mercoledì 21 febbraio 2018

Pensieri per lo spirito

QUARESIMA,
TEMPO DI LIBERTÀ




«Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi» (Gv 8,32)




Il tempo di Quaresima è tempo penitenziale, in cui il cristiano è invitato al pentimento e alla conversione, attraverso una serie di strumenti quali la preghiera, l'elemosina e il digiuno. Sono giorni che ci rammentano la nostra dimensione di fragilità, di debolezza, di decadenza e di facile tentabilità. In questo periodo cerchiamo di privarci di ciò che ci distoglie dal Signore e dai fratelli proprio per fortificarci nello spirito e nella carne, quella carne che spesso non è pronta a resistere alla seduzione del male (cfr. Mt 26,41) e con molta leggerezza è invece immediatamente capace di abbracciare l'affascinante proposta del proibito, sotto qualunque forma ci si presenti (cfr. Rm 7, 18-19).
Ma, proprio per questo, dovremmo guardare alla Quaresima anche come al tempo in cui fare memoria di uno dei doni più grandi che Dio ci ha fatto: la libertà, il segno concreto di un amore disinteressato da parte sua per l'uomo. Un amore così vero che non vuole essere costrizione, che non pretende la finzione di un senso unico obbligatorio, ma lascia la creatura libera di vivere e di scegliere.
Eppure, non sempre l'uomo comprende questo meccanismo divino. Ci si chiede il perché della libertà umana, dato che Dio sa fin da principio che l'umanità avrebbe peccato in passato e pecca nell'oggi e continuerà a peccare in futuro. Tante volte poi, anche nelle relazioni umane si vorrebbe che l'altro ci amasse quasi per forza, perché noi lo vogliamo, perché noi lo amiamo e pretendiamo proprio per questo che ci ami, perché altrimenti non riusciremo a essere felici. Il problema sta proprio qui: nella pretesa di raggiungere la felicità pretendendo l'amore, mentre, e alla lunga lo si scopre, un sentimento obbligato non porta alla gioia piena, non realizza davvero le nostre aspettative, dato che ogni forzatura è una storpiatura dell'amore e perde ciò che rende l'amore stesso veramente speciale, unico, e anche... gratificante. Se qualcuno ci ama perché pensa di doverlo fare per le più svariate ragioni (gratitudine, desiderio di soldi, voglia di colmare un vuoto di solitudine), prima o poi si percepirà questa forzatura, capiremo che manca la spontaneità nell'amore, e che, anzi, quello che ci viene dato, in verità, non è affatto amore, ma una pseudo-forma di esso, che si può chiamare senso di riconoscenza, senso del dovere, desiderio di potere, di denaro, egoismo... e quanto altro si possa dire. È pur vero che in sentimenti come la riconoscenza e il rispetto dei propri obblighi si cela una forma di amore, ma non tutto l'amore, quello con la a maiuscola. 
Questo perché la bellezza dell'amore ricambiato sta in quello straordinario miracolo per cui una persona, che noi riteniamo speciale e piena di bellezza (dentro e fuori), che diventa l'aspirazione massima del nostro amare, quasi una sorta di perfezione verso cui tendere, volontariamente decide di guardarci con questi stessi occhi di ammirazione, stupore, contemplazione e di donarsi a noi in maniera piena, totale ed esclusiva. È l'esperienza degli innamorati, in cui il rapporto affettivo si sviluppa in maniera totalmente libera, e totalmente libera è anche la decisione di condurre sempre avanti questo rapporto nel matrimonio, fatto di alti e bassi, ma sempre permeato da quella volontà di amare in maniera spontanea, riconoscendo la grandezza di ciò che l'altro rappresenta, perdonandolo dunque, anche per le piccole o grandi mancanze, che fanno parte del percorso di ogni essere umano. E questo in nome di quell'alleanza stipulata il giorno delle nozze, nella consapevolezza che la vita non è strada in discesa, ma molto spesso in salita. 
In questa alleanza è proprio la libertà che fa sì che l'amore non sia mai scontato e che lo rende, nel senso migliore del termine, l'avventura più straordinaria della vita, anzi, il nocciolo della vita stessa. E questo vale, allora, anche nei rapporti tra Dio e l'uomo.
Se Egli ci avesse creato senza libertà, saremmo come pesci rinchiusi in un acquario: esenti dal pericolo imminente dei predatori, forniti ogni giorno di acqua pulita e di cibo, magari circondati da qualche altro innocuo pesciolino e da un paio di pianticelle. Ma saremmo costretti a passare il resto dei nostri giorni in uno spazio angusto rispetto all'immensità delle acque libere; non proveremmo l'ebrezza della natura reale, non incontremmo altri all'infuori di quelli che già condividono con noi il nostro spazio ristretto. Non saremmo, in poche parole, veramente felici. Questa non sarebbe una vita reale, e quello che riceveremmo da colui che ci ha posti nell'acquario non sarebbe vero amore, ma possesso, egoismo, incomprensione, una forma di iperprotezione che invece di farci sperimentare la vita, ci uccide dentro, negandoci la vastità di orrizonti che la vita può riservare. L'alleanza di Dio con l'uomo si esprime invece nell'amore reale, ecco il perché del dono della libertà: siamo liberi di assaporare la vita in tutte le sue sfaccettature, anche in quelle non gradite a Lui, proprio perché Egli non vuole che la creatura viva una vita finta, ma quella vera, in cui, si può cadere e farsi male, incappare in pericoli e predatori, farsi ammaliare dalle sirene di molte vanità, ma pur sbagliando, pur venendo feriti e accecati, la libertà ci consente di tornare a Lui, di tener fede a quel patto di alleanza reciproca, per essere risanati dal suo amore, risollevati dalla sua misericordia, illuminati dalla sua Grazia.
In questa esperienza di ritorno a Dio, di conoscenza della Verità, l'uomo percepisce allora la bellezza della libertà per il bene, e dovrebbe ringraziare per questo dono che non  toglie la vita, ma attraverso la vita stessa permette di arrivare alla vita vera, e rende capaci di godere, secondo il cuore di Dio e non il proprio, delle tante, straordinarie bellezze e bontà che questa esistenza riserva ogni giorno a coloro che Lo amano. 

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