lunedì 19 aprile 2010

LA VERGOGNA E IL PERDONO. Riflessioni a margine dell'incontro di Benedetto XVI con le vittime maltesi della pedofilia





In molti hanno “invitato” Benedetto XVI -a volte senza mezzi termini e con parole poco educate- a “chiedere scusa”, ad offrirsi come “capro espiatorio” per il male nella Chiesa, specialmente per il male con cui i preti pedofili hanno macchiato la purezza del loro sacerdozio, quella del Corpo mistico, che è la Chiesa stessa, e quella dei corpi -“tempio dello Spirito Santo”- di tante piccole vittime innocenti.
“SCUSA E PEDOFILIA”: parole non pronunciate dal Santo Padre, parole non dette che hanno suscitato l'ira dei recalcitranti media e  generato “delusione” in alcuni gruppi di fedeli e delle stesse vittime.
Parole che, in realtà, hanno trovato -da molto tempo- un degno “sostituto” in quella più volte utilizzata, pronunciata, scritta, da Benedetto XVI: VERGOGNA.
Esprimere vergogna va ben oltre una richiesta di scuse: la vergogna non è un semplice atto “formale”, ma  un sentimento che tocca le corde più intime dell'animo umano, a maggior ragione quando non venga provata per peccati, crimini, azioni “personali”, ma altrui. 
Gli psicologi affermano che “la vergogna si esprime nell'assorbimento del dolore fino a farlo diventare interno al sé” e comporta una “sensibilità per i vissuti degli altri, la sensibilità, l'accoramento, il dispiacere, l'afflizione, la costernazione, lo sconforto, la compassione, la pietà, la capacità di sostegno degli altri, il prendere a cuore le sofferenze degli altri” e nasce “dalla delusione interna”. 
E' facile rinvenire i motivi di delusione (e di dolore) di Benedetto XVI, in questo delicato e sofferto frangente: delusione per chi -pur avendo ricevuto un dono di valore inestimabile, ossia il sacerdozio- ha disprezzato questo regalo, usando quelle mani che diventano strumento per la Consacrazione del Pane e del Vino, per compiere atti ignobili e peccaminosi. 
Dolore per l'offesa, il danno, la “violazione”, arrecata ad esseri deboli, a piccoli innocenti, alla purezza fatta persona.  Dolore per quel Cristo che viene oltraggiato e disprezzato da quanti si macchiano di questi crimini orrendi; per quel Gesù -uomo dei dolori- che soffre in ciascun essere umano sofferente e quindi, in ciascuna vittima di questo terribile male. 
Dolore, infine, per quella Chiesa -di cui il Papa è Pastore- “ferita dai nostri peccati” -usando le parole che proprio sabato scorso, egli, ha pronunciato durante il viaggio verso Malta.
Per gli psicologi “la vergogna, legata alla memoria, permette all'uomo di non dimenticare l'orrore” che è stato compiuto e di agire di conseguenza, per rimediare al male compiuto (da altri, in questo caso) e per impedire che ancora ne venga commesso.  
In questo senso, le parole che ieri il Santo Padre ha riservato alle vittime della pedofilia, incontrare a Malta, sono quantomai significative, al pari di tutte le precedenti espressioni di dolore e “vergogna” per gli abusi di religiosi su bambini.
La nota diffusa nel pomeriggio di Domenica, dalla Sala Stampa Vaticana, ha descritto un Papa “profondamente commosso dalle storie” delle persone incontrate, e che ha -ancora una volta-  “espresso la sua vergogna ed il suo dolore per quello che le vittime e le loro famiglie hanno sofferto” e la garanzia “che la Chiesa sta facendo e continuerà a fare tutto quello che è in suo potere per indagare le accuse, assicurare alla giustizia coloro che sono responsabili degli abusi e applicare effettivamente le misure tese a salvaguardare i giovani in futuro”.
“Ho visto il Papa piangere di emozione e mi sono sentito liberato da un grande peso” ha affermato   Lawrence Grech, una delle vittime presenti all'incontro, aggiungendo: “non mi aspettavo scuse dal Papa ma ho visto in lui e nel vescovo di Malta l'umiltà di una Chiesa che in quel momento rappresentava tutto il problema della Chiesa moderna. Io mi sento liberato e sollevato da un grande peso. Da tanto tempo non andavo più a messa e avevo perso la fede, ma ora mi sento un cattolico convinto. L'incontro con il Papa è stato il più grande regalo mai ricevuto dopo la nascita di mia figlia”.
La vergogna -intesa dunque come “compartecipazione” intima, sofferta, al dolore altrui- assieme alla commozione sincera ed all'umiltà, ha realizzato uno dei miracoli più belli e grandi dell'animo umano: il perdono verso quella Chiesa e quel Credo, che per molte delle vittime della pedofilia nel clero, sono divenuti il principale “capro espiatorio”, gli oggetti del risentimento, della rabbia e della negazione.
“Il perdono esige che si esca dall'immediatezza della ferita subita e che, da una parte, si tenga conto del passato per perdonare, dall'altra si apra alla promessa di un futuro per sperare”, afferma Lewis Smedes. 
Benedetto XVI offre questa speranza, la speranza di un futuro in cui si vigili con sempre crescente cura ed attenzione, affinché ignobili crimini e peccati -come quello della pedofilia- non mietano altre vittime. 
E anche la speranza -di cui il Papa ha scritto nella sua recente lettera pastorale ai cattolici irlandesi- “nella comunione della Chiesa” in cui “incontriamo la persona di Gesù Cristo, egli stesso vittima di ingiustizia e di peccato”. 

1 commento:

  1. Davvero il perdono sincero mette fine a tante ingiuste recriminazioni!! E davvero Gesù stesso è stato vittima delle ingiustizie e dei peccati umani. Aiutiamo, come possiamo, il Papa, a portare questo pesante giogo sulle sue gracili (eppur forti) spalle!

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