare quella strada che conduce alla vita, sottolineando che pochi riescono a scoprirla. Potremmo anche aggiungere: che ancor più pochi sono quelli che riescono a perseverare su di essa.
Vale la pena, allora, amare? Se l'amore per Dio, per me stesso e per l'altro mi conduce a questa porta stretta, a una via angusta, conviene ancora darsi da fare in nome dell'amore?
Amare è faticoso. Non si tratta dell'amore facile, veloce, egoista, materialista... quello a cui si accede attraverso porte larghe che immettono su vie che rovinano l'uomo, lo annientano, lo rendono sterile dopo aver promesso di spegnerne ogni sete. Amare è faticoso nel momento in cui non si mette il proprio "io" al primo posto, ma si scende dal piedistallo su cui ci si auto-idolatra, e si accetta di eseguire l'esercizio di vedersi piccoli, colmi di mancanze, di difetti, coltivatori di errori e seminatori di giudizi.
L'amore faticoso è l'amore vero, come quello di Gesù, che per questo amore ha dato tutto se stesso agli uomini, per arricchirli di ogni bene: di conoscenza sul Dio-Amore, di relazioni umane sane, di affetto, di guarigione interiore, di sollievo fisico, di speranza per la vita eterna, di "certezze" sul destino ultimo dell'uomo che segue Dio.
E se Dio è Amore, allora Gesù stesso è "faticoso", nel momento in cui lo si prende come "via". D'altronde, così Egli si definisce nel Vangelo: via, verità e vita (cfr. Gv 14,6).
Fare di Cristo la nostra unica guida, la nostra luce, entrare in Lui, assimilarne i sentimenti (cfr. Fil 2,5), i modi di fare, la modalità di rapportarsi al Padre e agli altri, è difficile. È difficile sempre, in un certo senso, perché in ogni momento della nostra esistenza ci chiede di scendere ancora da quel famoso piedistallo, per innalzarci sopra Dio solo, e saper così guardare con occhi buoni, misericordiosi, caritatevoli, anche il fratello che ci sta dinanzi. In fondo, si tratta di passare da uno... sport a un altro: allenarsi a vedere la trave nel proprio occhio, anziché la pagliuzza in quello del prossimo (cfr. Mt 7,1-6). Gesù non è la scorciatoia per vincere barando. Gesù è la scorciatoia per raggiungere la meta con una marcia in più rispetto a chi non lo ha per modello, maestro e amico. Gesù è scorciatoia perché ci spiega il metodo infallibile: l'amore che si declina in mille sfaccettature: sorriso, perdono, pazienza...
Se seguendo Gesù entriamo in Lui quale "via" e "porta", accedendo alla Verità, allora Gesù entrerà in noi e ci trasformerà. Ci renderà capaci di fare di ogni situazione e persona una porta e una via, spesso strette, spesso anguste, ma sempre accessibili, se lo vogliamo veramente: la persona che ci infastidisce e quella che ci sta antipatica; il contrattempo e il problema; l'attesa; l'incomprensione; lo sfumare dei nostri progetti... tutto diventerà porta stretta da attraversare con l'amore, via angusta da percorrere senza giudicare, senza inveire, senza perdere la fiducia. L'amore vero ci renderà sottili, capaci di attraversare gli spazi più angusti. «Chi ci separerà dall'amore di Cristo? Forse la tribolazione, l'angoscia, la persecuzione, la fame, la nudità, il pericolo, la spada?» (Rm 8, 35). E allora potremo dire, ancora, con san Paolo: «Non ritengo in nessun modo preziosa la mia vita, purché conduca a termine la mia corsa e il servizio che mi fu affidato dal Signore Gesù, di dare testimonianza al vangelo della grazia di Dio» (At 20.24). Questo è la gara dell'amore.
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