lunedì 21 marzo 2016

Pensieri per lo spirito


GIUSTIZIA E MISERICORDIA
La salvezza dell'uomo "integrale"


La Croce, ma ancor più il Cristo Pasquale, rappresenta l'emblema della salvezza dell'uomo "integrale", fatto di una unità inscindibile di corpo e anima. L'armonizzazione che il Messia attua tra giustizia e misericordia mira allora proprio a questa redenzione "totale" dell'essere umano, come ben sottolinea anche il profeta Isaia.



Ingresso di Cristo a Gerusalemme, Hippolyte Flandrine (1842)


«Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. 
Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. 
Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. 
Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento». 
Così dice il Signore Dio, che crea i cieli e li dispiega, distende la terra con ciò che vi nasce, dà il respiro alla gente che la abita e l’alito a quanti camminano su di essa: 
«Io, il Signore, ti ho chiamato per la giustizia e ti ho preso per mano; ti ho formato e ti ho stabilito come alleanza del popolo e luce delle nazioni, perché tu apra gli occhi ai ciechi e faccia uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre».
(Is 42,1-7)


DUE REALTÀ ARMONIZZATE IN CRISTO

In Cristo , redentore dell'umanità - giustizia e misericordia trovano la loro perfetta armonia. L'Eletto, il Figlio Unigenito, l'Unto del Signore viene a stabilire «il diritto sulla terra» (Is 42, 4) e a proclamarlo «con verità» (Is 42, 3).
Ma questa giustizia, annunciata senza mezze misure, senza stratagemmi, senza scorciatoie, è perfettamente accompagnata dalla misericordia, quella che rende possibile mantenere e rinsaldare l'Alleanza con l'uomo, nonostante il suo peccato, e guarirlo dalle sue ferite, sanando i ciechi, liberando i prigionieri e i reclusi (cfr. Is 42, 7).

La Passione come legame tra giustizia e misericordia

«Nella passione e morte di Cristo - nel fatto che il Padre non risparmiò il suo Figlio, ma "lo trattò da peccato in nostro favore" - si esprime la giustizia assoluta, perché Cristo subisce la passione e la croce a causa dei peccati dell'umanità. Ciò è addirittura una "sovrabbondanza" della giustizia, perché i peccati dell'uomo vengono «compensati» dal sacrificio dell'Uomo-Dio. Tuttavia, tale giustizia, che è propriamente giustizia "su misura" di Dio, nasce tutta dall'amore: dall'amore del Padre e del Figlio, e fruttifica tutta nell'amore. Proprio per questo la giustizia divina rivelata nella croce di Cristo è "su misura" di Dio, perché nasce dall'amore e nell'amore si compie, generando frutti di salvezza. La dimensione divina della redenzione non si attua soltanto nel far giustizia del peccato, ma nel restituire all'amore quella forza creativa nell'uomo, grazie alla quale egli ha nuovamente accesso alla pienezza di vita e di santità che proviene da Dio. In tal modo, la redenzione porta in sé la rivelazione della misericordia nella sua pienezza» [1].

Misericordia per l'uomo "integrale"

«La signoria di Dio si manifesta nella guarigione integrale dell'uomo. Con ciò Gesù vuole rivelare il volto del vero Dio, il Dio vicino, pieno di misericordia per ogni essere umano; il Dio che ci fa dono della vita in abbondanza, della sua stessa vita» [2]. 
Isaia sottolinea esattamente il fine divino della regalità di Cristo, il cui trono è la Croce: il linguaggio profetico è un linguaggio che parla usando termini che si rifanno alla corporeità dell'uomo, ma anche alla sua dimensione interiore, spirituale, psicologica. Così la cecità può essere intesa tanto in senso reale, quanto metaforico, come in effetti il profeta sembra voler dire, ripetendo due concetti apparentemente uguali, ossia fare «uscire dal carcere i prigionieri, dalla reclusione coloro che abitano nelle tenebre» (Is 42, 7). La prima delle due espressioni sembra avere una connotazione maggiormente concreta, mentre la seconda ha una portata inequivocabilmente simbolica. La venuta di Gesù, dando attuazione reale alla profezia, manifesterà esattamente l'intento divino di una liberazione dell'uomo che, coniugando giustizia (= verità) e misericordia (= amore che si fa compassione), guardi alla persona nella sua totalità di corpo e di spirito.
D'altronde, il male che affligge l'essere umano - tanto nella carne quanto nell'anima - è un male che dipende sia dalla natura "carnale" di cui la creatura è fatta, sia dalla sua "devianza" da Dio, scaturita dal peccato originale. Ma il progetto iniziale dell'Altissimo era quello di un uomo integralmente sano, integralmente retto, puro, giusto e misericordioso.

Pienezza di vita

Così, la liberazione attuata dal Messia salvatore, dal Messia re (ma non re secondo i canoni umani) dovrà necessariamente ristabilire questa unità inscindibile di corpo e di spirito, recuperare la dimensione di "uomo nuovo" nella sua integrità.
In tal senso, Gesù affianca alle guarigioni degli ammalati, quelle degli indemoniati e dei peccatori come Zaccheo, Matteo, o come la Samaritana, l'Adultera e la Maddalena.
La  rivelazione della misericordia divina, che troverà il suo vertice nel Cristo pasquale [3] - morto e risorto -  proprio perché perché sarà anche vertice della giustizia divina, diventa allora fonte di vita per l'uomo: «Con ciò Gesù vuole rivelare il volto del vero Dio, il Dio vicino, pieno di misericordia per ogni essere umano; il Dio che ci fa dono della vita in abbondanza, della sua stessa vita. Il regno di Dio è pertanto la vita che si afferma sulla morte, la luce della verità che disperde le tenebre dell'ignoranza e della menzogna» [4].

IN CAMMINO VERSO LA PASQUA

Il credente non può incamminarsi verso la Pasqua scindendo l'anima dal corpo. D'altronde, le tre dimensioni che caratterizzano la Quaresima - richiamando l'impegno del fedele - sono quelle che coinvolgono entrambe le dimensioni: preghiera-carità-digiuno. Avvicinarsi all'evento più importante nella storia della salvezza richiede dunque un recupero dell'integrità umana. Il cristiano è cristiano "per intero", non a metà. In questo senso, l'anno liturgico non fa che ripetere quanto già il Natale mette in evidenza nelle prime tappe del percorso che, ogni anno, accompagna il fedele nel corso della storia: Dio si è fatto uomo, ha unito inscindibilmente l'umanità alla divinità, non ha disprezzato ciò che Egli stesso ha creato, ma anzi, attraverso l'Incarnazione e la Risurrezione, l'ha sublimato. Questa sublimazione è ciò che attende l'essere umano che verrà accolto nel regno dei beati, ma comincia già sulla terra, per chi sappia vivere in modo armonioso la relazione carne-spirito, a esempio del modello che Dio stesso ha dato, facendosi Egli uomo come noi.



NOTE

[1] Giovanni Paolo II, Dives in Misericordia, n. 7.

[2] Benedetto XVI, Angelus, 27 gennaio 2008.

[3] Giovanni Paolo II scrisse nella Dives in Misericordia, n. 8 che «Il Cristo pasquale è l'incarnazione definitiva della misericordia, il suo segno vivente: storicosalvifìco ed insieme escatologico. Nel medesimo spirito, la liturgia del tempo pasquale pone sulle nostre labbra le parole del Salmo: Canterò in eterno le misericordie del Signore».

[4] Benedetto XVI, Ult. cit.



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