Nell'anno del Bicentenario della nascita di don Bosco, vorrei puntare l'attenzione sul valore attribuito dal santo all'amicizia cristiana, intesa quale sprone e sostegno nel cammino comune degli uomini verso il Signore.
In questo, don Bosco fu santo perfettamente "salesiano". Come non ripensare alle pagine della "Filotea" di San Francesco di Sales, in cui il Vescovo di Ginevra tesseva l'elogio della vera amicizia spirituale?
Gli amici (nel termine più ampio) di don Bosco furono molti: amici in Cristo, amici da conquistare a Cristo, amici da amare con carità senza limiti.
Gli amici spirituali (quelli dell'anima) di san Giovanni Bosco furono pochi, ma lasciarono in lui un'impronta incancellabile.
Tra questi vi fu Luigi Comollo, giovane seminarista, con il quale il ragazzo dei Becchi strinse un rapporto intenso e tutto teso al raggiungimento della santità.
Si potrebbe essere portati a pensare - per chi non conosce la storia di don Bosco - che sia stato Giovanni l'ispiratore di Luigi. Accadde invece il contrario: se di certo Giovanni possedeva già molte e buone qualità e virtù negli anni del seminario, i pericoli di questo ambiente non erano pochi, e le asperita' da correggere ancora presenti in lui.
Luigi Comollo divenne un pungolo per il giovane Giovanni.
I due strinsero un'amicizia così salda da portare don Bosco ad affermare di aver perseverato "seriamennte" nella vocazione grazie a lui.
Luigi Comollo trascorse accanto a Giovanni poco tempo, prima di morire in giovane età.
Il ricordo che lasciò in don Bosco fu così forte e così vivo, da spingerlo a narrarne la vita in un libro, e da farlo parlare in termini di vera stima e gratitudine, nei suoi scritti autobiografici.
Con questo don Bosco da' piena attestazione alle parole del suo ispiratore e patrono della Congregazione Salesiana, San Francesco di Sales:
"Ama tutti con un grande
amore di carità, ma legati con un rapporto di amicizia soltanto con
coloro che possono operare con te uno scambio di cose virtuose.
Più le virtù saranno valide, più l'amicizia sarà perfetta.
Se lo scambio avviene nel campo delle scienze, la tua amicizia sarà, senza dubbio, molto lodevole; più ancora se il campo sarà quello delle virtù, come la prudenza, la discrezione, la fortezza, la giustizia.
Ma se questo scambio avverrà nel campo della carità, della devozione, della perfezione cristiana, allora sì, che si tratterà di un'amicizia perfetta. Sarà ottima perché viene da Dio, ottima perché tende a Dio, ottima perché il suo legame è Dio, ottima perché sarà eterna in Dio.
Che bello poter amare sulla tetra come si ama in cielo, e imparare a volersi bene in questo mondo come faremo eternamente nell'altro.
Non parlo qui del semplice amore di carità, perché quello dobbiamo averlo per tutti gli uomini; parlo dell'amicizia spirituale, nell'ambito della quale, due, tre o più persone si scambiano la devozione, gli affetti spirituali e diventano realmente un solo spirito.
A ragione quelle anime felici possono cantare: Com'è bello e piacevole per i fratelli abitare insieme. Ed è vero, perché il delizioso balsamo della devozione si effonde da un cuore all'altro con una comunicazione ininterrotta, di modo che si può veramente dire che Dio ha effuso la sua benedizione e la sua vita su simile amicizia per i secoli dei secoli.
Mi sembra che tutte le altre amicizie siano soltanto fantasmi a confronto di questa e i loro legami anelli di vetro e di giaietto, a confronto del legame della devozione che è tutta di oro fino".
Più le virtù saranno valide, più l'amicizia sarà perfetta.
Se lo scambio avviene nel campo delle scienze, la tua amicizia sarà, senza dubbio, molto lodevole; più ancora se il campo sarà quello delle virtù, come la prudenza, la discrezione, la fortezza, la giustizia.
Ma se questo scambio avverrà nel campo della carità, della devozione, della perfezione cristiana, allora sì, che si tratterà di un'amicizia perfetta. Sarà ottima perché viene da Dio, ottima perché tende a Dio, ottima perché il suo legame è Dio, ottima perché sarà eterna in Dio.
Che bello poter amare sulla tetra come si ama in cielo, e imparare a volersi bene in questo mondo come faremo eternamente nell'altro.
Non parlo qui del semplice amore di carità, perché quello dobbiamo averlo per tutti gli uomini; parlo dell'amicizia spirituale, nell'ambito della quale, due, tre o più persone si scambiano la devozione, gli affetti spirituali e diventano realmente un solo spirito.
A ragione quelle anime felici possono cantare: Com'è bello e piacevole per i fratelli abitare insieme. Ed è vero, perché il delizioso balsamo della devozione si effonde da un cuore all'altro con una comunicazione ininterrotta, di modo che si può veramente dire che Dio ha effuso la sua benedizione e la sua vita su simile amicizia per i secoli dei secoli.
Mi sembra che tutte le altre amicizie siano soltanto fantasmi a confronto di questa e i loro legami anelli di vetro e di giaietto, a confronto del legame della devozione che è tutta di oro fino".
(San Francesco di Sales, Filotea, cap. XIX)
NOVENA A SAN GIOVANNI BOSCO
O San Giovanni Bosco, padre e maestro della gioventù,
che tanto lavorasti per la salvezza delle anime,
sii nostra guida nel cercare il bene delle anime nostre
e la salvezza dei prossimo;
aiutaci a vincere le passioni e il rispetto umano;
insegnaci ad amare
Gesù Sacramentato,
Maria Ausiliatrice
e il Papa;
e implora da Dio per noi una buona morte,
affinché possiamo raggiungerti in Paradiso.
Amen.
"Il bene di uno sia il bene di tutti e il male di uno sia il male di tutti.
Bisogna che ci sosteniamo a vicvenda, e che mai uno biasimi ciò che l'altro fa, mai si abbia invidia".
(Don Bosco, Conferenza ai Salesiani, 1976, MB XII, 630)
Il bene di uno sia diffusivo, si irraggi sugli altri; il male di uno venga percepito come qualcosa che ci tanga, al fine di correggerlo, senza commettere l'errore di disinteressarcene.
Le virtù altrui non siano per noi motivo di invidia, ma di ammirazione e di imitazione.
Don Bosco ebbe modo di sperimentare molte volte, sulla propria pelle e su quella di altri, queste parole indirizzate ai suoi confratelli e figli salesiani.
Fin dagli anni del seminario, in modo particolare, rimase colpito da un'esperienza di amicizia intensa, seppur di breve durata, che certamente lasciò in lui un'impronta indelebile.
Si tratta dell'amicizia con Luigi Comollo, da tutti stimato come un giovane dalle innegabili qualità e virtù morali.
L'amicizia con lui fu per don Bosco un vero toccasana ed un rimedio a quei mali che avrebbero potuto colpirlo, finanche nell'ambiente apparentemente protetto in cui si trovava.
Ecco come ne parla nelle Memorie dell'Oratorio:
"Proprio in seminario ho ascoltato discorsi molto cattivi.
Circolavano libri immorali e contro la religione: furono bloccati durante una revisione.
I tipi pericolosi, appena conosciuti, venivano allontanati.
Oppure erano loro stessi che a un certo punto se ne andavano.
Ma durante i mesi passati in seminario erano stati una peste, e la peste contagia buoni e cattivi.
Ho evitato questo pericolo scegliendo come amici ragazzi ottimi".
Don Bosco ne menziona tre. Spicca il nome di Luigi Comollo.
Ecco una sintetica descrizione, fornitaci dallo stesso santo, del benefico effetto dell'amicizia con questo ragazzo, da molti definito un santo, prima ancora del suo ingresso in seminario:
"Sovente la mia ricreazione era interrotta da Luigi. Mi tirava per una manica, mi invitava a seguirlo e mi conduceva in chiesa.
Lì mi faceva pregare: visita al SS. Sacramento, preghiera per gli agonizzanti, recita del rosario, ufficio della Madonna per le anime del purgatorio.
Quel ragazzo meraviglioso fu una grande fortuna per me.
Quel ragazzo meraviglioso fu una grande fortuna per me.
Sapeva scegliere il momento più adatto per avvisarmi, farmi una correzione, dirmi una parola di incoraggiamento.
Faceva tutto con tanta gentilezza e carità che provavo piacere ad essere richiamato da lui.
Faceva tutto con tanta gentilezza e carità che provavo piacere ad essere richiamato da lui.
Eravamo molto amici.
Tentavo di imitarlo, ma ero cento chilometri indietro.
Tuttavia, se non sono stato rovinato dai compagni più dissipati, se ho perseverato seriamente nella mia vocazione, lo debbo a lui.
Tuttavia, se non sono stato rovinato dai compagni più dissipati, se ho perseverato seriamente nella mia vocazione, lo debbo a lui.
Più che un amico, era un ideale per me, un modello altissimo di virtù uno stimolo continuo a scuotere la pigrizia per essere un poco come lui".
(San Giovanni Bosco, Memorie dell'Oratorio, pp. 75;77, 1986, Elledicì )
I santi ci insegnano - e tra questi don Bosco non fa eccezione - una grande verità del cristianesimo: Dio non destina l'uomo alla solitudine. Dio non è un Dio "geloso" nel senso erronamente inteso di privare l'essere umano delle relazioni amicali, anche di quelle intense.
Concludo allora con le parole di San Francesco di Sales, che nel suo (per l'epoca e non solo!) "best-seller" della Filotea, ci ha lasciato questo arguto, saggio, veritiero commento:
"Fuor di dubbio, e nessuno si
sogna di negarlo, che Nostro Signore nutrisse un'amicizia più tenera e
personale per Giovanni, Lazzaro, Marta, Maddalena; lo dice la Scrittura.
Sappiamo che S. Pietro aveva una predilezione per Marco e per Santa
Petronilla; S. Paolo per S. Timoteo e S. Tecla.
S. Gregorio di Nazianzo
si gloria cento volte dell'amicizia che aveva per S. Basilio e così la
descrive: Si aveva l'impressione che in noi due ci fosse una sola
anima con due corpi.
E' vero che non bisogna prestare fede a coloro che
dicono che tutto è in tutto; tuttavia è vero che tutti e due eravamo in
ciascuno e ciascuno nell'altro; coltivare la virtù e ordinare i
programmi della nostra vita alle speranze future; questo era il modo di
uscire da questa terra mortale, prima di morire.
S. Agostino dice che S. Ambrogio
voleva molto bene a S. Monica, per le rare virtù che ammirava in lei, ed
ella gli voleva bene come a un angelo di Dio.
Ma ho torto a farti perdere tempo
per una cosa così chiara.
S. Girolamo, S. Agostino, S. Gregorio, S.
Bernardo e tutti i più grandi Servi di Dio hanno avuto amicizie
personali senza pregiudizio per la loro perfezione.
S. Paolo,
rimproverando ai Gentili il disordine morale della vita, li accusa di
essere gente senza affetto, ossia gente incapace di amicizia.
S.
Tommaso, come del resto tutti i buoni filosofi, dice che l'amicizia è
una virtù: certamente parla dell'amicizia personale perché, dice, la
vera amicizia non può essere estesa a molte persone.
La perfezione dunque, non consiste nel non avere amicizie, ma nell'averne una buona, santa e bella".
(San Francesco di Sales, Filotea, cap. XIX)
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