lunedì 17 aprile 2023

Pensieri per lo spirito

L'AMORE A PORTE CHIUSE

Riflessioni sul Vangelo della Domenica in Albis (ANNO A)




© Cristina Gottardi - Unsplash

 
  «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse
le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei,
venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo:
«Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi».
Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo.
A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!».
Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco,
io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa
e c'era con loro anche Tommaso.
Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!».
Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!».
Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!».
Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto;
beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni
che non sono stati scritti in questo libro.
Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
(Gv 20,19-31)




La sera di quel giorno, il primo della settimana, a porte chiuse.
L'incipit del brano che conclude l'Ottava di Pasqua sembra un ossimoro seminato per spiazzarci, in un crescendo di contraddizioni di buio e luce, di principio e fine, di aperture e barricamenti.
A fare da collante alle figure di quest'ossimoro è il timore, quello dei Giudei certamente, ma anche il timore del cuore di ciascun discepolo, titubante e impaurito nel camminare sul filo del credere e del non credere, dello sperare e del disperare, dell'attendere e del fuggire.
Il cuore è probabilmente il vero protagonista di questo racconto: quello dei seguaci di Cristo, che infatti non chiudono a chiave solo la porta di una casa, ma anche dei loro cuori dubbiosi; e quello di Gesù, che nel suo essere sempre Colui che ama per primo non può lasciare che queste porte rimangano sigillate per sempre.
Eppure il Maestro non viene spalancando portoni, non scardinando serrature; non arriva a divellere spranghe e sfondare battenti. No, Gesù, semplicemente, entra. A porte chiuse. Nel rispetto di quel misto di paura e braci di speranza che forse albergavano nel cuore dei suoi amici. Nel rispetto del mistero dell'uomo che impone paletti, innalza steccati, costruisce trincee per proteggersi dal troppo amore e dal troppo sperare.
Così, viene Gesù. Nello stile di un Dio senza clamori, senza rombi di tuono ed effetti speciali. In fondo questo entrare a porte chiuse, che pure tanto ci sorprende ogni volta nel rileggere il brano giovanneo, fa finanche meno rumore di un bussare gentile. È il silenzio di una presenza senza squilli di tromba, senza inutili orpelli, che non viene a scatenare paure accessorie, ma solo a portare la pace, a stare "con".
Perché l'amore, sostanzialmente, è questa semplicità assoluta dell'esserci. Senza preavvisi, senza presentazioni, senza richieste, senza pretese.
L'amore, se amore deve essere, è allora sempre un amare a porte chiuse. Superando le barriere del cuore che troppo facilmente si spaventa a ogni movimento inconsulto della vita, a ogni imprevisto, a ogni passo falso degli eventi. Superando la chiusura del cuore incerto fra il crederci davvero o l'abbandonarsi al pessimismo della sola ragione; del fidarsi totalmente dell'altro o dell'opporre resistenze umane impastate di logiche materiali e psicologiche; colmando la distanza tra il finire e il cominciare, tra l'oscurità e la luce. 
Tutti, in fin dei conti, sogniamo di essere amati davvero così: negli ossimori del nostro sentire, nelle contraddizioni del nostro stesso amare, dietro quelle porte chiuse in cui solo chi ci ama davvero può conoscerci fino in fondo. Senza parlare, senza domandare. Semplicemente rimanendo con noi. Semplicemente vincendo le nostre resistenze senza violare i nostri lucchetti, con la gentilezza di chi sa straripare nell'amore per riportarci a galla. E mai per sommergerci. 

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