venerdì 1 aprile 2011

TRIDUO A SAN FRANCESCO DI PAOLA- Terzo giorno: la vera libertà




Il Santuario di San Francesco, a Paola (Cosenza)
O Dio, con la vita povera di Cristo,

 ci hai voluto arricchire dei beni 
celesti: 

concedici che, sull'esempio del nostro protettore san Francesco, 

possiamo vivere col cuore distaccato 
dai beni di quaggiù e 

rivolto sempre ai beni del tuo Regno.

AMEN




"In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli.
Ve lo ripeto: è più facile che un cammello assi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli".
(Mt 1923-24)
"Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno" (Mt 5, 37)


San Francesco scelse, come cardine della propria vita di fede e del proprio ordine religioso, la povertà.
Una povertà non sinonimo di trasandatezza (come abbiamo avuto modo di comprendere nel primo giorno del triduo), né di disprezzo in senso negativo delle ricchezze.
La povertà di San Francesco di Paola fu una scelta volontaria, per rendersi vicino a Gesù povero, per espiare con la penitenza, ma anche per insegnare agli altri il giusto modo di utilizzare i beni materiali ricevuti o conquistati faticosamente.
D'altronde, quello che è sbagliato nel rapporto con le ricchezze, non è il loro corretto uso, ma l'eccessivo attaccamento, che conduce l'essere umano a mettere il dio denaro al posto del Dio Amore, agendo quindi in conseguenza di questa inversione di ruoli.
Ecco perché Gesù dice che è più difficile per un ricco entrare in Paradiso, che per un cammello passare per la cruna di un ago.

Spogliato di ogni ricchezza, San Francesco seppe essere testimone coerente della LIBERTA' che viene dalla VERITA' e fu in grado di agire e parlare, in nome di questa verità, con libertà estrema e sincera anche ai ricchi e obili del suo tempo.

Ancora oggi, il suo insegnamento può essere per noi una miniera per la vita spirituale, perch* ci aiuta a comprendere come sovvertire le disordinate logiche di potere che, a volte, anche nella nostra vita prendono il sopravvento.

Ecco quello che accadde, ad esempio, quando Francesco di Paola, nel suo viaggio verso la Francia, fece tappa presso il re di Napoli, Ferrante d'Aragona.
Il re, che era ancora piuttosto scettico sulle virtù dell'eremita calabrese, tentò di farlo "cadere" in tutti i modi a lui possibili, ora con offerte di cibi, ora di preziosi suppellettili, ora di una statua d'oro massiccio della Vergine.
Escogitò infine uno stratagemma che gli pareva perfetto e adatto a farlo abboccare all'amo: offrirgli del denaro, con il vincolo di destinazione alla fondazione di un convento in Napoli.
Per far ciò, gli "fece presentare da alcuni famigliari un bel vassoio colmo di monete d'oro, da servirsene per la fabbrica.
Francesco non credette allora opportuno di pronunziarsi intorno all'affare della fondazione, ma con franca parola rifiutò recisamente quel denaro.
L'inattesa ripulsa riuscì strana per il re, il qale non seppe dissimularne il suo disappunto.
Il Santo se ne avvide, e si valse appunto di questa occasione oper proclamare al suo cospetto quelle solenni verità.
Sire, egli dice, il vostro popolo è oppresso e ammiserito da un governo, che dispiace a Dio e agli uomini.
 In tutto il regno il malcontento è vivissimo e generale, e si deve all'adulazione dei cortigiani che circondano il vostro trono, se il grido di tanti infelici non può giungere sino a voi.
Sire, ricordatevi che Dio vi ha posto lo scettro nelle mani, non per darvi comodità al mal fare, ma per offrirvi il mezzo di procurare il bene e la felicità dei vostri sudditi, con l'esercizio della giustizia e della carità.

Non pensate voi al conto strettissimo che dovrete rendere al Signore di tutte le ingiustizie, delle estorsioni e delle rapine, che i vostri ministri commettono impunemente a danno del povero popolo?

O credete forse che per i regnanti non vi sia anche l'inferno?

E che sarebbe dell'anima vostra, se in questo momento dovesse comparire dinanzi al tribunale divino?
Questo oro che mi volete offrire per fabbricare un convento ai miei frati nella capitale del vostro regno, quest'oro non è vostro: esso è sangue, che il peso di balzelli, ormai insopportabili, ha spremuto dalle vene dei vostri sudditi!
Io vi parlo, o Sire, un linguaggio che finora non avete mai udito, perché a me, vostro ultimo ma fedelissimo suddito, preme sommamente non meno il bene del popolo che la salvezza dell'anima vostra.
Ebbene, a nome di Dio, io vi torno a ripetere ciò che un'altra volta vi scrissi: se non emendate subito la vostra condotta e non migliorate il vostro governo, non passerà molto e crollerà il vostro trono, e la vostra stirpe non sarà più.
Il taumaturgo, allora, sollevando maestosamente la fronte, su cui raggiava tutta la nobiltà e la forza morale dell'anima sua, prende una moneta dal vassoio, e mentre, spezzandola senza difficoltà con le sue dita, se ne vedono stillare gocce di sangue, con voce commossa: "Ecco, esclama, il sangue dei tuoi sudditi, che grida vendetta al cospetto di Dio"!

Tanto bastò di lezione al sovrano, che finalmente comprese e promise di emendare la propria condotta.


La vera libertà, non ès olo quella che ci consente di mettere il Dio Ampre prima del dio denaro, ma anche quella che ci consente di rispondere, come Nostro Signore.
 "Date a cesare quel che è di cesare, e a Dio quel che è di Dio": ossia, riconoscete il giusto posto che spetta al Signore, nel rederGli la giusta lode.


Anche in questo, San Francesco ci offre un mirabile esempio su cui meditare: quando si trovava in Francia, morto Luigi XI che lo aveva chiamato in quella terra straniera, un giorno, il delfino di Francia venne colo fece, come al solito, mandare a chiamare nella sua cella, per poter avere un colloquio con lui.

Il Santo, che era chiuso in cella da ben 8 giorni in contemplazione, senza mangiare né ricevere alcuno, non rispose allorché venne a bussare uno dei suoi frati.
Non sentendosi alcun rumore dall'interno, il re si insospettì, e temendo che fosse capitato qualcosa al santo eremita, dandò dapprima a bussare lui stesso alla porta della cella, poi fece dare ordine di abbatterla, per potervi entrare e verificare di persona che il Santo stesse bene.
Ecco che in qul momento "fu udito il Santo tossire leggermente.
Egli era vivo, ma così profondamente immerso nella contemplazione delle verità eterne, da non patire di esserne distratto da qualsiasi persona della terra.
Carlo VIII comprese e ne fu edificato.
Rispettando la libertà del sant'Uomo non volle pià insistere e si ritirò".

Che San Francesco impetri anche a noi, la stessa libertà, che ci renda sempre meno schiavi delle logiche del denaro, del potere e del falso rispetto umano.

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