Nella prima parte delle riflessioni sulla "partecipazione attiva" alla Liturgia, ho concluso soffermandomi sull'aspetto "pubblico" del culto e, rimanendo sempre su questo elemento, un altro aspetto che ci possa aiutare a comprendere meglio, è questo: pensiamo, quando andiamo a Messa, che stiamo pregando non solo per noi stessi, ma eleviamo una preghiera che è, contemporaneamente:
- di lode all'Altissimo, Sommo Bene da cui tutto ci deriva, e che ringraziamo particolarmente per l'offerta del Suo Figlio Unigenito. Leggiamo, a tal proposito, nella Mediator Dei: "dalla nascita alla morte, Gesù Cristo fu divorato dallo zelo della gloria divina, e, dalla Croce, l'offerta del sangue arrivò al cielo in odore di soavità. E perché questo inno non abbia mai a cessare, nel Sacrificio Eucaristico le membra si uniscono al loro Capo divino e con Lui, con gli Angeli e gli Arcangeli, cantano a Dio lodi perenni, dando al Padre onnipotente ogni onore e gloria".
- di ringraziamento per il Sacrificio redentivo di Cristo....ma anche (in una dimensione pià personale) per ogni cosa che ci è stata donata, sia a livello generico, che particolare (ad es. una grazia che abbiamo ottenuto): "Il Divino Redentore soltanto, come Figlio di predilezione dell'Eterno Padre di cui conosceva l'immenso amore, poté innalzarGli un degno inno di ringraziamento. A questo mirò e questo volle «rendendo grazie», nell'ultima cena, e non cessò di farlo sulla Croce, non cessa di farlo nell'augusto Sacrificio dell'altare, il cui significato è appunto l'azione di grazie o eucaristica, e ciò perché è «cosa veramente degna e giusta, equa e salutare".
- di "espiazione e propiziazione. Certamente nessuno al di fuori di Cristo poteva dare a Dio Onnipotente adeguata soddisfazione per le colpe del genere umano; Egli, quindi, volle immolarsi in Croce «propiziazione per i nostri peccati, e non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo». Sugli altari si offre egualmente ogni giorno per la nostra redenzione, affinché, liberati dalla eterna dannazione, siamo accolti nel gregge degli eletti. E questo non soltanto per noi che siamo in questa vita mortale, ma anche «per tutti coloro che riposano in Cristo, che ci hanno preceduto col segno della fede e dormono il sonno della pace»; poiché sia che viviamo, sia che moriamo, «non ci separiamo dall'unico Cristo»".
- di intercessione, per i bisogni non solo nostri e personali, ma per tutta la Santa Chiesa, quindi, per ogni membro del Corpo Mistico, dunque, Chiesa Militante (noi che siamo ancora pellegrini su questa terra) e Chiesa Purgante (coloro che si purificano in Purgatorio). Ma, se preghiamo offrendo quella Santa Messa anche per le intenzioni di Maria Vergine, dei Santi, degli Angeli, allora ci rendiamo partecipi anche della preghiera di intercessione con la Chiesa Trionfante (i Santi in Paradiso) e ci associamo, in un certo modo, al Sacrificio di Gesù. Infatti, nel corso della Messa, noi affermiamo : "Pregate, fratelli, perché il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio, Padre onnipotente". Da un lato, questo sottolinea un aspetto importante della Liturgia, che ben evidenzia il Catechismo della Chiesa Cattolica: "è tutta la Comunità, il Corpo di Cristo unito al Suo Capo, che celebra" e "nella tradizione cristiana il termine Liturgia vuole significare che il Popolo di Dio partecipa all'opera di Dio". E Pio XII, nella Mediator Dei, scrive: "nelle celebrazioni liturgiche, e in particolare nell'augusto Sacrificio dell'altare, si continua senza dubbio l'opera della nostra Redenzione e se ne applicano i frutti. Cristo opera la nostra salvezza ogni giorno nei Sacramenti e nel suo Sacrificio, e, per loro mezzo, continuamente purifica e consacra a Dio il genere umano. Essi, dunque, hanno una virtù oggettiva con la quale, di fatto, fanno partecipi le nostre anime della vita divina di Gesù Cristo".
Occorre tuttavia, a questo punto, precisare una cosa: la differenza, pur nella partecipazione di entrambe le parti, fra il sacerdote e il fedele!
La Mediator Dei ci rammenta che:
"la sacra persona" di Gesù Cristo "è rappresentata dal suo ministro.
Questi, per la consacrazione sacerdotale ricevuta, assomiglia al Sommo Sacerdote, ed ha il potere di agire in virtù e nella persona di Cristo stesso; perciò, con la sua azione sacerdotale, in certo modo «presta a Cristo la sua lingua, gli offre la sua mano».
È necessario, spiegare chiaramente al vostro gregge come il fatto che i fedeli prendono parte al Sacrificio Eucaristico non significa tuttavia che essi godano di poteri sacerdotali.
Il popolo invece, non rappresentando per nessun motivo la persona del Divin Redentore, né essendo mediatore tra sé e Dio, non può in nessun modo godere di poteri sacerdotali.
Per non far nascere errori pericolosi in questo importantissimo argomento, è necessario precisare con esattezza il significato del termine «offerta». L'immolazione incruenta per mezzo della quale, dopo che sono state pronunziate le parole della consacrazione, Cristo è presente sull'altare nello stato di vittima, è compiuta dal solo sacerdote in quanto rappresenta la persona di Cristo e non in quanto rappresenta la persona dei fedeli.
Ponendo però, sull'altare la vittima divina, il sacerdote la presenta a Dio Padre come oblazione a gloria della Santissima Trinità e per il bene di tutte le anime. A quest’oblazione propriamente detta i fedeli partecipano nel modo loro consentito e per un duplice motivo; perché, cioè, essi offrono il Sacrificio non soltanto per le mani del sacerdote, ma, in certo modo, anche insieme con lui, e con questa partecipazione anche l'offerta fatta dal popolo si riferisce al culto liturgico.
Che i fedeli offrano il Sacrificio per mezzo del sacerdote è chiaro dal fatto che il ministro dell'altare agisce in persona di Cristo in quanto Capo, che offre a nome di tutte le membra; per cui a buon diritto si dice che tutta la Chiesa, per mezzo di Cristo, compie l'oblazione della vittima.
Quando, poi, si dice che il popolo offre insieme col sacerdote, non si afferma che le membra della Chiesa, non altrimenti che il sacerdote stesso, compiono il rito liturgico visibile - il che appartiene al solo ministro da Dio a ciò deputato - ma che unisce i suoi voti di lode, di impetrazione, di espiazione e il suo ringraziamento alla intenzione del sacerdote, anzi dello stesso Sommo Sacerdote, acciocché vengano presentate a Dio Padre nella stessa oblazione della vittima, anche col rito esterno del sacerdote. È necessario, difatti, che il rito esterno del Sacrificio manifesti per natura sua il culto interno: ora, il Sacrificio della Nuova Legge significa quell'ossequio sapremo col quale lo stesso principale offerente, che è Cristo, e con Lui e per Lui tutte le sue mistiche membra, onorano debitamente Dio.
Perché poi l'oblazione, con la quale in questo Sacrificio i fedeli offrono la vittima divina al Padre Celeste, abbia il suo pieno effetto, ci vuole ancora un'altra cosa; è necessario, cioè, che essi immolino se stessi come vittima.
Questa immolazione non si limita al sacrificio liturgico soltanto. Vuole, difatti, il Principe degli Apostoli che per il fatto stesso che siamo edificati come pietre vive su Cristo, possiamo come «sacerdozio santo, offrire vittime spirituali gradite a Dio per Gesù Cristo»"
FINE DELLA SECONDA PARTE
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