mercoledì 25 settembre 2019

Cibo e Parola

«CUSTODIRE» LA TERRA
La giusta relazione col Creato
(in collaborazione con Enza, foodblogger su Foodtales)



 «La sfida urgente di proteggere la nostra casa comune 
comprende la preoccupazione di unire tutta la famiglia umana
nella ricerca di uno sviluppo sostenibile e integrale, 
poiché sappiamo che le cose possono cambiare.
Il Creatore non ci abbandona,
non fa mai marcia indietro nel suo progetto di amore, 
non si pente di averci creato.
L’umanità ha ancora la capacità di collaborare 
per costruire la nostra casa comune».
(Papa Francesco, Laudato sì, n. 13)








Custodire: "entrare nel linguaggio della creazione"

Settembre è il mese in cui ricordiamo in modo particolare – non da soli, ma come Chiesa – l’impegno richiesto a ciascuno di noi per la custodia del Creato. Lo facciamo con la Giornata mondiale di preghiera per la cura del Creato (1 settembre) e lo facciamo anche seguendo l’intenzione di preghiera del Papa di questo mese: «Perché i politici, gli scienziati e gli economisti lavorino insieme per la protezione dei mari e degli oceani».
Custodire il creato è un dovere, un diritto, un impegno, una responsabilità.
È Dio ad aver affidato all’uomo il mondo, delegandogli l'esercizio del "dominio" sulla Terra:
«Siate fecondi e moltiplicatevi,
riempite la terra e soggiogatela,
dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo
e su ogni essere vivente che striscia sulla terra» (Gn ,28).
Soggiogare e dominare sono tuttavia verbi che possono indurre in errore, se non  correttamente intesi nel loro contesto.
Scriveva Joseph Ratzinger – Benedetto XVI: 
«Una frase del racconto della creazione, che oggi suona negativo a tutte le orecchie, ha bisogno di un’esegesi particolare. Si tratta del famoso versetto di Gn 1,28, l’apostrofe di Dio agli uomini: “Soggiogate a voi la terra!. Questo principio è diventato un grande appiglio per gli attacchi contro il cristianesimo […].
Il compito che il Creatore ha dato all’uomo significa che questi deve vivere il mondo come creazione divina, nel ritmo e nella logica della creazione. Il senso di quel compito è definito nel successivo capitolo 2 della Genesi con le parole “coltivare e custodire” (cfr. Gn 2,15). Esso allude perciò ad un entrare nel linguaggio della creazione stessa, significa che questa è portata a ciò di cui è capace e per cui è stata ideata, ma non che si rivolta contro se stessa. La fede biblica comporta che gli uomini non si restringano da soli in se stessi: devono sempre sapere di essere nel grande corpo della storia, che alla fine diverrà corpo di Cristo. Una volta l’uomo poteva cambiare nella natura sempre solo determinate cose. La natura come tale non era oggetto, ma presupposto del suo agire. Ora, invece, gli è consegnata essa stessa nella sua interezza – o almeno così lui crede. Ma con ciò egli si vede anche esposto, improvvisamente, alla sua più profonda minaccia. Il punto di partenza di questo è in quell'atteggiamento che considera la creazione solo come prodotto del caso e della necessità, secondo il quale non vi è più un agire di Dio e dunque resta soltanto l’agire proprio. Poiché essa appare solo come prodotto di caso e di necessità, essa non ha più diritti propri e non può più impartire direttive: essa ha tutt'al più un linguaggio morale. È zittito quel ritmo interiore che il racconto scritturistico della creazione ci indica, il ritmo dell’adorazione, il ritmo della storia d’amore di Dio con l’uomo. Ciò nondimeno oggi avvertiamo bene quanto siano orrendi gli esiti di quella concezione. Sentiamo la minaccia che non è un lontano futuro, ma incombe immediatamente su di noi» [1].

Un'ecologia fatta di gesti quotidiani ma anche di "cultura"

È un vero peccato che, come spesso accade anche in altri campi, l'uomo si renda conto del proprio cattivo operato solo quando una minaccia incombe su di lui. Ma è comunque positivo il fatto che la minaccia consenta di aprire gli occhi e stimoli a un'inversione di rotta. Per il cristiano, questa inversione deve far comprendere che «possiamo davvero servire la terra se la usiamo secondo la direttiva della parola di Dio» [2].
Dunque custodire, non abusare. Rispettare, non defraudare. Far vivere, non far morire. È certamente necessario un approfondimento del "problema" a grandi livelli, per la ricerca di soluzioni nuove alla questione ambientale, che si presenta come tematica su larga scala, che coinvolge soprattutto i detentori del potere, i cui interessi sono spesso in contrapposizione con il rispetto delle leggi della natura.
Ma la custodia del creato implica anche per ogni persona una serie di cose fattibili nel proprio piccolo, nel quotidiano, attraverso un insieme di scelte e di atteggiamenti che esprimano la propria decisione a favore di un uso sapiente delle risorse, di un approccio rispettoso e consapevole alla natura e alle creature (non umane) che ci circondano... anche perché ciò che di negativo si fa al Creato ha sempre e comunque un impatto altrettanto negativo sull'umanità. Questo può dar vita a una vera e propria protesta silenziosa contro "i colossi" (politici, economici, industriali) che vanno invece in tutt'altra direzione. E occorre anche da parte di ogni singolo uomo un approccio "culturale" al problema: non possiamo agire correttamente se prima non siamo informati su ciò che succede e sulle motivazioni (anche scientifiche) che portano a definire pericolosi, nocivi, determinati protocolli, determinate azioni, determinate sostanze.
È quello che anche papa Francesco ha sottolineato: «È molto nobile assumere il compito di avere cura del creato con piccole azioni quotidiane, ed è meraviglioso che l’educazione sia capace di motivarle fino a dar forma ad uno stile di vita. L’educazione alla responsabilità ambientale può incoraggiare vari comportamenti che hanno un’incidenza diretta e importante nella cura per l’ambiente, come evitare l’uso di materiale plastico o di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti, cucinare solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone, piantare alberi, spegnere le luci inutili, e così via. Tutto ciò fa parte di una creatività generosa e dignitosa, che mostra il meglio dell’essere umano. Riutilizzare qualcosa invece di disfarsene rapidamente, partendo da motivazioni profonde, può essere un atto di amore che esprime la nostra dignità.
Non bisogna pensare che questi sforzi non cambieranno il mondo. Tali azioni diffondono un bene nella società che sempre produce frutti al di là di quanto si possa constatare, perché provocano in seno a questa terra un bene che tende sempre a diffondersi, a volte invisibilmente. Inoltre, l’esercizio di questi comportamenti ci restituisce il senso della nostra dignità, ci conduce ad una maggiore profondità esistenziale, ci permette di sperimentare che vale la pena passare per questo mondo. Gli ambiti educativi sono vari: la scuola, la famiglia, i mezzi di comunicazione, la catechesi, e altri. Tutti possiamo collaborare come strumenti di Dio per la cura della creazione, ognuno con la propria cultura ed esperienza, le proprie iniziative e capacità» [3].

Concludiamo questo post con la preghiera della Rete Mondiale di preghiera del Papa per questo mese di settembre e con la ricetta di Enza, del blog Food Tales. Abbiamo pensato alla tartaruga perché spesso (purtroppo) si sente parlare della "plastica killer" per queste creature marine. La ricetta potrebbe diventare un espediente per avvicinare i più piccoli al tema dell'inquinamento a opera di un materiale tanto presente nelle nostre vite da essere considerato indispensabile, ma che in realtà si rivela pericoloso per l'uomo e mortifero per tanti animali.

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In unione di preghiera e di offerta
per l'armonia della Creazione,
Dono di Dio all'umanità,
perché tutti contribuiamo
anche nelle piccole cose
al rispetto della natura
pensando anche al domani
di chi verrà dopo di noi.

Vergine Maria,
umile ancella di Dio,
insegnaci il rispetto
dei Doni preziosi!
(Dalla preghiera di offerta per il 1° venerdì del mese 
della Rete Mondiale di Preghiera del Papa)



 TARTARUGA DI CARNE E PUREA 
(involtini di carne senza glutine con purea di patate e bieta)
di Enza, foodblogger su Foodtales




COMPOSIZIONE DEL PIATTO

Lessate una patata e aggiungete della bieta già cotta e tagliuzzata in pezzi non troppo piccoli. Insaporite con del formaggio grattugiato e della curcuma.
Si otterrà un impasto colorato con il quale modellare il corpo della tartaruga, le zampine e la testa. Per gli occhi ho usato un'oliva nera.
Tagliate a fettine un involtino di carne e appoggiatele sulla base di patate come in foto.

Per gli involtini di carne senza glutine

6 fette scelte di vitello
150 g circa di pane senza glutine 
parmigiano grattugiato q.b.
fecola di patate per infarinare
un po' di latte
1 uovo
vino bianco 
olio e basilico
aglio, prezzemolo e sale

Frullate il pane con uno spicchio di aglio e del prezzemolo e aggiustate di sale. Aggiungete il formaggio, l'uovo e un po' di latte per ammorbidire l'impasto. Farcite la carne, legate gli involtini con dello spago da cucina e girateli nella fecola perché siano completamente rivestiti. In una padella con olio e aglio cuocete a fiamma dolce fin quando si formerà una crosticina dorata sugli involtini, sfumate con il vino e quando l'alcool sarà evaporato, aggiungete le foglie di basilico, sale q.b. e un po' di acqua. Terminate la cottura con il coperchio.






NOTE
[1] Joseph Ratzinger – Benedetto XVI, Progetto di Dio. La creazione, 2012, Marcianum Press, pp. 76-77; 80.
[2] Ibidem, p. 81.
[3] Papa Francesco, Laudato sì, nn. 211; 212; 213; 14.

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