lunedì 6 luglio 2015

«IL SANGUE DEI MARTIRI E' SEME DI NUOVI CRISTIANI»

La conversione di Alessandro Serenelli,

l'aggressore di Santa Maria Goretti 

- Aspirare alla santità -





"Ero all’ultimo anno del tremendo cellulare. Avrei dovuto impazzire anch’io per tante sofferenze. Idee di disperazione mi turbavano nella mente, sempre più violente, quando una notte faccio un sogno. 
Mi vedo davanti ad un giardino, in un angolo tutto fiori bianchi e gigli. Ad un certo punto vedo scendere Marietta, bellissima e biancovestita. Man mano che coglieva i gigli me li presentava e mi diceva “prendi” e mi sorrideva come un angelo. Dinanzi a quel sorriso mi faccio animo ed accetto quei gigli fino ad averne le braccia colme. Presto però mi accorgo che quei gigli, tra le mie braccia, si trasformano in fiaccole. 
Marietta mi sorride ancora e sparisce. 
Mi sveglio di soprassalto e dico a me stesso: ormai mi salvo anch’io, perché sono certo che Marietta è venuta a trovarmi e a darmi il suo perdono. Da quel giorno non sento più l’orrore di prima per la mia vita”.

(Alessandro Serenelli racconta il sogno in cui vide Santa Maria Goretti)



 IL SANGUE DEI MARTIRI E' SEME DI NUOVI CRISTIANI

La memoria liturgica di Santa Maria Goretti ci spinge a guardare anche a quella del suo aggressore, Alessandro Serenelli. Il martirio della piccola Maria non è, infatti, dissociato dalla vicenda di questo giovane che balza agli onori della cronaca come un "disgraziato" e finisce col morire "in grazia di Dio". "Il sangue dei martiri è seme di nuovi cristiani", diceva Tertulliano. La storia di Maria Goretti ne è una prova evidentissima.

Alessandro Serenelli e Maria Goretti
Alessandro nasce in una famiglia disgregata e autoritaria. Si sposta di città in città, fino alla meta locale, in cui conoscerà Maria e i suoi genitori. Dopo la morte del padre di lei i rapporti tra le due famiglie acquisteranno un tono particolare, in un certo senso di "dipendenza padronale" dei Serenelli sui Goretti. 
Il giovane Alessandro si sente attratto da Maria, che rimane spesso sola in casa - mentre la madre lavora nei campi - per accudire i fratellini e badare alle faccende domestiche.
L'irruenza del ragazzo - incapace di indirizzare le sue attenzioni secondo modalità più "normali" - sbocca nell'assalto finale, quello che conduce all'aggressione di Maria, pronta a difendere la sua purezza fino alle estreme conseguenze.
Il perdono della ragazza gli giunge già sul letto di morte, ma è quello che succederà dopo - per vie soprannaturali - che ci consente di legare la storia dei due ragazzi e delle loro vicende spirituali così diverse, ma così correlate.
Alessandro - una volta in carcere - rifiuta inizialmente ogni conforto religioso. Accade poi qualcosa di "misterioso": un sogno viene a mutare improvvisamente l'animo di questo ragazzo arrabbiato, irruento, ad un passo dalla disperazione totale.
Che quel sogno abbia qualcosa di "reale" ce lo conferma il cambio di disposizione d'animo che irrompe nel giovane, permettendogli di abbracciare la sua (meritata) croce con rassegnazione e di incominciare un percorso di rinascita spirituale.

IL TESTAMENTO SPIRITUALE DI ALESSANDRO: PAROLE CHE SEMBRANO UN'ECO DELLA PEDAGOGIA SALESIANA
Il testamento che Alessandro ci ha consegnato è un testo breve, ma significativo.
Leggendolo sembra di ascoltare un'eco di tanti insegnamenti di don Bosco, un santo che di ragazzi "difficili" se ne intendeva parecchio. Don Bosco e Alessandro Serenelli non si incontrarono mai (Alessandro nacque nel 1882, don Bosco morì nel 1888; vissero l'uno in Piemonte e l'altro nelle Marche ), ma alla luce delle "ultime" parole dell'aggressore di Maria Goretti possiamo accostare la pedagogia salesiana a quello che fu l'esito del percorso spirituale di Alessandro.
La strenua "lotta" di don Bosco per inculcare nei giovani l'amore alla purezza si basava essenzialmente sulla (imprescindibile )base della vita di fede (la "religione", uno dei tre cardini del sistema preventivo), e poi sulla fuga dai cattivi compagni e dalle occasioni pericolose (specialmente a mezzo stampa/spettacoli). Nelle Memorie Biografiche leggiamo questo suo insegnamento: "O anime fortunate che non avete ancora perduta la bella virtù della purità, raddoppiate i vostri sforzi per conservarla. Custodite i sensi, invocate spesse volte Gesù e Maria, visitatelo Gesù nel SS. Sacramento, andate sovente alla Comunione, obbedite, pregate. E voi che per vostra disgrazia l'avete già perduta non scoraggiatevi. Le giaculatorie, le frequenti e buone confessioni, la fuga delle occasioni, le visite a Gesù vi aiuteranno a recuperarla". (MB VI, 65-66 )
Questo fu quello che accadde ad Alessandro Serenelli, grazie all'aiuto di Santa Maria Goretti, la ragazza che aveva tentato di violentare e che morì per sua mano. Dal sangue della piccola "Marietta" nasce un nuovo cristiano, tanto che nel testamento del ragazzo - ormai avanti negli anni - troviamo un invito rivolto a tutti, ma specialmente ai giovani. E' il monito "sempre antico e sempre nuovo" per chi vuole preservare la purezza della propria anima: "Sono vecchio di quasi ottant’anni, prossimo a chiudere la mia giornata. Dando uno sguardo al passato, riconosco che nella mia giovinezza infilai una strada falsa: la via del male, che mi condusse
Alessandro Serenelli
alla rovina. Vedevo, attraverso la stampa, gli spettacoli e i cattivi esempi che la maggior parte dei giovani seguiva quella via senza darsi pensiero ed io pure non me ne preoccupai. Persone credenti e praticanti le avevo vicine a me ma non ci badavo, accecato da una forza bruta, che mi spingeva per una strada cattiva. Consumai a vent’anni il delitto passionale, del quale oggi inorridisco al solo ricordo. Maria Goretti, ora santa, fu l’angelo buono che la Provvidenza aveva messo avanti ai miei passi. Ho impresse ancora nel cuore le su parole di rimprovero e di perdono. Pregò per me, intercedette per me, suo uccisore. Seguirono trent’anni di prigione. Se non fossi stato minorenne, sarei stato condannato a vita. Accettai la sentenza meritata; rassegnato espiai la colpa. Maria fu veramente la mia luce, la mia protettrice. Col suo aiuto mi diportai bene e cercai di vivere onestamente, quando la società mi riaccettò tra i suoi membri. I figli di San Francesco, i Minori Cappuccini delle Marche, con carità serafica mi hanno accolto fra loro non come servo, ma come fratello. Con loro convivo dal 1936 ed ora aspetto sereno il momento di essere ammesso alla visione di Dio, di riabbracciare i miei cari, di essere vicino al mio angelo protettore e alla sua cara mamma Assunta. Coloro che leggeranno questa mia lettera vogliano trarre il felice insegnamento di fuggire il male, di seguire il bene sempre, fin da fanciulli. Pensino che la religione con i suoi precetti non è una cosa di cui si può fare a meno, ma è il vero conforto, l’unica via sicura in tutte le circostanze, anche le più dolorose della vita".


Potete approfondire la storia di Alessandro Serenelli anche sulle pagine di donboscoland.

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