SOPPORTARE PAZIENTEMENTE
LE PERSONE MOLESTE
L'esperienza della misericordia nella vita di don Bosco è quella di una grazia ricevuta e donata, sperimentata su di sé, e dispensata agli altri. È come trovarsi dinanzi a un bene che scorre "in circolo": si riceve nel dare e si dona nel ricevere.
Non è qualcosa di semplicemente spirituale, ma anche materiale, così da poter vedere quanto realmente, il santo torinese, abbia vissuto la misericordia nella sua totalità che coinvolge l'essere umano in tutte le sue dimensioni. D'altronde, è questo il modo in cui Dio usa misericordia verso le sue creature: provvedendo al necessario per la loro esistenza corporale, ma anche - e soprattutto - per quella spirituale.
[1] Pietro Ciccarelli, Don Bosco al teleobiettivo, Sei, 1981, p.117.
Non è qualcosa di semplicemente spirituale, ma anche materiale, così da poter vedere quanto realmente, il santo torinese, abbia vissuto la misericordia nella sua totalità che coinvolge l'essere umano in tutte le sue dimensioni. D'altronde, è questo il modo in cui Dio usa misericordia verso le sue creature: provvedendo al necessario per la loro esistenza corporale, ma anche - e soprattutto - per quella spirituale.
PREGHIERA A SAN GIOVANNI BOSCO
O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare
Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso.
Amen.
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Tra le varie testimonianze su don Bosco, quella del teol. Ascanio Savio, suo compaesano e collaboratore dei primi tempi, emerge che «Don Bosco aveva saputo dominare talmente il suo naturale bilioso da parere flemmatico»[1]. Don Bosco era dotato di un temperamento forte, come risulta anche dai racconti che egli stesso fa nelle Memorie dell’Oratorio, specialmente negli anni giovanili. Insomma, “sopportare pazientemente le persone moleste” costava un po’ di lavoro anche a don Bosco, come a tutti i santi, del resto. «A Don Rufino confidò la storia di una lettera mai scritta. Siccome neanche con i suoi erano tutte rose e fiori, si trovò a dover vergare un rimprovero. Appena alzato da letto, si accinse a scrivere, ma disse: “io sono in collera: questo foglio non sarebbe dettato da me, ma dallo sdegno”. Tramandò. Lungo il giorno più volte sedette a tavolino, dilazionando sempre finché rinunciò a scrivere. Si capisce allora perché alla chiusura degli Esercizi spirituali disse ai Salesiani: “Vi assicuro che alcune volte mi bolle il sangue nelle vene, un formicolio domina per tutti i sensi”. La sua calma abituale non era un dono di natura… Uno dei biglietti che egli distribuiva come ricordo, presenta questa norma: “La salvaguardia più sicura contro l’ira è il tardare a sfogarla”» [2]. Tra le parole del santo, le Memorie Biografiche riportano ancora altro, sul tema della pazienza: «bisogna avere la pazienza come compagna indivisibile.
Lo so che costa; ma sapete da che cosa deriva la parola pazienza? Da patior, pateris, passus sum, pati, che vuol dire patire, tollerare, soffrire, farci violenza. Se non costasse fatica, non sarebbe più pazienza. Ed è appunto perché costa molta fatica che io la raccomando tanto, ed il Signore la inculca con tanta istanza nelle Sacre Scritture.
Me ne accorgo anch'io che costa. E non crediate che sia il più gran gusto dei mondo stare tutta la mattina inchiodato a dare udienza o fermo al tavolino tutta la sera per dar corso alle faccende tutte, a lettere o simili. Non crediate che non costi anche a me, dopo di aver incaricato qualcuno d'un affare, o dopo di avergli mandato qualche incarico d'importanza o delicato o di premura, e non trovarlo eseguito a tempo o malfatto, non costi anche a me il tenermi pacato. Ma che?... impazientirci ?... Non si ottiene che la cosa non fatta sia fatta, e neppure non si corregge il suddito colla furia. Pacatamente si avvisi, si diano le norme opportune, si esorti, ed, anche quando è il caso di gridare un poco, si faccia, ma si pensi un momento: In questo caso, S. Francesco di Sales come si diporterebbe? - Io posso assicurarvi che, se faremo così, si otterrà quanto disse lo Spirito Santo: In patientia vestra possidebitis animas vestras [3]» [4].
Don Bosco ebbe modo di sperimentare su di sé la sopportazione altrui?
Non occorre andare alla ricerca di casi "eclatanti" (ammettendo che ve ne siano), ma vale la pena ricordare l'esempio che gli diede mamma Margherita, acconsentendo alla richiesta del figlio di lasciare tutto per seguirlo a Valdocco e fare da madre ai tanti giovani che sarebbero arrivati all'Oratorio. C'è poi un episodio particolare delle loro vite, che dimostra quanto, nella sopportazione paziente delle molestie, ci si possa aiutare a vicenda, per agire seguendo l'esempio di Cristo, che fu il primo a sopportare pazientemente ogni molestia, per amore dell'umanità.
Don Bosco dopo tanta dedizione dimostrata da sua madre nel suo impegno a favore della gioventù, intervenne sapientemente (e senza parole!) in un momento in cui rischiava di perdere la preziosa collaborazione di sua madre. Lei, da quel momento in poi, ritornò a essere per il figlio - forse ancora più di prima - un esempio concreto di come praticare la misericordia della sopportazione paziente.
«Margherita gioiva nel veder crescere intorno a D. Bosco le vocazioni ecclesiastiche; senonchè amava vivere ritirata, e colla sua grande perspicacia conosceva ciò che a lei era conveniente e ciò che non lo era. Sin da quando la casa fa costituita e D. Bosco incominciò a sedere a mensa in compagnia de' suoi primi chierici e preti, più non fu vista a pranzare con lui. D. Bosco avrebbe desiderato che qualche volta comparisse, ma essa sapeva sempre scusarsi. Siccome talora egli soleva invitare i giovanetti più buoni seco a pranzo, insistette perché ella sedendo in mezzo ad essi e assistendoli, procurasse di impedire le sgarbatezze, il vociare troppo forte, e che si insudiciassero, o mangiassero con troppa avidità. In modo speciale quando aveva commensali gente estranea alla casa o forestieri da lui invitati, desiderava di impedire quanto a questi signori avesse potuto dare argomento di censura. Mamma Margherita alla fine acconsentì, benché a malincuore; andò per circa una settimana, ma poi non si vide più. -Non è quello il mio posto, disse a Don Bosco; la presenza di una donna in quel luogo, stuona.
Nonostante però il suo aspetto tranquillo non è da credere che ella passasse la sua vita in Valdocco senza tribolazioni. Una donna amante dell'ordine e dell'economia domestica non può vedere di buon occhio sciupata quella roba che le costò spesa e fatica. E come impedire che giovanetti vivacissimi, non per mal animo, ma per spensieratezza, cagionassero più di un volta danni non indifferenti e quindi recassero qualche fastidio alla buona mamma?
Rinnovandosi però fatti consimili, un bel giorno del 1851, Margherita entrò nella camera del figlio, e:
- Ascoltami, gli disse. Tu vedi come non sia possibile che io faccia andare innanzi bene le cose di questa casa. I tuoi giovani tutti i giorni fanno qualche nuova loro prodezza. Qua mi gettano in terra la biancheria pulita stesa al sole, là mi calpestano l'orto e tutti gli erbaggi. Non hanno cura alcuna dei loro vestiti e li stracciano in modo che non c'è più verso di riuscire a rattopparti. Ora perdono i moccichini, le cravatte, le calze; ora nascondono camicie e mutande, e non si possono più trovare; ora portano via gli arnesi di cucina per i loro capricciosi divertimenti e mi fanno andare attorno mezza giornata per cercarli. Insomma, io ci perdo la testa in mezzo a tanta confusione. Io era ben più tranquilla quando stava filando nella mia stalla senza rompicapi e senza ansietà. Vedi! Quasi quasi ritornerei là nella nostra casetta ai Becchi, per finire in pace quei pochi giorni di vita che ancora mi restano.
D. Bosco fissò in volto sua mamma, e commosso, senza parlare, le accennò il crocifisso che pendeva dalla parete.
Margherita guardò; i suoi occhi si riempirono di lagrime:
- Hai ragione, hai ragione! - esclamò. E ritornò alle sue faccende. Da quell'istante più non sfuggì dal suo labbro una parola di malcontento.
Infatti da quel punto parve insensibile per quelle miserie. Un giorno uno di quei dissipatelli spaventava le galline e inseguendole le faceva correre sbandate per i prati circostanti. Marianna, la sorella di Margherita, gridava con quanta voce aveva in gola, perché il birichino lasciasse in pace le galline, e si affannava a ricondurle verso il pollaio.
Margherita, udendo quel gridio venne fuori, ed osservato il caso con tutta calma disse alla sorella: - Abbi pazienza! Che cosa vuoi farci! Vedi bene che hanno l'argento vivo nelle ossa!» [5].
NOTE
[1] Pietro Ciccarelli, Don Bosco al teleobiettivo, Sei, 1981, p.117.
[2] Ibidem, pp. 118-119.
[3] «Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita» (Lc 21,19).
[4] MB XII, 456-457.
[5] MB IV, pp. 232-234.
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