«Quale segno tu compi
perché vediamo e ti crediamo?
Quale opera fai? I nostri padri hanno mangiato la
manna nel deserto, come sta scritto: “Diede loro da mangiare un pane dal
cielo”».
Rispose loro Gesù:
«In verità, in verità io vi dico: non è
Mosè che vi ha dato il pane dal cielo,
ma è il Padre mio che vi dà il pane dal
cielo, quello vero.
Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà
la vita al mondo».
Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane».
Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita;
chi viene a
me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai!».
Il Vangelo di oggi (Gv 6, 30-35) ci presenta una scena che manifesta la tipica "impazienza" dell'uomo alla ricerca, e al contempo la sua "estrema" praticità, che a volte rasenta il limite della superficialità.
Gesù ha moltiplicato i pani e i pesci (all'inizio del capitolo 6) e la gente, vedendo questo miracolo, comincia a cercarlo, pensando di aver trovato in Lui la soluzione pratica al problema della propria fame.
Ma Gesù non viene per sfamare una fame materiale, di pane comune. Cristo viene per darci Sè Stesso, Pane del Cielo, il Pane della Vita Eterna.
Ecco il perché di questo discorso alla folla, che oggi la Liturgia della Parola ci propone.
Gesù sembra voler mettere i classici puntini sulle i: a chi Lo cerca per saziare un bisogno fisiologico, la risposta che Egli offre non è una seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma la "rivoluzione" che tanto scandalo produrrà in alcuni (cfr. Gv 6,52).
Gesù sembra voler mettere i classici puntini sulle i: a chi Lo cerca per saziare un bisogno fisiologico, la risposta che Egli offre non è una seconda moltiplicazione dei pani e dei pesci, ma la "rivoluzione" che tanto scandalo produrrà in alcuni (cfr. Gv 6,52).
Siamo chiamati a nutrici non di pane, ma di Pane, di Gesù, Figlio di Dio, Verbo Incarnato.
La massa sembra capire e prorompe in una frase che veramente ha sapore di eternità: "Dacci sempre di questo pane".
Chissà se veramente tutti avevano capito quello che il Maestro intendeva dire...chissà se qualcuno, in cuor suo, non continuava a pensare alla stessa maniera di prima, e chissà se quella parola apparentemente così piena di fede, non fosse invece una sorta di compromesso: accontentare quell'uomo che si diceva Figlio di Dio, per continuare ad avere quel pane comune, che aveva sfamato un numero inimmaginabile di persone.
Eppure, escludendo chi avrà agito solo per opportunismo, nell'atteggiamento della folla che si mette a cercare Gesù e che intavola con Lui questo dialogo, è possibile rintracciare quella "nostalgia" del divino che è presente in ciascuno di noi.
Il desiderio di Dio è
inscritto nel cuore dell'uomo, perché l'uomo è stato creato da Dio e per Dio; e
Dio non cessa di attirare a sé l'uomo e soltanto in Dio l'uomo troverà la
verità e la felicità che cerca senza posa.
(CCC 27)
Lo diceva bene un grande santo...uno di quegli uomini che, prima di arrivare a capire cosa fosse quel profondo desiderio di amore che era in lui, ha attraversato la vita cercando di soddisfare la sua sete in molti, errati modi.
Mi riferisco a Sant'Agostino, che così scrisse nelle sue Confessioni:
Ci hai fatti per te, e il nostro cuore
non ha posa finché non riposa in te.
(Sant'Agostino, Confessioni, I,1,1 )
L'uomo reca in sè stesso una sorta di "nostalgia" di Dio.
Ma cos'è la nostalgia?
Quando stamattina, meditando sul Vangelo, organizzavo questi pensieri, mi è balenata alla mente un'espressione letta sull'ultimo numero del Bolettino Salesiano, in un racconto della "buonanotte": "Nostalgia è l'amore che rimane".
Quando Dio ci ha creati lo ha fatto per amore.
Ha posto in noi un seme di quell'amore infinito.
La nostalgia umana di Dio è in primo luogo questo: l'amore che consciamente o incosciamente percepiamo. Sant'Agostino lo esprime con l'espressione "non darsi pace", che altri traducono come "inquietarsi". Il cuore umano è inquieto, senza pace, finché non raggiunge ciò che desidera. E per farlo, deve capire CHI desidera: Dio, il Creatore, l'Amore stesso.
Nostalgia, anche sul piano etimologico, ci rimanda a questo "amore" per l'Amore, ma, ancora più radicalmente, ci indirizza all'essenza dell'essere creatura.
La creatura ha un Creatore; gli uomini sono amati dall'Innamorato per sempre; ognuno di noi ha una casa da raggiungere, o meglio, una casa a cui tornare.
NOSTALGIA :
dal greco NOSTOS il ritorno al paese, alla cui radice vi è NAS- andare a casa, abitare. In sanscrito ritroviamo questa parola come SAM-NAS-E vengo presso alcuno
e da ALGIA per ALGOS: dolore, tristezza.
Nostalgia è la tristezza che proviamo finchè non facciamo ritorno a casa, finché non troviamo il Qualcuno in cui vivere.
Siamo chiamati a vivere in Cristo: la nostra casa è Lui, è il Suo Cuore che ci accoglie, è la Sua stessa vita che ci sfama, è il Suo amore che ci sazia per sempre.
Se la nostalgia umana si cancellerà definitivamente solo con l'ingresso nel Regno dei Beati, già su questa terra, cibandosi di Cristo, questo dolore può essere placato.
Il nostro cuore trova ristoro nel Cuore di Cristo, laddove il Suo amore per noi brucia in un incendio che arde senza consumarsi mai.
Quando stamattina, meditando sul Vangelo, organizzavo questi pensieri, mi è balenata alla mente un'espressione letta sull'ultimo numero del Bolettino Salesiano, in un racconto della "buonanotte": "Nostalgia è l'amore che rimane".
Quando Dio ci ha creati lo ha fatto per amore.
Ha posto in noi un seme di quell'amore infinito.
La nostalgia umana di Dio è in primo luogo questo: l'amore che consciamente o incosciamente percepiamo. Sant'Agostino lo esprime con l'espressione "non darsi pace", che altri traducono come "inquietarsi". Il cuore umano è inquieto, senza pace, finché non raggiunge ciò che desidera. E per farlo, deve capire CHI desidera: Dio, il Creatore, l'Amore stesso.
Nostalgia, anche sul piano etimologico, ci rimanda a questo "amore" per l'Amore, ma, ancora più radicalmente, ci indirizza all'essenza dell'essere creatura.
La creatura ha un Creatore; gli uomini sono amati dall'Innamorato per sempre; ognuno di noi ha una casa da raggiungere, o meglio, una casa a cui tornare.
NOSTALGIA :
dal greco NOSTOS il ritorno al paese, alla cui radice vi è NAS- andare a casa, abitare. In sanscrito ritroviamo questa parola come SAM-NAS-E vengo presso alcuno
e da ALGIA per ALGOS: dolore, tristezza.
Nostalgia è la tristezza che proviamo finchè non facciamo ritorno a casa, finché non troviamo il Qualcuno in cui vivere.
Siamo chiamati a vivere in Cristo: la nostra casa è Lui, è il Suo Cuore che ci accoglie, è la Sua stessa vita che ci sfama, è il Suo amore che ci sazia per sempre.
Se la nostalgia umana si cancellerà definitivamente solo con l'ingresso nel Regno dei Beati, già su questa terra, cibandosi di Cristo, questo dolore può essere placato.
Il nostro cuore trova ristoro nel Cuore di Cristo, laddove il Suo amore per noi brucia in un incendio che arde senza consumarsi mai.
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