venerdì 26 settembre 2014

"UN TEMPO PER".... riflessioni a margine della Parola di oggi


Salvador Dalì- Uno dei tanti "orologi molli"- particolare dell'opera "La persistenza della memoria"

La Liturgia della Parola ha cominciato a proporci, a partire da ieri, alcuni brani di uno dei libri sapienzali, il Qoelet, definito anche Ecclesiaste per via della radice del nome, che rimanda all'assemblea (l'ecclesia, appunto).
Quest'oggi il brano (Qo 3,1-11) è tutto focalizzato sul concetto del "tempo" adatto per ogni cosa.
C'è un tempo per tutto - dice Qoelet -, dal nascere al morire, dal piangere al gioire, dal cercare al perdere...e via dicendo.
L'autore del libro sembra voler riassumere il ciclo della vita, che sempre, puntualmente ci ripresenta questa alternanza di sentimenti, situazioni, necessità, desideri e vicende che a volte non dipendono neanche da noi, ma vengono vissute come "subite" o "imposte" (è il caso del tempo per la guerra e per la pace).
L'intento potrebbe essere anche di rassicurazione: "Tutto ha il suo momento, e ogni evento ha il suo tempo sotto il cielo". Quasi a dire: se aspetti che qualcosa accada....attendi, la storia è un cerchio e le cose, girando e rigirando, giungono.
Se sei in guerra...attendi, la pace verrà. Se aspetti la gioia perché ora sei nel pianto....attendi e gioirai.
Ad essere affascinante, però, non è soltanto questa sapienza che sembra voler porre l'accento sulle cose umane, ma la conclusione cui arriva il saggio e che da' una luce divina a queste riflessioni. E' solo questo che permette di passare dalla speranza puramente umana alla speranza cristiana alimentata dalla fede.
Il Qoelet dice: tutto è stato fatto bello da Dio; Egli stesso ha posto nel cuore dell'uomo il senso del tempo e della sua durata, eppure nessuna creatura umana può comprendere la "ragione di ciò che Dio compie dal principio alla fine".
Siamo dinnanzi ad un mistero: dalla creazione nella Genesi, con cui viene innescato il meccanismo cronologico del tempo a quell'Alfa ed Omega che è Cristo (e con cui si chiude l'Apocalisse), nella cui Risurrezione il tempo - anche per l'uomo - smette di esistere e si perpetua solo l'Eternità.
Sostanzialmente, l'Ecclesiaste "traccia" una congiunzione (pur scrivendo secoli prima di Gesù) tra l'inizio e la fine della Bibbia. Tra la genesi della storia e la ricapitolazione della stessa nell'eternità di Cristo Risorto.

Nel Salmo 90 (che ieri faceva la sua comparsa nella Liturgia), si legge:

"Mille anni, ai tuoi occhi,
sono come il giorno di ieri che è passato,
come un turno di veglia nella notte". 
(Sal 90,4)

Ecco, questo è Dio e questo è l'uomo.
Il computo del tempo è connaturale alla nostra natura di creature terrene, ma qualcosa ci sfugge e - allo stesso modo - qualcosa afferriamo: il salmista lo esprime sottolineando il divario del "tempo", e non trova altra modalità per narrarlo, se non applicando anche a Dio i canoni di una misurazione che per Lui in realtà non avviene.
Perché l'uomo può "contare", misurare il tempo. Ma in Dio tutto è soltanto e semplicemente Eternità.
Per ovviare all'impossibilità di una terminologia che sappia definire questa idea, il salmista utilizza la sproporzione tra ciò che per l'uomo è un giorno e che per il Signore diventa come un millennio.
Il lasso è così vasto che riesce a coprire anche il passaggio da un'era all'altra....ciò che si perde finanche a memoria d'uomo, che può essere (oggi) studiato solo sui libri...
Eppure anche ciò che è accaduto e che non si può ricordare ha un suo "senso": un valore temporale per l'essere umano, un valore indescrivibile anche agli occhi di Dio, per il Quale nulla della storia che ha voluto creare, è poco importante o banale.
In quel "tutto è stato fatto bello da Dio" l'Ecclesiaste sembra dire proprio questo: anche se l'essere umano non riesce a capire fino a che punto la storia - destinata ad esaurirsi - sia importante nel piano divino egli ne ha tuttavia sentore e avverte la necessità di dare un volto "eterno" a questa bellezza, a questo "senso", a questa "ragione", alla "direzione" dell'evolversi delle cose a lui sconosciuta.
L'uomo reca in sè il desiderio di "mantenere" la bellezza, di sottrarla alla caducità...questo è quasi un sesto senso innato nell'animo umano.
Anche per questo sarà necessario quel momento in cui, nel Giudizio Universale, tutta la storia sarà realmente ricapitolata in Cristo (cfr Ef 1,10).
Allora, in Lui, nel Suo giudicare col potere attribuitoGli dal Padre, noi conosceremo l'indice del grande libro della storia, ci verranno spiegati i motivi degli ordini cronologici e di senso degli eventi, finalmente saremo appagati nel nostro ardente desiderio di "capire" il perché dell'incedere del tempo e degli eventi con determinate modalità.
E soprattutto, quelle cose belle che Dio ha fatte, saranno ricostituite finalmente belle per sempre, di una bellezza senza fine, senza limite, senza macchia alcuna.
La sete di vita, di eternità e di bellezza che alberga nel cuore dell'uomo, sarà definitivamente appagata.  


"Comprendi la forza di queste tre parole: 
un Dio,un momento,un'eternità.
 Un Dio che ti vede,
 un momento che ti fugge, 
un'eternità che ti attende".


(Don Bosco)



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