lunedì 2 novembre 2009

Fede e Poesia / 1


PENSIERO D'AUTUNNO (ADA NEGRI)
Riflessioni sulla morte

C'è una bellissima poesia di Ada Negri, poetessa del '900, che descrive in maniera sublime e a mio avviso perfettamente coerente con l'idea cristiana che ho della morte, il momento della nostra dipartita terrena e della fase, più o meno lunga, che la precede.

I suoi versi cantano con leggerezza e docilità, un paesaggio autunnale che si fa trasposizione simbolica del paesaggio dell'anima che sa di doversi distaccare da questa terra, nella consapevolezza di non lasciare, ma di ritrovare, attraverso questa tappa obbligata del distacco, una realtà diversa e più vera, quella dell'abbraccio sconfinato e pieno d'Amore del Padre, che ha preparato per noi.
San Paolo infatti, nella prima lettera ai Corinzi, ci rammenta che “quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo, queste ha preparato Dio per coloro che lo amano”.

Anche Isaia e San Giovanni ci ricordano che il Signore ha già fin dall'eternità predisposto cieli e terra nuovi, in cui non ci sarà pianto, sofferenza, ma solo Amore e felicità.
Perchè mai, noi cristiani, consapevoli di tanta bellezza e di tanto amore che ci attende, dovremmo guardare l'addio a questa terra, come un addio definitivo a tutto ciò che è bello, amabile, fonte di gioia?

Non di rado, quando mi trovo a concludere le mie vacanze estive, l'ultimo giorno mi pare il più bello degli altri: sapendo che all'indomani ritornerò al mio quotidiano conosciuto e ordinario, la città che ho scelto come tappa di viaggio, mi appare più incantevole che mai e cerco un angolo privilegiato per contemplarne la bellezza.
Che sia un ponte di Venezia, mossa nei riflessi d'acqua, colta al tramonto del sole, quando tutto sembra addolcirsi nella luce che va affievolendosi; che si tratti di Piazza Santa Maria Maggiore in Roma, dove i gabbiani ormai hanno preso dimora come fosse una spiaggia e ne puoi osservare l'incantevole ed elegante volo mentre il cielo si fa di un azzurro intenso ed estasiante; che sia la stazione di Parma, dietro cui il sole fiammeggia alle otto di sera, creando ghirigori damascati nel cielo spruzzato di nuvole basse....
Quell'incanto della natura, paesaggistica, architettonica, religiosa, acquatica, mi sembra un tesoro da bere con gli occhi fin quando sia possibile, so che all'indomani non lo avrò più a disposizione, non potrò più contemplarlo e la mia anima potrà goderne solo nel ricordo.
Non provo tristezza in quei momenti, ma solo una malinconia dolcissima, che mi riempie di gratitudine per quell'incanto che mi si offre come un dono gratuito dell'artistica sapienza creatrice di Dio, che per mano d'uomo e per mano Sua, ha disposto ogni cosa così come mi appare.
Se fossi presa esclusivamente dal senso di tristezza per quello che dovrò lasciare, per fare ritorno a casa, non riuscirei a godere per nulla quella bellezza che mi viene regalata, invece, la gratitudine per tale regalo, mi permette di rimanere assorta nella contemplazione, pensando che in ogni caso ci sarà un altro viaggio, un'altra bellezza, un altro incanto per il quale rendere lode a Dio e con il quale nutrire la mia sete di bellezza, quale riflesso della Bellezza Divina.

Credo che l'atteggiamento umano davanti alla morte e alla fase che la precede, dovrebbe essere il medesimo: non quello di chi, intristito da una dipartita inevitabile, si abbatte fino a chiudersi in sé stesso, lasciandosi “scorrere” letteralmente addosso la vita, quasi come non stesse già più vivendo, bensì quello di chi, consapevole di una bellezza più intensa e piena che ci attende, decide di vivere in pienezza quello che ancora rimane a sua disposizione su questa terra, ringraziando per il dono ricevuto e contemplandone ancora lo splendore.
E' vero, sembra facile parlare così, pur sapendo che non tutti gli istanti finali della vita sono sempre sereni e scevri da dolori, anche fisici.
Ma chissà quante sofferenze del corpo vengano proprio acuite da un modo sbagliato di approcciarsi all'esistenza terrena che finisce....
...quante “vecchiaie” vengono vissute come vere morti viventi, compiangendo l'età che avanza, lamentandosi, senza invece riuscire a capire che si è ancora in vita, che si può ancora dare e ricevere amore, che si può ancora usufruire del regalo che il Signore, gratuitamente ci ha dato, facendoci nascere!

Credo che la tomba della vecchiaia sia proprio questa: non capire che finchè si è vivi si può rimanere attivi, non necessariamente con il corpo, che inevitabilmente va di norma incontro agli attacchi impietosi del tempo, ma con la mente e con l'anima!
Quante cose si possono ancora fare!
Rimanere nel balcone, nelle sere d'estate, ad assaporare la luce del sole che tramonta, creando giochi di luce meravigliosi sul mondo...
… coccolare un bambino che si affaccia alla vita...
...raccontare le proprie esperienze, di certo affascinanti perchè dal sapore di un'epoca già trascorsa (specialmente ai nostri tempi, in cui i salti generazionali si sono spaventosamente moltiplicati!) …
… godere della compagnia di un buon libro...
...trascorrere del tempo in perfetta simbiosi con i nostri compagni di una vita (amici, coniuge, figli)...
….ringraziare il Signore, attraverso la preghiera, il dialogo amichevole e fruttuoso...
Insomma, non sentirsi come la foglia che si stacca dall'albero urlando di non voler cadere a terra, ma come quella che invece, nel volare fino al traguardo finale del suo cammino, tuffandosi dall'altezza del ramo più elevato, riesce ancora a godere di tutto quello che le viene offerto: il sole, l'aria, la luce...
E allora vi lascio con questa splendida poesia di Ada Negri, che proprio d'autunno e di foglie ci parla, coi suoi versi sublimi e impalpabili, che ricreano un'atmosfera soffice e profumata di luce d'autunno, soffusa su noi, che ben lo sappiamo, dovremmo morire come le foglie della sua poesia, in un abbraccio d'Amore e per Amore!




PENSIERO D'AUTUNNO

Fammi uguale, Signore, a quelle foglie
moribonde che vedo oggi nel sole
tremar dell'olmo sul più alto ramo.
Tremano, sì, ma non di pena: è tanto
limpido il sole, e dolce il distaccarsi
dal ramo per congiungersi alla terra.
S'accendono alla luce ultima, cuori
pronti all'offerta; e l'agonia, per esse,
ha la clemenza d' una mite aurora.
Fa' ch'io mi stacchi dal più alto ramo
di mia vita, così, senza lamento,
penetrata di Te come del sole.

3 commenti:

  1. Sono rimasta incantata da tanta pregnante lettura!! Una descrizione così intensa, nell'assaporare la vita, la natura e nell'accettazione della vecchiaia e della conseguente dipartita, non può nascere che da una Fede matura, dalla Speranza più intensa, e dalla Carità (che non è altro che Amore) più profonda. Un GRAZIE immenso!!!

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  2. Carissima,
    grazie a te per le tue parole... fin troppo lusinghiere!
    Speriamo di mantenere sempre questo approccio alla vita e anche a sorella morte!

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  3. Quando un'anima è ripiena di Dio, cresce nel tempo durante il cammino verso di Lui. Ogni atteggiamento di abbandono nel Signore diventa più convinto, ed ogni passo si fa più sicuro, così che la nostra vita si impregna di Amore, e la morte sarà solo il passo decisivo verso l'Eternità!

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