Carmelo di Parma |
Carissimi amici del blog, prosegue la pubblicazione del testo sulla vita di Caterina Farnese - principessa e carmelitana scalza.
Lo scritto - curato dalle monache carmelitane scalze del monastero di Parma - è in corso di pubblicazione sulla rivista "Il Carmelo oggi".
Qui trovate la quarta parte.
Buona lettura!
Caterina Farnese, principessa e carmelitana
- quinta parte -
Caterina Farnese, al tempo in cui indossava già l'abito carmelitano |
Caterina Farnese – la
cadetta di Parma, come la chiamava il Re Sole – è considerata, malgrado
il suo carattere tempestoso e imprevedibile, una delle principesse più
affascinanti d’Europa. Le proposte di matrimonio, blasonate e illustri,
cominciano ad arrivare presto, ma a tutte Caterina risponde con un deciso «no»,
motivandolo con i pretesti più bizzarri. Come mai? Quale segreto nasconde la
bella principessa?
In lotta con la voce di Dio
A
volte nascondere un segreto è quasi impossibile: lo si porta stampato sulla
fronte. A volte invece è facile, specialmente quando si tratta di cosa
assolutamente insospettabile! E’ il caso di Caterina: chi mai, anche fra i più
perspicaci dei cortigiani, avrebbe immaginato che da anni portava nel cuore
l’intimo richiamo alla vita religiosa?
Infatti,
guardando le cose dall'esterno, bisognerebbe dire che Caterina, mentre viveva
nel secolo, aveva dato prove non già di vocazione, ma di sommo aborrimento
verso monache e chiostri: rifuggiva anche solo dal parlare di vita religiosa;
la struttura stessa del chiostro le dava ripugnanza e l'idea di esservi
rinchiusa le cagionava eccessi di aborrimento.
Entrare in convento
significava darsi viva il sepolcro e la morte, e per la principessa
orgogliosa che non si era mai piegata alla volontà altrui tale ipotesi era
insopportabile.
Ma
le ripugnanze clamorose a volte sono sospette, perché altro non esprimono che
la ribellione della natura contro i suggerimenti della coscienza.
E’ il caso di
Caterina.
Dio parla al suo cuore; e la sua coscienza retta e leale non può
negare il contenuto di questo silenzioso ma reale messaggio: è chiamata alla
vita religiosa.
E l’insistenza perdurante di questa voce interiore dice con
chiarezza che non può essere catalogata come trovata passeggera… sì, con questa
voce bisogna prima o poi confrontarsi e fare i conti.
Chiostro, che terrore!
La
natura della principessa non ne aveva mai voluto sapere di briglie, ed ora
recalcitrava con tutte le sue forze; l’immagine del chiostro era sempre
presente alla sua mente e a nulla valeva cercare distrazioni: quando si ha
un'idea fissa - coltivata o no che sia - si sa che qualunque cosa ha il potere
di richiamarla; lo stesso accadeva a Caterina: nei discorsi, nelle compagnie, nei
divertimenti, tutti gli agganci erano buoni per evocarle l'aborrito convento.
Prima
di addormentarsi leggeva libri di cavalleria, con il preciso proposito di
divagare il pensiero, pensando su questi destrieri isfuggire: ma ogni
cavaliere o cavallo la portava alle porte del monastero.
Si
guardava bene dal confidarsi con i cappellani di corte, sicura che avrebbero
riconosciuto in lei i segni di una chiamata divina; talvolta, sfinita dalla
lotta interiore, chiedeva a Dio la forza almeno di rivelare il suo stato
d'animo: Signore, se mi volete non mi tormentate tanto, finitela una volta,
datemi la grazia ch'io lo dica; ma un attimo dopo ritirava la richiesta,
nei timore di essere esaudita.
Segnali di resa
E'
la stessa Caterina che, una volta religiosa, stende per il padre Massimo un
vivace resoconto di questo lungo periodo di contrasto interno.
Quanto
più Dio mi correva dietro, lo fuggivo con non voler nemmeno alzar la mente a
Lui. [...] Desideravo in somma che più tosto Dio non mi amasse tanto, perché mi
lasciasse vivere a mio modo, e mi turbavo, se alcuno mi diceva di voler pregare
per me, per tema non mi crescesse il desiderio di religione, e andavo fino
contro me stessa, con sottrarmi tutta a Dio e nemmeno fare il segno della
Croce, perché niente di buono mi venisse in mente, e subito comunicata dar
luogo a mille distrazioni,
per dimenticarmi di quello che tenevo dentro di me.
E'
un'introspezione acuta e fatta con una sincerità spietata e disarmante. Tra l'altro appare in modo chiaro come fosse ormai incrinata dal di dentro
l’immagine ufficiale della principessa altera: al suo posto affiorava una donna
dal cuore grande, che temeva tanto l'amore di Dio solo perché intuiva quanto
totale e generosa sarebbe dovuta essere la propria risposta.
La
lotta durò più di sette anni; il richiamo di Dio era così pressante - e così
indesiderata era la sua richiesta - che Caterina, più sfinita del solito,
arrivò a pregare così: Signore caro, non vi voglio, lasciatemi stare; ma
l’implacabile voce interiore le rispondeva: Se tu non vuoi me, io voglio te.
I
divertimenti che la corte le offriva non la distraevano come avrebbe voluto;
nel bel mezzo di una galoppata o di una riunione elegante, la solita voce,
nella quale coincidevano la voce di Dio e quella della coscienza, le insinuava:
Che ne hai? Che ne cavi da tutte queste vanità? E ricompariva, simile ad
un incubo, il profilo del chiostro.
Caro
Signore -
ripeteva allora - lasciatemi un poco stare, che io non vi cerco, vi prego,
lasciatemi stare caro Signore.
Ma
Dio non s'arrese, e Caterina cominciò ad accontentarsi del compromesso: Signore,
se mi volete monaca Scalza mi contento, in altro convento poi no, assolutamente.
Per
la principessa alla quale bastava che gli altri non l’avessero vinta,
questo inizio di cedimento era in realtà una irrimediabile capitolazione.
I
segnali di resa cominciarono a moltiplicarsi, anche se per molto tempo rimasero
un segreto fra Caterina e Dio: niente, all’esterno, autorizzava a sospettare
una vocazione.
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