I GESTI CHE CONTANO
Mercoledì dell'ottava di Pasqua
Lo riconobbero allo spezzare del pane. Dopo aver parlato a lungo con lui, nel tragitto; dopo essere stati probabilmente scossi dalle sue parole; dopo aver sentito che qualcosa, nei loro cuori, si muoveva all'emozione irrazionale, inspiegabile, apparentemente senza motivo...
Non era dalla sua presenza fisica, dal camminare fianco a fianco, e neppure dalla voce e dalla profondità e chiarezza dei suoi discorsi che i discepoli di Emmaus erano riusciti a comprendere che il "forestiero" accanto a loro era Gesù. Strano, ma vero... loro che forse l'avevano visto tante volte negli ultimi anni e lo avevano ascoltato, marciando con lui durante la predicazione, capiscono solamente al gesto della frazione del pane. Quasi come se attorno alla mensa si fosse creata un'atmosfera diversa, finalmente intima e familiare, di cose forse scontate fino a quel momento, ma trasformatesi in ricordi preziosi, adesso che Gesù non era più con loro e tutto sembrava finito per sempre. E lì, seduti a quel tavolo, al suono della voce del Maestro, allo scroscio croccante del pane e alla sua condivisione, cadde dai loro occhi il velo che impediva di vedere un uomo. Un uomo risorto.
Stolti e lenti di cuore! Avevano avuto bisogno non di parola, ma di fatti, di gesti, per credere! E questo siamo anche noi: stolti e lenti di cuore, spesso incapaci di fidarci delle sole parole uscite dalla bocca di Dio; deboli nel mettere in pratica quanto ci viene detto dalla Scrittura; sfiduciati circa il compimento delle promesse di vita che Egli ha fatto all'umanità. Gesù questo lo sa, e una volta risorto, pur usando ancora le parole, coi discepoli di Emmaus da queste passa poi ai fatti. Accetta l'invito a fermarsi con i suoi due compagni di cammino, per condividere con loro il pasto serale. È qui che le parole, pur presenti nella preghiera di benedizione, sembrano lasciare spazio ai gesti: prendere il pane, spezzarlo, distribuirlo. Le mani di Gesù diventano la concretezza di cui l'uomo sente la necessità per credere e fidarsi. È vero, la fede chiede di superare la ricerca costante di prove, ma Dio non disdegna di venire incontro all'uomo che vacilla, che è timoroso, abbattuto. Ma se fa questo, chiede poi di non perdere tempo. Infatti, riconosciuto dai discepoli, Gesù scompare, e i due, «senza indugio» si mettono nuovamente in cammino, per annunciare agli Undici e agli altri seguaci di Gesù, la bella notizia della Risurrezione.
Incontrare il Signore risorto è testimoniarlo nella vita. E non solo a parole, ma anche e soprattutto coi fatti. Perché anche gli altri, stolti e lenti di cuore come noi siamo stati (e siamo ancora!) possano vedere che la fede non è un quadro astratto, ma un'opera concreta, che fa vedere la vita intera sotto un'altra luce, proprio perché fatta di gesti che rispondono ai bisogni di amore dell'altro che ci sta accanto, così come Gesù si è fatto parola, ma anche gesto, per sfamare d'amore ogni uomo.
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