"Cibo e Parola"
(in collaborazione con Enza del blog Foodtales)
Prende avvio una collaborazione con una cara amica, Enza, talentuosa food artist, titolare del blog "Foodtales", nonché scrittrice di filastrocche.
La nostra amicizia ci ha spinte a unire le nostre diverse rispettive competenze e passioni, accomunate dall'unico denominatore massimo: la fede condivisa, oltre che vissuta personalmente.
Nasce così "Cucina e Parola", una piccola rubrica in cui parlare di Vangelo attraverso il cibo e gli spunti di riflessione che questi offre. D'altronde, Gesù non ha scelto la tavola imbandita come luogo attorno al quale conquistare molti peccatori? E non ha lasciato Se Stesso - all'uomo - sotto le Specie del pane e del vino, di cui ancora oggi ci si può nutrire, raccolti attorno alla Mensa Eucaristica?
Il primo frutto di questa collaborazione ha per tema San Martino, santo ricordato - a livello popolare - per la storia del mantello che condivise con un povero mendicante, ma anche per le castagne e per il vino che si è soliti consumare in occasione della sua festa, in molte località d'Italia. Una tradizione culinaria che ha dato origine a molti proverbi. E' possibile trarre un qualche spunto di riflessione spirituale, da tutti questi elementi? La castagna e il vino possono rimandarci - simbolicamente - ad altre realtà più profonde? Leggete... e lo scoprirete!
Soldato di Roma o soldato di Cristo?
Tuttavia, cresciuto a Pavia, dove il padre era stato trasferito per lavoro, Martino ha modo di conoscere la fede cristiana attraverso l'incontro con una famiglia credente. A dieci anni, e all'insaputa dei genitori, il piccolo rimane affascinato dallo "stile" di vita cristiano e, due anni più tardi, decide di diventare catecumeno (di compiere, cioè, un percorso di iniziazione cristiana in preparazione al Battesimo), scappando di casa. Rientrato in famiglia, grazie all'intervento dei suoi amici, il padre ne perdona il colpo di testa, ma lo mette anche dinanzi alle sue responsabilità di cittadino romano. Martino entra così nell'esercito, e viene inviato nella Gallia. Qui si dimostrerà soldato di Roma, ma anche soldato di Cristo.
Il mantello della carità
Il ricordo popolare di san Martino viene spesso associato alla storia del suo mantello. L'episodio si colloca nell'inverno del 335, un inverno particolarmente rigido, che stava mietendo già molte vittime. Il santo ha poco meno di vent'anni. Durante una ronda notturna, incontra un mendicante seminudo, attanagliato dal freddo, che chiede l'elemosina. Martino non ha denaro o cibo da dargli. Non porta niente con sé, sotto la sua uniforme di soldato. Al contempo, non se la sente di proseguire, come altri avevano probabilmente già fatto. Mosso dalla carità, Martino sfodera la spada e divide in due il proprio mantello. Ne dà una metà al povero, tenendo l'altra per sé, attirando così la derisione di molti dei presenti.
Il famoso affresco di Simone Martini, che illustra l'episodio (1317 ca.). L'opera si trova nella cappella dedicata al santo all'interno della Basilica di Asissi, |
La leggenda vuole che la notte seguente, abbia luogo il sognò cambierà la vita di Martino: Gesù gli apparirà attorniato da angeli e ricoperto di quella parte del mantello che aveva donato al povero. Poi si rivolgerà alle creature angeliche, dicendo loro: «Martino, il quale non è che un catecumeno, mi ha coperto con questa veste».
Simone Martini, Apparizione di Cristo e angeli in sogno a San Martino (1317 ca.) Cappella di San Martino, Basilica di San Francesco, Assisi |
Al suo risveglio, Martino troverà integro l'indumento che il giorno prima era stato diviso in due. L'episodio lo toccherà nel profondo: già catecumeno, deciderà di farsi battezzare. Il mantello, considerato una reliquia, entrerà a far parte della collezione dei re merovingi di Francia. Martino diverrà poi discepolo di sant'Ilario di Poitiers, eremita e fondatore del primo monastero in occidente, da cui partirono molti monaci missionari. Nel 373 sarà vescovo di Tours. Verrà ricordato anche per l'erezione del monastero di Marmoutier, una sorta di seminario. Apostolo instancabile anche tra la gente più umile, fonderà varie parrocchie rurali. Sarà uno dei primi santi non martiri a essere ricordato nella Liturgia.
«A SAN MARTINO, CASTAGNE E VINO»
San Martino è associato anche a vari proverbi, in cui la saggezza popolare ha saputo evidenziare la sapienza contadina, quella di un mondo forse, per tanti versi, ormai poco comprensibile ai più giovani. Uno di questi proverbi recita:
«A San Martino, castagne e vino».
Castagna e vino
La castagna era un frutto di grande importanza per le popolazioni contadine. Lo storico greco Senofonte lo definì «l'albero del pane», terminologia ripresa dal nostro poeta Giovanni Pascoli, che lo mutò ne «l'italico albero del pane». «La castagna, detta il pane di montagna, era alla base dell'alimentazione di gran parte della popolazione contadina del nostro paese. La castagna secca, un alimento nutriente quasi quanto il frumento, contiene il 59% di amido, il 4,7% di proteine , il 3% di grassi, vitamina PP ed elementi minerali tra cui calcio, ferro e potassio. In alcune regioni, come la Toscana, quest'albero e il suo frutto erano talmente importanti per la sopravvivenza della comunità che si parla di una vera e propria "civiltà del castagno". Intorno a esso sono nate tradizioni, leggende, tecniche colturali, abilità nella lavorazione artistica del legno» (Castagno, Enciclopedia Treccani on line).
Ancora oggi è diffusa, specie in certe regioni (come la Calabria) la farina di castagna, che viene impiegata per la produzione di pane e dolci. È una farina che aggiunge morbidezza e gusto ai prodotti. Inoltre, nel periodo delle festività dei Santi e della memoria dei defunti, ci si raccoglie ancora attorno alla tavola per gustare castagne cotte o caldarroste. Un po' come avveniva ai nostri antenati, che proprio in occasione della festa di S. Martino - a partire dai luoghi in cui maggiormente se ne diffuse il culto, nel Nord Italia - consumavano castagne arrostite, accompagnandole con vino novello.
L'accompagnamento delle castagne al vino novello è tradizione antica. Il giornalista enograstonomico Claudio Gambarotto definisce questa usanza come espressiva della consumazione delle primizie della terra. L'abbinamento dei due prodotti tenderebbe inoltre a esaltarne i sapori, compensando la secchezza della castagna.
Cibo per l'anima. L'unione esalta i sapori!
Simbolicamente parlando, l'incontro tra la castagna e il vino rimanda all'idea della necessità di armonizzare due cose che, certamente possono essere buone anche da sole, ma insieme lo diventano ancora di più, assumendo più gusto e completandosi, esaltandosi a vicenda. La castagna è, in un certo senso, un po' come molti esseri umani: possiede tante qualità sotto la sua scorza dura. Le persone, a volte, vanno "sfogliate" delle loro apparenze più esterne, per arrivare alla loro ricchezza interiore. Non sempre è facile, proprio per via della durezza esterna. Tante volte poi, questi talenti sono ancora allo stato grezzo (il "secco", l'"asciutto" della castagna) e vanno dunque imbevuti di qualcosa che sia in grado di eliminare questo aspetto di durezza.
La metafora, per un cristiano, non può che far pensare a Cristo, "il vino nuovo" (da non confondersi con il novello, tuttavia) che non può essere versato in otri vecchi, ma necessariamente in otri nuovi (cfr. Mt. 9,17 ). Se l'essere umano vuole dare il meglio di se stesso, è chiamato a rinnovarsi, e a portare in questa novità di vita la novità del Vangelo. Il Vangelo che tocca l'interiorità della creatura non può farsi spazio in cuore duro, arido, sigillato. Deve lasciarsi trasformare, addolcire nelle proprie asprezze. L'incontro tra l'io e Dio esalta l'uomo, perché lo rende più uomo, lo fa emergere nella sua varietà di qualità e proprietà, capaci di dare "gusto" alla vita. L'incontro tra l'io e Dio esalta Dio, perché porta maggiormente la Sua presenza nel mondo, lo rende visibile agli altri, lo "magnifica", così come proclama Maria nel suo Cantico di lode (cfr. Lc 1, 46,55). L'incontro tra l'io e Dio rende possibile l'incontro tra l'io di molti fratelli, fire a realizzare un "noi" simbolo di fraternità e carità. Proprio come san Martino testimonia, con il suo gesto "impulsivo" e controcorrente dettato dall'amore, del "fare a metà" con il povero incontrato per caso. Nell'altro si rende presente l'immagine di Dio, e dunque diventa possibile sfidare le convenzioni, le regole sociali, andare oltre l'apprezzamento medio della gente, per amore del fratello, per amore di quel Dio che "completa", che esalta, che non sottrae nulla. Questo vuole simboleggiare il gesto di Martino, nel suo incontro con il povero. Questo spiega la scelta di Gesù di apparire al giovane indossando proprio quella metà del mantello che il futuro santo aveva donato al mendicante.La condivisione, l'unione inoltre, non è mai una perdita. Perde forse qualcosa, la castagna, dal suo incontro con il vino? No, al contrario. Guadagna in bontà.
Proprio come l'uomo non perde nulla nell'incontro con Dio e con gli altri, come simboleggiato dal fatto che l'indumento di Martino verrà ritrovato, dopo il sogno, integro. Perfettamente integro. E Martino sarà più ricco: animato dal desiderio di una conformità maggiore a Cristo, di una vicinanza più forte a Dio, diventando Suo figlio, nel Battesimo.
BIBLIOGRAFIA
P. Pasquale Magro, ofm, Assisi. Storia, Arte, Spiritualità, Edizione digitale 2014, in Google Books
Régine Pernoud, Martino di Tours, Jaca Book, 1998.
Daniele Roccato, Origine dei provebi. A San Martin castagne e vin, in www.academia.edu
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