lunedì 18 aprile 2011

Settimana Santa: Stendiamoci ai piedi di Gesù come tuniche nuove....

(Benedizione delle palme- Basilica di Santa Maria Maggiore)

"Stendiamoci ai piedi di Gesù come tuniche nuove"
(Card. Law, omelia della Domenica delle Palme in Santa Maria Maggiore)


"I discepoli andarono e fecero quello che aveva ordinato loro Gesù: condussero l’asina e il puledro, misero su di essi i mantelli ed egli vi si pose a sedere. 
La folla, numerosissima, stese i propri mantelli sulla strada, mentre altri tagliavano rami dagli alberi e li stendevano sulla strada. 
La folla che lo precedeva e quella che lo seguiva, gridava: «Osanna al figlio di Davide! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Osanna nel più alto dei cieli!».
Mentre egli entrava in Gerusalemme, tutta la città fu presa da agitazione e diceva: «Chi è costui?».
 E la folla rispondeva: «Questi è il profeta Gesù, da Nàzaret di Galilea»".

(Liturgia della Domenica delle Palme)


Il  Vangelo di ieri introduce nella Settimana Santa ricordando l'ingresso trionfale di Nostro Signore in Gerusalemme, l'acclamazione del popolo e  l'entusiasmo dei discepoli.
Entusiasmo ed acclamazione festosa che vengono poi tragicamente "contraddetti" dal rinnegamento di Pietro, dalla fuga dei discepoli stessi, dalla cattura ed uccisione di Gesù.
Quel "Figlio dell'Uomo" osannato come un re, viene barbaramente catturato ed ucciso, appeso a quella Croce simbolo di ignominia come mai si era visto nella storia dell'umanità.

Questo contrasto fra l'ingresso trionfale in Gerusalemme e la fine "apparentemente" ingloriosa di Gesù,  riguarda anche il nostro modo di accogliere il Signore nella propria vita: spesso siamo presi, all'inizio della nostra consapevole esperienza di fede, dalla gioia di essere cristiani cattolici, ma le prime difficoltà, le prime richieste di un Dio "esigente" che ci chiede fedeltà in molte (in tutte!) le occasioni, a volte ci spaventano e ci fanno scappare come i discepoli, ci rendono rinnegatori come Pietro, crocifissori come i carnefici di Gesù.

Quei mantelli nuovi che avevamo steso, come la folla all'ingresso in Gerusalemme, vengono tolti dal nostro cammino, e ci rivestiamo dell'uomo vecchio, lasciandoci trascinare da forze contrarie a quelle della fede, della fedeltà, della fiducia.

Nell'omelia di ieri in Santa Maria Maggiore, il Card. Law ha concluso così il suo sermone: "Gettiamoci ai piedi di Gesù come tuniche nuove".
Lasciamo cioè cadere le nostre debolezze umane, consegnandole a Gesù, spogliamoci dell'uomo vecchio (come Gesù spogliò se stesso-ce lo ricorda l'epistola di San Paolo, seconda lettura di ieri-), e facciamoci mantelli nuovi, che si vogliono rendere esclusivamente dono ad un Dio amore e misericordia, incarnatosi e morto per noi.
La tunica è ciò che ci riveste e se ci facciamo "attraversare" (camminare sopra) da Gesù, allora saremo in grado di rivestirci a nuovo, non più delle nostre fragilità, ma della forza del Verbo Incarnato; non più delle nostre sofferenze, ma della sopportazione per Amore di Cristo Crocifisso; non più della nostra incredulità, ma della Fede oltre ogni limite umano che ci ha insegnato Nostro Signore.

Non solo, ma farci mantello ai piedi di Gesù, significa anche riconoscerne l'assoluta sovranità e signoria, come ci ricorda anche il Papa nel suo ultimo libo, Gesù di Nazareth:

"Anche lo stendere i mantelli ha una sua tradizione nella regalità di Israele (cfr 2 Re 9,13).
Ciò che i discepoli fanno è un gesto di intronizzazione nella tradizione della regalità davidica e così nella speranza messianica, che da questa tradizione si è sviluppata.
I pellegrini, che insieme a Gesù sono venuti a Gerusalemme, si lasciano contagiare dall'entusiasmo dei discepoli; stendono ora i loro mantelli sulla strada sulla quale Egli avanza.
Tagliano i rami dagli alberi e gridano le parole del Salmo 118- parole di preghiera nella liturgia dei pellegrini di Israele- che sulle loro labbra diventano una proclamazione messianica: Osanna! Benedetto il regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli! ".

Ci dice sempre il Papa: "Gesù rivendica, di fatto, un diritto regale.
Vuole che si comprenda il suo cammino e il suo agire in base alle promesse dell'Antico Testamento, che in Lui diventano realtà".

Gesù vuole che noi, oggi, adesso, a partire da questo momento, riconosciamo il suo essere Signore e Re (San Paolo ci ha detto: "Perché ogni lingua proclami che Gesù Cristo è Signore, a gloria di Dio Padre"!) e che ponendoLo come Centro e Fine della nostra esistenza, camminiamo sulla Sua Vita, che spesso non è strada facile, ma Calvario, sofferenza fisica e spirituale, abbandono, incomprensione.
Ma ricordandoci che se abbiamo Lui abbiamo TUTTO e che la Sua è una PROMESSA DI VITA ETERNA, allora potremo, come ci ha ricordato ieri il profeta Isaia, dire anche noi:

"Il Signore Dio mi assiste,
per questo non resto svergognato,
per questo rendo la mia faccia dura come pietra,
sapendo di non restare confuso".


Buona settimana Santa a tutti voi, ricordiamoci reciprocamente nella preghiera!

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