(Genova Nervi) |
"Pregate incessantemente" (1 Ts 5,17) "rendendo continuamente grazie per ogni cosa a Dio Padre nel nome del Signore nostro Gesù Cristo" (Ef 5,20),
"Pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi" (Ef 6,18)
"Pregate incessantemente con ogni sorta di preghiere e suppliche nello Spirito, vigilando a questo scopo con ogni perseveranza e pregando per tutti i santi" (Ef 6,18)
San Paolo insiste molto sul concetto della preghiera, ma trasforma pregare in un'azione perenne di richiesta e di lode.
Ci indica, in un certo senso, quello che è il modo di agire da veri figli di Dio: tenere sempre il pensiero amoroso fisso sul nostro Padre Celeste, facendo quindi della nostra vita un'esperienza di preghiera continua.
Ci invita ad un atteggiamento -potremmo dire- da mistici, perché il mistico altro non è se non colui che rimane unito a Dio, che fa esperienza continua di Dio, che vive in Dio tutta la sua giornata e di giorno in giorno, la sua intera esistenza terrena.
Ci invita ad un atteggiamento -potremmo dire- da mistici, perché il mistico altro non è se non colui che rimane unito a Dio, che fa esperienza continua di Dio, che vive in Dio tutta la sua giornata e di giorno in giorno, la sua intera esistenza terrena.
Non necessariamente è mistico solo colui che vive esperienze fuori dal comune, come ad esempio Padre Pio.
Non per nulla anche Santa Teresa del Bambin Gesù, la maestra dell'infanzia spirituale, è una mistica, per il suo rapporto intimo e continuo con Dio, pur nell'assenza di fenomeni particolarmente straordinari (non ebbe stimmate né il carisma della profezia...).
Eppure la sua vita di preghiera continua e di unione con il Signore ne ha fatto una santa capace di scrutare il mistero della "piccolezza" e di godere in ogni caso di alcuni "privilegi" spirituali (se così potremmo definirli).
Questo esempio di mistica quasi a portata di mano rende bene l'idea della possibilità concreta di vivere quello che San Paolo ci chiede: un atteggiamento di preghiera continua, di unione perenne con Dio.
Potrebbe apparire difficile intendere in tal modo la preghiera, perché è un concetto che si discosta forse dall'idea che di norma abbiamo della preghiera stessa.
Solitamente si intende che pregare sia recitare qualche formula scritta, andare a Messa,dedicare alle nostre devozioni particolari alcuni in determinati momenti del giorno.
E' vero, pregare è anche questo, ma non è solo questo.
Sono parole di San Giovanni Damasceno, che ci sprona a fare tesoro di una grande verità: noi abitiamo in Dio e -paradossalmente, ma per amore!- Dio abita nella nostra anima, dandole vita.
Possiamo dunque sempre ed in ogni momento esercitarci in questa "elevazione" a Lui, facendo della nostra esperienza quotidiana, anche al di fuori delle preghiere "canoniche", un momento di vera preghiera!
Ecco cosa scriveva San Giovanni Bosco nel testo "Il cattolico provveduto per le pratiche di pietà":
"Pregare vuol dire innalzare il proprio cuore a Dio, e intrattenersi con lui per mezzo di santi pensieri e divoti sentimenti.
Perciò ogni pensiero di Dio e ogni sguardo a lui è preghiera, quando va congiunto ad un sentimento di pietà. Chi pertanto pensa al Signore o alle sue infinite perfezioni, e in questo pensiero prova un affetto di gioia, di venerazione, di amore, di ammirazione, costui prega.
Chi considera i grandi benefizi ricevuti dal Creatore, Conservatore e Padre, e si sente da riconoscenza compreso, costui prega.
Chiunque nei pericoli della sua innocenza e della virtù, conscio della propria debolezza supplica il Signore ad aiutarlo, costui prega.
Chi finalmente nella contrizione del cuore si volge a Dio e ricorda che ha oltraggiato il proprio Padre, offeso il proprio Giudice, ed ha perduto il più gran bene, e implora perdono e propone di emendarsi, costui prega".
Quanto è "facile" allora pregare!
Innalzare il pensiero a Dio diventa un dirgli "Signore, Ti amo"! proprio come faremmo se fossimo accanto alla persona che amiamo ed alla quale non ci stancheremmo mai di ripetere questa piccolissima frase.
Innalzare il pensiero a Dio diventa un dirgli "Signore, Ti amo"! proprio come faremmo se fossimo accanto alla persona che amiamo ed alla quale non ci stancheremmo mai di ripetere questa piccolissima frase.
Innalzare il pensiero a Dio e pregare diventa anche dirGli un semplicissimo "Grazie"! per qualcosa che è andata secondo i nostri desideri...o un affidarGli immediatamente un nostro dispiacere, con una personale e spontanea offerta interiore....
Ancora, pregare diventa lodare il Signore riconoscendone la presenza in tutte le cose: nel cielo che contempliamo, nei fiori che ci inviano i loro gradevoli profumi, nella tenerezza di un bambino...
Tutto diventa quindi occasione, stimolo, opportunità per una vita di preghiera incessante!
Don Bosco stesso, infatti, così prosegue:
Don Bosco stesso, infatti, così prosegue:
" Il pregare è perciò cosa assai facile.
Ognuno può in ogni luogo, in ogni momento sollevare il sua cuore a Dio per mezzo di pii sentimenti.
Non sono necessarie parole ricercate e squisite, ma bastano semplici pensieri accompagnati da divoti interni affetti.
Non sono necessarie parole ricercate e squisite, ma bastano semplici pensieri accompagnati da divoti interni affetti.
Una preghiera che consista in soli pensieri, p. es. in una tranquilla ammirazione della grandezza ed onnipotenza divina, è una preghiera interna, o meditazione, oppure contemplazione. Se si esterna per mezzo di parole si appella preghiera vocale.
Sia l'una che l'altra maniera di pregare deve essere cara al cristiano, che ama Iddio.
Un buon figlio pensa volentieri al proprio padre, e sfoga con lui gli affetti del proprio cuore.
Come mai dunque un cristiano potrebbe non pensar volentieri a Dio, suo amorosissimo Padre e a Gesù suo misericordioso Redentore, ed esternargli sentimenti di riverenza, di riconoscenza, di amore, e con soave confidenza pregarlo di aiuto e di grazia"?
Sia l'una che l'altra maniera di pregare deve essere cara al cristiano, che ama Iddio.
Un buon figlio pensa volentieri al proprio padre, e sfoga con lui gli affetti del proprio cuore.
Come mai dunque un cristiano potrebbe non pensar volentieri a Dio, suo amorosissimo Padre e a Gesù suo misericordioso Redentore, ed esternargli sentimenti di riverenza, di riconoscenza, di amore, e con soave confidenza pregarlo di aiuto e di grazia"?
Questo modo di concepire la preghiera, che si avvicina molto, nella sostanza (seppure espresso con parole differenti) al concetto di orazione teresiana, di "stare alla presenza del Signore" in ogni momento, ci fa dunque arrivare a comprendere "la sacralità di tutte le cose", espressione utilizzata come titolo di un volume scritto da Don Divo Barsotti.
Il testo è diretto principalmente ai religiosi, ma dice qualcosa anche a noi, in particolar modo si concentra sulla necessità di "riscoprire la sacralità anche di quella vita che normalmente noi sentiamo separata dalla nostra vita religiosa o che noi consacriamo, ma soltanto dall'esterno, perché la offriamo a Dio.
Il lavoro per te può essere una penitenza, e allora lo offri al Signore; fai questa mortificazione, ma non cerchi di trasfigurarla dall'intimo.
Così per me lo studio: lo sento come un dovere gravoso che mi viene dall'esterno e cerco di santificarlo nell'offrirlo al Signore, ma non lo trasfiguro interiormente.
Rimane un atto profano in sé: diviene sacro soltanto in quanto lo offro, in quanto attraverso quell'atto io esercito delle virtù di pazienza, di mortificazione, di carità".
Qui c'è da fare un salto importante, un salto di "qualità" al quale lo stesso Don Divo ci condurrà fra poco, ma al quale possiamo arrivare solo per gradi.
Don Bosco ci ha invitato a fare della nostra giornata una preghiera continua, approfittando non solo del tempo della preghiera "ordinaria", ma di ogni istante, pregando in maniera spontanea, con atti di lode, di ringraziamento, di richiesta, di offerta.
Sull'offerta insiste anche don Divo Barsotti, che ci consente di capire come tutte le cose, anche le più banali della nostra esistenza, acquistino un significato "sacro", di preghiera potremmo dire, quando non le facciamo solo diventare atto di pazienza, mortificazione o carità, ma quando le "offriamo".
E come possiamo offrire questi nostri gesti quotidiani?
Quando la settimana scorsa ho inserito delle riflessioni sulla partecipazione attiva dei fedeli alla Santa Messa, mi sono soffermata sull'aspetto dell'offerta: il sacerdote offre al Padre il Sacrificio incruento di Cristo che si rinnova e nel farlo offre anche al Padre tutto ciò che noi, in un certo senso, gli consegniamo.
Quando la settimana scorsa ho inserito delle riflessioni sulla partecipazione attiva dei fedeli alla Santa Messa, mi sono soffermata sull'aspetto dell'offerta: il sacerdote offre al Padre il Sacrificio incruento di Cristo che si rinnova e nel farlo offre anche al Padre tutto ciò che noi, in un certo senso, gli consegniamo.
In tal modo partecipiamo attivamente alla Santa Messa, attraverso il sacerdote che consegna a Dio il nostro personale sacrificio, composto di tutto quello che di bello o doloroso gli portiamo andando al Sacro Rito e che consapevolmente (o a volte inconsapevolmente) gli affidiamo.
E tutto questo avviene nel e con il Sacrificio Eucaristico.
E tutto questo avviene nel e con il Sacrificio Eucaristico.
Don Divo dice infatti che occorre che io "trasfiguri l'atto in me, lo renda veramente preparatorio di una comunione eucaristica".
Questa trasfigurazione è dunque proprio quel renderci conto che tutto ciò che metteremo sul piatto delle offerte quotidiane, potremo poi portarlo a Dio Padre nella Santa Messa, dove verrà offerto, dal Sacerdote, in unione, in comunione all'offerta del Sacrificio di Nostro Signore.
Come potrebbe cambiare la nostra esistenza quotidiana se sapessimo che tutto ciò che ci accade, anche la cosa più banale, non solo può essere "preghiera" nel momento in cui la vivo e ne opero una prima "trasformazione" (in atto di pazienza, di mortificazione, di carità), ma anche e soprattutto nel momento in cui la "metto da parte", la conservo nel Cuore di Gesù fino all'istante in cui, andando a Messa, quell'atto e quell'offerta verranno consegnati al Padre, "affinchè", come dice il Sacerdote nel Sacro Rito- "il mio e vostro sacrificio sia gradito a Dio Padre Onnipotente".
"Non nonostante le cose, ma attraverso di esse l'anima vive l'unione con Dio.
Le cose sono già in sé elevate: è questo ciò di cui dobbiamo renderci conto.
In Sè tutte le cose hanno un senso sacrale; è il peccato dell'uomo che le ha rese opache, le ha fatte strumento piuttosto di una nostra perversione, di un nostro egoismo, perché è in noi che c'è il male, non nelle cose stesse.
Siamo noi che le pervertiamo". (Don Divo Barsotti)
Tornare alla "sacralità di tutte le cose" significa allora avere atteggiamento di umiltà, distacco e purezza.
Servirsi delle cose nel loro buon uso, sapendoci stupire della bellezza di ogni avvenimento, naturale o umano, che ci rivela la presenza di Dio, anche degli apparenti silenzi, delle disfatte, delle vicende dolorose.
Ed in esse sapere vedere una fonte di preghiera che scaturisce nel nostro cuore, che ci fa esercitare le virtù e che diventa offerta da consegnare al sacerdote, affinché le offra al Padre nella Santa Messa, atto di adorazione suprema che rendiamo a Dio!
In questo modo potremo vivere realmente la nostra vita come orazione continua, in preparazione vigile da una Messa all'altra, da una Comunione all'altra!
Nessun commento:
Posta un commento