sabato 15 febbraio 2014

STORIA DI CATERINA FARNESE, principessa e carmelitana -1a parte




Carissimi amici del blog, prende avvio quest'oggi un nuovo spazio, dedicato alla storia di Caterina Farnese - principessa del ducato di Parma - entrata nell'Ordine Carmelitano all'età di 26 anni, nella seconda metà del 1600.



Il testo - curato dalle monache carmelitane scalze del monastero di Parma - è in corso di pubblicazione sulla rivista "Il Carmelo oggi".

Per agevolare la lettura e al fine di non anticipare l'edizione cartacea, i brani verranno postati solo dopo l'uscita del numero corrispondente del periodico e con ulteriori divisioni del testo in un numero maggiore di puntate.

 Approfitto dell'occasione per invitare i lettori a "ricambiare" con una preghiera per questo Ordine religioso che tanto ha dato e continua a donare alla Chiesa e al mondo.

  

 

Caterina Farnese, principessa e carmelitana




Caterina Farnese, al tempo in cui indossava già l'abito carmelitano  

Inizia oggi il racconto della vita di Caterina Farnese (1637-1684), la bizzarra figlia del Duca di Parma che all’età di ventisei anni – con una decisione giudicata all’unanimità un colpo di testa – entrò al Carmelo e, così come in precedenza aveva stupito l’opinione pubblica con il suo carattere imprevedibile, riuscì a stupirla con la fama della sua luminosa e amabile santità.



1. Enfant terribile



Figlie, rendano grazie a Dio: è nata adesso alla Signora Duchessa in Piacenza una bambina, che sarà nostra Scalza.
È il 5 settembre 1637 e a parlare così, seguendo una segreta ispirazione, è Madre Antonia Monti, fondatrice e priora del Carmelo di Parma. 
In effetti proprio in quel momento, nella residenza estiva di Piacenza, Margherita de’ Medici, sposa del Duca Odoardo Farnese, ha dato alla luce la sua quintogenita, che il giorno seguente viene battezzata con il nome di Caterina.
La prima persona alla quale fu consegnata la neonata era una giovane fiorentina, dama di compagnia della duchessa: proprio in quel periodo ella stava concordando con le Carmelitane Scalze di Parma la sua ormai prossima entrata in monastero. 
Difatti vi entrò poco dopo, assumendo il nome di suor Margherita di Sant'Odoardo, in onore dei regnanti. 
Venticinque anni più tardi fu proprio lei che, in qualità di priora, diede a Caterina l'abito religioso.
Balia della piccola fu una donna di nome Barbara Razina, che in seguito si sarebbe fatta essa pure religiosa; devotissima della Vergine del Carmine e di Santa Teresa, le istillò col latte un grande amore sia alla Madonna che alla santa di Avila. 
Era solita ripetere la breve invocazione: Madonna del Carmine e Santa Teresa aiutatemi; e lo faceva cosi spesso che la piccolissima Caterina, ancora balbettante, fini per impararla e ripeterla a sua volta.
Il Padre Massimo segnala poi una specialissima devozione verso una medaglietta di Santa Teresa, che Caterina portò con sé fin dai più teneri anni con affetto geloso; tale medaglietta andò smarrita più volte, ma Caterina riuscì sempre a ritrovarla, talvolta anche in modo del tutto imprevedibile.
Fin qui tutto lascia supporre un'infanzia tranquilla, in cui la santità sembra fiorire spontaneamente e senza lotte.

Mappa del Ducato di Parma, all'epoca di Caterina Farnese


Specialista in capricci


Ma il bel racconto agiografico si interrompe bruscamente non appena Caterina incomincia a sfoderare il suo carattere: amante della solitudine, assolutamente imprevedibile, impertinente, ostinata e capricciosa. 
Anzi, si può dire che era maestra nell'arte dei capricci, e specialmente quelli pubblici che, se tanto mettono in imbarazzo i genitori comuni, per quelli di nobile lignaggio devono costituire un vero affare di stato.
Queste manifestazioni, cosi spiacevoli per chi le viveva intorno, finivano per offuscare quello che di buono si trovava in lei: in primo luogo un'intelligenza fuori dal comune che, unita ad una vivacità piena di brio, la rendeva attraente e la imponeva all’ammirazione altrui; possedeva poi una innata nobiltà d'animo, che le faceva disdegnare ogni forma di maldicenza e di ipocrisia. 
Era pure capace di gesti caritatevoli ed umili, come ad esempio 1'offrire qualche piccolo servizio alle inferme di corte, anche se di condizione modestissima. 
Aveva grande stima della purezza, e custodiva tale virtù con cura gelosa; a suo modo era perfino devota, anche se faceva di tutto per non dimostrarlo.
Sennonché il suo temperamento bizzarro offuscava queste qualità e l'etichetta, peraltro meritata, di "capricciosa" faceva sì che anche i gesti in sé buoni (come la carità con le inferme) fossero catalogati come stranezze.
Giorno dopo giorno, la piccola Caterina rimaneva sempre più prigioniera del suo stesso "personaggio"; e anziché fare qualche gesto conciliante per sfumare l'immagine che si stava creando, sembrava divertirsi a calcarne ancor di più le tinte.


(continua...)

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