lunedì 3 maggio 2010

SILENZIO. Riflessioni sulla visita del Santo Padre a Torino


La Sindone, le claustrali, i non udenti.
I tre silenzi di Torino, nel giorno della visita del Santo Padre, sono tutti racchiusi qui.
Tre silenzi, tre “linguaggi”, tre modi in cui la voce di Dio si può lasciare ascoltare, lontano dal frastuono di tutto il resto che distrae.
La Sindone -ha affermato ieri il Papa nella sua splendida meditazione- parla del silenzio della morte, il silenzio di un Dio fattosi uomo, che ha voluto condividere con l'essere umano, l'abbandono totale, la discesa agli inferi, il silenzio assoluto.
“Passio Christi. Passio hominis. E la Sindone ci parla esattamente di quel momento, sta a testimoniare precisamente quell'intervallo unico e irripetibile nella storia dell'umanità e dell'universo, in cui Dio, in Gesù Cristo, ha condiviso non solo il nostro morire, ma anche il nostro rimanere nella morte. La solidarietà più radicale”.
Eppure, questo silenzio sindonico si fa anche voce: “questo volto, queste mani e questi piedi, questo costato, tutto questo corpo parla, è esso stesso una parola che possiamo ascoltare nel silenzio. La Sindone parla con il sangue, è il sangue è la vita! Ogni traccia di sangue parla di amore e di vita. E' come una sorgente che mormora nel silenzio, e noi possiamo sentirla, possiamo ascoltarla, nel silenzio del Sabato Santo”.
E' vero, il dolore dell'Uomo della Sindone invita all'ascolto attento, partecipato...anche stupito dinanzi alla meraviglia “scientifica” di un misterioso lenzuolo che nasconde tanti “segreti”. Quello stesso sguardo stupito e innamorato con cui il Papa ha contemplato ieri quel Santo Lino, è lo stesso che dovremmo avere anche noi, nel lasciarci “parlare” dall'Uomo della Sindone. 
Il dolore salvifico che Cristo ha “attualizzato” nella Sua Passione e che attualizza ancora oggi, in ogni Sacrificio Eucaristico, diventa un libro aperto, che si può leggere dapprima con gli occhi, poi, meditare nel cuore, nel silenzio della propria anima.
Eliminando ogni rumore che possa distrarre l'attenzione dall'essenziale: Dio si è fatto carne, è morto per noi, è rimasto nella morte del Sabato Santo per insegnarci il valore redentivo della sofferenza.
Le claustrali, che ieri hanno avuto la grande gioia di pregare davanti alla Sindone, e di meditare insieme al Santo Padre, ben conoscono il grande valore del “silenzio” e la capacità di far fruttificare  -in esso- la Parola di Dio. Quella Parola di cui, in un certo modo, la stessa Sindone si fa specchio.
La regola del Carmelo, ad es., così sentenzia: “l'apostolo raccomanda poi il silenzio, nel prescrivere di lavorare silenziosamente, e come afferma il Profeta: il culto della giustizia è il silenzio e inoltre: nel silenzio e nella speranza sarà la vostra forza”
Nella vita di ogni monaca di clausura, il silenzio è da osservarsi con maggior rigore in alcuni tempi della giornata, ma, con riguardo agli altri momenti, esso assume sempre un ruolo di grande rilievo nella vita di chi vuole meditare “giorno e notte la legge del Signore”. Come afferma sempre la regola carmelitana, il silenzio preserva da molti “mali”, e consente  di vivere in maggior pienezza, in un moto che -dall'interiorità- espanda poi all'esterno la legge dell'Amore: “nell'altro tempo, quantunque non si abbia l'osservanza scrupolosa del silenzio, si eviti tuttavia di parlar troppo; poiché, come sta scritto e come non meno insegna l'esperienza, nel parlare troppo non potrà mancare la colpa, e chi parla sconsideratamente ne subirà le cattive conseguenze. Inoltre, chi fa uso di molte parole danneggia la propria anima. E il Signore nel Vangelo: di ogni parola inutile uscita dal labbro degli uomini, essi renderanno conto nel giorno del giudizio. Ciascuno quindi pesi con la bilancia le sue parole e faccia uso di freni severi per la sua bocca, per evitare di sdrucciolare e di cadere in colpa mediante la lingua, e la sua caduta divenga incurabile e conduca alla morte”.
Le “colpe” nelle quali il troppo parlare può far cadere (chiunque di noi! non solo chi fa una scelta radicale, quale la clausura!) sono molte e a volte così “mascherate” da non apparire tali ai nostri occhi: mormorazioni, parole inutili che non lasciano spazio a cose più essenziali, mortificazioni che infliggiamo agli altri.
Suor Consolata Betrone -clarissa cappuccina-, nel suo diario, così “riassumeva” il compendio del ben parlare e del ben tacere: “in ricreazione o tacere, o dire una parola che sia meglio del silenzio”, magari per fare del bene ad un'anima, per sviare da un discorso “pericoloso”, per confortare qualcuno. 
Cosa non da poco, considerando che, per una claustrale, proprio la ricreazione sia il tempo "ordinario" della sana fraternità fra consorelle, in cui si è dispensati dalla regola del tacere.
Certo, “coltivare” il silenzio non è facile, richiede autocontrollo, sforzo costante, analisi “puntuale” dell'effettiva necessità di parlare o meno, di dire alcune cose, piuttosto che altre. Richiama fortemente all'esercizio di una carità piena, che faccia scoprire potenziali “ferite” che le nostre parole possano infliggere agli altri. 
L'Uomo della Sindone, ci insegna però proprio questo silenzio, nell'apparente “mutismo” davanti ai propri carnefici. 
Non un moto di ribellione, non una frase in propria difesa, ha pronunciato Nostro Signore, che noi cattolici riteniamo sia proprio l'uomo avvolto nel Sacro Lino. 
In quel “silenzio” c'è tutto l'atto di affidamento al Padre, l'intima unione con Lui. 
Per pregare, senti il bisogno di essere attorniata da silenzio e così, per stare unita a Me, nell'interno bisogna che vi sia profondo silenzio. Un piccolo rumore turba l'orazione, similmente un nonnulla che ti distrae, turba l'intimità” -confidò Gesù stesso a Suor Consolata-.
Proviamo allora anche noi, a seguire l'esempio dell'Uomo della Sindone, che -come ricorda Isaia-  “maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca”. (Is 53, 7).
Potremo così imparare ad ascoltare -nel silenzio- la voce di Dio che ci parla, così come hanno fatto ieri i molti non udenti che hanno preso parte all'incontro con il Santo Padre, assistiti da una guida che “traduceva” loro le parole di Benedetto XVI.
E pur nel silenzio “esterno”, avranno sicuramente accolto e meditato le splendide riflessioni del Papa, proprio loro che sono "tessere preziose di un bellissimo mosaico che Dio, come grande artista, va formando giorno per giorno anche attraverso il" loro  "contributo", attraverso il loro silenzio, fecondato dalla Parola di Dio.

2 commenti:

  1. Il silenzio di Cristo, durante il processo e la condanna, insegna molto più di tante parole, belle quanto vuoi, ma che spesso non arrivano ad essere comprese. A volte è meglio essere sordo-muti, così impariamo ad ascoltare il Castello Interiore, nel quale abita Dio, che ci sussurra quanto vuole da noi.

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  2. Sai, credo che il silenzio di San Zaccaria, insegni proprio questo. Tiro fuori il discorso perché ci sto meditando in questi giorni....magari, prima o poi, ne viene fuori un argomento di riflessione!

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