"Laura s'è presa sulle spalle
il peso di una madre incompiuta, il suo vivere lontana dalle regole, la debolezza,
l'indifferenza per il sentimento religioso, l'incapacità di ribellarsi
alla violenza di un legame indegno.
Un carico troppo pesante per una figlia, per di più
un'adolescente dotata di una straordinaria precocità umana e spirituale,
che ha voluto diventare la madre di sua madre".
(Franca Zamobini, prefazione al libro "Laurita delle Ande", Paoline, 2004)
Questa ragazzina che a soli undici anni di età si consacrò al Signore emettendo dei voti privati è Laura Vicuña - "Laurita"-, gioiello della santità della Famiglia Salesiana, morta a tredici anni di età, beatificata da Giovanni Paolo II nel 1988 e invocata come patrona delle vittime di incesti e di abusi sessuali.
Laura Vicuña nasce il 5 aprile 1891 a Santiago del Cile. Suo padre appartiene al ramo decaduto di una nobile famiglia di origine spagnola, mentre sua madre è donna di umili origini; proprio l'unione tra due persone di così diversa estrazione sociale era costato a Domenico - il papà di Laura - l'allontanamento dai parenti.
Orfana di padre (anche se secondo talune fonti del padre si persero semplicemente le tracce, forse essendo fuggito dal Cile per motivi politici), Laura emigra - a causa dei tumulti rivoltosi che fermentano nel Paese - alla volta dell'Argentina insieme alla sua sorellina e a sua mamma, Mercedes.
La vita che le tre conducono è difficile, dapprima in zona di frontiera (qui Mercedes lavora come sarta), poi in Argentina, dove arrivano grazie all'aiuto di Manuel Mora, un ricco proprietario terriero, che si ripresenterà nella vita della mamma di Laura e avvierà con lei una convivenza che sarà poi la causa di una delle scelte più importanti della beata: offrirsi al Signore come vittima per la conversione di sua madre.
Spinta dalla necessità di porre fine ad un'esistenza di stenti e dal desiderio di offrire alle sue figlie un'istruzione degna del loro cognome, Mercedes accetta di iniziare una relazione con Manuel Mora.
"L'incontro è fatale per la vita di tutti i protagonisti della storia di Laura.
In un modo o nell'altro, ognuno pagherà a carissimo prezzo la leggerezza con cui Mercedes, pur spinta dal bisogno e dalle circostanze avverse, decide di unire la sua vita a quella di un uomo come Manuel Mora", uomo apparentemente generoso e buono, ma dai molti lati oscuri (Miela Fagiolo d'Attilia, Laurita delle Ande, Paoline, 2004, p. 42).
Laura e la sorellina vengono iscritte come educande interne nel collegio delle Figlie di Maria Ausiliatrice di Junin, fondato da don Domenico Milanesio nel 1885.
Laura fin da subito stupisce per il suo atteggiamento, che lascia trasparire non dolore per il distacco dalla madre, ma gioia per l'ingresso in quella casa... ma non è solo questo il motivo per cui la giovane appare "diversa" da tutte le altre educande.
Testimoniò così sr.Angela Piai, italiana di Vittorio Veneto e direttrice dell'istituto:
"Fin dai primi giorni al collegio, si notava in lei una capacità di giudizio superiore alla sua età e una spiccata inclinazione alla religione. Il suo cuore innocente trovava pace e serenità solo in Dio e nella sua devozione, per quanto si trattasse di una bambina, era seria e sincera, senza affettazione né esagerazione.. Curava la sua persona, il suo letto, i vestiti, tutte le sue cose e osservava regolarmente gli orari". (Ibidem p. 53)
L'amicizia tra questa Figlia di Maria Ausiliatrice e la piccola Laura sarà di grande valore per entrambe: Laura avrà modo di avviare "un cammino di crescita spirituale e umana che doveva portarla rapidamente alla santità", e sr. Angela divenne una preziosa conoscitrice e poi testimone della santità di questa ragazzina.
Non va sottovalutato un dato che può aiutarci a comprendere meglio la "portata", il peso, il valore dell'interiorità di Laura: sotto la guida di sua madre la piccola aveva imparato a leggere e a scrivere e le era stata insegnata semplicemente qualche preghiera.
Tra spostamenti e lavoro alacre per tirare i remi in barca, Mercedes non aveva avuto modo e tempo di offrire di più alle proprie figlie, da questo punto di vista.
L'incontro di Laura con questa Figlia di Maria Ausiliatrice è allora realmente "provvidenziale": sr. Angela fu una delle voci più importanti al processo di beatificazione e fu lei che affidò la piccola Laura a colui che il Signore aveva scelto per guidarla nelle vie della perfezione cristiana, ossia don Crestanello, salesiano che fu suo direttore spirituale ed il suo primo biografo.
Leggiamo ancora una volta le parole di sr. Angela:
"Compresi subito di trovarmi di fronte ad una creatura così eccezionale che provai quasi un sentimento di paura di rovinare in qualche modo l'opera del Signore su di lei. Per questo la affidai in modo speciale a don Crestanello, che più di me deve aver avuto l'immediata intuizione del tesoro spirituale di quest'anima angelica, dato che egli non si limitò ad ammirarne la bellezza, ma l'istruì durante gli anni del collegio con la sua saggezza spirituale e una paternità davvero salesiana.
Non è certo uno dei meriti minori di don Crestanello, quello di aver saputo così bene entrare nei disegni di Dio circa la sua eletta". (Ibidem, p. 54)
Questo non deve indurre a pensare che Laura fosse già "nata santa": "agli aspetti di positività del suo carattere si aggiungono quelli che esprimono in lei la presenza di una certa impulsività, una facilità al risentimento, all'irritabilità, all'impazienza e al desiderio di apparire. Pertanto il cammino di risposta a Dio che ben presto intraprenderà non sarà privo di ostacoli da superare.
E' un cammino quasi del tutto nuovo perché fino ai nove anni la sua vita spirituale fu piuttosto trascrurata" (Maria Drosio, "Laura Vicuña, L'impegno e il dono di sé, in Quaderni di Spiritualità Salesiana n. 3, 2004 - nuova serie, p. 74, LAS).
Non meravigliamoci di questo: è una situazione "classica" nella storia di molti santi e di molti consacrati. Sorge spontaneo un parallelo con un'altra figura molto amata nelle Ande, Santa Teresa de Los Andes, una giovane carmelitana di nobile famiglia, dal carattere piuttosto forte prima di avviare la sua scalata verso la santità.
L'educazione ricevuta presso l'istituto delle Fma e il contatto con i salesiani è fondamentale nella svolta spirituale di Laura.
"Quando entra nel collegio è ignara o quasi delle verità di fede cristiane. L'istruzione religiosa, che in quel luogo aveva un posto di privilegio, la trova molto interessata; infatti, attraverso essa, scopre verità e valori o totalmente sconosciuti o appena presenti alla sua coscienza. Questi soddisfano non solo la sua sete di conoscere, ma le accendono in cuore il desiderio di tradurre in pratica ciò che impara" (Ibidem, pp. 75-75).
Laura prende consapevolezza di un Dio che è sempre vicino a lei, che la vede sempre, che è provvidente e premuroso, che tiene alla felicità di ciascuno dei suoi figli.
Interessante, per comprendere il suo progresso spirituale, è quanto rivelò a don Crstanello:
"Mi pare che Dio stesso mantenga vivo in me il ricordo della sua divina presenza.
Dovunque mi trovo, sia in classe, sia nel cortile, questo ricordo mi accompagna, mi conforta.
Le obiettò il padre spirituale: - Forse ti preoccupi troppo di questo pensiero, e magari trascuri i tuoi doveri -.
- Oh no, padre -, rispose. - Mi accorgo al contrario che questo pensiero mi aiuta a far tutto meglio e non mi disturba in nessun modo, perché non è che io stia continuamente pensando a questo, ma senza pensarvi godo del ricordo". (Ibidem, p. 76)
Questa consapevolezza si affianca, in Laura, a quella di Gesù come inviato del Padre che si offre liberamente per la salvezza dei peccatori. Quello stesso Gesù che è vivo e vero nel Sacramento dell'Eucaristia.
La prima Comunione di Laura segna una tappa fondamentale nella sua ascesi e i propositi presi per quel giorno la collocano accanto ad un altro grande piccolo santo della Famiglia Salesiana, quale è Domenico Savio. Ce ne dà testimonianza sempre don Crestanello:
"Tracciò un piano generale di vita per l'avvenire. Via di amore, di mortificazione e di sacrificio. Il primo fu la dedizione totale della sua anima e di tutto il suo essere a Gesù, con la promessa di voler amare e servire Lui solo, in tutti i giorni della sua vita.
Il secondo: preferire piuttosto la morte che offenderlo col peccato mortale.
Il terzo: ansiosa com'era che Dio fosse conosciuto, amato e servito da tutti, propose di fare da parte sua quanto poteva per farlo conoscere e amare, e per riparare le grandi offese che quotidianamente Egli riceve dagli uomini". (Ibidem p. 77)
In questo contesto sono due gli avvenimenti importanti per il percorso spirituale di Laura.
Il primo è la presa di coscienza (a seguito di quella che oggi chiameremmo "catechesi" sul matrimonio, realizzata dalle suore dell'istituto) della situazione "irregolare", dello stato di peccato in cui vive la madre.
La seconda è la comprensione della vocazione alla vita consacrata.
Quest'ultima - proprio per via della situazione familiare - non può trovare lo sbocco da lei desiderato, ossia l'ingresso tra le Figlie di Maria Ausiliatrice.
Laura a soli undici anni, col permesso del suo direttore spirituale e dopo essere stata da lui istruita sui voti, li emette in forma privata, consacrandosi così al Signore.
La consacrazione di Laura si lega strettamente, a questo punto, alla sua offerta quale "vittima" per la fine della relazione tra sua madre e Manuel Mora.
Una simile offerta avrebbe avuto un grandissimo valore anche senza la consacrazione, ma quest'ultima la rende ancora più piena, le conferisce più valore.
Consacrata al Signore per seguire più da vicino Gesù, si offre vittima per chi le sta molto a cuore, esattamente come Gesù.
"L'amore per Gesù che muore per salvare i peccatori facendosi mediatore tra l'uomo e Dio la sospinge ad essere anche lei, nel suo piccolo, mediatrice insieme con Lui per la salvezza delle anime. Laura aveva colto molto bene la gravità del peccato, l'offesa che esso recava al Dio-Amore. Quando si rese conto della situazione di peccato in cui viveva la mamma non si dette più pace e iniziò una vita di preghiera e di sacrifici sempre crescenti per ottenere dal Signore il suo ravvedimento.
Non vedendo segni di pentimento, comprese che la via della salvezza dei peccatori non è fatta solo di preghiere e di sacrifici, ma, sull'esempio di Cristo crocifisso, di immolazione totale". (Ibidem, pp. 82-83)
Laura morirà due anni dopo, consumata da un reperimento fisico che inizia proprio pochi giorni dopo la sua offerta.
Manuel Mora, che già aveva precedentemente manifestato un interesse morboso nei suoi riguardi e che, dopo essere stato respinto, aveva rifiutato di pagare la retta per l'istruzione delle figlie di Mercedes (saranno le suore a permettere ad entrambe di continuare a studiare ugualmente), pretende a questo punto di trascorrere una notte nella casetta vicina al collegio, in cui Mercedes si era trasferita per accudire meglio la figlia ammalata.
"Pallida come un cencio al vedere l'uomo che sempre le aveva incusso terrore e ora ardiva toglierle il diritto di chiudere in pace i suoi giorni, Laura non si smarrì.
Se il corpo cedeva agli assalti del male, lo spirito fortificato dalla preghiera e dalla sofferenza era più vigoroso che mai, e in nessuna maniera avrebbe accettato i soprusi del Mora.
- Se egli si ferma - disse con risolutezza - io me ne vado in collegio dalle Suore - e, raccogliendo in uno sforzo supremo le energie che le restavano, uscì sulla strada e si incamminò verso il collegio.
Manuel, vedendosi ancora una volta sconfitto da quella ragazzina, la rincorre e la maltratta; da quel momento la salute di Laura si aggrava ulteriormente". (Ibidem, p. 81)
Questa forza interiore fu la stessa che le permise di ottenere, a prezzo del suo sacrificio, il cambiamento di vita della madre.
Laura Vicuña rappresenta un esempio di santità consacrata che è oggi più che mai valido, in un contesto in cui i fanciulli sono oggetto delle morbosità degli adulti oppure la cattiva educazione ricevuta in famiglia li espone a pericoli che rischiano di far perdere loro, già fin da giovanissimi, quell'innocenza che tanto stava a cuore a questa giovane beata.
Questa ragazzina diventa un modello in un tempo in cui il senso del peccato non viene a volte inculcato dalle famiglie, che hanno idee religiose "fai da te" o vivono un cristianesimo "all'acqua di rose" (per citare papa Francesco), o che non hanno affatto a cuore il "problema" della fede.
Laura Vicuña testimonia che la santità e la santità consacrata non sono questione di provenienza sociale, di pregressa formazione religiosa e di età, ma che tutto rientra nella logica di una chiamata e di una risposta; di un ascolto e di una parola data; di una "maternità spirituale" che non è legata ad un fattore anagrafico; di una comprensione del mistero che solo Dio, per vie altrettanto misteriose, può rendere come un tesoro in uno scrigno aperto ai "piccoli del Regno".
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