DOMENICA DELLA DIVINA MISERICORDIA
Cristiani con uno stile pasquale
Cristiani con uno stile pasquale
«L’Ottava di Pasqua, pervasa di luce e di gioia, si concluderà con la domenica in Albis, chiamata anche domenica della "Divina Misericordia". Si chiama in albis - domenica "bianca". È così perché secondo la tradizione liturgica in questo giorno coloro, che sono stati battezzati durante la Veglia pasquale si toglievano le vesti bianche del battesimo e indossavano le vesti quotidiane. Nello stesso tempo la stessa domenica è vissuta nella Chiesa come festa della Divina Misericordia. È una consuetudine recente, ma esprime bene la verità che tramite la grazia del Battesimo abbiamo parte nell’amore misericordioso di Dio».
(Giovanni Paolo II, Udienza Generale, 23 aprile 2003)
LA VESTE DELLA TESTIMONIANZA
Ogni battezzato è invitato a vivere nello stile della Pasqua tutta la propria vita. Finita l'Ottava, in cui ancora, liturgicamente parlando, si prolunga la grande Domenica della Risurrezione, il cristiano è chiamato in senso metaforico - come lo erano i neofiti attraverso un gesto concreto - a indossare le vesti quotidiane, cioè a testimoniare nella vita di ogni giorno il Cristo Risorto.
Lasciate le vesti "visibili", occorre sentirsi sempre rivestiti di quelle invisibili e interiori che danno "senso" e "prospettiva" nuove a tutta l'esistenza, al mondo concreto in cui si vive, agli avvenimenti in cui ci si muove.
San Paolo scrive che «per mezzo del battesimo siamo stati sepolti insieme a» Gesù «nella morte affinché, come Cristo fu risuscitato dai morti per mezzo della gloria del Padre, così anche noi possiamo camminare in una vita nuova» (Rm 6,3-4).
La veste del battesimo permane nel cristiano per renderlo capace di dare «ragione della speranza» (1 Pt 3,15) che è in lui, una speranza che è fortificata dalla prova delle prove: «Davvero il Signore è risorto» (Lc 24,34)!
Misericordia e Battesimo
La festa della Divina Misericordia, nella sua coincidenza con la Domenica in Albis, permette di mantenere saldamente uniti, nella riflessione, il mistero della misericordia divina e il sacramento del Battesimo. Un sacramento scaturito proprio dall'insondabile e inesauribile amore misericordioso di Dio: «la giustificazione ci è stata meritata dalla passione di Cristo, che si è offerto sulla croce come ostia vivente, santa e gradita a Dio, e il cui sangue è diventato strumento di propiziazione per i peccati di tutti gli uomini. La giustificazione è accordata mediante il Battesimo, sacramento della fede. Essa ci conforma alla giustizia di Dio, il quale ci rende interiormente giusti con la potenza della sua misericordia. Ha come fine la gloria di Dio e di Cristo, e il dono della vita eterna» [1].
Uno stile pasquale
Misericordia e Battesimo; Morte e Risurrezione; Quaresima e Pasqua. Ogni mistero di gioia è legato a un mistero di sofferenza. Si potrebbe dire che le gioie più grandi nascono dai più grandi sacrifici. Ogni dono che il battezzato riceve scaturisce dal sacrificio massimo, quello del Figlio di Dio, che il Padre non ha risparmiato per ricolmare l'uomo della sua infinita misericordia. Ecco perché il cristiano deve vivere, anche nelle proprie "quaresime di sofferenza", secondo uno stile "pasquale". Egli sa, infatti, che né il dolore né la morte hanno l'ultima parola.
Eppure - ricorda papa Francesco - «ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. La gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie. "Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà … È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore"(Lam 3,17.21-23.26)» [2].
Eppure - ricorda papa Francesco - «ci sono cristiani che sembrano avere uno stile di Quaresima senza Pasqua. La gioia non si vive allo stesso modo in tutte la tappe e circostanze della vita, a volte molto dure. Si adatta e si trasforma, e sempre rimane almeno come uno spiraglio di luce che nasce dalla certezza personale di essere infinitamente amato, al di là di tutto. Bisogna permettere che la gioia della fede cominci a destarsi, come una segreta ma ferma fiducia, anche in mezzo alle peggiori angustie. "Le grazie del Signore non sono finite, non sono esaurite le sue misericordie. Si rinnovano ogni mattina, grande è la sua fedeltà … È bene aspettare in silenzio la salvezza del Signore"(Lam 3,17.21-23.26)» [2].
Andate in tutto il mondo...
Rivestiti delle vesti quotidiane, i battezzati ricevono dunque, come la ricevettero gli Undici, la missione di andare «in tutto il mondo» a predicare «il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Questa predicazione non richiede segni, gesti, azioni particolari. È la testimonianza della propria vita. È la testimonianza attraverso la coerenza all'insegnamento evangelico. È la testimonianza per mezzo della fede salda in Cristo, della docilità di cuore al volere di Dio, della gioia piena che può albergare nei cuori anche tra le difficoltà della vita. È la testimonianza della certezza che anche noi risorgeremo, come Gesù è risorto.
«Dobbiamo avere noi per primi ben ferma questa speranza e dobbiamo esserne un segno visibile, chiaro, luminoso per tutti. Il Signore Risorto è la speranza che non viene mai meno, che non delude (cfr Rm 5,5). La speranza non delude. Quella del Signore! Quante volte nella nostra vita le speranze svaniscono, quante volte le attese che portiamo nel cuore non si realizzano! La speranza di noi cristiani è forte, sicura, solida in questa terra, dove Dio ci ha chiamati a camminare, ed è aperta all’eternità, perché fondata su Dio, che è sempre fedele. Non dobbiamo dimenticare: Dio sempre è fedele; Dio sempre è fedele con noi. Essere risorti con Cristo mediante il Battesimo, con il dono della fede, per un’eredità che non si corrompe, ci porti a cercare maggiormente le cose di Dio, a pensare di più a Lui, a pregarlo di più. Essere cristiani non si riduce a seguire dei comandi, ma vuol dire essere in Cristo, pensare come Lui, agire come Lui, amare come Lui; è lasciare che Lui prenda possesso della nostra vita e la cambi, la trasformi, la liberi dalle tenebre del male e del peccato.
A chi ci chiede ragione della speranza che è in noi (cfr 1Pt 3,15), indichiamo il Cristo Risorto. Indichiamolo con l’annuncio della Parola, ma soprattutto con la nostra vita di risorti. Mostriamo la gioia di essere figli di Dio, la libertà che ci dona il vivere in Cristo, che è la vera libertà, quella che ci salva dalla schiavitù del male, del peccato, della morte! Guardiamo alla Patria celeste, avremo una nuova luce e forza anche nel nostro impegno e nelle nostre fatiche quotidiane. E’ un servizio prezioso che dobbiamo dare a questo nostro mondo, che spesso non riesce più a sollevare lo sguardo verso l’alto, non riesce più a sollevare lo sguardo verso Dio» [3].
NOTE
[1] Catechismo della Cattolica, n. 1992.
[3] Francesco, Udienza Generale, 10 aprile 2013.
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