venerdì 7 aprile 2023

Pensieri per lo spirito

   IL VOLTO DEL PECCATO

Riflessioni sul Venerdì Santo (anno A)





La Sindone di Torino - Fonte: MeteoWeb

  «Non ha apparenza né bellezza / per attirare i nostri sguardi, / non splendore per poterci piacere. / Disprezzato e reietto dagli uomini, / uomo dei dolori che ben conosce il patire, / come uno davanti al quale ci si copre la faccia; / era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima». (Is 53,2-3). 



Il peccato è brutto, lo sentiamo dire fin da piccoli, a partire dalle lezioni di catechismo. Ne parliamo anche da adulti, arrivando addirittura a dire di qualcuno che «ha la faccia del peccato»!
Ma davvero il peccato ha un volto? E com’è questa faccia? Che tratti ha?
Per capirlo è necessario tornare indietro, andare agli inizi, a quando Dio crea l’universo improntandolo a un canone di bellezza/bontà sintetizzato, nella versione italiana della Genesi, nella pericope «Dio vide che era cosa buona» (Gn 1,10; 12; 18; 21; 25). Che diventa «cosa molto buona» (Gn 1,31) dopo la creazione dell’essere umano. In quell’aggettivo, buona, si nasconde anche la radice della bellezza, nel termine greco tôb, il cui significato oscilla proprio fra buono e bello.
Il volto dell’uomo, dunque, è inizialmente un volto di bellezza, perché riflesso della potenza creatrice di Dio, della sua luminosità, della sua trasparenza. È l’ingresso del peccato che ne sconvolge le fattezze, deturpandolo nella disobbedienza dal volere divino.
C’è un’opera d’arte, in particolare, che coglie proprio questa sottigliezza: la Cacciata dei progenitori dall'Eden di Masaccio [1]: i volti di Adamo ed Eva, che nella raffigurazione di Masolino (stessa Cappella) sono rigogliosi nella giovinezza eterna e nella totale innocenza, diventano ora privi di ogni fascino. Adamo si copre la faccia in preda al dolore e alla vergogna, quasi che il suo volto non meriti più di essere visto; il viso di Eva si contorce nel dolore, lo sguardo si assottiglia, la bocca si apre in una smorfia cupa. La bellezza/bontà non esiste più per “diritto acquisito”, è stata perduta. Va riconquistata.
E proprio Gesù, come nuovo Adamo, viene a recuperare per noi questa bellezza/bontà del volto umano. È il più bello tra i figli dell’uomo, così viene definito dalla Scrittura. Si può solo provare a immaginare quanto la sua persona – e il suo viso in particolare – siano stati ricolmi di bellezza, esteticamente armonici, capaci di trasmettere qualcosa della bontà del suo animo, dello splendore della sua divinità.
Ma proprio come nuovo Adamo, Gesù deve passare attraverso il crogiuolo della sofferenza: il peccato del primo uomo – il peccato dell’umanità – si abbatte su di lui, o meglio, Egli se ne fa volontariamente carico.
Gesù, il bellissimo Figlio di Dio, si riveste di bruttezza: della nostra bruttezza, dell’orrore del nostro peccato, della mostruosità della nostra disobbedienza. Pur non conoscendo la caduta nella colpa, ne assume il volto, il dolore, la ferita mortale.
E ci chiede di avere compassione, misericordia per Lui: perché non si ama per l’aspetto esteriore, per una risposta a dei semplici canoni estetici, in una ricerca spasmodica della perfezione materiale. Il Figlio di Dio resta sempre il più bello tra i figli dell’uomo anche nel momento della sua massima decadenza fisica. Non viene intaccato il suo intimo: il vocabolo qui utilizzato non è quel tôb che rimanda anche alla bontà, ma un termine che di riferimento esclusivo all'apparenza esteriore.
Ciò che Gesù è veramente, infatti, non muta, la sua sostanza rimane al di là di ciò che si può vedere con i soli occhi del corpo.
Il suo essenziale, parafrasando Antoine de Saint-Exupéry, rimane, ma rimane invisibile agli occhi.
Perché l’amore ci chiede sempre di andare oltre le semplici apparenze per guardare al cuore, dove dimora la vera essenza, il vero tesoro di ogni essere umano; perché l’amore ci chiede di amare anche quando passa l’innamoramento; perché Dio ci chiede di ritornare a Lui anche quando cadiamo.
È proprio Dio, infatti, che ci ha amati per primo: ci ha amati anche e nonostante il nostro abbruttimento nel peccato. Ci ha amati così tanto da inviare suo Figlio, la Bellezza Eterna, il buon/bel Pastore, perché Lui assumesse il nostro volto deformato, per farlo tornare a splendere di una bellezza che non è, semplicemente, di questo mondo.

[1] L'opera (1424-1425) si trova a Firenze, presso la Cappella Brancacci di Santa Maria del Carmine.

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