La Liturgia della Parola di oggi mi colpisce per il legame che possiamo rintracciare tra Prima Lettura e Vangelo: dagli Atti degli Apostoli è estrapolato il racconto della lapidazione di Santo Stefano, che colmo di Spirito Santo prega per i suoi persecutori, affinché il Signore non imputi loro il peccato di cui si stanno macchiando; il brano di Matteo, ci riporta invece alle parole di Gesù, il quale invita i Suoi a non preoccuparsi di cosa dire quando verranno portati dinanzi ai tribunali e alle sinagoghe, a causa del Suo nome. Sarà infatti lo Spirito Santo a suggerire cosa fare e cosa dire.
A Stefano accadde esattamente questo e le parole "giuste", vere, forti, non gli vennero a mancare.
Ma vi sono lapidazioni meno martirizzanti nel corpo, ma altrettanto dolorose da sopportare.
Penso a figure come Maria e Giuseppe, i genitori di Gesù.
Guardando alla Madre non si può non riflettere sulla lapidazione di parola che subì: le sarà stato detto di essere una poco di buono, perché si era ritrovata incinta prima del tempo; qualcuno l'avrà definita una cattiva madre, perché aveva lasciato che il Figlio si convincesse d'essere Figlio di Dio; altri l'avranno presa per una povera pazza, al pari di Gesù, per essersi lasciata trascinare ai piedi della Croce.
E Giuseppe? Anche lui lapidato dalle parole altrui: scambiato per un cretino, perché aveva deciso di tenere con sé una donna chiaccherata a motivo di quel bimbo che di chissà chi era figlio... se Maria fu principalmente calunniata a motivo di Gesù, nel suo profilo di donna e di madre, per Giuseppe la lapidazione più atroce fu quella nella sua dignità di uomo innamorato. Probabilmente nessuno, al di fuori della sua famiglia, riuscì a comprendere l'acuto martirio del cuore subito a causa del vociferare della gente. Di quella gente che non poteva intuire un mistero così alto quale era quello della nascita di Cristo, e aveva intaccato - con le parole - l'onore di Giuseppe come uomo, come marito, facendone lo zimbello di turno, colui che agli occhi degli altri si era fatto "sottomettere" dalla donna che lo aveva (probabilmente) tradito.
Lo Spirito Santo è stato il suggeritore anche di Maria e di Giuseppe. E cosa ha suggerito loro?
A Maria - almeno per ciò che riguarda gli aspetti importanti della vita, quelli che il Vangelo ci ha tramandato - ha consigliato di rinnovare sempre il suo "sì" al progetto di Dio per la sua vita.
Ecco che allora la troviamo impegnata ad accettare la calunnia per quel Figlio dell'Altissimo il cui trono sarebbe durato per sempre, fin sotto la Croce dell'apparente fallimento umano. Fino a rinnovare il suo "fiat" in quell'annunciazione "dolorosa" che è la generazione spirituale del genere umano in Cristo Crocifisso e morente.
A Giuseppe, quello stesso Spirito Santo, ha suggerito l'operosità silenziosa: il sì di Giuseppe è la collaborazione fattiva al piano di Dio in quel seguire i segnali che lo Spirito invia in sogno, tramite gli angeli....e nel mantenere il riserbo sulla propria vita.
Se andiamo a considerare che Maria parla poco ed il suo sposo ancor meno, possiamo dire che a volte, realmente, la migliore risposta alle tante "lapidazioni" che ci vengono dall'incomprensione e dall'ostilità degli altri è il silenzio.
Poche parole; quelle necessarie; il ripetuto sì a Dio; le azioni che sono esecuzione del volere divino.
Oggi Maria e Giuseppe ci insegnano la stessa cosa che, in modo diverso, anche Santo Stefano ci indica: al martirio non si risponde con la legge del taglione ("occhio per occhio, dente per dente"). Al martirio si risponde con la pazienza di chi sa che la verità si annuncia principalmente con la fedeltà al compito ricevuto dal Signore, come ha fatto Gesù sulla Croce, in quello spazio di tre ore durante le quali dalla Sua Bocca, uscirono solo sette parole. Quelle sette parole che ci hanno spalancato la maternità di Maria, il compimento della missione del Figlio, la nostra redenzione, l'aprirsi delle porte del Paradiso.