domenica 2 marzo 2014

"DALLA PRE-OCCUPAZIONE ALLA PRO-VIDENZA" - riflessioni a margine del Vangelo di oggi


Nel Vangelo di oggi (Mt 6,24-34) sono due gli elementi linguistici che mi colpiscono:

"non preoccupatevi"

"in aggiunta" 



L'invito di Gesù è quello ad una fiducia totale in un Dio che è come la migliore delle madri: la prima lettura (Is 49,14-15) condensa questa verità con la terminologia di un amore assoluto ed eterno: anche se una madre umana potesse dimenticarsi del suo bambino, Dio non si dimenticherà MAI di nessuno dei suoi figli.
Già questo dovrebbe bastare all'uomo.
Già questo dovrebbe spingere la creatura ad un affidamento incondizionato e riconoscente al Creatore: il "MAI" è quel "PER SEMPRE" che spesso ritorna nel linguaggio biblico, anche nel contesto di una dimensione storica in cui Dio Si fa presente per accompagnare l'uomo nel suo cammino terreno.
E' il caso, ad esempio, della pericope finale del Vangelo di Matteo, in cui Gesù Risorto rincuora i discepoli: "Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28,20).

Il Vangelo è però intessuto, da cima a fondo - e lo è in generale tutta la Parola - di una sorta di "condicio sine qua non" affinché Dio possa operare i Suoi miracoli (anche quelli di Provvidenza!): la nostra fede.
La libertà umana di cui il Signore ci ha dotati, comporta che Egli stesso agisca nel totale rispetto delle nostre scelte: interviene se noi desideriamo che intervenga, opera nella Sua onnipotenza proporzionalmente al grado della nostra fiducia.
Non a caso, spesso è il Cristo che, dopo aver operato delle guarigioni "impossibili", sentenzia: "La tua fede ti ha salvato".
E' l'elogio della fiducia dell'uomo in Dio, perché la fede è capace di smuovere le montagne.

Il passaggio dalla prima lettura al Vangelo di oggi è veicolato dalla preghiera del Salmo 116:

"Solo in Dio riposa l'anima mia
Lui solo è mia roccia e mia salvezza
mai potrò vacillare
da Lui la mia speranza
la mia salvezza e la mia gloria"


Credere con questa "speranza" è avere una fede solida, fondata sulla "roccia".
La fede incrollabile in un Dio Onnipotente e Provvidente che "sa" ciò di ciascuno dei suoi figli ha bisogno.

Forse il problema dell'uomo è uno solo: non ha ben compreso il concetto di "speranza teologale".
E' vero, la speranza, come virtù teologale è infusa da Dio, ci viene donata da Lui.
Ma possiamo - dobbiamo - aiutarla - per così dire - non solo a mantenersi al livello "minimo", potenziale, ma a crescere.

San Paolo ci dà un abbozzo di come questo avvenga, nella lettera ai Romani: "la tribolazione produce pazienza, la pazienza una virtù provata e la virtù provata la speranza. 
La speranza poi non delude, perché l'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato". (Rm 5, 3-5)

Se gli affanni della vita - quelli di cui ci parla il Vangelo di oggi - diventano per noi una scuola di pazienza, e di virtù e di "affidamento" sempre crescente in Dio, nella consapevolezza che venga prima "la Sua Giustizia", ecco che allora la SPERANZA si fortifica in noi.

Padre Royo Marin - teologo domenicano - così scrive nel suo libro "Teologia della perfezione cristiana":

"La speranza  tende con certezza assoluta al suo oggetto; possiamo e dobbiamo avere la certezza assoluta che, appoggiati all'onnipotenza ausiliatrice di Dio, nessun ostacolo ci può impedire la salvezza".

E' quella conclusione paolina in cui si legano speranza e Amore di Dio: se lo Spirito che è in noi ci fa gridare "Abbà, Padre"!, questo Amore paterno di Dio ci deve mettere al riparo da ogni preoccupazione esagerata, eccessiva: Dio è Amore, Amore di Madre che sempre di ricorda dell'uomo, Amore che ha preparato per l'uomo il Paradiso - la felicità eterna -.
Dio è un Dio Amore che conosce i nostri bisogni materiali e spirituali: è quello che in fondo Gesù stesso ci ha "insegnato", consegnandoci la preghiera del Padre Nostro.
E' allora stupefacente notare la grande saggezza del credente dell'Antico Testamento, che nel Salmo 116 ha come "condensato" la nozione teologica di speranza teologale sviluppata solo molti secoli dopo: una fiducia nell'Onnipotente da cui Solo possiamo ottenere la salvezza eterna nell'altra vita e i beni temporali e spirituali già in questa.

Il Vangelo ci chiede dunque di comprendere e assimilare l'antitesi tra i verbi "preoccuparsi" dell'uomo - "provvedere" di Dio: entrambi hanno quel medesimo suffisso "pre-pro"= "davanti, prima".
Pre-occuparsi: Occuparsi prima, occuparsi del mondo prima che di tutto il resto
Pro-vedere: Vedere prima, vedere "in anticipo" rispetto alla richiesta o alla percezione sensibile del bisogno, ciò di cui l'uomo ha necessità.

Alla creatura viene chiesto di non "occuparsi prima" del materiale, ma dello spirituale, giorno per giorno, di camminare nel solco della volontà di Dio; la speranza - cagionata in noi dall'Amore divino riversato in noi dallo Spirito - lo fa essere certo del fatto che veramente Dio è un Dio che "pro-vede" cioè "sa" quello che gli occorre.

Indubbiamaente il passaggio dalla "pre-occupazione" all' abbandono alla "pro-videnza" di Dio non è automatico.
La lettera ai Romani ce lo rammenta: è spesso il frutto di un percorso ascetico, in cui la vita faticosa diventa il trampolino di lancio.

La teologia della perfezione cristiana indica alcuni espedienti per facilitare la crescita della speranza:

- "cercare di evitare due scogli che fanno naufragare la speranza. la presunzione e la disperazione. 
Per evitare il primo, considerare che senza la grazia non si può assolutamente far nulla nell'ordine soprannaturale;
contro la disperazione, ricordare che la miseriordia di Dio perfona sempre al peccatore pentito, che la violenza dei nostri nemici non potrà mai vincere l'aiuto di Dio".

- "innalzare lo sguardo al cielo: nessuna creatura può soddisfare il cuore dell'uomo, nel quale Dio ha posto aspirazione all'infinito"

- "Consolarsi nei travagli della vita: il dolore ci accompagna inevitabilmente dalla culla alla tomba.
Però la speranza cristiana ci ricorda che tutte le sofferenze di questa vita sono un nulla in paragone alla gloria che si manifesterà in noi e che se sappiamo sopportarle santamente, queste tribolazioni ci preparano una subilme e incomparabile felicità".

- fare della "nostalgia del cielo uno dei poù forti stimoli per progredire senza soste sulla via della santità" sull'esempio dei santi"

- "non preoccuparsi  eccessivamente del domani" : è quello che ci invita a fare, quest'oggi, Gesù.

"A ciascun giorno, basta la sua pena.

Non preoccupatevi dunque dicendo: 

                                                                                “Che cosa mangeremo? 

                                                      Che cosa berremo?
                                       
                        Che cosa indosseremo?”.  


Di tutte queste cose vanno in cerca i pagani. 
Il Padre vostro celeste, infatti, sa che ne avete bisogno.
Cercate invece, anzitutto, il regno di Dio e la sua giustizia, e tutte queste cose vi saranno date in aggiunta".

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